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Coming out




«Ripetimi per quanto tempo starai via.»

Lo ha già sentito almeno sette volte, se non otto, ma Manuel vuole rendersene meglio conto.

Si trova in piedi, vicino alla porta-finestra, le braccia incrociate al petto e una spalla contro il muro, nella stanza di Simone ad osservare quest'ultimo che sistema le sue cose in un trolley aperto sul letto.

È quasi tutto pronto.

«Due settimane» ribadisce il più piccolo. «Chiedermelo a ripetizione è un tuo modo per dirmi che ti mancherò?»

«Nah, solo pe' regolarmi.»

«Regolarti per cosa?»

«Non so, se riscaricare Grindr o qualche altra applicazione mentre tu non ci sei.»

Aggrotta le sopracciglia. Lo fissa, con in mano una felpa grigia che ha appena piegato. «Hai già appurato che uno come me non lo trovi da nessuna parte» trilla.

«Non se può mai dire» controbatte Manuel. Un lato di lui lo fa di proposito, a tastare il terreno: quella leggera gelosia che ha colto durante la disastrosa cena di compleanno, il che è assurdo perché loro sono due scopa-qualcosa, una distrazione reciproca finché non arriverà la persona giusta, quindi...

Quindi non gliene dovrebbe fregare proprio nulla se Simone è geloso o meno.

Anche se la persona giusta non la sta cercando e probabilmente vale anche per l'altro e...

Lasciamo perdere.

«Buona fortuna, allora» dice Simone. Molla l'indumento nella valigia, l'ultimo, poiché poi la chiude e tira la cerniera. «Basta che dopo te fai qualche controllo prima di riemergere dalle stalle e tornare alle stelle» schiocca la lingua sul palato. «Le stelle sono io, ovviamente.»

Manuel ridacchia. Non decifra ancora se si tratta di gelosia o menefreghismo, il suo tono è strano. «Beh, quello pure tu» puntualizza.

«Io?»

«La Scozia sarà piena di bellocci alti, biondi, occhi azzurri. Te divertirai 'na cifra.»

Forse quello geloso è lui.

«I biondi non mi piacciono.»

«I biondi, quelli della tua età...»

«Si chiamano gusti

Sì, lo sa bene.

Lo sa da quando ha realizzato il genere di ragazzo che gli piace e che quello che ha a pochi centimetri di distanza rispecchia ogni minuscola sfaccettatura e non solo a livello fisico, a quanto pare.

Gli si avvicina con lentezza, sciogliendo l'intreccio delle braccia. Lancia un'occhiata verso la porta: è chiusa a chiave, se ne premurano sempre.

«Un po' strani questi gusti» soffia, quasi sulle sue labbra, ma non tramuta tale gesto in un bacio, per quanto vorrebbe.

Non si trattiene, invece, Simone, il quale resiste per tre secondi prima di premere la bocca sulla sua.

Come accade di solito, Manuel è disarmato e in balia delle azioni frenetiche del più piccolo. Addirittura solleva entrambe le mani in cenno di resa e gli lascia campo libero, in ogni senso possibile.

L'altro ne approfitta subito: il bacio si sposta lentamente sulla linea del mento e dopo più giù, sul collo. Inizia a mordicchiare e succhiare la porzione di pelle appena sopra il bordo superiore della maglia a maniche lunghe blu scuro.

Manuel socchiude le palpebre, butta il capo all'indietro e rilascia un sospiro sommesso. Conduce una mano tra i suoi capelli ricci, all'altezza della nuca. Impiglia lì le dita, senza tirare troppo. «C'hai—l'aereo tra tre ore» bofonchia. Dovrebbe suonare come un "non possiamo ora", però è intrisa una leggera supplica che chiede di più.

Vince la seconda, dal momento che Simone non smette, non si ferma, anzi va più a fondo e Manuel si lascia sfuggire un gemito appena strozzato, il che è assurdo perché non lo sta toccando, non sta facendo nulla a parte torturargli il collo.

Un po' troppo, in realtà, tanto da fargli aggrottare le sopracciglia e il piacere viene sostituito da una strana e folle preoccupazione.

Non fa in tempo a dissipare il dubbio che Simone si stacca con uno schiocco. Vede il suo viso, le labbra gonfie e arrossate e poco dopo sopraggiunge il suo usuale sorriso beffardo e soddisfatto.

«Così c'avete qualcosa di cui parlare, tu e gli appuntamenti coi tipi squallidi di Grindr» lo sente dire.

All'inizio non capisce, confuso dai fumi di piacere che svaniscono troppo in fretta o dal pensiero di quanto sia bello chi ha davanti, soprattutto in tali condizioni, e come sta diventando imbarazzante il fatto di avere sempre in testa una simile sua descrizione.

