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La metà mancante




L'avvocato a cui Manuel si è rivolto si chiama Franco Pellecchia, un uomo di poco più di quarant'anni, stempiato e che porta spessi occhiali con la montatura rettangolare e nera. Il suo aspetto è abbastanza professionale — più o meno; di sicuro lo è il suo modo di fare poiché nel giro di venti minuti, ha riempito il proprio cliente di nozioni tecniche e cavilli legali da fargli venire il mal di testa.

Manuel ne capisce poco. L'unico obiettivo che ha per quella trasferta è firmare la sentenza — dicesi definitiva — di divorzio e tornare a Roma.

È disposto pure a rinunciare ad ogni cosa, tanto tutto ciò che ha pensato potesse servirgli, ora non ha più senso o significato.

La sala dove attende, accomodato su una sedia di plastica rigida nera, è ampia e riempita da un costante brusio che gli arreca pure un briciolo di disturbo. Il più importante è prodotto proprio dall'avvocato che continua a fare su e giù, parlando tramite auricolare probabilmente con un suo altro cliente che se la sta vedendo quasi peggio di lui.

Manuel controlla più volte il cellulare.

Ha mandato dei messaggi a Simone quella mattina, non sono stati visualizzati, ma l'altro lo ha avvisato di avere il compito di fisica alle prime ore, quindi non si preoccupa.

Gli ultimi a cui ha risposto sono, invece, da parte di Chicca che si raccomanda di essere informata su ciò che accade a Bolzano.

Le ha fatto un resoconto su quello che è successo negli ultimi giorni, sulla relazione clandestina che ha cominciato con il ragazzo più piccolo.

Lei non ha inveito, è stata persino contenta, gli ha soltanto raccomandato di stare attento e proseguire con cautela.

È già un traguardo, considerando come aveva reagito al proprio coming out.

Per quel che vale, avere il supporto e l'incoraggiamento della migliore amica, significa tanto, almeno non è solo.

Cercando di ingannare il tempo, apre Instagram. Non capisce con esattezza come funzioni l'algoritmo di quel social network, o di qualunque social in generale, ma ogni volta che lo apre, gli spunta qualcosa che riguarda Simone: ad esempio, ora gli appare un post di tre ore prima che gli è sfuggito che ritrae il ragazzo in un autoscatto davanti allo specchio, quello a figura intera che ha in camera, ha indosso la sua giacca verde e l'espressione corrucciata in una smorfia buffa.

Gli scappa un sorriso, dolce e spontaneo, e mette like.

Tale gesto corrisponde ad un rumore fastidioso, tacchi che colpiscono con cadenza regolare le mattonelle del pavimento.

A Manuel basta sollevare di poco il capo per vedere chi lo ha prodotto e a sospirare sommessamente. Blocca l'iPhone attraverso il tasto laterale e lo infila nella tasca anteriore del jeans.

«Ce l'hai fatta a presentarti stavolta.»

La voce di Nina è sprezzante, come al solito, così come il suo sguardo che è tagliente e accusatorio.

Manuel cerca di non lasciarsi scalfire dai suoi occhi azzurri, freddi, glaciali. Non la vede da mesi e non ne ha affatto sentito la mancanza. «Se tutto va per il meglio, siamo alla sentenza definitiva, non sarei mai mancato» attesta.

Lei sorride, beffarda. «Tu pensa! Una delle poche cose, se non l'unica, che vuoi portare a termine. Quasi quasi ti aspetta un premio.»

«Lo vorrei molto e 'o potevo prende' prima.»

Ride, ironica, e scuote la testa. «Ma per cortesia!» lo schernisce. «E poi come ti sei vestito? Tornare a Roma ti ha fatto sprofondare di nuovo nella mediocrità dove sguazzi?»

Manuel ha addosso un semplice jeans stretto sulle gambe e sopra un maglione leggero con scollo rotondo color beige. È un abbigliamento casual, diverso dal tailleur nero dell'ex moglie, ma non ha avuto mezza intenzione di agghindarsi, non per quell'occasione.

Si alza lentamente in piedi, per poter essere faccia a faccia. Sostiene il suo sguardo, non si fa schiacciare o soffocare. «Tornare a Roma è stato liberatorio, grazie» replica e sfoggia anche lui un falso sorriso.

«Libero dalle tue responsabilità, di sicuro, visto che sei corso da mammina.»

