lacrime da coccodrillo
- Amelie? - Ripetè la ragazza strabuzzando gli occhi. - Ma tu come fai a sapere... - A quel punto però, nell'osservare meglio il volto dell'altra e realizzare quanto le fosse familiare, ebbe un sussulto e la osservò a dir poco incredula. - ...Laila? -
Dal canto suo, la diretta interessata non seppe proprio come ribattere a quel punto, tant'era a sua volta sorpresa di avere l'altra davanti.
E pensare che lei e Awai avevano passato tutte quelle ore per strada a chiedere informazioni ai passanti proprio per evitarla.
Certo, a quel punto non poteva mettersi a negare di essere Laila, sarebbe stato a dir poco ridicolo. Al tempo stesso però, se anche avesse avuto intenzione di agire proprio in quel modo, non sarebbe cambiato assolutamente nulla, dato che di fiato in gola per parlare in quel momento non aveva.
Awai, nel vedere l'altra in difficoltà, provò a battere un colpo leggero sulla sommità del cancello, dove stava ancora seduta, come incitandola a lasciar perdere l'altra e sbrigarsi a salire, prima che passasse qualcuno che avrebbe davvero potuto avere qualcosa da ridire riguardo la loro, benchè per il momento fosse solo sua, violazione di domicilio.
Manami però parve non notare affatto il tentativo che Awai stava facendo per attirare l'attenzione e, proprio quando la bionda iniziava a temere che fosse sul punto di perdere i sensi, si alzò in piedi e, con incredibile calma, si scrollò di dosso la sporcizia che le si era accumulata sui pantaloni mentre era per terra.
- Certo. -
Disse, per rispondere alla domanda che Amelie le aveva fatto pochi secondi prima, benchè ad Awai sembrò che fossero passati minuti interi.
- Cosa ci fai qui? -
Chiese allora la tedesca, aggrottando perplessa le sottili sopracciglia bionde.
E subito fu chiaro a tutti che con quella domanda, più che "perchè stai cercando di scavalcare quel cancello?", intendesse dire "perchè sei tornata in Germania?".
O meglio, sarebbe stato chiaro a tutti se anche Awai avesse conosciuto il tedesco, ma dato che così non era, fu solo Manami a cogliere il vero senso di quelle parole, mentre l'altra osservava la scena dall'alto con la fronte tutta aggrottata, nel vano tentativo di capirci qualcosa anche solo dalla vista delle loro espressioni.
- Sono solo venuta a cercare una mia amica. - Rispose Manami, facendo un leggero cenno con il capo in direzione della casa alle sue spalle. - Hiromi Hashimoto, dubito che tu la conosca. -
Pur riuscendo a cavare da tutto quel discorso nulla di più che il nome della falsa identità di sua madre, Awai non potè che rimanere sinceramente stupita di fronte al repentino cambiamento di Manami. La quale prima che se ne rendesse conto, nel giro di quei pochi istanti che le ci erano voluti per mettersi in piedi, era passata dall'essere la pecorella spaventata con le spalle al muro, all'impassibile lupo che la stava inseguendo.
- Parli della giapponese che viveva lì? -
Replicò Amelie senza battere ciglio, per poi rivolgere un rapido sguardo ad Awai. Come se avesse appena realizzato quale fosse la sua nazionalità e così avesse iniziato a chiedersi quale potesse essere il suo legame con quella donna.
- "Viveva"? -
Ripetè Manami.
Già pensava a quanto Awai si sarebbe sentita frustrata dallo scoprire che sua madre non era neanche lì.
Sperava solo di non scoprire che fosse tornata in Giappone, altrimenti avrebbero fatto tutta quella strada per nulla.
Chissà quanto ci avrebbero messo ancora per trovare quella donna...
- Sì, ormai sarà da almeno cinque o sei mesi. - Rispose la tedesca con un'alzata di spalle. - Non ne sapevi niente? -
- No, Hiromi non mi ha avvertita di essersi trasferita. - Rispose Manami. - Piuttosto, tu come fai a conoscerla? -
- Perchè vivo proprio nella casa qui accanto. - Rispose Amelie indicando il condominio alla sua destra. - Mi sono trasferita qui l'anno scorso. Ma comunque... Che intendevi con "non mi ha avverito?". Certo che non può averlo fatto. -
- Che intendi dire? -
Ribattè l'altra seccamente.
Ma la sua gola si era improvvisamente fatta secca e la sua testa aveva preso a martellare, come se già prevedesse ciò che l'altra le stava per rispondere.
- Che intendo? Beh... Che lei è... È morta, insomma. -
Eccola.
La risposta che aveva tanto temuto.
In un primo momento di fronte a quella consapevolezza sentì le gambe cederle, la testa scoppiarle e gli occhi gonfiarsi a causa delle lacrime, addirittura quasi credette di essere sul punto di perdere i sensi, ma poi... Poi finì tutto, rapidamente almeno quanto era iniziato.
