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Sangue rigeneratore

Il vento autunnale scorrazzava per le strade desolate, trasportando con sé alcune foglie ingiallite, ormai troppo vecchie per usufruire della linfa vitale degli alberi.
In quella via periferica, un uomo di trent'anni aveva appena finito il suo turno lavorativo nel ristorante. Jack Wilde viveva solo e ci impiegava un quarto d'ora per tornare a casa.
Il suo lavoro però lo stressava a tal punto che era costretto a prendere almeno cinque caffè al giorno, per evitare di addormentarsi in orario lavorativo. Era infatti tarda notte quando l'uomo mise in moto la sua vecchia macchina, che si accese con il fastidioso rumore dello scoppiettio del gas. Pochi istanti dopo, però, il motore di spense. Strano, pensò l'uomo, non aveva mai dato problemi. Girò così le chiavi un'altra volta e la macchina partì, sotto la fioca illuminazione dei lampioni.
Il tragitto proseguiva tranquillo, come sempre. Era ormai notte addentrata e le strade erano deserte, Jack non aveva mai riscontrato alcuna difficoltà nel rientrare a casa.
Mentre guidava, prese l'unico ricordo che aveva della sua infanzia: una foto di quand'era piccolo mentre indossava il cappello di paglia di suo padre, e la mise sul sedile a faccia in giù. Non voleva pensare al suo passato. All'età di diciott'anni la sua casa prese fuoco. Si salvarono soltanto lui e quella foto, che portava dovunque andasse. Era andato ad abitare per un po' dai suoi zii, dopo l'incendio, ma non appena ne ebbe l'occasione trovò un lavoro al ristorante e andò a vivere da solo.
Era così arrivato a metà strada, quando l'abbagliante luce gialla del semaforo si era spenta, lasciando che si accendesse quella rossa.
Jack ne approfittò per sistemare lo specchietto retrovisore, che a suo parere era troppo inclinato verso destra. Lo girò bruscamente verso la posizione della guida, ma in quella frazione di secondo gli parve di vedere un'ombra situata nel sedile posteriore. Decise che era meglio accertarsene, così spostò ancora lo specchietto e trasalì all'istante. Ogni muscolo del suo corpo si irrigidì, non osava nemmeno voltare la testa, gli bastava la visuale dello specchietto.
Una dentatura splendente risaltava nell'oscurità, l'uomo, che ora si trovava nel sedile posteriore della macchina, era interamente vestito di nero, dato che solo i suoi denti contrastavano il buio. Stava sorridendo.
"Grazie per il passaggio, bello comunque il cappellino."
Jack si perse nella sua voce fredda e tagliente, che gli aveva appena provocato un brivido lungo la spina dorsale. Quando le parole trovarono un senso logico al tutto, Jack sentì il suo cuore esplodergli nel petto. Bello comunque il cappellino. Lui non stava indossando un cappello, che avesse forse visto la sua foto? Ma l'aveva messa sul sedile ormai cinque minuti fa, da quanto quell'uomo era lì? Quando trovò il coraggio per voltarsi era troppo tardi, non vide nessuno. Ignorando il semaforo che ormai irradiava una luce verde, Jack riguardò nello specchietto, ma l'uomo si era dissolto. Poi volse lo sguardo alla strada, notando un movimento. Davanti a lui il vento stava trasportando un oggetto, che venne illuminato dai fari della macchina: era un cappello. Jack si sporse dal sedile per vedere meglio, quello era identico al cappello di suo padre. Dopodiché i fari non lo poterono più illuminare e il pezzo di paglia sparì come l'uomo misterioso.
Rimise così in moto cercando di raggiungere casa sua il prima possibile. In quella notte nemmeno la luna riusciva a illuminare le strade, Jack sfruttava la luce artificiale dei fari della macchina, e dei lampioni. Fu così che gli parve di vedere un'ombra, sul marciapiede, alla sua destra. Rallentò e l'ombra si rivelò essere un uomo. Pensava di aver visto l'uomo incappucciato di prima, ma si sbagliava. Un signore dal passo insicuro si avviava lungo il marciapiede, indossava dei jeans scuri e una giacca, ma non fu su questo che si soffermò Jack; portava un cappello di paglia in testa che nascondeva dei capelli a spazzola, e Wilde avrebbe scommesso che erano marroni. L'uomo che stava camminando era la copia perfetta dello stesso Jack Wilde che si trovava in macchina.
