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C'era una volta un pezzo di legno

C'era una volta un pezzo di legno, un grande pezzo di legno rinsecchito, dal quale venne fuori un oggetto da collezione. Un semplice burattino creato per far ottenere un po' di successo al vecchio falegname, che era del tutto ignaro di quello che stava accadendo.
Pinocchio, l'aveva chiamato, somigliava appunto ad un bambino con un cappello a punta in testa. Geppetto, il taglialegna, non si accontentava mai; voleva sempre correggere qualche piccolo errore o modificare il burattino, tant'è che la sua opera non era mai conclusa.
Pinocchio attendeva ormai da settimane il suo completamento, ma il falegname era molto pignolo e si era dedicato ad intagliare alla perfezione il piccolo naso del burattino. Così, ogni volta che lo scalpello incontrava il solido legno, Pinocchio doveva trattenere le sue imprecazioni di dolore.
Finché un giorno, quest'ultimo, si stancò: fece cadere la sua testa a terra e rotolò via.
Geppetto notò sorpreso quello che era appena accaduto e, sconvolto, cercò la testa in lungo e in largo nella sua bottega, senza però alcun risultato. Il falegname dovette allora iniziare di nuovo a scolpire e intagliare, prese un nuovo pezzo di legno e si mise all'opera. Passò l'intero pomeriggio e metà nottata a lavorarci, finché non si addormentò sopra al suo lavoro.
La testa del burattino, però, serbava ancora rancore per il dolore provocatole.
Una folata di vento entrò improvvisamente nella stanza e fece sussultare il vecchio nel bel mezzo della notte. Geppetto si alzò di malavoglia, andando a chiudere la finestra.
Si voltò di scatto non appena sentì un rumore sordo alle sue spalle. Uscì dal suo laboratorio di falegnameria e andò nella sala da pranzo, dove la sua accetta da collezione era caduta dall'apposito ripiano, andando così a conficcarsi sul tavolo. Il falegname era un po' stordito, accusò il vento di quel danno e se ne andò in camera da letto.
Il giorno seguente, quando si rimise per l'ennesima volta a perfezionare il burattino, non trovò nulla sul banco lavorativo. Si grattò la testa, pensando a dove poteva averlo lasciato, ma era del tutto sicuro di non averlo mai spostato. Tornò in cucina pensando ad un possibile furto, ma chi mai poteva desiderare un burattino? Certo, Geppetto era molto bravo e Pinocchio molto realistico, ma... I pensieri del vecchio vennero interrotti dallo spettacolo che si trovò davanti. L'accetta conficcata sul tavolo non era più lì, al suo posto c'era Pinocchio. Questa volta però la nuova testa era stata ridipinta in un'espressione sarcastica, spettrale. Nei contorni della bocca brillava vernice rosso sangue, che scendeva fino ad arrivare al mento. La vernice era presente anche su entrambe le spalle, solo che erano sparite le braccia. L'accetta, invece, era caduta a terra, la fine della lama era anch'essa rossa.
Il tutto dava l'idea di un mutilamento. Geppetto prese Pinocchio, spaventato, e lo immerse nell'acqua. Notò che le macchie rosse erano più difficili da eliminare. Con due dita raccolse una goccia ormai essiccata dalla faccia del burattino e l'appoggiò sulla sua bocca. Quella non era vernice, quello era sangue.
Lasciò così cadere il fantoccio dentro il lavello, in modo che le tracce di sangue si potessero togliere da sole. Il falegname stava pensando a qualcuno che potesse avergli giocato un brutto scherzo, ma proprio non aveva idea di chi poteva avercela con lui. Prese il suo "capolavoro" ed iniziò a lavorare a delle nuove braccia.
Terminò così il lavoro in un'altra notte e, ormai esausto, si addormentò, questa volta sotto le coperte del suo letto.
Mancava ancora un'ora all'alba e i grilli continuavano la loro sinfonia, indisturbati, alla luce della luna. Tutta la quiete, però, venne spezzata da un susseguirsi di rumori provenienti dalla bottega del falegname. Geppetto si alzò stordito e andò a vedere cosa stava accadendo nella sua cucina. Sgranò gli occhi non appena mise a fuoco la scena: un oggetto stava fluttuando di fronte a lui. Il martello si scontrava ripetutamente sulla mensola sovrastante il lavello. Sarebbe crollata da un momento all'altro, ma il vecchio arrivò tardi, un enorme fracasso di tazze e piatti mise fine al monotono martellare dell'arnese. Tutto era distrutto, a terra era presente un mosaico di ciottoli di tazzine varie e di oggetti da cucina. Geppetto non sapeva se essere sorpreso dal martello fluttuante o disperato per la rottura di tutti quegli oggetti. Poi però la paura prevalse fra tutte le emozioni, Pinocchio non era nel laboratorio del falegname, ma si trovava sul tavolo mezzo distrutto, senza gli arti inferiori; anche le gambe erano sparite.