E lei si ritrovò a ricambiare lo sguardo impassibile di Amelie con altrettanta freddezza, se non di più.
Con le gambe perfettamente stabili, gli occhi asciutti e le labbra strette in una stretta linea sottile.
Ma dentro di sè, lì dove non poteva essere vista, nè sentita da nessuno, stava urlando a squarciagola.
Urlava e basta, senza versare lacrime.
Urlava dalla frustrazione, dalla rabbia e dalla tristezza al tempo stesso.
Cosa avrebbe detto ad Awai?
Il solo pensiero dell'altra, intenta ad osservare la scena dalla sommità del cancello senza riuscire a capire il senso di una sola delle loro parole, le faceva venire voglia di dischiudere le labbra e mettersi ad urlare sul serio.
L'aveva illusa.
Avrebbe fatto meglio a non dirle nulla quando quel giorno l'aveva vista al cimitero davanti alla tomba di Itsuko Watsugi. Aveva già accettato da tempo l'idea che sua madre fosse morta, avendola persa quando era piccola e conservando di lei solo pochi ricordi, ma ora dopo tutte quelle ricerche e quelle false speranze come avrebbe fatto a dirle che era morta sul serio?
- Sai dov'è stata seppellita? -
Si ritrovò a chiedere.
Amelie strabuzzò gli occhi nel sentirsi rivolgere quella domanda.
Non che fosse chissà quanto strana come richiesta, ma non potè che rabbrividire leggermente di fronte a quello sguardo così gelido.
Quando andavano alle medie e le capitava di passare a casa di Manami, due volte su tre il giorno dopo a scuola le diceva che lo sguardo di sua madre la faceva accapponare dalla paura tutte le volte che lo incrociava, tant'erano freddi i suoi piccoli occhi di ghiaccio. In quel momento, però, alla vista dello sguardo di Manami, benchè i suoi occhi non fossero affatto azzurri, ma piuttosto quasi nero pece, sentì un brivido percorrerle l'intera colonna vertebrale.
- Sì, la mia famiglia è stata invitata al funerale. È un po' complicato arrivarci da qui. Non perchè sia lontano, non ci vorranno più di venti minuti, ma ci sono parecchie deviazioni da fare e... -
- Ci puoi accompagnare? -
Benchè nel sentirsi porgere quella domanda il primo pensiero di Amelie fosse stato quello di rifiutare, alla fine nel sentirsi quello sguardo gelido puntato contro, non potè fare a meno di annuire.
- Awai, scendi. - Disse Manami in giapponese, ma senza voltarsi in direzione della ragazza. - Tua madre non è qui. Ci accompagna lei. -
La ragazza strabuzzò gli occhi a quella notizia, chiedendosi cosa potesse saperne quella ragazza di sua madre.
La sua curiosità riguardo ciò che le due si erano dette crebbe a dismisura mentre scendeva dal cancello e si affrettava a raggiungere Manami, già avviatasi al fianco di Amelie.
- Ehi, che vi siete de... -
- Com'è che stavate cercando quella donna? -
Le parlò sopra Amelie, senza neanche rendersene conto. O almeno, non apparentemente.
- È una lunga storia. - Rispose seccamente Manami, rivolgendole all'altra una rapida occhiata di sottecchi, per poi puntare nuovamente lo sguardo di fronte a sè. - Era una mia amica e la madre di questa ragazza. -
- Oh, capisco... - Mormorò la tedesca, rivolgendo alla giapponese una rapida occhiata compassionevole. - Non capisce il tedesco, vero? -
- No, affatto. Siamo arrivate in Germania solo oggi. -
E Awai, che camminava alla sinistra di Manami con lo sguardo tutto corrucciato, chiedendosi quando l'altra si sarebbe decisa a tradurle le ultime novità, a quel punto nel sentirsi addosso le rapide occhiate delle due, aggrottò ulteriormente le sopracciglia e storse il naso infastidita, certa che stessero parlando di lei.
- Sarà dura per lei scoprire così di punto in bianco che sua madre è morta... - Sospirò Amelie scuotendo leggermente il capo. - Come glielo dirai? -
- Lo capirà da sola quando saremo arrivate. -
Rispose semplicemente Manami, non riuscendo ad impedirsi di rivolgere a sua volta una rapida occhiata in direzione della bionda.
Subito dopo, quando si voltò nuovamente verso Amelie, non potè che strabuzzare gli occhi dalla sorpresa nel notare la sua espressione afflitta, come se fosse sinceramente in pena per la giapponese.
Durante il cammino si ritrovò a voltarsi più volte nella sua direzione.
Se frugava nella sua memoria, in effetti era proprio la scena che aveva davanti in quell'istante il ricordo più frequente che conservava di Amelie: l'immagine di lei con le mani infossate nelle larghe tasche del cappotto e gli occhi, sormontati da lunga ciglia chiare, chini leggermente verso il basso, mentre camminava scalciando debolmente alcuni dei ciottoli che le capitavano tra i piedi, con quel sorriso dolce e al tempo stesso malinconico sulle sottili labbra rosee.