Poi una voce lo riportò alla realtà: "Fossi in te non guarderei la copia di te stesso, viste le condizioni in cui sei ridotto." Quella era la voce di Jack. Poi la sua copia alzò lo sguardo dal terreno, due grandi occhiaie erano presenti sopra le guance, pallide come quelle di Jack. Ora però la voce della copia era un'altra, una voce fredda e sprezzante: "Non dovresti girare a destra per andare a casa?" Un ghigno si disegnò sul volto della copia, che scomparve un attimo dopo.
Jack cacciò un urlo non appena vide la faccia dell'uomo incappucciato premuta contro il vetro della macchina, proprio a venti centimetri dalla sua, con solo un vetro a dividerle. In quel momento, il vetro pareva più fragile del solito. Nemmeno il tempo di pensarlo che la lastra trasparente si frantumò in schegge taglienti, andando a ferire il volto di Jack. Quest'ultimo andò in retromarcia improvvisamente, facendo rotolare sul cofano l'uomo vestito di nero. Si mise così alla guida, il più velocemente possibile, verso casa.
Il vento era come delle lame per le ferite di Jack, che si trovò a dover socchiudere gli occhi.
Circa una quindicina di secondi dopo, accadde un altro fatto inspiegabile: ogni lampione si spense e i fari della macchina presero a lampeggiare.
Jack dovette accostare.
Stava cercando in tutti i modi di porre fine a quel dannato accendi-spegni, ma pareva che la macchina non gli desse ascolto. La sua mano sudata e tremante continuava a schiacciare i primi pulsanti che gli capitavano a tiro, ma non accadeva niente, Jack non poteva nemmeno rimettere in moto.
Così scese dal veicolo, ormai casa sua non distava tanto. Si avviò a piedi verso l'abitazione, in modo più disinvolto possibile, cercando di non attirare l'attenzione su di lui.
D'un tratto, però, sentì le sue gambe mancare. Letteralmente. Si sentì sprofondare nel vuoto. Il suo corpo si mosse meccanicamente e cercò il primo appiglio possibile. Le sue mani stavano sorreggendo il suo corpo grazie all'estremità dello squarcio nel terreno. O almeno sembrava uno squarcio nel terreno. Ma come poteva esserlo? Jack ormai non si poneva più tante domande, se mollava la presa avrebbe potuto benissimo atterrare in piedi o sfracellarsi al suolo. Sapeva solo che quel margine di strada era tagliente: gocce di sangue macchiavano il suo volto e sicuramente la sua presa non avrebbe retto a lungo.
Cercò di sollevarsi, ma più faceva pressione, più un dolore lancinante gli prendeva i palmi delle mani, era come se in essi ci fossero due coltelli infilati.
In quei devastanti secondi di difficoltà, apparve un signore dall'alto, Jack non sapeva grazie a quale fonte di luce potesse vederlo, ma quello era suo padre. Ma suo padre era morto nell'incendio, come poteva essere lì? Qualcosa non quadrava.
La faccia di Wilde, contratta dal dolore, fissava l'uomo che aveva a poca distanza, il cappello di paglia in testa. Poi l'uomo gli porse la mano. Lo voleva aiutare. Jack non ebbe il tempo di pensarci, le forze lo stavano abbandonando e presto sarebbe caduto. Con noncuranza afferrò la mano del suo salvatore, macchiandola di sangue.
Poi di nuovo quella voce fredda zittì i lamenti di Jack: "Sai, penso tu stia facendo affidamento sulle persone sbagliate." Subito dopo, suo "padre" sfoderò un sorriso inquietante, che Wilde aveva imparato a conoscere, quella notte.
"Ops, sta scivolando." Disse, trasformando la sua faccia in quella dell'assassino: l'uomo incappucciato mollò la presa, lasciandosi alle spalle l'urlo di Jack Wilde, che cadde nel vuoto. Seguì poi un tonfo sordo e il sorriso dell'assassino.
Quest'ultimo si leccò le dita intrise di sangue, dicendo: "Era proprio questo quello che mi serviva."
Il sangue diede un nuovo volto all'uomo incappucciato, questa volta però definitivamente: "Signori e signore, vi presento il nuovo Jack Wilde."

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