La realizzazione arriva dopo e per un attimo non vuole crederci. Sgrana gli occhi e si sposta, raggiunge lo specchio a figura intera nell'angolo della stanza ed eccolo, un grosso segno rosso che diventerà più livido nelle ore successive sul suo collo.

«Che—bastardo» soffoca.

Simone scrolla le spalle. «Mi hanno chiamato in modi peggiori.»

«Come dovrei passare il Natale co' 'sta roba?» Manuel si lamenta, ma sta ridendo.

Fino a qualche settimana prima, probabilmente si sarebbe arrabbiato, ora lo trova divertente.

Attraverso il riflesso, scorge l'altro appropinquarsi e fermarsi alle proprie spalle. «Puoi essere creativo» lo sente dire.

«Creativo?»

«Sì, nel trovare modi per nasconderlo. Ti sconsiglio il correttore: macchia.»

Lo fissa ancora dallo specchio, non si gira. Riprenderebbe a baciarlo in quel caso e finirebbe per fargli perdere l'aereo.

E sarebbe imbarazzante.

🏍️🏉

L'essere creativo di Manuel si esaurisce con il semplice indossare una maglia pesante dolcevita, così da riuscire a coprire il segno ben evidente.

Il colletto non è troppo alto, ma se evita alcuni movimenti, dovrebbe essere in grado di nascondere bene il segno rossastro.

Scende le scale di legno insieme a Simone, con la scusa di aiutarlo a portare la valigia. La realtà è che lascia più peso a lui, quindi d'aiuto lo è ben poco e si becca pure degli sguardi misti tra rimprovero e divertimento da parte del più piccolo.

«Fai buon viaggio» esclama Anita, abbracciando il figliastro. Deve alzarsi sulla punta dei piedi per farlo.

Quest'ultimo sorride e «Grazie, vi mando un messaggio quando arrivo» attesta.

«Dai, Simone, muoviamoci, siamo in ritardo!» esordisce Dante. Indica l'orologio che ha al polso per enfatizzare il concetto e sottolineare la fretta.

«Sì, andiamo» ribatte il ragazzo. Lancia un'occhiata verso gli ultimi gradini, laddove è rimasto Manuel, fermo sul primo, con le mani nelle tasche dei pantaloni beige. Sorride, cercando di nascondere il fatto che lo ha costretto a indossare un dolcevita per i successivi giorni e dentro quella casa si muore di caldo. «Buone feste, Manuel» dice.

Per gli altri pare un saluto normale da parte di qualcuno che sarà via per Natale e Capodanno.

Per colui che è stato nominato, suona diverso: una frecciatina velata alla conversazione avvenuta in camera poco prima.

Manuel contorce le labbra in una smorfia. «A te, Simó.»

Che bastardo, aggiunge a mente, perché il suo sorriso beffardo lo folgora ed è lo stesso che non vedrà per ben due settimane.

Tortura, una vera tortura e no, Grindr, Tinder, Lovoo e qualunque altra applicazione di incontri non potranno mai sopperire ad una simile mancanza.

I loro sguardi si incrociano, in una bolla che per un attimo racchiude soltanto loro due, un po' come è accaduto la sera della festa con lo specchio d'acqua della piscina a separarli, ma stavolta sono differenti le sensazioni che assalgono Manuel.

Diverse.

Non è capace di dar loro un nome, non ancora, sa solo che sente già la mancanza del ragazzino, anche se quindici – sedici – giorni non sono nulla.

La mancanza in sè non dovrebbe sentirla, altrimenti vorrebbe dire che...

«Chicca!»

Chicca?

Ha perso il contatto con la realtà. Gli capita spesso. Non è stato dietro al susseguirsi degli eventi e dunque non si è accorto di Dante che ha aperto la porta blindata di casa per poter uscire e si è trovato sull'uscio la ragazza con un pugno sollevato, in procinto di bussare.

Evidentemente non serve più.

«Ho scelto un momento sbagliato?» chiede lei, preoccupata.

«Ma no, no, ciao, Chicca!» la accoglie subito Anita. Allarga le braccia per invitarla ad entrare, ma tale gesto viene impedito da Dante che guarda una seconda volta l'orologio e ribadisce: «Noi dobbiamo scappare!»; fa cenno verso il figlio, il quale alza gli occhi al cielo.

Entrambi abbandonano la Villa al medesimo tempo. Simone borbotta un «Ci si vede» a tutti, compreso l'ospite appena giunto, e il professore si lascia indietro l'eco del: «Spero tu ci sia ancora quando torno, faccio presto!»

Chicca può soltanto assistere alla scena e aggrottare le sopracciglia, confusa. Dopo cerca lo sguardo del migliore amico, ride. «Ma che succede?»