La piega sulle sue labbra aumenta e scaturisce in una lieve risata, rassegnata alla visione della persona che un tempo ha amato, la quale si è rivelata essere così meschina, manipolatrice, crudele.

Si chiede cosa mai ci abbia visto in lei.

Forse l'amore lo aveva intontito troppo e nel modo sbagliato. Forse si è lasciato travolgere dall'idea che aveva di lei, invece della sua vera essenza.

Si commettono numerosi errori ad idealizzare un singolo individuo.

«Sai cosa? Sì, so' tornato a Roma e non so' mai stato meglio» attesta.

Nina non pare crederci. Lo fissa, incrociando le braccia al petto, in posizione di sfida. «Questa è la favoletta che ti racconti, mh?»

«No, no, so' serio» replica Manuel, schietto. «Tu m'hai riempito di stronzate qui» si indica una tempia con un dito «dentro alla testa. È da quando avevo diciassette anni che mi critichi, mi disprezzi e io ho passato tutto 'sto tempo a cercare di compiacerti, credendo che se ci avessi messo abbastanza impegno e avessi fatto tutto ciò che volevi, finalmente avresti smesso di guardarmi dall'alto in basso e mi avresti amato e basta, per quel che sono. Ma il punto è che tu non ne sei capace, se non hai accanto una persona che non sta ai tuoi comandi, impazzisci.»

«Vuoi fare questo, Manuel? Dipingermi come la cattiva? Se il nostro matrimonio è fallito, la colpa è soltanto tua.»

«Certo, è mia. Me la prendo tutta la responsabilità» afferma lui e scrolla le spalle. Lancia uno sguardo all'avvocato, che non gli sta prestando attenzione. Se lo facesse, di sicuro lo fermerebbe.

«La colpa è mia» riprende «perché negli ultimi dieci anni, se non di più, ho trascorso tutto il mio tempo cercando di sedermi ad un tavolo con gente che mi ha sempre considerato una nullità. Te e tutti gli amici tuoi. E io avevo la testa così incasinata che me so' convinto che la tua e la loro opinione fosse l'unica cosa che contava, l'unica rilevante.»

Inclina il capo su di un lato. Sta sostenendo e sfidando gli occhi chiari che per troppo lo hanno intimorito e annientato. «Invece non conta» riprende. «Io valgo ancora parecchio, io posso fare ancora parecchio, non sono finito.»

«Lo sei. Senza di me...»

«So' tutto. Senza di te, Nina, io sono tutto

Si sente libero a pronunciare quelle frasi, davanti a lei, alla persona che ha frantumato la sua anima in mille pezzi e non si è mai preoccupata di rimetterli insieme.

Nina si sta sforzando di non dare cenno di cedimento. Serra le labbra e una ruga sottile le compare in mezzo alla fronte.

«Hai imparato a memoria il discorso per farti grande oggi, mh?» dice e, per un istante brevissimo, la sua voce si incrina.

È un dettaglio che Manuel coglie e non può fare a meno di sorridere. Pensa che, con alta probabilità, colei che era sua moglie, la cosiddetta anima gemella, finché morte non ci separi, non ha messo in conto che potesse ribattere e non lasciarsi affossare.

Invece, finalmente, ci è riuscito.

Finalmente.

«Anche se fosse» ribatte «ha fatto centro, no? Te vedo tutta rigida.»

«Ti sbagli. Puoi ripeterti mille volte questa storia per passare per vittima così che ti compatiscano tutti, ma sappiamo entrambi qual è la verità.»

«La verità è che... non me ne frega più un cazzo di quello che pensi tu.»

Manuel pronuncia quella frase con una sicurezza e una fierezza disarmante, quella che temeva di aver perso — e un briciolo gli tremano le gambe e il petto. «Spero che tu sappia che per me, dopo oggi, non esisti più.»

«Mi penserai per sempre e rimpiangerai quel che hai perso.»

«Oppure saprò esattamente che tipo di persona non voglio nella mia vita.»

Chi non mi sa guardare.

«Signor Ferro!» l'esclamazione dell'avvocato Pellecchia interrompe la discussione. Si avvicina al proprio cliente, mette una mano sulla sua spalla e «Signora!» saluta Nina e poi «Venga, discutiamo le ultime cose.»

Lo allontana. Di sicuro vuole evitare che là situazioni degeneri.

Manuel, comunque, non oppone resistenza: ha tirato fuori ciò che doveva e ha colpito dove doveva, per quel che vale.

