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Ignorare




Quando scende al piano di sotto la mattina successiva, Manuel trova sua madre già indaffarata, vestita e pronta per uscire in sala da pranzo, con il tavolo lasciato imbandito per la colazione.

La donna lo saluta con un cenno del capo e un «Hai visto le mie chiavi?», il che lo stranisce visto che è lei quella che insiste tanto sul riporle al solito posto in maniera tale da non perderle.

«Non sono all'ingresso?» replica. Si guarda distrattamente intorno come se potesse trovarle in quel modo; la realtà è che non le sta cercando davvero.

«Eh, le metto sempre lì e...» Anita ficca una mano della grande borsa di finta pelle che porta a tracolla, ci fruga per qualche secondo. «Ah, eccole!» esclama, vittoriosa, tirando fuori l'oggetto perduto e sorridendo. «Ieri abbiamo usato quelle di Dante, ecco perché non le ho spostate.»

Manuel annuisce. Gli interessa poco delle chiavi non perse. Piuttosto, si infila le mani in tasca, piega il capo su di un lato. «Hai dato il mio numero alla figlia della tua estetista?» butta lì il quesito, pur conoscendo già la risposta.

«No.»

«Marta mi ha scritto proprio tua madre mi ha dato il tuo numero. Almeno se volevi che risultasse casuale, dovevi dirle di impegnarsi.»

Messa davanti all'evidenza e ad una prova schiacciante, Anita sospira e scrolla le spalle. «Va bene, sì» ammette «è che—è così carina, sareste perfetti insieme.»

«Ma', possiamo tornare al fatto che non ho bisogno che me cerchi 'na donna?»

«Non te l'ho cercata, me ne hanno parlato e ho unito le cose.»

«Sì, certo. Facciamo che questa è la prima e ultima volta che me organizzi n'appuntamento.»

«Quindi le hai risposto?»

Manuel alza gli occhi al cielo. La spiegazione più corretta sarebbe che sì, le ha risposto, più per esasperazione e per togliersi dalla testa i pensieri sconci che fa sul figlio di suo marito.

Probabilmente, però, ciò darebbe vita ad una discussione senza fine, ad un coming out con lei che non è ancora pronto a sostenere ed è meglio evitare.

Per cui «Sì, le ho risposto, ci vediamo venerdì sera» dice.

Anita allarga il sorriso. Con le chiavi in mano e la borsa che le pesa sulla spalla, si avvicina al figlio e lo stringe in un abbraccio, lo bacia sulle guance. «Oh, non sai come sono contenta!» esclama «È così una brava ragazza, magari con lei te sistemi per davvero.»

Il "ti sistemi" è una retorica che Manuel non sopporta. Anche su questo argomento darebbe luogo ad una lite non richiesta se solo parlasse e, per la seconda volta in poco tempo, lascia correre.

Accetta in maniera passiva il gesto d'affetto. Per sua fortuna, la madre non può osservare la sua espressione funerea.

«Ehi, si festeggia qualcosa?» è una terza voce che si intromette in quella conversazione.

Manuel scorge Simone arrivare con la coda dell'occhio e scioglie con lentezza l'abbraccio.

Anita lo accoglie con la sua solita gioia. «Tesoro, ti ricordi la bella ragazza che vi ho fatto vedere l'altro giorno?»

«Mh-m, sì, perché?»

Simone ha indosso un paio di pantaloncini blu e una canotta a righe orizzontali bianche e beige. Prende posto a tavola e versa in una tazza quel poco caffè rimasto nella moka.

«Ce n'è un'altra già pronta sul fornello se volete, è solo da accendere» informa Anita, notando l'ultimo gesto. «Comunque, Manuel ha accettato di uscire con Marta! Non è una fantastica notizia?»

Ecco, Manuel non avrebbe voluto appendere i manifesti o fare così tanto scalpore per una sciocchezza.

Il suo sguardo guizza sul ragazzo seduto al tavolo, il quale lo fissa con una strana espressione, mista tra il divertito e il provocatorio e dopo «Ma dai!» lo sente dire e riconosce il suo sarcasmo «Davvero notizia straordinaria, sì.»

Come ovvio, tale ironia non può essere colta da Anita che si limita ad essere felice ed euforica per il suo piano concluso con successo. «Lo so!» ribadisce e ridacchia. «Ora scappo che ho un sacco di giri da fare stamattina, ci vediamo stasera.»

Va via, li lascia soli, in un mezzo silenzio strano e teso.