A quel punto Geppetto era combattuto, ci teneva davvero molto a completare il suo lavoro e non avrebbe permesso alla sua fervida immaginazione di ostacolarlo, ma lui non era pazzo, le gambe di Pinocchio erano davvero scomparse. Arrivò alla conclusione di lavorare alle gambe tenendo Pinocchio lì dov'era, per poi aggiungergliele in seguito.
Un altro giorno passò e il falegname poté finalmente considerare completato il suo lavoro, il burattino era quasi come prima e manteneva sempre il suo realismo. Il giorno seguente lo avrebbe di certo mostrato al pubblico, sarebbe stata un'ottima pubblicità per la sua bottega.
Ma era proprio nel cuore della notte che accadevano le cose più agghiaccianti, e proprio nel cuore della notte Geppetto si svegliò di soprassalto, avendo appena sognato di essere inseguito da cinque identici burattini con un'accetta insanguinata in mano. Si alzò e notò che la fiaccola tenuta accesa sul mobile di fianco al letto era spenta. C'era però del fumo, segno che era stata spenta recentemente, ma le finestre erano chiuse ed era impossibile che entrassero spifferi di vento. Poi, improvvisamente, il fuoco illuminò la stanza, la fiaccola si era accesa dal nulla. Il cuore del vecchio prese a battere due volte più veloce del normale, doveva stare il più lontano possibile da quella stanza. Un bicchiere d'acqua lo avrebbe fatto stare meglio. Uscì dalla camera, udendo un cigolio alle sue spalle. Si voltò e vide la porta chiudersi, senza che lui l'avesse toccata. Ora il cuore lo percepiva, martellante, in testa. Doveva fare un bel respiro. Si trovava nell'anticamera, di fronte a lui aveva la porta dello studio, a destra quella del bagno e a sinistra aveva la cucina, quella cucina maledetta. Ma fu proprio mentre scrutava l'oscurità alla sua sinistra che sentì uno strusciare di una corda contro l'acciaio, come se qualcuno stesse cercando di sollevare qualcosa. Era comunque troppo buio per vedere, ma evidentemente Geppetto fu letto nel pensiero. Un altro lume si accese dal nulla ma il taglialegna, stavolta, si spaventò per qualcos'altro. La luce illuminò la testa di Pinocchio che si trovava a cinque centimetri di distanza da quella del vecchio. Quest'ultimo cacciò un urlo, dalla testa del burattino partivano quattro fili: due più corti per sorreggere le braccia e due più lunghi per le gambe. Il corpo era sparito.
"Adesso basta, chiunque sia stato si faccia vedere all'istante!" In risposta udì soltanto lo stridere delle cicale. Sospirando, Geppetto tornò a letto, pensando al lavoro che lo avrebbe atteso la mattina seguente. Il falegname, infatti, non si faceva intimidire facilmente. La mattina era già pronto con il suo blocco di legno davanti, per poi giungere alla sera con il busto completato. Ora che avevano preso tutte le parti di Pinocchio, il nuovo burattino non correva più pericoli, così il taglialegna si sentì finalmente soddisfatto.
Il tramonto era vicino, la luna si distingueva tra l'azzurro del cielo e una coltre di nebbia nascondeva delle nuvole cariche di pioggia.
Nella cucina, Geppetto stava mettendo tutto in ordine, aveva riposto il burattino proprio sul tavolo, in modo da tenerlo d'occhio. Tutto era stranamente tranquillo, la pioggia aveva iniziato a tamburellare contro le finestre, per poi scendere a capofitto, come se stesse seguendo una linea retta.
Nelle tenebre, però, il falegname non sapeva che cosa stava accadendo. I vecchi pezzi di Pinocchio non erano stati rubati, presero vita magicamente andando a formare un nuovo burattino. Andando a formare il vecchio burattino. Il vero Pinocchio aveva ottenuto la sua libertà e il suo vecchio corpo, ora doveva solo avere la sua vendetta.