Non è lui a rispondere. Ci pensa Anita. «Devono correre in aeroporto altrimenti Simone perde l'aereo» spiega, mentre la saluta con tre baci sulle guance. «Come stai? Quanto tempo! E dov'è la piccoletta?»

«In giro con la nonna e il papà a cercare i regali da dire a Babbo Natale! Ma prometto che torno con lei, muore dalla voglia di salutare lo zio.»

Manuel sbatte le palpebre e pare tornare davvero nel mondo reale in quel momento. «E lo zio non vede l'ora!» replica. Scende l'ultimo gradino su cui è rimasto bloccato per indirizzarsi verso Chicca e la stringe in un abbraccio.

Gli sembra di non vederla da una vita.

Escluse le videochiamate, è passato quasi un anno.

Anita sorride con dolcezza, assistendo alla scena, intanto che chiude la porta. «Vuoi un caffè?»

Una domanda retorica, visto che offre sempre un caffè a qualunque ospite e spesso arriva direttamente alla cena.

Ad essere onesti, Manuel vorrebbe restare solo con Chicca ed evitare quel che, in effetti, succede nei minuti successivi, ossia una chiacchierata seduti a tavola con i biscotti con gocce di cioccolato che ha portato la ragazza da Milano, in sala da pranzo, durante la quale la madre fa un sacco di domande e si congratula con la ragazza per il lavoro, la casa e la figlia.

Evidentemente, dalla loro discussione di settimane prima non ha imparato nulla; al contrario, finge non ci sia mai stata.

Anita fa sempre così: evita il conflitto, rimuove i ricordi che non ritiene utili e va avanti, non preoccupandosi di conseguenze e traumi che può lasciare.

Manuel non è più tornato sull'argomento.

Meglio così, non sarebbe stato in grado di sostenere una conversazione di quel tipo. Perlomeno, Anita ha smesso di nominare Marta e non ha più cercato di organizzargli appuntamenti al buio.

È già un traguardo.

Trascorrono i successivi venti minuti davanti al caffè che pian piano si raffredda.

Il dialogo è tenuto principalmente tra le due donne, Manuel si limita a passare lo sguardo da una all'altra e annuire ogni tanto, mentre ingurgita un biscotto dopo l'altro; non dovrebbe, a dire il vero, sarebbe necessario tenere gli zuccheri sotto controllo.

Uh, è proprio una cosa da vecchi.

Ad un tratto, il cellulare di Anita squilla. La donna lancia un'occhiata allo schermo, sbuffa e «Scusate, devo proprio rispondere, torno subito» dice. Si alza e allontana dalla sala da pranzo, lasciando i due amici da soli.

Manuel non ha idea di chi sia dalla parte opposta della cornetta, tuttavia ringrazia per la tregua durante la quale può riprendere fiato – e smettere di mangiare biscotti.

Non ha tempo di rilassarsi poiché Chicca, seduta davanti a lui, allunga un braccio e gli tira un pizzico forte sul braccio e gli fa pure male. «Ahia!» si lamenta «Ao, ma sei scema?!»

«Che è quello?»

«Quello cosa?»

«Glielo hai spiegato alla ragazzetta tua che alla nostra età i succhiotti non se fanno?!»

Ah, ecco. Per istinto, tira su il colletto della maglia. «Ma che... se vede?»

«Certo che se vede!»

Gli sembrava di aver fatto un ottimo lavoro. Anche Simone gli ha confermato che...

Beh, se lo ha detto lui, non può darci troppo credito. Immagina ne tragga godimento a metterlo in imbarazzo e si starà sbellicando in aereo al pensiero di lui a casa che boccheggia e diventa tutto rosso in volto, in estrema difficoltà.

«Ce potevi mettere del correttore, almeno» borbotta Chicca, tra i denti, intanto che butta giù l'ultimo goccio di caffè rimasto nella tazza.

«Il correttore macchia.»

«Lo fissi co' la cipria e non metti 'na dolcevita. Non se macchia niente» attesta e alza gli occhi al cielo. «Almeno la posso vede' questa?»

«Chi?»

«Sei diventato sordo co' i trent'anni? La responsabile del tuo sfregio sul collo.»

Manuel lo ha capito senza bisogno di ulteriori specifiche, ha voluto soltanto prolungare il momento. Guarda verso la porta. Non sente la voce della madre, deve essere abbastanza lontana dalla stanza in cui si trovano loro.

Ha la propria migliore amica davanti dopo tanto e ha l'estrema necessità di parlare con qualcuno di tutta la situazione, altrimenti esplode.

Chi meglio di lei?

L'ha tenuta all'oscuro per mesi, dovrebbe essere onesto nei suoi confronti.

