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minaccia da gatto

- Ma che dici? -

Ribattè Awai alzandosi in piedi di scatto e rivolgendo all'altra uno sguardo carico di diffidenza, rabbia e... E forse anche un pizzico di speranza.

- Watsugi non è un cognome comune e anche l'età corrisponde, quindi sono sicura che stiamo parlando della stessa persona. - Affermò Manami. - Ma se non mi credi posso descrivertela. Dopotutto anche se non la vedi dal... - Quindi diede un altro sguardo alla lapide. - ...Dal 2006, devi aver visto delle sue foto, no? -

La ragazza annuì lievemente con il capo, quindi rimase in silenzio, in attesa che l'altra continuasse.

- Allora... Ha i capelli neri e lisci, sono molto lunghi, ma di solito li lega in una coda di cavallo o in uno chignon, quindi non si nota molto. Gli occhi sono piccoli e marrone chiaro, ha le ciglia lunghe, la mascella squadrata, le labbra sottili e un sacco di nei sulle braccia. -

E allora fu il suo turno di rimanere in silenzio, in attesa di sentire la sentenza dell'altra.

Sentenza che però non arrivò mai, tanto Awai era rimasta sconvolta da quanto appena udito.
Era impossibile che Manami fosse riuscita a farle la descrizione giusta per puro caso, dato che se avesse davvero tirato a indovinare certamente non avrebbe mai rischiato dandole tutti quei particolare e, soprattutto, dicendole che i capelli di sua madre erano lisci e neri, essendo invece i suoi biondi e ricci (aveva infatti preso dal padre e dal nonno materno questa caratteristica).

- Ho indovinato, vero? -

Chiese la ragazza sollevando leggermente l'angolo sinistro delle labbra.

Awai si voltò di scatto, rivolgendo lo sguardo verso la tomba.
Già lo sapeva ovviamente, ma non era comunque riuscita a resistere alla tentazione di controllare se ci fosse una foto lì da qualche parte.
Come sapeva già, però, non c'era niente del genere.

- Come lo sai? -

Chiese allora, sorprendendosi lei stessa del tono incerto, quasi tremante, della sua voce.

- Perchè l'ho vista di recente. Un paio di mesi fa, forse tre. - Rispose Manami con un'alzata di spalle. - Certo, in realtà ora i capelli ce li ha biondi, ma lei stessa mi ha detto che si tratta solo di una tinta e che in realtà sono neri. -

- Tu stai mentendo... -

Mormorò la bionda con un filo di voce.
Ma per quanto la sua dovesse essere un'accusa, alle orecchie dell'altra suonò più come una domanda.

- Mia madre è morta in una sparatoria provocata da dei gruppi della Yakuza, dodici anni fa! -

Aggiunse poi, volgendo verso all'altra quello stesso sguardo carico di diffidenza e speranza che le aveva già rivolto poco prima.

- No, è ancora viva. - Rispose semplicemente Manami con un'alzata di spalle, con lo stesso tono di voce con il quale avrebbe potuto dirle "sono le otto di sera". - Ma se non mi credi non fa niente. Ora sarà meglio che vada, mi staranno cercan... -

Ma non ebbe il tempo di compiere un solo passo, che si sentì afferrare per il polso. Una presa ferma e forte.
Fu un miracolo che non le slogò, nè ruppe nulla.

- Se stai mentendo... -

Iniziò Awai, ma per quanto stesse cercando di sembrare minacciosa, l'altra poteva sentire chiaramente quanto stesse tremando.
Non potè fare a meno di pensare che più che a un leone, in quel momento fosse proprio tale e quale a un gatto: con il pelo drizzato, la schiena arcuata, gli artigli sguainati e gli occhi colmi di terrore.

- Cosa? -

La interruppe allora Manami, sorridendo leggermente.
E all'altra morirono le parole in gola.
Che minaccia avrebbe mai potuto fare a una persona che aveva dalla sua parte il gruppo Yakuza più potente del Giappone?

- Non servono le minacce. - Aggiunse allora la ragazza, capendo che l'altra non aveva idea di come risponderle, liberandosi con un gesto secco della sua stretta ferrea. - Non sto mentendo. Certo, a meno che tua madre non abbia una sosia con i suoi stessi nome e cognome, un doppelganger o una gemella che le ha rubato l'identità, ma sinceramente ne dubito. -

- Voglio una prova. -

- Come? -

- Una prova che lei sia davvero viva. - Rispose Awai. - Dove l'hai vista? Come fai a conoscerla? -

- Non saprei. Anche se non ci vediamo molto spesso, la conosco praticamente da sempre, quindi non so proprio dirti quando o dove è stata la prima volta che l'ho incontrata. - Rispose Manami. - Però l'ultima volta che l'ho vista è stata a casa mia. - E nel notare lo sguardo confuso dell'altra, sorrise e aggiunse: - Non c'è niente di strano, sai? Dopotutto lavora per mio padre. -

~

Era assurdo.
Era tutto fin troppo incredibile.
Eppure, per quanto ci fosse una parte di lei che diffidava dal credere a quanto le era stato detto da Manami, l'altra invece semplicemente desiderava che fosse tutto vero.

