3 - SOPHIE
Rientro a casa sbattendo la porta d'ingresso.
"Sono tornata" urlo. Sono incazzata nera.
"Tutto bene, scribacchina? Ho fatto le lasagne di nonna Grace!" Mi chiede Fred mentre entro in cucina. Come faccio a tenere il broncio di fronte alle lasagne della nonna?
"Ho visto Marcus stamattina."
"Lo so, me l'avevi detto." Mio fratello si interrompe per dividere la lasagna e metterla su due piatti di porcellana."Suppongo che non sia andata bene?"
"No, è andata benissimo invece – inizio addentando il primo pezzo di lasagna – è ufficialmente iniziata la produzione del film di A Uno Scatto Da Te."
"Ma è fantastico! Perché non stiamo festeggiando?"
"Perché... – faccio un respiro profondo, – Marcus si è messo in testa che devo interpretare Mia."
"E tu non vuoi perché hai paura? Non ti biasimo, hai vissuto nell'anonimato per anni e recitare nel film significherebbe uscire allo scoperto in grande stile, con gli occhi di tutti puntati addosso–"
"La smetti di farmi da strizzacervelli? Ti ricordo che non l'hai finita, l'università di Psicologia." lo interrompo.
"Quindi... lo farai o no?"
"Marcus non mi ha dato altra scelta, se non accetto non continueranno con la produzione del film."
"Ma pensa un po'... Sarai una vera e propria celebrità!" Fred è interrotto dal mio sguardo intimidatorio. "Parliamo piuttosto di chi farà Aidan." Mi incalza.
"Ancora peggio – esclamo – Thomas Hill."
"THOMAS HILL?" Ripete lui, estasiato più di me dalla notizia. "Lui si che è un figo! Li hai visti quegli addominali?"
"Oh, fidati, li ho visti molto bene, – scherzo, – ci sono andata a sbattere stamattina, mentre ero fuori a correre. Lui non si è neanche fermato per aiutarmi a rimettermi in piedi!"
"SEI ANDATA ADDOSSO AGLI ADDOMINALI DI HILL? Com'è stato? Non oso immaginare..." mio fratello ormai era perso nelle sue fantasie.
"Ma hai ascoltato tutto quello che ho detto? È stato orribile con me! E in ufficio ha persino fatto finta di niente."
"Secondo me dovresti imparare ad essere più grata per le benedizioni che ti piovono dal cielo così..."
"Ho capito, ti lascio ai tuoi deliri e torno nella mia tana" annuncio mentre mi alzo per rifugiarmi in camera mia.
Passo il pomeriggio a mettere in ordine le cose ancora negli scatoloni: dopo un paio d'ore la scrivania è colma della mia cancelleria e la libreria ha finalmente tutta la collezione di libri che mi sono portata da Londra, comprese le prime edizioni che mi ha lasciato in eredità mia nonna paterna.
È da lei che ho preso la passione per i libri: aveva una piccola bottega nel suo paesino di origine, in Scozia, dove assemblava e rilegava libri dalla mattina alla sera insieme al padre. Casa sua, a Oxford, aveva scaffali pieni di libri ovunque, e lei diceva di averli letti tutti, dal primo all'ultimo. Spesso quando mi raccontava le storie della buonanotte poi indicava il libro da cui aveva riadattato la trama: è da lei che ho scoperto i miei autori preferiti e proprio in casa sua ho scritto le mie prime storielle.
Quando venne a mancare, durante il mio primo anno di liceo, mi lasciò tutta la sua libreria in eredità: suo marito, mio nonno, era morto da tanti anni e mia nonna sapeva che io ero l'unica speranza per salvare quei libri dalla discarica in cui li avrebbero buttati i miei genitori o i miei zii. Quando me lo rivelò le promisi che li avrei trattati nel miglior modo possibile, quindi eccoli qui, a seguirmi in quest'avventura a Los Angeles.