Chicca lo farebbe con lui, gli direbbe tutto, lo ha sempre fatto.

Si gratta dietro ad un orecchio, in ansia, nervoso. «Possiamo andare di sopra?» bisbiglia.

«Perché?»

Non glielo spiega a parole, piuttosto fa strisciare la sedia sul pavimento, si alza e le fa un cenno con il capo per invitarla a seguirlo.

L'amica non insiste od oppone resistenza.

Giungono al piano superiore, nella stanza di Manuel, nemmeno un minuto dopo. Quest'ultimo si premura di chiudere la porta a chiave e di origliare possibili rumori provenienti dal corridoio.

Chicca nota la sequenza di gesti, aggrotta le sopracciglia e incrocia le braccia al petto. «Che è tutta 'sta segretezza?» borbotta. «Mica sarà la copia di Nina? Perché in quel caso, devi rivedere un po' i tuoi gusti e io non sarò gentile a riguardo.»

Decisamente no, pensa Manuel, è il suo opposto, in ogni senso possibile.

Avanza con lentezza, stringendosi nelle spalle. «Meglio se te siedi.»

«Me stai a spaventa'.»

«Siediti e basta, per favore.»

Per la seconda volta, lei annuisce. Arretra fino al letto e si accomoda sul bordo del materasso. Il suo sguardo è serio e, al contempo, curioso. «Allora?»

Manuel ha iniziato a sudare freddo. Ha immaginato molte volte come sarebbe stato quel momento, si è preparato un discorso a mente, seppur privo di una reale previsione temporale per un simile evento ed è difficile trovare il modo e le parole più giuste.

Annaspa, apre e chiude la bocca più volte.

«Pare che te sta a pia' 'n coccolone. Stai bene?» gli viene chiesto.

«Seh» biascica e si passa una mano sul viso. Muove qualche passo nervoso per la stanza, poi si ferma davanti a lei, ponendo entrambe le mani sui fianchi. «Okay, uhm» deve prendere una serie di respiri profondi, come si stesse preparando per una gara di apnea — un po' è sul serio così.

«C'è—cioè... uhm, la persona con cui mi sto... divertendo» non sa neppure se poter definire ancora in tale modo quel che c'è con Simone.

Oddio, forse non esiste una definizione concreta di ciò che sono.

Oddio, non dovrebbe manco prendere in considerazione di trovarla la definizione, non una diversa da scopa-qualcosa.

«La ragazzetta, sì, sto...» Chicca gli parla sopra per un attimo ed è in quel momento che Manuel tira fuori, tutto d'un fiato: «Non è una ragazza.»

L'amica ammutolisce, assume un'espressione difficile da decifrare. Si direbbe sorpresa, scioccata, confusa. Spalanca la bocca. «Il trauma con Nina t'ha fatto diventare gay?»

«No, no» Manuel scuote il capo, solleva un solo sopracciglio – è lui ad essere perplesso, ora.

Ti pare?

«Non sono gay, sono bisessuale» specifica, quella definizione è importante sottolinearla. «Credo di... esserlo sempre stato, solo che non lo avevo capito prima.»

È una spiegazione un po' approssimativa. Su internet ha letto che, di norma, si comprende il proprio orientamento sessuale da adolescente ed è più improbabile capire di poter essere altro dopo.

Improbabile, ma non impossibile.

Magari lui ha semplicemente ignorato i segnali che c'erano pure quando aveva sedici anni, nei momenti in cui fissava i compagni di classe negli spogliatoi prima dell'ora di motoria e percepiva uno strano fastidio allo stomaco. Si è sempre detto che era per confrontare lo sviluppo dei loro muscoli rispetto ai propri che non aumentavano nonostante gli allenamenti.

Ecco, magari il motivo era differente.

Magari dietro a quei ragazzi ci moriva, senza rendersene conto.

«Okay» Chicca sospira e smorza una risata nervosa. «Beh, è una—cosa che non m'aspettavo, ma se m'hai fatto sede' solo pe' questo, guarda che non te devi preoccupa'!»

«Non t'ho fatto sede' pe' quello.»

«E per cosa?» domanda. «Non me dì che er ragazzo è minorenne!»

«No, no, lui è—c'ha diciotto anni.»

«Bene, perché non te venivo a trova' in galera» scherza. «Se può vede' 'sto tipo?»

Manuel esita, si morde piano il labbro inferiore. «Sì, cioè...» incespica. Si sta quasi per tirare indietro, considerando che ha rivelato una parte e già si sente soffocare. «Uhm, però me devi promette che è 'na cosa che rimane tra me e te.»

«Certo che rimane tra me e te, per chi mi hai preso?»

