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1 - SOPHIE

Gentili direttori del Future Magazine,

Il mio nome è Sophie Steward, ho 26 anni e ho appena terminato l'Università a Londra, ottenendo un master in giornalismo con il massimo dei voti.

So di essere giovane, ma durante gli anni del liceo e dell'università ho avuto modo di accumulare esperienza sia come giornalista che come leader.

Sono cosciente di avere molto da imparare, ma ho voglia di lavorare e spero che il Future mi dia questa possibilità.

Grazie per la considerazione, attendo vostre notizie.

Sophie Steward.

Mi sembra abbastanza per raccogliere la mia essenza, eppure sento che c'è qualcosa che manca. Dovrei menzionare il fatto che sono io a nascondermi dietro lo pseudonimo di Autumn Archer, autrice di successo dall'identità ancora segreta?

Ma a cosa sto pensando? Premi invio e non guardarti indietro! La vocina nella mia testa mi fa tornare sulla retta via e mi fa premere il tasto invio.

Ora puoi riprendere fiato, Soph! È tutto finito!

"Tutto bene, scribacchina?" Sento la voce di mio fratello Fred chiamarmi dal piano di sotto. È grazie a lui se sono qui: mi sono trasferita a Los Angeles contro il volere dei miei genitori e mio fratello maggiore, Frederick, è stato l'unico a sostenermi in questa folle idea.

Chiudo la casella delle mail. "Tutto a posto, grazie! Ora scendo ad aiutarti."

Quando arrivo al piano di sotto, con mia sorpresa, la cena è già pronta: due toast con pomodoro e formaggio giacciono sul tavolo della cucina, aspettando pazientemente di essere mangiati.

"Ti hanno mai detto che dovresti fare lo chef?" Scherzo io. Il sogno di Fred è proprio questo: aprire un ristorante in città. Il motivo che l'ha spinto maggiormente a seguire la mia impresa è stato la possibilità di farsi un nome nella Città degli Angeli senza le inutili pressioni dei nostri genitori, che volevano figli dottori o avvocati.

Lui dottore e io avvocato, rispettivamente.

Fred si guarda in giro per un attimo, poi riporta lo sguardo su di me. "Soph, forse dovremmo iniziare a sistemare la casa... siamo qui da quasi tre settimane!" Gli scatoloni sparsi per il soggiorno sono la prova che, per quanto siamo emozionati di ricominciare da capo a Los Angeles, non siamo così decisi a lasciarci indietro i nostri ricordi londinesi.

"Giuro che domani mattina sistemo tutto!" Esclamo, consapevole che non manterrò la promessa. Sciacquo velocemente i piatti sporchi nel lavandino e mi fiondo al piano di sopra, in camera mia.

* * *

L'incessante rumore della sveglia mi desta di soprassalto. Mi tiro in piedi il più velocemente possibile e spengo il suono assordante che proviene dal cellulare. Do una veloce occhiata all'orologio posto sul comodino: sei e trenta del mattino.

Maledetta te e la tua voglia di diventare la miglior versione di te stessa!

Mi costringo ad alzarmi dal letto e mi preparo il più velocemente possibile. Tuta indossata, shake proteico nella borraccia... pronta! Lascio un bigliettino scritto di fretta in cui spiego i miei piani per la mattinata sul tavolo della cucina, per non spaventare mio fratello quando si sveglierà ed esco di casa.

Nuova Sophie, eccoti qui!

Avvio la mia playlist preferita e inizio a correre senza una direzione precisa, pronta ad esplorare una Los Angeles che non avevo ancora avuto l'occasione di vedere. Eccola, una cosa che mi sono dimenticata di calcolare: non uscivo a correre da mesi, se non anni. Di conseguenza, il mio corpo fa sentire la stanchezza molto più intensamente di quanto ricordavo, costringendomi a fare la prima pausa dopo neanche venti minuti di corsa.

Per fortuna Los Angeles è piena di panchine!