Manuel prova l'impulso di andarsene. Ci ripensa quasi nell'immediato quando si siede di fronte all'altro. Continua comunque la propria missione – ignorarlo.

È difficile ignorare chi ti fissa.

Si versa del latte in una ciotola e raccatta un biscotto alla cannella dal pacco di carta.

«Marta, eh» cantilena Simone «Grindr non ti bastava più?»

«Evidentemente.»

Ridacchia e rigira tra le mani la tazzina di caffè che non ha ancora bevuto. «Oppure esci con lei per non pensarmi.»

Manuel cerca di non lasciar trapelare niente dalla mimica facciale, intanto che si chiede come diavolo faccia quel ragazzino a capire sempre tutto e a prenderlo in contropiede.

Inzuppa il biscotto nel latte e dà ad esso un morso. «Sei fuori strada,» borbotta, a bocca piena «esco con lei perché è carina.»

«Io sono più che carino e potrei farti cose che lei non saprebbe nemmeno pronunciare.»

Con quello stesso biscotto adesso rischia di strozzarsi.

Evidentemente corrisponde all'intento di Simone, il quale pare soddisfatto mentre sorseggia il caffè.

Dall'altra parte, Manuel tossisce e cerca di riprendere fiato, bevendo del latte. «Perché non la smetti?»

«Di fare cosa?»

«Di fare 'ste battute, di provocarmi.»

«Se io non ti interessassi, le cose che dico non ti toccherebbero.»

Vero, di nuovo.

E, di nuovo, non può darlo a vedere. Si sforza di sostenere il suo sguardo, per quanto reso complicato dato che nei suoi occhi scuri ci vorrebbe sprofondare. «Trovati uno della tua età» dovrebbe suonare come una minaccia, sebbene il tono di voce che utilizza non sia troppo duro.

«Quelli della mia età non mi piacciono.»

«Allora dovresti tornare tu su Grindr.»

«Non c'è nessuno di interessante.»

«Beh, è un peccato.»

Non ha finito di fare colazione quando si alza e percepisce ancora l'altro che lo fissa, in una maniera talmente penetrante che sembra lo stia toccando. «Buona scuola» conclude la conversazione.

Schiocca la lingua sul palato e si allontana.

Durante tutta la mattina, da solo in casa è più semplice fingere che Simone non esista.

Resiste alla tentazione di guardare il suo profilo Instagram, visto che non l'ha bloccato, e si distrae con la musica nelle orecchie – una playlist di vecchie canzoni che ha chiamato "Old but gold" – mentre invia ulteriori curriculum ad annunci vari che trova sui siti.

Abbandona la Villa poco prima di mezzogiorno, così da non essere lì al rientro del ragazzo dal liceo – spera che l'orario completo entri in vigore molto presto.

Resta in giro per Roma per il resto della giornata, fino a sera.

Conosce quella città a memoria: ogni vicolo, ogni sanpietrino, eppure ogni volta che calpesta le sue strade è come la prima; lo entusiasmano i suoi colori, perfino la caoticità delle persone che camminano qui e là, dei turisti che fotografano i tombini, che rimangono poi a bocca aperta davanti al Colosseo.

Lasciarla è stata la decisione più difficile della sua vita, una che ha preso credendo in un amore che, col senno di poi, non è mai esistito.

Se ci pensa, Nina gli ha portato via i suoi anni più belli, lo ha consumato.

Adesso che può camminare di nuovo tra le vie della capitale, lontano da lei, gli sembra di poter tornare a respirare in ogni senso.

Quando rientra, più o meno verso le sette di sera, per sua fortuna Simone non c'è: trova solo Dante nel suo studio a revisionare, presumibilmente, i programmi per quell'anno scolastico e sua madre in cucina che lo saluta da lontano, alzando il tono di voce.

Manuel sale con lentezza le scale fino alla propria camera – esamina ancora l'ambiente per accertarsi che davvero Simone non ci sia e no, non c'è sul serio.

In stanza, si leva di dosso i vestiti usati fuori e mette dei pantaloni di tuta nera e una maglietta bianca – abiti "da casa", così da non dover optare già per il pigiama.

Mentre è seduto a gambe incrociate sul letto, con il telefono in mano – ha tre notifiche da parte del numero che ha memorizzato come Marta figlia estetista, messaggi che non ha letto – Anita si presenta sulla soglia della porta e «Tutto bene?» gli chiede.

Solleva lo sguardo con distrazione e annuisce.