«No, no, è importante, perché lui non ha mai detto a nessuno di essere–nel senso, che gli piacciono i ragazzi, quindi è davvero, davvero importante che la cosa non esca fuori. Io nemmeno dovrei dirtelo, ma serve per il resto e allora... Giuralo e basta.»

Chicca si lascia tramortire dal flusso delle sue parole e, alla fine, risulta addirittura un briciolo confusa e, se è possibile, più preoccupata. Tuttavia, nota come l'amico la sta fissando e implorando con lo sguardo per la richiesta appena esposta e, per quanto non capisca suddetta apprensione, annuisce e «Lo giuro» attesta «sarò 'na tomba.»

«Bene» esclama Manuel, anche se bene non sta affatto. «Okay, uhm» muove ulteriori passi nervosi e si passa una mano sul viso. «Okay, perché tu lo hai–lo hai già visto.»

«Come posso averlo visto? Sta a Roma e io non frequento gli adolescenti!»

«Lo hai visto prima, quando sei arrivata.»

«Impossibile, prima ho solo visto Dante e suo figlio, non è...» la frase di Chicca si interrompe in quell'istante, nel momento della realizzazione. Comprende il motivo per cui le ha fatto giurare di mantenere il segreto e perché l'ha fatta sedere.

Manuel lo nota da come il suo sguardo cambia, la maschera che indossa assume le sembianze del panico, del terrore e poi pure della collera.

Non prova neanche a negare, al contrario, conferma: «È Simone. Il ragazzo con cui—è Simone.»

Subito dopo aver pronunciato tale frase, ammutolisce. Le dà il tempo di metabolizzare l'informazione e non ha idea di come possa reagire, ora che sa tutto.

Insomma, probabilmente sta ancora facendo i conti con la bisessualità; una seconda informazione è più difficile da recepire, specie se di quella portata.

Fa per aggiungere qualcos'altro al fine di smorzare la tensione che percepisce calare nella stanza, rendendo la situazione più opprimente.

Ciò gli viene impedito quando Chicca scoppia a ridere e si alza in piedi, esclamando: «Okay, okay, è stato divertente! Mi stai riprendendo, vero? Poi mandi il video a Matteo per farvi due risate, mh? Bello, però, eh! Creativo!»

«Che stai...»

«È chiaramente uno scherzo! Però sei bravo! Potresti fa' l'attore, c'hai mai pensato?»

«Chì, non è uno scherzo» il tono di voce che Manuel usa è fermo, serio, lo è pure la sua espressione, lo sguardo con cui fissa la migliore amica.

Quest'ultima si sta ancora sforzando di ridere e di pensare di esser stata vittima di una burla. In seguito, la risata si trasforma in un sorriso ed esso svanisce pian piano, lasciando posto a qualcosa che assomiglia a preoccupazione e angoscia.

«Manuel, è il tuo fratellastro» attesta. L'affermazione le muore in gola.

«Non lo è. È il figlio del nuovo marito di mia madre, non è...»

«È un ragazzino! Je facevi fa' i compiti alle elementari, hai presente?»

«Sì, Chì, dieci anni fa, è diverso.»

«No che non è diverso! Hai idea di cosa potrebbe succedere se 'sta storia venisse fuori?»

«Puoi abbassa' la voce?»

In effetti, Chicca sta urlando. Scuote il capo, muove passi nervosi nella stanza.

Di certo, quello non è il modo in cui Manuel ha immaginato di fare coming out con una delle persone alla quale tiene di più al mondo. Si aspettava abbracci, sorrisi incoraggianti, non un eterno rimprovero, non la sua rabbia e furia.

È demotivante.

Avvilente.

Però presuppone che la reazione sia soltanto per Simone e non per altro e un briciolo lo consola.

Solo un po'.

«La storia non verrà mai fuori, se è questo che te preoccupa» pigola poco dopo, il che fa fermare la ragazza e li fa tornare ad essere uno di fronte all'altro. «Ce stiamo solo a divertì, poi lui andrà all'università e non...»

«Ve state a divertì? Ce scopi da quanto, tre mesi?»

«Più o meno.»

«È pure troppo, Manuel! Una volta o due, t'avrei detto che poteva capita'! Pe' tre mesi? No!» Chicca si sforza di non gridare ancora, per non essere sentita da Anita al piano inferiore. «Che succede se inizi a provare qualcosa? O peggio, se lo fa lui?»

«Hai già tirato fuori 'sta questione quando non sapevi chi fosse la persona e io ti ho già detto che non succede» replica lui. Nasconde quel leggero granello di incertezza che ha perché sarebbe illogico farlo uscire quando non è neppure sicuro di cosa sia, in effetti.

«Queste cose non le puoi sapere» sottolinea l'amica. «Se vi innamorate, è un casino.»