Dopo nemmeno un'altra mezz'ora sono pronta per la seconda pausa della mattina: le gambe iniziano a non reggermi più e ogni centimetro del mio corpo implora pietà. Ho già adocchiato la perfetta panchina su cui sedermi, mancano pochi metri–

Ahi! Un ragazzo mi viene addosso, centrandomi in pieno, e le mie povere gambe non reggono, lasciandomi cadere per terra con un tonfo.

"Guarda dove vai!" Mi urla l'uomo mentre se ne sta già andando.

Non solo non mi aiuta a rialzarmi... neanche mi chiede scusa!

Mi volto indietro, ancora seduta, per seguirlo con lo sguardo. "Guarda tu dove vai!" Gli urlo di rimando, ma se anche mi ha sentito, fa finta di non farlo, continuando a correre indisturbato. Lo guardo allontanarsi: alto, capelli castani, indossa una canottiera bianca che mette in rilievo le braccia muscolose... insomma, un tipico cittadino di Los Angeles.

Mi tiro su e, dolorante, mi siedo in modo poco signorile sulla panchina a cui tanto avevo ambito prima della catastrofe.

Drin drin! Il mio cellulare mi fa risvegliare dalla trance provocata dalla stanchezza. Guardo distrattamente lo schermo: è Marcus Finnegan, il mio agente letterario.

Rispondo subito. "Marcus! Come stai?"

"Benissimo, Autumn! Spero sia lo stesso per te! Sembri affaticata... tutto bene?"

"Sì sì, tranquillo – lo rassicuro, – sono nel bel mezzo... di una... corsa mattutina" spiego mentre cerco di recuperare il fiato.

"Perfetto, perché io ho ottime notizie! Riesci a passare nel mio ufficio stamattina?"

"Certo, facciamo per le nove?" Chiedo senza pensarci. Ho qualcosa da fare?

"Va bene, ti aspetto allora – rispose, – ah! Prima che mi dimentichi. Benvenuta a Los Angeles! Poi mi dovrai raccontare tutto–"

"Ci vediamo dopo, Marcus" lo liquido e chiudo la chiamata. Marcus è un ottimo agente, ma ha il vizio di essere fin troppo logorroico.

Finalmente una buona notizia in questa giornata di merda.

* * *

Alle nove meno cinque sono seduta nella sala d'attesa dell'ufficio di Marcus. La tuta da corsa è stata sostituita da una camicia bianca, una lunga gonna beige e tacchi a rocchetto bianchi. I miei capelli rossi sono rimasti racchiusi in una coda di cavallo, per combattere il caldo afoso della California.

Dalla porta dell'ufficio vedo spuntare un viso conosciuto: Natalie, l'assistente personale di Marcus.

"Autumn! Entra pure." mi invita non appena mi vede.

Quando entro nell'ufficio di Marcus, noto che di fronte alla sua scrivania ci sono due sedie, non una, come al solito.

Evidentemente anche lui nota subito la mia confusione. "So a cosa stai pensando e la risposta è sì: stiamo aspettando un'altra persona. Tu inizia a metterti comoda, sono sicuro che sarà qui a minuti."

Con l'unica eccezione delle sedie, l'ufficio di Marcus è esattamente come lo ricordavo: i muri sono decorati con poster e copertine dei romanzi più celebri che ha pubblicato, tra cui il mio A Uno Scatto Da Te. La scrivania è ricca di cornici contenenti foto di suo marito, i loro due figli e il cane di famiglia, Gulliver.

Aspettiamo poco più di dieci minuti in silenzio, quando sentiamo dei rumori provenire dal corridoio. Marcus si alza di scatto, lanciandosi verso la porta non appena sente qualcuno bussare.

"Tom! Benvenuto!" Lo accoglie Marcus con un sorriso che non aveva mai mostrato a me.

Non appena vedo entrare l'uomo misterioso, lo riconosco subito: i capelli castani sono più ordinati e le braccia coperte da una maglietta, ma quel sorrisetto lo riconoscerei da un chilometro di distanza. È quello che mi è venuto addosso questa mattina!

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