Durante la strada verso casa, Awai si rese conto di non avere idea di che lavoro facesse la madre prima di "morire". Aveva sempre pensato che fosse una casalinga, però ricordava che in effetti c'erano dei periodi in cui inspiegabilmente si assentava da casa.
Se non ricordava male, in quelle occasioni il padre le diceva che era andata dai suoi genitori per prendersene cura, dato che si erano sentiti male, però era strano che accadesse così spesso, soprattutto considerando che tutt'ora entrambi i suoi nonni materni erano ancora vivi e in perfetta salute.

"Ma quindi papà lo sapeva?"

Questo pensiero la destabilizzò, facendola fermare di colpo in mezzo al marciapiede con le gambe che tremavano e gli occhi gonfi di lacrime fissi nel vuoto.

Sarebbe stato strano che non lo sapesse, ma se invece fosse proprio così? Se sua madre fosse stata così abile da riuscire a nascondere perfino a lui la sua appartenenza alla Yakuza?
Certo, era molto più facile credere che invece lui fosse sempre stato a conoscenza di ogni cosa, ma Awai si rifiutava anche solo di considerare quell'idea. Era inconcepibile per lei il solo pensiero che tutte le lacrime che aveva versato di fronte a quella tomba durante gli ultimi dodici anni fossero state false.

"Prima mi assicurerò che lei sia davvero ancora viva e poi gliene parlerò".

Decise mentre si passava rapidamente la manica della felpa sugli occhi, per poi riprendere a camminare.

Prima di andarsene, Manami le aveva detto che il giorno seguente le avrebbe portato a scuola la prova che voleva, ma Awai non poteva che essere scettica al riguardo.
Non tanto perchè dubitava che avesse davvero una prova del genere, ma perchè la insospettiva il fatto stesso che Manami avesse deciso di dargliela senza fare storie e senza chiederle nulla in cambio.
Perchè aveva deciso di aiutarla di sua spontanea volontà?
Eppure era certa che non la sopportasse.
Che l'avesse mossa a compassione?
Anche questo era poco probabile, ma non trovando altre spiegazioni plausibili, per il momento decise di accontentarsene.

Quando tornò a casa, Awai quasi non aprì bocca, ma essendo quello il loro giorno di lutto, il padre non le chiese nulla.

Dire che avesse la mente in subbuglio sarebbe dire poco. In quel momento Awai non sapeva semplicemente a cosa credere.
Sapeva che era rischioso illudersi e che se avesse davvero creduto alle parole di Manami per poi scoprire che erano solo una bugia, ci sarebbe sicuramente rimasta molto più male.
Eppure quella notte, invece di addormentarsi tra le lacrime come le accadeva ogni 3 Maggio, prese sonno mentre aveva sulle labbra un lieve sorriso.

~

- Buongiorno! -

Esclamò la bionda tirando una forte pacca sulla spalla del ragazzo.

- Awai! -

Squittì lui, preso alla sprovvista, voltandosi verso di lei e osservandola sorpreso, mentre portava la mano destra a massaggiarsi la povera spalla sinistra.

- Buongiorno, che succede? - Chiese il secondo ragazzo, osservando l'amica con un sorriso divertito sulle labbra. - Oggi è successo qualcosa di bello? -

- Ancora no. -

Fu la risposta che Yunosuke ricevette, prima che la ragazza salutasse entrambi e si mettesse a correre, diretta verso l'aula che si trovava tre porte più in là.
Non l'avevano mai vista così felice di andare nella propria classe.

- Che intenderà dire con "ancora no"? -

Si chiese il rosso, aggrottando la fronte perplesso, mentre l'altro ancora si toccava stupefatto la spalla.

- Non ne ho idea, ma qualunque cosa le sia successa... - Mormorò Eiji, storcendo naso e labbra in una buffa smorfia di dolore. - Mi ritiro tutto ciò che ho detto ieri riguardo il fatto che la preferivo quando mi dava le "schiacciate". -

E mentre i due ancora si chiedevano per quale motivo Awai fosse così emozionata, la ragazza entrò nella propria classe, volgendo subito lo sguardo verso il banco di Manami.