«Non m'innamoro di un ragazzino, sarebbe...»

«Stupido?» lo interrompe bruscamente. «Lo era anche seguire Nina a Bologna, sposarla prima di laurearti e comprare casa a Bolzano, eppure hai fatto tutto.»

Quando Manuel sostiene che Chicca incarna la propria coscienza, rappresenta la più brutale verità: lei è in grado di mettergli davanti la realtà senza filtri, di scuoterlo. A volte è persino crudele, ad essere onesti, come in quel momento mentre gli mette davanti ogni errore che ha commesso nella vita e quello che potrebbe ripetere se abbassa la guardia.

Un po' l'ha già abbassata ed è un problema.

Non riesce a rispondere. Nemmeno se ne è accorto, ma i suoi occhi si sono fatti lucidi.

«Lo dico per te, Manuel» pigola Chicca. «Sarebbe un casino e non è... non è perché siete due ragazzi. Sarebbe un casino perché è il figlio di Dante, il marito de tua madre e tu 'sto casino non puoi affrontarlo adesso, non dopo tutto quello che hai passato. Devi stare bene, tranquillo, senza drammi.»

A quel punto, Manuel vorrebbe confessare che, in realtà, sta bene — non completamente, non del tutto, ma un po' e stare un po' bene dopo il vuoto e il dolore che ha provato è quanto di più bello possa esistere.

Stare bene a poco a poco.

Tuttavia, alla ragazza non lo dice. Si limita ad annuire, mentre lei gli posa una mano sulla spalla come se dovesse rassicurarlo.

Credeva di potersi liberare di un peso confessando la verità — tutta la verità — invece se ne mette addosso uno più grande.

Che succede se si innamora di quel ragazzino?

È un casino.

Un grande, gigantesco, colossale casino.

Non può permetterselo.

«Manuel?» sussurra Chicca ad un tratto, distraendolo da quei pensieri.

«Mh-m?»

«Però me lo devi proprio raccontà come hai capito d'esse bisessuale.»

«È 'na storia lunga.»

Non troppo.

«Ho del tempo, la lista dei regali di Ele è infinita.»

Così si siedono entrambi sul letto, uno accanto all'altro.

Manuel le narra del tizio di cui non ricorda il nome che gli ha fatto la corte in vacanza, delle ricerche online sulla sessualità e delle prime avventure su Grindr. Ci mette poco, in realtà, come previsto, ma è allora che gli abbracci e gli incoraggiamenti prima mancati sopraggiungono e non può che esserne lieto e sollevato — rientra di più nell'idea che si era fatto sul proprio coming out.

«È assurda 'sta cosa» commenta l'amica, alla fine, con un mezzo sorriso. «Assurda, però bella.»

Lui annuisce, si stringe un briciolo nelle spalle. «A volte penso che avrei voluto scoprirlo prima» sussurra «magari le cose sarebbero andate diversamente.»

Magari non mi sarei invaghito di Nina, magari i dubbi mi avrebbero fermato.

Magari avrei passato del tempo a capire me stesso, invece di perderlo per strada.

«Forse» replica Chicca «ma l'hai capito ora. Non fa niente, è comunque una gran cosa» accenna una flebile risata. «Scusa se sono stata un po' brusca prima, è che– 'sta storia me preoccupa.»

«Non devi, non... so gestire la situazione.»

«Sì, ma a volte la situazione prende il sopravvento, lo sai. Non voglio che te fai male.»

Manuel comprende le sue intenzioni, nonostante tutto, nonostante la sua schiettezza tagliente. Chicca vuole proteggerlo, lo ha sempre fatto, e la cosa è reciproca.

«T'avverto se succede» soffia.

L'amica gli rivolge un sorriso amorevole. «Così te vengo a salvà.»

Vieni, vorrebbe dirle, che da solo ci riesco poco.

🏍️🏉

Qualche ora dopo, rimasto solo in camera — ha tolto il dolcevita, fa davvero troppo caldo — seduto sul letto e impegnato a scorrere video su Tiktok che si è riempito di ricette di Natale e suggerimenti su come addobbare casa, la notifica di un messaggio WhatsApp appare in alto allo schermo.

Arrivato ora a casa di mamma, ci ho messo di più io dall'aeroporto a qui che il volo da Roma tra un po'

Gli appare un mesto sorriso sulle labbra, mentre già si accinge a rispondere:

Ottimo🙂 Buone feste!

Tutto okay?

Sisi

Mi rispondi strano

Ho risposto normale

Videochiamata in entrata.

Non è neppure sorpreso.

Una parte di lui non vorrebbe rispondere perché non ha idea di che faccia abbia in quel momento — pensierosa, sicuramente, sulle sensazioni non chiare che prova, sui dubbi che gli ha messo in testa la conversazione con Chicca.