Prendo in mano uno dei miei libri preferiti di quando ero bambina, Piccole Donne. Lo sfoglio, ammirando le annotazioni che mia nonna aveva lasciato in matita nel corso degli anni. Passo la serata a girare tra le pagine, leggere le note a margine e immaginare di essere ancora lì, dove tutto sembrava perfetto e mai destinato a finire.
* * *
Prendo un respiro profondo prima di aprire le porte dei Thompson Studios, in cui a breve inizierà la prima riunione con il cast di A Uno Scatto Da Te. Entro nell'ascensore, ma proprio quando è praticamente chiuso vedo una mano spuntare dallo spazio tra le porte. Quando l'ascensore si riapre mi rendo conto di chi ha bloccato le porte e la mia possibilità di fare esercizi di respirazione senza essere guardata male: Thomas Hill.
"Autumn! Che coincidenza!" Esclama sfoggiando un sorriso palesemente finto. Oggi ha scelto di indossare una polo giallo canarino e dei jeans.
"Sophie" lo correggo.
"Settimana scorsa non ti chiamavi Autumn? Autumn Archer?"
"Settimana scorsa eravamo negli uffici della casa editrice: solo lì mi chiamano Autumn perché solo Marcus, oltre a te ora, sa che il mio vero nome è Sophie. Fa parte dell'anonimato, sai? La Starlight Publishing mi conosce come autrice, quindi non voglio che mi conoscano come persona. Qui, al contrario, sono una semplice attricetta fortunata che ha ottenuto il ruolo. Capito?"
Tom mi guarda negli occhi, intimorito. "Quindi tu sei...?"
"Sophie Steward, al suo servizio – abbasso la testa, mimando con il braccio il movimento del togliermi il cappello in segno di saluto.
"Che gentildonna" commenta.
"Al contrario di qualcun altro... – rispondo prontamente. – In ogni caso, è abitudine per te lasciare per terra le ragazze in difficoltà?"
Queste battute me le servi su un piatto d'argento, Hill.
"Quelle che si gettano tra le mie braccia, sì" afferma altrettanto rapidamente.
"Oh, giusto, mi ero dimenticata che sei abituato a vedere ogni donna che incontri che si prostra davanti a te. Ho una notizia per te, Hill: questa ragazza ha i piedi ben fissi per terra." Per fortuna l'ascensore fa la sua parte nella scena, aprendosi non appena ho terminato la frase. Esco senza degnarlo di uno sguardo, fiera di averlo rimesso al suo posto, cosa che probabilmente non gli succedeva da tanto tempo.
Il mio ingresso nella sala riunioni è alquanto anonimo: molte persone sono già sedute al loro posto o stanno chiacchierando accompagnati da una tazza di caffè e una ciambella. Mi siedo al posto contrassegnato con il mio nome e tiro un sospiro di sollievo quando, sollevando la targhetta di cartone, leggo Sophie Steward/ Mia LeBlanc. Almeno Marcus mi lascerà vivere in pace per un po'!
Crisi superata, raggiungo il tavolo in cui giace la caraffa di caffè per prenderne una tazza.
"Tu sei Sophie, giusto?" Mi approccia una ragazza mora con gli occhi da cerbiatta e un cappello con le orecchie da gatto.
"Tiro a indovinare: interpreti Clare?" Domando, forse con troppa sfacciataggine.
La ragazza, per mia fortuna, ride. "Sono Jade. Ramos." Mi porge la mano.
"Sophie Steward" mi presento stringendola e sorridendo.
"Chi è pronto per girare il prossimo film da Oscar?" Annuncia un uomo barbuto spalancando la porta della sala riunioni. "Io sono Caleb Watson e sono il regista. Quest'uomo accanto a me – indica un sessantenne dai capelli rossi – è il signor Thompson, il nostro produttore esecutivo. Non vediamo l'ora di conoscervi e di lavorare con voi. Su quel tavolo ci sono caffè e ciambelle, ma–" Si interrompe per guardare verso il fondo della sala, con precisione verso il tavolo che è ormai mezzo vuoto. "Vedo che l'avete già trovato. Mettiamoci al lavoro!"
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