Lo realizza nell'espressione di Nina, per la prima volta, dopo tanto, senza parole, disarmata, e lui non potrebbe essere più fiero di sé stesso.

È sicuro che, non appena glielo racconterà, lo sarà anche Simone.

Si allontana, ascolta le parole che fluiscono dalla bocca dell'avvocato che un briciolo lo rimprovera pure, ma non gli importa molto.

Pensa che solo qualche minuto lo separa dalla sua libertà definitiva, una singola firma, riesce a vedere la luce in fondo al tunnel.

Non ha tenuto conto di qualcosa, durante quella corsa.

Si scontra contro uno spesso muro che coincide con una singola frase: "sentenza rinviata a prossima valutazione".

Un incubo senza fine.

In aula, Nina gli rivolge uno sguardo tagliente e fulminante, prima di uscire da quel luogo, picchiettando i tacchi sul pavimento.

Manuel cerca l'avvocato Pellecchia per qualche rassicurazione, ma l'uomo risponde con: «È solo qualche altra settimana, robe burocratiche! La chiuderemo come vogliamo!»

Sarà, ma a lui pare di essere tornato al punto di partenza.

Forse è andato troppo veloce e si è schiantato al suolo con un tonfo che gli rimbomba nelle orecchie.

Torna alla propria stanza d'albergo del tutto affranto.

Vorrebbe ripartire subito, ma deve almeno recuperare le ultime cose in casa secondo l'accordo sancito con gli avvocati che prevede tale azione per il giorno dopo, per cui, purtroppo, deve attendere.

Se avesse un rapporto civile con Nina, le scriverebbe per anticipare la cosa, però non è così e la situazione è peggiorata dopo quella mattina.

Ottimo.

La camera che lo ospita è minuscola, ha un letto singolo, la tv non funziona e la tapparella si alza solo per metà. Dettagli, tanto andrà via presto.

Manda un messaggio a Simone:

Sentenza rinviata

Che è la medesima cosa che invia pure a Chicca. Il ragazzo non gli risponde subito, l'amica, invece, sì:

COSA??? Perché?
Mandami subito un audio riassunto
Devo sbrigare delle cose e ti rispondo

Il riassunto è che la sua ex moglie è stata brava a volere sempre di più e lui non sa più che fare. Lo tiene appeso ad un filo che non si azzarda a tagliare come se non volesse lasciarlo andare in via definitiva, ma si divertisse a torturarlo come un ragno che tiene la preda nella ragnatela per giorni prima di ucciderla.

Deve sopportare tale agonia ancora per... settimane.

Attende le due e mezza di pomeriggio affinché sopraggiunga la seconda replica. Corrisponde ad una videochiamata in entrata.

Quando preme il tasto verde, l'immagine di Simone appare sullo schermo. Vede il suo viso e dallo sfondo riconosce che si trova nel salotto di Villa Balestra, presumibilmente seduto sul divano. Basta tale immagine a rasserenarlo un briciolo.

«Ehi» lo saluta.

«Ehi» borbotta il più piccolo. «Che significa? Quello che mi hai scritto.»

«Che pensavo sarebbe stata facile, invece Nina ha mandato tutto all'aria. È stato terribile, il mio avvocato ha dovuto trascinarmi via.»

«Che hai combinato?»

«Niente, giuro!»

«Non hai... fatto qualcosa di illegale, vero?»

Manuel sbuffa una risata e passa il telefono da una mano all'altra. «No» afferma «te preoccupa?»

Simone arriccia il naso. «Venire a trovarti in un carcere di Bolzano sarebbe un tantino complicato» sogghigna e inclina il capo su di un lato. «Mi dispiace che non è andata come volevi.»

«Succede nelle separazioni non consensuali.»

«Quindi adesso che devi fare?»

«Aspettare. Per qualche giorno o settimana, non lo so.»

«Però poi andrà bene, no?»

«Certo che andrà bene» l'altro prova a rassicurarlo, con scarsi risultati, dato che è il primo ad esserne sconfortato. «Ma ce penserò dopo, mh?»

Sta per aggiungere qualcosa, ma si ferma quando vede il ragazzo sullo schermo del telefono che si distrae, guarda oltre l'apparecchio e bofonchia: «No, no, è Manuel.»

C'è un brusio di sottofondo che non decifra per un attimo e aggrotta la fronte. In seguito, nell'inquadratura appare il viso di Anita, accigliata.