Se ti innamori, è un casino.

Ma innamorarsi è una parola grossa.

Forse prova un leggero affetto, tutto qui. È grande e maturo abbastanza da non lasciarsi travolgere dai sentimenti così presto e poi l'amore lo ha già distrutto una volta, non può permettersi un secondo cuore spezzato. La sua anima non potrebbe sopportarlo.

Non riuscirebbe a salvarsi.

Ma se non c'è niente da temere e nulla da cui doversi salvare?

Clicca sull'icona verde.

Il viso di Simone appare nello schermo, poco illuminato, ma visibile.

«Vedi che sei strano? Pare che hai visto un fantasma

Manuel scuote il capo. Si sistema meglio sul letto, appoggiando la schiena alla spalliera. «No, sono solo stanco» si giustifica.

«Mica hai lavorato oggi.»

«No, ma mi' madre sta nel pieno dei preparativi per la cena della Vigilia, ha invitato non so quanta gente. Vorrei fuggire.»

«Seh, fanno tutti gli anni i big cenoni. Ringrazio sempre che la mia di madre ha richiesto Natale e Capodanno con lei, così me lo risparmio.»

«Non me consoli.»

«E non ti volevo consolare.»

Nel video, Manuel vede il suo sorriso sghembo, i suoi occhi farsi più sottili in tal gesto, la punta del suo naso arricciarsi.

No, è davvero troppo grande per permettersi di provare qualcosa.

Scuote il capo. «Vabbè, te lascio sta' co' tu' madre, non la vedi da un sacco.»

«Non c'è, è andata a comprare delle cose a un negozio qui vicino.»

«E tu non hai niente da fa'?»

«Niente di interessante» Simone scrolla le spalle. Dall'inquadratura si intuisce che si sta spostando in una differente stanza e si siede — forse su un divano. «Ti manco già?»

Sì.

«No.»

«Bugiardo.»

«Sto a dì la verità.»

«Tanto ce l'hai qualcosa per ricordarti di me in ogni momento.»

«Seh, il dolcevita non la nasconde molto bene.»

«Puoi metterti una sciarpa.»

«Così pio' fuoco, ottimo.»

Manuel lo sente ridere e pensa che sia un bel s... no.

«Comunque mi puoi scrivere in questi giorni se ti va.»

«Ah, sì?»

«Sì. Quei messaggi, ma non solo. Quello che ti va.»

Forse due persone che fanno soltanto sesso senza alcun tipo di impegno, non si scambiano messaggi durante le feste di Natale.

Forse.

«Sai che ci sarà pure tua nonna alla cena?»

«Dio, non sai che darei per vederti leggere quel genere di messaggi davanti a lei. Andresti a fuoco, ma non per la sciarpa.» Riesce a strappare anche a lui una risata, seppur flebile. «Sono serio, davvero.»

«Lo so.»

«Tipo adesso se sei solo, potresti s—»

«Non farò sesso al telefono.»

Simone contorce le labbra in una smorfia di disappunto. «Oh, e perché no?» cantilena. «Non è così diverso dal sexting.»

«Perché non resistiamo due settimane se cominciamo così.»

«Uhm, ma più avanti sì?»

«Poi vediamo.»

«Giuri?»

«Devo farti 'na promessa, piccolè?»

«Un giuramento solenne sarebbe sufficiente.»

Manuel scuote il capo. Di riflesso, lancia un'occhiata verso la porta, a controllare chissà cosa.

Pensa ancora alla conversazione avvenuta con Chicca, ai suoi avvertimenti che non vuole ascoltare perché significherebbe privarsi dell'unico pizzico di felicità che ha in quel momento.

Corre il rischio, con la supponenza di poter controllare la situazione.

«Domani» soffia. «Ci stai?»

Simone annuisce e sorride. «Domani.»

🏍️🏉

A dire il vero, quella promessa non riesce a mantenerla poiché il giorno successivo non riesce a ritagliarsi un momento da solo tra sua madre che lo obbliga ad accompagnarla ovunque per ritirare vassoi in gastronomia, panettoni, portare cestini in regalo. Per un attimo rimpiange persino di non essere in ufficio ad annoiarsi e giocare a CandyCrush.

La sera, infatti, dopo esser stato in giro per ore, è costretto ad una cena fuori alla quale non vuole assolutamente partecipare.

Non ha il tempo di controllare il telefono neppure per un istante.

Alla sera, tornato a casa e finalmente solo, trova nove videochiamate perse da parte di Simone e una sfilza di messaggi mandati quel primo pomeriggio:

Ohi ci sei?

Ti chiamo

Ma dove sei finito?