La madre sospira e muove qualche passo dentro la camera, strisciando i piedi sul pavimento. Avanza fino a che non si accomoda accanto a lui sul materasso. «Senti, ci ho pensato parecchio oggi» esordisce.

Manuel posa il cellulare con lo schermo rivolto verso il basso sulle coperte tirate. «A cosa?»

«Al fatto di aver–insistito tanto con Marta. Forse sono stata... davvero un po' invadente.»

Gli viene da sorridere. «Solo un po'?»

«Eh, 'n pochetto, non t'allargà.»

Ride – e lo fanno entrambi, flebilmente. «Non fa niente,» biascica «non te sei mai impicciata pe' dieci anni, è tipo un recupero del tempo perso.»

Anita gli sorride con dolcezza e allunga una mano per accarezzargli una guancia. Strofina i polpastrelli e l'accenno di barba che sta crescendo pizzica sotto le sue dita. «È che dopo quello che è successo con Nina, ho pensato che ti avrebbe fatto bene avere una brava ragazza accanto, con la testa sulle spalle.»

«Lo so, eri in buona fede.»

«Certo che sì» conferma «per come ti ha trattato quella—beh, perdona la schiettezza, ma quella stronza

Manuel sogghigna.

Sì, quella è la definizione più corretta.

«Magari non parliamone» replica «userei un profondo linguaggio scurrile che non sopporti troppo.»

Anita scuote il capo. È ancora divertita a dire il vero. Sposta una mano tra i suoi capelli, li scompiglia solo un po' prima di rimettersi in piedi e stringersi nel suo cardigan blu. Si accinge ad abbandonare la stanza, con un «La cena è quasi pronta» al quale il figlio annuisce — e spera non sia una amatriciana, anche se dall'odore che ha sentito quando è entrato in casa, teme di sì.

«Comunque» la madre si ferma sulla soglia «io e Dante siamo fuori questo fine settimana. Andiamo a Napoli per il nostro anniversario, partiamo venerdì mattina.»

«Okay, uhm... auguri in anticipo.»

«Sì, grazie. A parte il venerdì sera che sarai impegnato, ti scoccia tenere d'occhio Simone? Gli abbiamo già detto di non organizzare feste o roba così, quindi per quello stai tranquillo, solo per il resto.»

Manuel rimane fermo sul letto, un briciolo trattiene il respiro di fronte a tale richiesta. Smorza una risata nervosa. «Ha diciotto anni, mica ha bisogno di essere—sorvegliato, tipo.»

«Sì, lo so, ma per noi sarà sempre il piccolo di casa, siamo più tranquilli così.»

Alla parola "piccolo", Manuel trasale. Se lo è ripetuto tante volte nella propria testa, ma sentirlo dire dalla madre fa un effetto ben diverso.

Butta giù a fatica della saliva e borbotta: «Sì, uhm, non... non c'è problema.»

«Grazie!» Anita si congeda e sparisce nel corridoio, lasciando l'eco del «Ti aspetto di sotto!»

🏍️🏉

Il venerdì arriva in fretta.

Dante e Anita partono per il loro weekend romantico e anche il professore si raccomanda di tener d'occhio il piccolo Simone.

Manuel vorrebbe urlare che da quello che fa e dice Simone a lui, è tutto fuorché piccolo.

Per ovvietà, non può proferire parola.

Li lascia andare via con un sorriso e la promessa che lo farà — già rotta in partenza poiché non ha alcuna intenzione di trascorrere un intero fine settimana da solo alla Villa con quel tormento.

Per carità.

Inoltre, quella sera ha un appuntamento con Marta, la quale ha continuato a inviargli messaggi entusiasti e fargli complimenti su complimenti; si chiede cosa le abbia raccontato la madre per un simile comportamento, dato che lui stesso non si reputa affatto una persona interessante, non più, almeno.

Ad ogni modo, il loro incontro dovrebbe tenersi per le sette. Sono le cinque e mezza — no, di più, quasi le sei — e lui deve ancora farsi la doccia e prepararsi. Un giorno, il procrastinare le cose lo ucciderà.

Giunge in bagno in fretta, mentre si sbottona la camicia e...

«Cristo!» impreca.

Purtroppo per lui, trova occupato.

«Ma che ci fai qui? Non eri fuori?»

Simone è lì, di spalle di fronte al lavandino, con indosso soltanto un paio di pantaloncini rossi e i capelli bagnati — Manuel sa già che regalo fargli a Natale: uno stock di magliette per coprirsi, dannazione.