Così, in quel tardo pomeriggio apparentemente tranquillo, un burattino prese a muoversi in quella poca oscurità che l'ombra concedeva. Il taglialegna stava per voltarsi, aveva udito lo scricchiolio del suo pavimento, dedusse che qualcun altro doveva essere lì. Il burattino così prese il comando della situazione, notò l'accetta a terra, ancora insanguinata. Gli bastò osservarla attentamente per sollevarla dal nulla. Poi spostò lo sguardo contro il vecchio: doveva fargli provare lo stesso dolore che aveva provato lui mentre gli veniva in continuazione conficcato quel coltello nel naso. L'accetta roteò nell'aria dritta in direzione del falegname, che la schivò prontamente abbassandosi. Sentì un fruscio proprio sopra la sua nuca: i radi capelli che aveva erano stati tagliati di netto. Geppetto si sentì gelare il sangue e fu percosso da scariche di brividi lungo tutto il corpo. D'un tratto, però, tutte le fiaccole si accesero in contemporanea, cadendo a terra, incendiando quel che rimaneva della cucina. 
Geppetto era circondato dalle fiamme, Pinocchio si creò un varco dal cerchio e fece la sua entrata di scena.
Sfoderò uno dei suoi sorrisi più inquietanti e parlò con voce sprezzante all'uomo che aveva di fronte: "Geppetto, ora conoscerai il vero Pinocchio."
L'altro restò esterrefatto, mai avrebbe pensato che il suo vecchio burattino potesse prendere vita. Ma improvvisamente una voce piuttosto acuta ruppe il silenzio: "Lascia in pace mio padre!" Il piccolo Pinocchio era riuscito a farsi spazio tra le fiamme, era totalmente carbonizzato. "Pinocchio, ma come puoi essere vivo anche tu!"
"È merito tuo, adorato padre" si mise tra lui e la sua copia malvagia, a braccia aperte, pronto a morire per salvare Geppetto.
"Ed ha ragione, è proprio merito tuo..." Una voce da loro ignota rimbombo tra il cerchio di fiamme, sovrastando anche lo scoppiettare del fuoco. Era una voce femminile, il tono soave e gentile mascherava una crudele realtà. "Caro taglialegna, la tua arte è ammirevole. Sei riuscito persino a ricreare il perfetto burattino che da te si era allontanato." A quel punto il fuoco si placò e dall'alto apparve una luce accecante, seguita da uno sfarfallare d'ali. La fata madrina era di fronte a loro: "Un fantoccio tanto realistico da poter diventare umano, ma la verità è che solo io posso animare gli oggetti, non un semplice ed insignificante falegname." Gli sputò queste parole addosso. Geppetto si soffermò a guardarla, poi però capì: "Sei stata tu fin dall'inizio, hai chiuso tu la porta, hai fatto cadere tu l'accetta..."
"No, è stato Pinocchio con la mia magia e sarà solo quella l'unica cosa che potrà animare un pezzo di legno." Detto questo si dissolse nel nulla con un mezzo sorriso sul volto, soddisfatta.
A quel punto il malvagio Pinocchio, con un gesto della mano, fece conficcare l'accetta sul busto della sua finta copia. Il piccolo fantoccio cadde a terra, morto. Geppetto non ci vide più dalla rabbia, estrasse l'arnese dal cadavere del suo amato burattino e lo lanciò dritto verso la testa di Pinocchio. L'accetta, roteando, gli staccò di netto il collo.
Anche le ultime fiamme si spensero e regnò il silenzio.
Geppetto si avvicinò alla testa di quello che pensava potesse essere un sogno, ma che poi si trasformò in un terribile incubo, solo che non era ancora finito. Non appena prese fra le mani la testa mozzata, due occhi si aprirono simultaneamente e Pinocchio sfoderò la sua dentatura bianca, pronunciando queste parole con una vocetta infantile, che nascondeva il sarcasmo: "Lo sai Geppetto, mi sei mancato."
La bugia provocò un fremito alla testa del burattino e l'effetto fu imminente. Il naso di Pinocchio si allungò a dismisura in una frazione di secondo, andando a conficcarsi sulla prima cosa che si trovò davanti: il ventre di Geppetto. Quest'ultimo cadde a terra in un fiotto di sangue, lasciando rotolare a terra la testa di Pinocchio.

C'era una volta un pezzo di legno.

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