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occhi da rettile

Un ruggito.

Ci sono persone che si svegliano con il trillo o la suoneria della loro sveglia, altre con le urla isteriche dei propri genitori, altre ancora a causa della luce del sole, poi ci sono quelle che non si svegliano proprio, e così rimangono a dormire finchè non si è fatta notte di nuovo, e poi... E poi c'è Awai.

Ha un che di elettrizzante per lei aprire gli occhi mentre ha come sottofondo il ruggito di un leone, riesce sempre a darle quella carica di adrenalina necessaria a cominciare al meglio la giornata, le da un'energia che neanche la più forte delle bibite energetiche riuscirà mai a fornirle.

Eppure... Eppure non dovrebbe essere così.

Non per quanto riguarda l'adrenalina, ma proprio per il fatto che tecnicamente non dovrebbe svegliarsi con il ruggito di un leone, perchè questo significherebbe che...

Aprì gli occhi.

- Proprio come temevo. -

Sospirò sconsolata.

Quasi non riusciva a crederci di essersi addormentata ancora una volta nel capannone accanto al recinto dei leoni. Era già la terza volta che succedeva quella settimana e quel giorno era mercoledì!

- Un orologio... - Mormorò, la voce ancora impastata dal sonno. - Qualcuno mi dia un orologio, devo sapere che ore sono... Anzi no, come non detto. Non lo voglio sapere, me ne preoccuperò quando sarò a scuola. -

Il solo pensiero di doversi sorbire l'ennesima sgridata da parte della rappresentante di classe e del professore di turno la faceva sentire male, ma d'altronde non è che avesse chissà quante alternative.

Così si alzò in piedi di scatto.
Non l'avesse mai fatto.
Infatti alzandosi, dato che si va sempre di male in peggio, si beccò in pieno una craniata contro la superficie della scrivania.
Ci sarebbe da chiedersi come diamine le fosse venuta la brillante idea di mettersi a dormire proprio sotto una scrivania, ma al momento questo era proprio l'ultimo dei suoi problemi.

Così, tenendosi una mano sul capo, nel punto dove sicuramente nel giro di un paio di ore sarebbe spuntato un bel bernoccolo, uscì dal piccolo capannone e iniziò a correre.

- 'Giorno Kimba! -

Esclamò mentre passava accanto alla recinzione che delimita il territorio riservato ai leoni.
E il grande felino in questione, l'unico che si fosse degnato di fare caso al suo passaggio, le rispose con un profondo sbadiglio.

In quel momento Awai si trovava nello zoo Higashiyama, il più importante della città di Nagoya.
Suo padre era il responsabile dei leoni  e anche di alcuni degli altri felini, si occupava quasi di tutto, dal cibo ai controlli medici.
Spesso alla ragazza capitava di fermarsi lì per aiutarlo e così non era affatto raro che le capitasse di addormentarsi in quel capannone o da qualche parte lì nei dintorni.

Continuando a correre, Awai si guardò intorno.
Non vedendo nessun visitatore, ma solo qualcuno dei lavoratori, capì che almeno non si erano ancora fatte le dieci, ovvero l'ora alla quale lo zoo avrebbe aperto.

- Buongiorno Joōwai! -

Esclamò un uomo sulla trentina, vedendola arrivare.

- Ciao Dayu! -

Rispose lei senza neanche voltarsi, alzando gli occhi al cielo all'udire quel nomignolo.

Il suo nome infatti, come già detto, è Awai.
Solo Awai.
Quel soprannome era dovuto al fatto che "joō" significasse "regina" e in quello zoo tutti si divertissero un mondo a chiamarla "la regina leonessa", ormai era diventato un vero e proprio tormentone.
Non che le dispiacesse, certo, però pian piano stava iniziando a temere che a forza di chiamarla così gli altri sarebbero finiti col convincersi che fosse davvero quello il suo nome.
Se una cosa del genere fosse davvero accaduta, di sicuro lei non se ne sarebbe sorpresa affatto, erano tutti tipi un po' strambi quelli che lavorano lì.

Ma ad ogni modo, ormai c'era quasi. Già vedeva l'uscita.
Affrettò allora il passo, quando all'improvviso qualcuno svoltò l'angolo di quell'enorme edificio che era il rettilario, finendo sulla sua traiettoria prima che lei se ne potesse rendere conto.