Non ha idea del motivo per cui il proprio cuore perda un battito o, forse, lo conosce benissimo.

Okay, cerca di rimanere calmo: agli occhi di tutti, lui e Simone hanno un bel rapporto fraterno, quindi non c'è assolutamente niente di strano se fanno una videochiamata — se non considera tutte le domande poste dalla donna l'altra mattina a colazione e il resto.

Sospira. «Ciao, ma'!»

Deve ricordarsi di dire a Simone che se si sentono, deve andare in camera e chiudersi a chiave ed è strano che non l'abbia fatto, dato che pensa sempre a tutto.

«Oh, allora l'hai avuto il tempo de fa' 'na chiamata» esclama la donna. C'è del leggero sarcasmo nella sua voce.

Il figlio lo coglie in maniera perfetta. «Seh, uhm—t'avrei chiamato dopo.»

«Eh, tanto hai già chiamato Simone. È lo stesso, no? Rimane in famiglia.»

Manuel cerca di scorgere il viso dell'altro ragazzo, seppur in penombra e in realtà ne viene inquadrata soltanto la metà, non sufficiente per decifrare la sua espressione.

Ride, forzato. «Sì, già... è così.»

«Quindi com'è andata? Torni sabato?»

«No, no, domani sera dovrei essere là. Ce stanno un po' di complicazioni, hanno rimandato la sentenza definitiva, poi te dico.»

«Vabbè, appena torni me racconti.»

«Sì, uhm... certo!»

Anita lo saluta con una mano, la stessa con cui dà una pacca sulla spalla a Simone e, in seguito, si allontana.

Quest'ultimo si guarda intorno, come ad accertarsi che la donna si sia allontanata abbastanza. Si alza pure in piedi e si affretta a muoversi. Da ciò che si intravede nel video, sta salendo le scale. «Scusa, credevo... credevo di essere solo

Manuel ha riconosciuto il percorso effettuato. Lo scenario è cambiato e ora l'altro si trova nella sua stanza, con la porta che si premura di chiudere a chiave. «Tranquillo, non fa niente» dice, per rassicurarlo, sebbene sia un po' agitato anche lui.

È nei progetti, di uscire allo scoperto, ma un passo alla volta e nel modo giusto.

Eppure, ha cominciato ad avere un briciolo d'ansia per i comportamenti messi in atto dalla madre e per il quesito non casuale di Dante.

Ah, troppe paranoie.

Sicuramente tutte inutili.

Si passa una mano sul volto. Meglio lasciar perdere, lasciar correre.

Ciò nonostante, Simone scorge il suo malessere. Si siede alla scrivania e dondola appena sulla sedia. «Tutto okay?» domanda.

Manuel tergiversa mezzo secondo. «Sì, cioè...»

«Tua madre?»

Annuisce. «Seh, fa—domande strane ultimamente.»

«Pensi che sospetti qualcosa?»

«Non so, non credo. Tecnicamente so' etero, te ricordo.»

Simone lo guarda storto e ridacchia.

«Ao, che te ridi?»

«Niente, niente!» scuote il capo.

Manuel lo fissa. C'è appena più luce nella nuova stanza e il volto del ragazzo è ben visibile. «Me la concedi 'na cosa sdolcinata?»

«Dipende. Da zero a cento, a quanto arriviamo?»

«Mhm... quaranta, circa.»

«Quaranta è accettabile. Vai.»

Le sue labbra si curvano in un leggero sorriso. «Mi manchi» dice e stavolta non finge il contrario, non potrebbe e, inoltre, non sarebbe credibile «e, quando torno, vorrei fare l'amore con te.»

Vorrei e non voglio poiché non deve suonare come una pretesa.

Vorrebbe, se sono entrambi d'accordo.

Che poi pare una richiesta un po' assurda e paradossale, considerando che i loro corpi si sono già uniti in innumerevoli occasioni e l'amore lo hanno già fatto. Tuttavia, Manuel ha il desiderio di farlo in un momento preciso durante il quale entrambi sono consapevoli dei rispettivi sentimenti.

Così è diverso.

Osserva il suo viso tramite lo schermo, un briciolo nervoso per l'ipotetica reazione. Trattiene il respiro e fa per dire qualcosa, ma la sua risata flebile lo anticipa. «Che c'è?»

«Questo... è andare a novanta, altro che quaranta.»