- Sai com'è successo? -
Chiese Manami dopo alcuni istanti di silenzio, distogliendo bruscamente lo sguardo dall'altra.
- Un incidente in auto. - Rispose con un leggero sospiro. - Credo che stesse tornando dal lavoro. -
- Che lavoro faceva? -
- Ehm... Veterinaria, forse? - Quindi corrugò la fronte, come se quella risposta non la convincesse pienamente, e subito dopo scosse il capo. - Anzi, no. Se non ricordo male lavorava in uno zoo. -
- Sì, me lo sarei dovuto aspettare. -
Commentò Manami sorridendo lievemente.
Alla sua sinistra Awai, che di tutto il loro discorso era riuscita a cogliere solo la parola "zoo", subito drizzò le orecchie, più curiosa che mai.
Notando che dopo quelle ultime parole le due avevano smesso di parlare, si accostò ulteriormente a Manami e dischiuse le labbra, pronta a bersagliarla di domande, quando...
- Siamo arrivate. -
Annunciò Amelie.
Pur non sapendo la traduzione letterale di quelle parole, la giapponese ne capì subito il senso, dato che dopo averle pronunciate entrambe si erano fermate.
A quel punto prese a guardarsi intorno con agitazione, più emozionata che mai, alla ricerca di una donna da poter riconoscere come la propria madre.
La strada però era deserta e loro non si erano fermate davanti a un edificio, bensì all'ingresso di un parco, con i confini delimitati da un'alta recinzione di ferro.
Fu solo quando sentì Manami emettere un leggero sospiro, che si rese conto di cosa fosse davvero quel luogo e a quel punto sentì le forze abbandonarla.
Non fiatò quando le due attraversarono il cancello, entrando all'interno de cimitero, e in qualche modo le gambe la ressero fino al punto di arrivo.
Ironico il fatto che il suo percorso fosse iniziato e finito con una visita al cimitero.
Così ironico che quasi scoppiò in una risata isterica nel momento in cui lesse il nome "Hiromi Hashimoto" inciso sulla lapide.
Peccato solo che quando dischiuse le labbra, al posto di una risata le uscì uno strano verso indistinto, come un incrocio tra uno squittio e un lamento di dolore. Il ruggito lamentoso di un leone al quale un cacciatore abbia appena dato il colpo di grazia.
Quando sentì le gambe cederle definitivamente, non fu Manami a sorreggerla (era stata infatti così sconvolta dalla vista della lapide che al momento neanche se ne accorse), bensì Amelie.
La tedesca le rivolse un sorriso malinconico mentre l'accompagnava lentamente verso terra e Awai non potè che rimanere colpita dal notare che gli occhi le si fossero arrossati, quasi fosse sul punto di mettersi a piangere insieme a lei. Non tanto perché triste della morte di quella donna che conosceva solo di sfuggita, quanto per semplice empatia nei suoi confronti.
Alla vista di quella scena, però, Manami assottigliò lo sguardo infastidita.
La scena che aveva davanti in quel momento era il secondo ricordo più frequente che conservava di Amelie, quello che sinceramente avrebbe preferito dimenticare: l'immagine di lei con in viso quell'espressione così abbattuta e triste da stringere il cuore, benchè il suo ruolo fosse stato puntualmente quello della consolatrice, non della persona ferita. Ancora ricordava tutte le volte in cui da piccole lei si lasciava andare a lunghi pianti strazianti e l'altra, più che provare a consolarla o a tirarla su di morale, tutte le volte l'accompagnava nel pianto.
Nei primi tempi le era di conforto questo suo comportamento, il sentire di avere vicino qualcuno con cui condividere la propria tristezza...
Poi però, aveva realizzato quanto quelle lacrime fossero false e aveva iniziato a provare un immenso fastidio ogni volta che l'altra ne versava. Che fossero per lei o per qualcun'altro, non aveva importanza.
Ci sono persone che hanno il sorriso da iena e altre che hanno le lacrime da coccodrillo.
Manami era perfettamente consapevole di appartenere alla prima categoria, ma se stavano così le cose, allora Amelie rientrava sicuramente nella seconda.
- Ci penso io. -
Disse in un mormorio, mentre un po' troppo sgarbatamente allontanava la ragazza da Awai.
Quest'ultima, ormai in ginocchio per terra con il volto rigato dalle lacrime, osservò con sincero stupore il comportamento dell'altra, ma non fece in tempo a dirle nulla che Manami, dopo aver rivolto un'ennesima occhiata in direzione della lapide e poi una verso di lei, così inaspettatamente da avere dell'incredibile, si gettò a terra in ginocchio davanti a lei, quindi la prese per le spalle e l'attirò a sè, seppellendo il proprio volto nell'incavo tra il collo e la spalla della bionda, scoppiando in un sincero quanto straziante pianto irrefrenabile.
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