Era vuoto.

La bionda ebbe un lieve sussulto a quel punto, ma poi controllò subito il proprio orologio da polso: mancavano due minuti all'inizio delle lezioni.
Sapeva che solitamente Manami arrivava in classe con diversi minuti di anticipo, ma dato che non era proprio il caso di farsi prendere dell'agitazione per così poco, Awai si sedette al proprio posto e, con lo sguardo fisso sulla porta, aspettò pazientemente il suo arrivo.

Due minuti dopo però la campanella suonò, l'insegnante di matematica entrò, fece l'appello e segnò Laila Manami Hitsuji come assente.

~

"Non ci posso credere... Quella bugiarda!".

Pensava la ragazza mentre percorreva il lungo corridoio a passi svelti. Le mani strette a pugno lungo i fianchi.

Certo, l'assenza di Manami sarebbe anche potuta essere dovuta a una malattia o a un qualche tipo di impegno, ma era decisamente sospetto che non si fosse presentata a scuola proprio il giorno in cui le avrebbe dovuto portare quelle prove.

Si rese conto troppo tardi che la sera prima avrebbe dovuto chiederle il numero di telefono. Ora non aveva proprio idea di come contattarla.

"No, non importa". Si riscosse tutto d'un tratto, sospirando e scuotendo leggermente il capo. "Che mi abbia mentito o meno, comunque prima o poi dovrà tornare a scuola. Posso aspettare".

Ma non importava quante volte se lo ripetesse, una cosa era certa: lei e la pazienza proprio non andavano d'accordo, soprattutto se pensava al fatto che il giorno dopo sarebbe stata domenica, per cui avrebbe dovuto attendere fino a lunedì.
Non che avesse altra scelta se non quella di aspettare...

Almeno la consolava il pensiero che per le tre ore seguenti non avrebbe più avuto modo di pensare a quella faccenda, dato che tutta la sua concentrazione sarebbe stata rivolta esclusivamente agli allenamenti.
Frequentava infatti il corso di atletica leggera della scuola e fortunatamente il sabato era proprio uno dei tre giorni della settimana in cui aveva gli allenamenti.

Era quindi appena uscita dall'edificio scolastico e si stava per dirigere in palestra per cambiarsi, quando all'improvviso sentì qualcuno picchiettarle sulla spalla.

Si voltò sorpresa, chiedendosi chi potesse essere, quando si ritrovò davanti un completo sconosciuto.

Era certa di non aver mai visto prima quel ragazzo, benchè avesse più o meno la sua stessa età e indossasse la divisa della sua scuola.

I suoi capelli erano lisci e nero pece, legati in un basso e corto codino, mentre gli occhi erano piccoli e assottigliati, di un castano così chiaro che guardandoli di sfuggita l'iride quasi si confondeva con la sclera.
Aveva la carnagione leggermente scura e i lineamenti delicati del suo viso erano in netto contrasto con il suo sguardo, talmente minaccioso da farla rabbrividire e da incuterle un leggero timore, benchè lei fosse nettamente più alta e robusta di lui.

- Shishi Awai? -

Chiese lui.
Il tono di voce fermo e basso.

- Sì, sono io. Perchè? -

- Tieni. È dalla signorina Hitsuji. Ci sono data e luogo. -

Si limitò a dirle lui, porgendole un pezzetto di carta.

E a quel punto, mentre lei lo prendeva e se lo rigirava confusa tra le mani, il ragazzo si guardò intorno rapidamente, quasi temesse che qualcuno li stesse osservando, per poi voltarsi e andare via in tutta fretta, senza neanche rivolgerle un cenno di saluto.

- Ehi, aspetta! -

Esclamò Awai, provando a seguirlo.
Ma prima che potesse raggiungerlo, lui era già uscito dal cortile scolastico e aveva attraversato la strada, sparendo dalla sua visuale.

Chinò allora lo sguardo sul biglietto che le aveva dato, dove erano stati scritti in penna un orario e una data, ovvero le tre e mezza di pomeriggio del giorno seguente.

A quel punto Awai lo girò, per vedere quale fosse il luogo d'incontro.
Sperava solo che non si trattasse di un luogo troppo losco e che non si trovasse in periferia o in qualche piccolo vicolo malfamato, nè che fosse l'indirizzo di casa Hitsuji, dato che decisamente non ci teneva ad essere circondata da decine e decine di membri della Yakuza.
E fu proprio perchè si aspettava un luogo del genere che, nel leggere il nome del locale, non potè che strabuzzare gli occhi incredula.

- Ma è... Un Gufo Café? -

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