«Oh, dai, non così tanto.»

«Sì, fidati.»

Alza gli occhi al cielo, fintamente esasperato. «Vabbè, che me dici?»

«Ti devo rispondere?»

«Ovvio.»

Simone si gratta dietro ad un orecchio, un pizzico nervoso e lancia un'occhiata distratta verso la porta chiusa. Si morde il labbro inferiore. «

«Sì... cosa?»

«Sì, pure io voglio... vorrei, insomma.»

Balbetta e le sue guance si colorano leggermente di rosso.

Neppure tale particolare sfugge a Manuel. Gli sembra quasi che i ruoli si siano invertiti rispetto all'inizio del loro rapporto: adesso è lui che lo stuzzica e lo manda in crisi con poco — che sa che per Simone è la prima volta che si interfaccia con i sentimenti, con l'amore, con qualcosa che va al di là del sesso.

Un briciolo, in fondo, lo diverte.

Non troppo, non ha intenzione di metterlo a disagio.

«Allora appena torno» soffia.

«Mi prepari anche la cena?»

«Pure?»

«Beh, sì! A 'sto punto prendo il pacchetto completo

Sogghigna. «Aggiudicato.»

Simone trattiene l'ennesimo sorriso corrucciando le labbra. «Vado a finire un saggio di letteratura e dopo ad allenamento. Ci sei stasera?»

«E chi se move.»

Ed in effetti per il resto della giornata non ha molto altro da fare. Neanche fare un giro per la città che lo ha ospitato per gli ultimi anni della sua vita lo allieta, forse perché si sente un estraneo.

Quella non è casa.

Non lo è mai stata.

L'unica sua gioia, alla fine, è sul serio la chiamata la sera con Simone. Sentire la sua voce in fondo ad una cornetta non è la stessa cosa che averlo accanto, ma poco più di ventiquattro ora lo separano dal ritorno a Roma, che, di fatto, è davvero casa sua, in ogni senso possibile.

La mattina seguente, l'ultima azione che gli rimane da compiere in quella trasferta rivelatosi fallimentare è passare dal suo vecchio appartamento e raccattare gli ultimi effetti personali rimasti; non che siano molti, anzi, la quantità è davvero esigua, più che altro dei completi che non erano stati nelle valigie che si era portato, qualche oggetto da collezione, i pochi superstiti, e delle foto, però per nulla al mondo lascerebbe qualcosa a Nina, soprattutto gli ultimi oggetti.

Da accordi, l'alloggio dovrebbe essere vuoto.

Ha ancora le chiavi perché la casa risulta essere intestata ad entrambi. Vorrebbe lasciargliela e basta, in tutta sincerità; del resto, è l'unica cosa che ancora li lega.

Trova tutto in perfetto ordine.

Deve essere passata Ramona, la signora delle pulizie che l'ex moglie ha voluto a tutti i costi quando non era necessario e che ha sempre trattato con sufficienza.

Lui più volte si arrabbiava e cercava di farle notare quanto fosse sbagliato un simile comportamento privo di empatia e gentilezza.

Non è mai stato ascoltato.

Decide di lasciare un biglietto alla signora, un post-ti giallo su quello che era il suo cassetto in camera da letto, anch'esso con niente fuori posto.

Scrive soltanto:

Grazie di tutto, Ramona.
M.

Spera che Nina lo lasci lì il tempo sufficiente per farglielo leggere. Dubita accadrà.

Il silenzio lo accompagna per tutte quelle azioni, tuttavia, quando è ormai verso la fine e chiude la valigia rimasta da portare via, sente un rumore all'ingresso, che corrisponde alla porta che viene aperta e poi chiusa.

Inevitabilmente, alza gli occhi al cielo e si irrigidisce. Fa appena in tempo a sollevare il capo che si ritrova Nina, con ancora le chiavi in mano, sulla soglia della porta.

«Che ce fai qua?» le chiede, sforzandosi di non essere troppo brusco.

Lei schiocca la lingua sul palato. «Ci vivo, Manuel» replica, piccata.

«Seh, ma da accordi non ce dovevi esse', così me portavo via la roba senza problemi.»

«Riesci ancora a parlare in italiano o questi mesi a Roma ti hanno fatto retrocedere fino a tal punto?» lo ignora. Posa la borsa sulla sedia imbottita accanto al comó insieme alla giacca che si premura di levarsi di dosso. Si sbarazza anche delle scarpe con tacco dodici, mettendole a posto nell'apposito mobile sottile sulla parete opposta.