«Sono tornato» è la risposta.

«Seh, l'ho notato. Potresti uscì? Devo prepararmi.»

«Ah, già. Stasera è la sera.»

Simone si gira con estrema lentezza. Tiene in mano un flacone di plastica blu scuro e il solito sorriso strafottente che è cucito sulle sue labbra. «Pronto alla noia?»

Manuel alza gli occhi al cielo. Richiude due dei bottoni della camicia che aveva slacciato. Poi mette le mani sui fianchi. «Pronto ad una serata super con una donna super.»

«Super? Chi dice ancora super

«Io.»

«Dio, come sei vecchio.»

«Già, 'n pezzo da rottamare. Vuoi uscì adesso?»

Simone non smette di sorridere, non lo fa mai. È il suo modo per mantenere l'espressione di sfida continua. Inclina il capo su di un lato. «Sì, ma prima aiutami a mettere la crema» esclama e indica la bottiglietta che ha tra le dita.

«Cosa?»

«La vecchiaia t'ha già reso sordo?»

«No, ho sentito benissimo» Manuel sbotta. Ha sentito forse fin troppo bene. «Puoi mettertela da solo.»

«Ho una scottatura sulla schiena. Di solito lo fa Anita, ma visto che non c'è...» Simone insiste e compie un passo in avanti nella sua direzione.

«Non ne ho alcuna intenzione» e Manuel fa un passo indietro.

«Perché? Mica provi attrazione per me, non sono il tuo tipo, giusto? Sarà come spalmare la crema al tuo fratellino.»

Lo sta facendo di proposito, ovvio.

Ed è una sorta di ulteriore sfida che si propone.

Lo sa che deve ignorarlo, ma ogni volta risulta più complicato.

Così, per dimostrargli che davvero non prova nulla — mentendo a sé stesso — gli strappa il flacone dalle mani e lo trucida con lo sguardo. «Girati» ordina.

«Uh, autoritario. Mi eccita.»

«Vuoi che te la sprema tutta in faccia questa?»

Simone resta sfrontato, anzi, è ancora più impudente. Si volta, in modo da dargli le spalle sebbene riesce a scorgere il viso dell'altro dal riflesso allo specchio.

Manuel cerca di evitare di far incrociare i loro occhi attraverso tale superficie lucida. Esamina alla veloce la sua schiena. «Qua non ce sta nessuna bruciatura.»

«Perché metto la crema da una settimana. Avanti.»

Gli sta dando sui nervi.

O altro.

Meglio non pensare all'altro.

Apre il flacone, versa la crema sulle sue spalle e inizia a spalmarla alla rinfusa, lasciando tracce bianche e non uniformi sulla pelle. «Okay, fatto.»

Simone sbircia l'operato con la coda dell'occhio. «Ma l'hai messa malissimo, puoi fare di meglio.»

«Simó, ho un appuntamento tra poco e devo ancora farmi la doccia, non ho tempo.»

«Non hai tempo o una parte di te sta provando qualcosa e non vuoi ammetterlo?»

Va a finire che a questo altro deve pensarci poiché gli basta abbassare lo sguardo per mezzo secondo per notare un leggero rigonfiamento sul cavallo dei pantaloni.

Simone si gira nuovamente, lo fissa mantenendo la testa piegata su di un lato. I suoi occhi guizzano verso il basso.

Manuel realizza che è andato a notare quel particolare che non fa in tempo a nascondere.

«Esci da qui, devo fare la doccia» intima. Chiude il tubetto e glielo porge.

«Posso farti compagnia, già che ci siamo.»

«Esci.»

«Stai facendo di nuovo l'autoritario.»

A tal punto, Manuel si scansa e gli indica la porta. Lo invita per la terza volta ad abbandonare il bagno, senza proferire parola.

Simone resiste per qualche secondo, sostiene il suo sguardo. In seguito, prende la confezione di crema dalla sua mano e si accinge a uscire. «Buona noiosa serata» dice, con ironia e accennando una risata.

Manuel non replica e chiude l'anta con un tonfo, girando la chiave nella toppa.

L'occhio gli ricade sul rigonfiamento che è soltanto aumentato.

A quanto pare, a quell'appuntamento tarderà.

***

[Note autore:

Questo cap un po' più breve dei precedenti, da considerare una specie di introduzione al prossimo, che è uno dei miei preferiti!

Come andrà questo fatidico appuntamento?

Grazie per aver letto!

Un bacio.

Lilith.]

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