Con un repentino scatto verso destra riuscì a scansarsi, ma solo quel tanto che bastava a non finirgli direttamente addosso, perchè andò comunque a sbattergli contro la spalla.

- Mi scusi! -

Esclamò, voltandosi per accertarsi di non aver fatto danni.

E allora si immobilizzò.

L'uomo che aveva davanti era vestito di tutto punto, in giacca e cravatta.
Non lavorava lì, questo era poco ma sicuro.
Era di costituzione molto robusta ed era più alto di lei di almeno venti centimetri (e dire che Awai era molto alta rispetto alla media).
Gli occhi erano piccoli e scuri, freddi almeno quanto quelli dei rettili che si trovano nell'edificio lì accanto.
Non aveva battuto ciglio quando la ragazza gli era finita addosso, ma continuava a fissarla impassibile con quello sguardo glaciale.
Quasi le vennero i brividi.
Allora notò che dal colletto della camicia gli usciva quello che aveva tutta l'aria di essere un tatuaggio, anche molto elaborato, ma non fece in tempo a porre domande o esaminarlo più attentamente, che sopraggiunse qualcuno di ben più familiare, frapponendosi tra lei e quell'inquietante sconosciuto.

- Awai, ma che combini? -

Chiese suo padre, strabuzzando gli occhi.

Awai non si era neanche accorta che fosse lì, quel colosso le aveva coperto completamente la visuale.

- La scusi, è mia figlia. Ovviamente non l'ha fatto apposta, è solo un po' sbadata. - Disse il padre, chinando il capo dispiaciuto in direzione di quello sconosciuto e intimando con lo sguardo alla figlia di fare lo stesso. Quindi si voltò verso di lei e la fulminò con lo sguardo. - Ma che combini? -

- Scusa, non l'ho fatto apposta... -

Rispose lei strabuzzando gli occhi sorpresa, chiedendosi perché il padre, solitamente così tranquillo e allegro, fosse così nervoso.

- Non importa. - Sospirò allora l'uomo, scuotendo leggermente il capo. - Su, ora vai o farai tardi a scuola. Ti ho messo la colazione nello zaino, così mangi strada facendo. È nello sgabuzzino all'ingresso. -

- Ok, grazie! -

Esclamò lei, quindi si voltò verso quell'uomo e accennò un piccolo inchino in segno di congedo, per poi voltarsi e riprendere a correre.
Non aveva ancora capito cosa ci facesse lì un tipo del genere, ma aveva tutta l'aria essere una persona parecchio importante, quindi pensò fosse meglio evitare di far fare altre brutte figure al padre.

Nel giro di appena venti minuti comunque lo sguardo glaciale di quell'uomo non divenne che un lontano ricordo e la ragazza si ritrovò già sul treno, intenta a divorare la propria colazione e al contempo a cercare di mantenere l'equilibrio, incastrata com'era esattamente al centro del vagone, stretta in mezzo a una fitta folla di persone, che consisteva per lo più in altri studenti e impiegati.

È per questo che ci mise un po' a rendersi conto del ragazzo che alle sue spalle le stava picchiettando sulla spalla, nel vano tentativo di attirare la sua attenzione.

- Awai! -

Chiamò, cercando invano di sovrastare sia il rumore del treno che quello causato dal chiacchiericcio generale.

Ma dato che la ragazza continuava a non dargli retta, alla fine non vide altra alternativa che quella di allungare una mano sopra la sua spalla e sfilarle con un gesto rapido il mezzo cornetto che aveva tra le mani.
Impresa che gli costò non poca fatica visti i buoni trenta centimetri di differenza che c'erano tra di loro, ma che riuscì comunque a portare a termine.

La ragazza sussultò nel vedersi sfilare la colazione dalle mani così di punto in bianco e subito, sgomitando un po' in mezzo alla folla, si girò in direzione del ladro.

Era già pronta ad inveirgli contro, però, quando nel riconoscerlo cambiò repentinamente atteggiamento, rivolgendogli invece un sorriso raggiante.

- Ehi, ciao! -

Esclamò, dando all'amico una leggera pacca sulla spalla.

- È da almeno cinque minuti che provo ad attirare la tua attenzione... -

Sospirò lui mentre le ridava indietro il cornetto, strofinandosi poi rapidamente le mani tra di loro per togliersi di dosso quella fastidiosa sensazione di appiccicume.