Manuel si limita a seguire la sua figura con lo sguardo. Per fortuna, è riuscito a fare tutto in tempo e può andarsene. Tira la zip della valigia, la chiude in via definitiva e la solleva dal letto, tenendola per il manico. «Vabbè, te saluto» borbotta. È pronto a fuggire il più lontano possibile da quel luogo infernale, da quella prigione.

«Te ne vai così?» Nina lo ferma.

Sì, così.

Lui vorrebbe evitare di voltarsi e procedere dritto per la propria strada. Serra la mascella, si gira e la squadra di sottecchi. «Questo è l'intento.»

«Non mi chiedi nemmeno scusa?»

«Scusa per cosa?»

«Per quello che mi hai detto ieri! Chiaramente volevi ferirmi e hai tirato fuori il peggio, ma non sono cose che pensi davvero.»

Si acciglia. «Certo che le penso davvero» afferma.

«No, invece» Nina ribadisce. Striscia i piedi ricoperti dal sottile strato dei collant sulle mattonelle lucide e riduce la distanza che li separa. Incrocia le braccia al petto. «Avanti, aspetto.»

Manuel lancia un'occhiata in giro quasi si aspettasse di trovare una telecamera che gli annuncia di essere vittima di uno scherzo. Purtroppo per lui, è tutto vero, tanto da provocargli una risata sull'orlo dell'isterismo.

«Non ho tempo da perdere» cerca di metter fine a quella conversazione, alla permanenza in quella casa.

Vuole andare via.

«Hai scelto di tirare fuori le palle solo all'ultimo» l'ex moglie insiste e assottiglia lo sguardo. «Come mai?»

«Me spieghi che vuoi da me?» ancora una volta, Manuel cerca di non cedere alla rabbia che ha nei suoi confronti. Non merita una reazione, lei non merita più nulla. «Tu mi hai lasciato di punto in bianco perché eri stanca di me e tutto quello che facevo, tu mi hai cacciato di casa, tu che mi hai urlato contro e augurato le peggio cose, sempre e solo tu. Ora te sorprende se pe' 'na volta ti ho risposto?»

Nina non si smuove. I suoi occhi azzurri rimangono spalancati e apatici. «Io ti ho lasciato perché sai solo lamentarti senza trovare mai una soluzione! Ti ho sempre spronato a dare il massimo e tu non hai mai apprezzato.»

«Spronato? Quindi il tuo sminuire ogni mia azione, criticare il ristorante dove ti portavo a cena, le cose che ti cucinavo, i regali che ti facevo... era tutto per spronarmi

«Certo, per spingerti a far meglio perché ti amavo!»

Gli sembra davvero di essere caduto in un tranello, una burla di cattivo gusto. Appoggia la valigia a terra e si passa una mano sul viso, incredulo. «Non è così che funziona, Nina.»

Vorrebbe urlare, ma dalla sua bocca proviene un tono ben più pacato e, a tratti, rassegnato.

«Quando ami una persona, non la distruggi» attesta. Sembra una frase banale, scontata, eppure estremamente vera. «Non stai a ripeterle... ogni volta che sbaglia, che non fa mai bene niente, che non è abbastanza. Se c'ha idee folli, le assecondi e la maggior parte ve le fate venire insieme. E l'ascolti pure per ore se te parla di una sua passione o semplicemente di ciò che je passa pe' la testa perchè te piace 'a voce sua.»

Fa una breve pausa. D'improvviso, senza che se ne sia reso davvero conto, la sua rabbia e il suo rancore si dissolvono e lasciano spazio soltanto ad una incommensurabile tristezza.

Rilascia un sospiro sommesso. «A me... dispiace se non abbiamo avuto tutto questo» mormora e, per la prima volta dopo anni, gli sembra di scorgere un briciolo di sentimento sul volto della ragazza. «Non lo abbiamo mai avuto perché non siamo fatti per stare insieme, non siamo... noi non siamo mai stati la metà mancante l'uno dell'altra e abbiamo sprecato tutto 'sto tempo, ostinati a far funzionare qualcosa che non doveva nemmeno iniziare.»

Abbassa un attimo lo sguardo e afferra di nuovo la valigia per il manico. «Per quel che vale» aggiunge «possiamo ancora trovarla, la metà mancante giusta e... spero tanto tu possa farlo e che tu possa avere quel tipo d'amore. Tutti se lo meritano.»