Questo giuramento solenne non sta solennando

Ooooo

Guarda che possiamo pure non farlo se hai cambiato idea, bastano i messaggi

Sei in giro?

Mi rispondi????

MANUELLLLL

Uffa che palle

Non capisce se sia arrabbiato o meno.

È probabile di sì, ne avrebbe tutto il diritto e non lo biasima.

Prova a videochiamarlo, ma il telefono squilla a vuoto.

Immagina che quella sia una chiara e sintetica risposta.

Allora apre la chat e scrive:

Scusa, mia madre mi ha sequestrato tutto il giorno
Se vuoi ci sono adesso
Scusami ancora

Invia.

I messaggi rimangono con una spunta sola per qualche secondo, tanto che teme che l'altro abbia addirittura staccato la connessione dati, per punirlo, per far vedere quanto è furioso. Poi, però, diventano due e blu poco dopo e Simone sta scrivendo compare nella barra in alto.

Capito

Manuel storce il naso. Si siede sul letto, toglie le scarpe. Avvia nuovamente la videochiamata.

Gli squilli si protraggono per qualche secondo, sta per arrendersi al fatto andrà persa anche quella. Tuttavia, quando sta per perdere la speranza, il volto di Simone appare sullo schermo: è immerso nel buio, si vede poco; l'unica fonte luminosa è lo smartphone.

Non ha l'abituale espressione strafottente e provocatoria, al contrario pare abbattuto. C'è uno strano grigiore a colorare i suoi tratti.

«Sembra che l'hai visto tu il fantasma oggi» scherza Manuel e abbozza una risata. Riesce a strappare all'altro un mesto sorriso e niente di più.

Si sistema meglio sul letto, premendo la schiena alla spalliera. «Stai bene?»

Lo vede annuire e capisce che non è la totale verità. Sa leggere le sue espressioni, nolente, ha imparato a farlo. «Sicuro?»

«Sì, sì, uhm... non è stata una bella giornata, diciamo così

Fa per dire qualcosa, tipo chiedergli se vuole parlarne, ma Simone lo anticipa: «Scusa, non sono tanto—come dici tu, dell'umore per quello.»

«No, figurati. Ti lascio tranquillo.»

Sta quasi per chiudere la chiamata per concedergli lo spazio sereno mutamente richiesto.

«Possiamo... restare così, se ti va.»

«In videochiamata?»

«Sì, senza... senza parlare. Ti va? Se devi fare altro, non...»

«Non devo fa' niente.»

Forse ha fame, dato che il ristorante prescelto da Anita non era un granché e avrebbero mangiato meglio a casa. Avrà tempo per riempirsi lo stomaco più tardi.

Accetta lo strano invito del più piccolo, a rimanere zitti, nella luce soffusa di due stanze separate da chilometri di distanza.

Nota che Simone si è sdraiato, tiene presumibilmente il telefono in equilibrio con un secondo cuscino, oltre quello sul quale poggia la testa.

Manuel imita tale posizione, sebbene abbia ancora gli abiti di fuori addosso — li leverà dopo. Cerca di analizzare il viso dell'altro ragazzo: lo trova spento, nota lo sguardo vuoto e rattristato, così insolito da vedere su di lui. Preme sulla punta della sua lingua la necessità di chiedergli che cosa è successo, dirgli che qualunque sia il problema, di sicuro c'è una soluzione.

Presume non serva.

A lui, a diciotto anni, ogni cosa pareva la fine del mondo — col senno di poi, qualcuna lo è stata per davvero — e avrebbe tanto voluto una persona che stesse semplicemente in silenzio, che ci fosse e basta.

Non l'ha avuta all'epoca, però può esserlo per Simone adesso.

Può essere quella persona per lui, quella con cui basta stare senza bisogno del suono.

La mano gli formicola per reggere lo smartphone. Alla fine si aiuta allo stesso modo con un cuscino.

Trascorre circa un'ora.

Nota che l'altro ha chiuso gli occhi, esausto.

Se fossero in un'unica stanza, per davvero vicini, gli darebbe una carezza sulla guancia.

Rimuove subito il pensiero e il desiderio dalla testa, strizzando le palpebre.

Se ti innamori, è un casino.

«Buonanotte, piccolè» soffia. Non viene sentito.

Ma va bene così.

***

[Note autore:

Grazie a tuttə per aver letto fino a qui.

Manuel dice che non si innamora di un ragazzino.
Mmm voi che dite?
Che dice la voce fuori campo?

Vedremo quanto ci metterà a smentirsi.

Come sempre vi ricordo che una stellina e i commenti sono sempre molto apprezzati, qui o su Twitter — se scrivete su #tortini vi regalo un biscotto 🍪

Un bacio.

Lilith.]

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