- In effetti oggi il treno è più affollato del solito. - Concesse lei con un'alzata di spalle, per poi accorgersi di una cosa e sgranare gli occhi. - Un attimo, ma se tu sei qui significa che non è tardi! -

- No, infatti. Guarda che sono appena le sette e mezza. - Rispose il ragazzo, aggrottando la fronte. - Per caso pensavi di essere in ritardo? -

- Ieri mi sono addormentata di nuovo nello zoo. - Spiegò lei con un'alzata di spalle, allo stesso modo in cui qualcun'altro avrebbe potuto dire "mi sono addormentato sul divano in soggiorno". - Mi ha svegliato Kimba, altrimenti chissà quant'avrei continuato a dormire... Dovrò ringraziarlo a dovere quando torno. -

- Ma se hai dormito lì, non significa che non hai potuto fare lo zaino? -

- Chiederò alla mia compagna di banco di condividere i suoi libri con me... Di nuovo... - Replicò Awai. - Ehi, ma che è quello sguardo di rimprovero? Guarda che neanche mio padre è così apprensivo con me quanto lo sei tu... -

- Se continui a dimenticare i libri e arrivare in ritardo, ne andrà della tua valutazione scolastica. -

- Ma sentitelo! - Scoppiò a ridere lei. - È difficile prenderti sul serio con questo aspetto da bambino che ti ritrovi, mi dispiace. -

Aggiunse poi, scompigliando affettuosamente i capelli del ragazzo, ma non senza ricevere in cambio un'ennesima occhiata carica di disappunto.
Sapeva quanto al ragazzo desse fastidio che lo si prendesse in giro per la sua altezza o per il suo aspetto così infantile, malgrado avesse perfino qualche mese in più di lei, però non poteva proprio farne a meno.

- Un momento. - Si interruppe di colpo Awai, togliendo di scatto la mano dal capo del ragazzo e guardandosi intorno, per quanto glielo permettesse la folla che la circondava. - Mamma orso non è qui, giusto? -

- Ma figurati. - Ribattè lui, sospirando e al contempo ridendo leggermente nel sentire quel soprannome. - Quello non dorme, se ne va direttamente in letargo. È un miracolo come riesca sempre ad arrivare giusto un secondo prima che suoni la campanella. -

- Vorrei anche io un po' di quel miracolo. - Sospirò la ragazza. - Beh, comunque almeno oggi sono salva. -

In quel momento il treno si fermò e la maggior parte dei passeggeri scese, dando finalmente un po' di respiro ai due, i quali riuscirono perfino a trovare due posti a sedere vicini.

- Comunque oggi ho incontrato un tipo davvero inquietante. -

Sospirò la ragazza mentre si sistemava la cartella tra le gambe.

- Definisci "inquietante". - Replicò il ragazzo sorridendo divertito. - Anche "mamma orsa" ti sembrava inquietante la prima volta che vi siete visti. -

- E vuoi biasimarmi, per caso? - Replicò Awai, rabbrividendo al solo ricordo. - Il costume che aveva addosso era la cosa più spaventosa che io abbia mai visto in tutta la mia vita. -

- Ma che dici, era adorabile! -

- Definisci "adorabile". - Lo rimbeccò Awai. - Perchè sinceramente io in una casa dell'orrore allestita per il festival scolastico, tutto mi aspetterei meno che mi sbuchi davanti un tipo con addosso un costume da mascotte da unicorno! È stato a dir poco raccapricciante, Yu! -

- Esagerata. - Scoppiò a ridere il ragazzo, per poi scuotere lievemente il capo e riprendere il filo del discorso. - Comunque, che stavi dicendo riguardo quel tipo inquietante? -

~~~

Quasi non ci credo che è da un anno intero che non scrivo qualcosa per questa "saga"...
Inoltre ho realizzato che oltre a Shiro e Haru non ci fosse neanche una coppia yuri, quindi dovevo fare qualcosa per rimediare XD
Ma ad ogni modo, come avrete capito se avete letto anche le altre storie, qui di personaggi conosciuti ci saranno solo Eiji e Yunosuke dato che la storia è ambientata a Nagoya, dove si sono trasferiti alla fine di "un malinteso dopo l'altro".
Ok, ora credo di aver finito.
Al prossimo capitolo,
Bye Bii!!!

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