La guarda in viso ancora per mezzo secondo.

Considerando il male che gli ha fatto, nemmeno dovrebbe augurarle il meglio.

Ci sono ferite sulla sua anima che ci metteranno tanto a guarire , però ha la necessità di mettere un punto, per lasciarla andare, per buttarsi alle spalle quella vita fatta di apparenza e di ansia sociale per accontentare il volere altrui.

Così, è pronto ad abbandonare la stanza, la casa e tutto il resto, non sentendo più il peso opprimente di una sentenza rinviata – quello è solo un problema in più, una piccola pecca che può tollerare.

Si gira con lentezza, muove un singolo passo, ma Nina lo ferma: «E tu l'hai trovata?»

Manuel le rivolge uno sguardo da oltre la propria spalla, prima di voltarsi nella sua direzione, solo per un attimo: «Cosa?»

«La tua metà mancante. Quella giusta.»

Abbozza un sorriso. «Sì,» afferma «sta a Roma.»

Nina accenna una risata e stavolta non è maligna, piuttosto isterica, nervosa. «Stavi così male che ti sei consolato subito» bofonchia.

«Non l'ho cercato, è successo ed è bello. Non mi pento di questo.»

«Tecnicamente non siamo ancora divorziati in via ufficiale, Manuel. Questa cosa ti si potrebbe ritorcere contro se solo volessi.»

«Fa' pure come te pare, Nì. Tanto non c'hai nient'altro da togliermi.»

Schiude la bocca per poter aggiungere qualcosa. Alla fine, però, tace e distoglie lo sguardo dell'ex marito.

Quest'ultimo decide che in quel modo si può concludere il loro dialogo.

Si volta, in via definitiva, e i suoi passi risultano decisi fino all'uscita dell'alloggio. Deposita le chiavi sopra il mobile all'ingresso.

Non vuole più tornare lì, nemmeno avere una possibilità di farlo.

Si chiude la porta blindata alle spalle e rilascia un lungo sospiro.

Scende in strada. L'Audi è parcheggiata a pochi metri di distanza. Carica la valigia nel bagagliaio e si mette subito alla guida.

Freme per tornare a casa.

Al resto può pensarci al prossimo rinvio.

Prima che possa accendere il motore, tuttavia, prende il telefono dalla tasca, va ad aprire la conversazione WhatsApp con Piccolè. Il contatto ha come ultimo accesso un'ora fa e gli scrive:

Ho avuto un'idea folle
Cioè poco folle forse è soltanto un'idea e un po' stupida

Invia e le spunte diventano blu quasi nell'immediato.

Che cosa?

Manuel sorride.

Io sto partendo ora ed entro stasera dovrei essere lì
Pensavo che potrei fermarmi a Tivoli

Che ci fai a Tivoli?

Prendo una stanza su Booking
E tu mi raggiungi
Ti vengo a prendere alla stazione
Forse è un po' squallido non lo so
Però possiamo stare insieme
Tranquilli
In pace
Solo io e te

È un briciolo nervoso quando preme invio, forse perché una parte di lui si aspetta un rifiuto, una spiegazione sul fatto che potrebbe essere troppo rischioso, che deve inventare una scusa buona con Dante e Anita e sarebbe persino logico.

Tuttavia, poco dopo la risposta arriva:

Se prendo il treno alle 18:47 va bene?

L'ansia svanisce.

È perfetto
Ti aspetto lì❤️

Posso fare una richiesta?

Quale?

Metti la cravatta

Perché?

Perché ti sta bene
E perché mi eccita

Ride e scuote il capo.

Va bene pure per la cravatta
A tra sette o otto ore piccolè😘

Come ultima replica, Simone invia lo sticker di un gatto con cuori rosa intorno, il che fa ampliare il sorriso di Manuel. Quest'ultimo, ripone il telefono nell'apposito sostegno e finalmente avvia il motore.

Torna a casa, a ricongiungersi con la sua metà mancante.

***

[Note d'autore:

Ciao a tuttə e grazie per aver letto fino a qui.

Ahimè, Nina è sempre un gran problema, ma finalmente Manuel ha reagito e gliene ha cantate quattro!

Ora, godiamoci un po' di calma prima di...

Io ho avvertito!

Ci vediamo (leggiamo) a Tivoli.

Un bacio.

Lilith.]

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