capitolo 42
TYLER
- Porca puttana, Tyler ... non so se me la sento ... - sussurrò Lex pallido come un cencio adesso, vidi le sue labbra serrarsi mentre una brezza leggera faceva frusciare gli arbusti davanti a noi, scoprendo la grossa facciata della villa dei Mills.
- Pensavo avessi bisogno di soldi, qual è il problema? - chiesi, stizzito – sono in vacanza in Europa, ho intercettato una telefonata due sere fa... non c'è nessuno, a parte una grossa montagna di oggetti interessanti da poter rivendere. -
- Ma ... Insomma, l'antifurto? - chiese lui sempre meno convinto.
- Quale antifurto? - misi la mano nella tasca della mia felpa nera, poi la portai all'altezza dei nostri visi, facendo tintinnare le chiavi della villa davanti ad un Lex sempre più incredulo.
- Come diavolo te le sei procurate quelle? Sono dei Mills? -
Feci spallucce – Mi vedevo con Sandy, una volta le ha perse in macchina e non me le ha mai chieste indietro. Non deve averci fatto caso ... - Risi, incontrando lo sguardo adesso divertito di Lex – smettila di rompere le palle e muoviti. Abbiamo un'intera villa da svaligiare. -
L'adrenalina, la paura di venire scoperti, l'impossibilità di sapere con certezza come sarebbe andata a finire ... mi sentivo terribilmente bene quella sera, di certo di gran lunga meglio del solito.
- C-cazzo, non sono amici di tuo padre? - Lex aveva il fiato corto, mi veniva dietro seguendo la luce della mia torcia che puntai sul pavimento per capire dove stessimo andando di preciso.
- Un motivo in più per lasciarli in mutande, no? E poi mio padre non ha amici, soltanto gente a cui ha fatto favori o da chi li aspetta ... - dissi cercando di celare il risentimento che provavo per lui.
Avevo trascorso gli ultimi tre giorni ad allenarmi per i test attitudinali, mentre il bastardo se ne stava piantato nel bel mezzo dell'arena da corsa, fischietto tra le labbra e cronometro in mano. Detestavo la sua voce, quei consigli su come migliorare, gli ordini che mi impartiva. Ero davvero giunto allo stremo della sopportazione.
- Guarda qua ... - Lex sollevò un laptop in ottime condizioni, poi lo ripose velocemente nella grossa sacca che ci eravamo portati dietro – va a dare un'occhiata ai piani di sopra. Io ripulisco questo piano. -
- Ci vediamo tra dieci minuti. -
- Porca puttana, abbiamo fatto un bottino con i fiocchi stasera! - Lex era entusiasta mentre guidava lontano dal quartiere dei Mills, diretto verso i sobborghi, mi tolsi il mio passamontagna e finalmente tornai a respirare senza problemi. Avevamo un intero bagagliaio pieno di roba e non era mai stato così facile guadagnare tutto quel materiale in così poco tempo – Senti, con tutto quello che abbiamo preso in questi due anni ... hai del denaro da parte, lo so. Perché non te ne vai e basta? -
Mi voltai verso di lui, incontrando il suo sguardo piuttosto eloquente – Lo detesti, lo vorresti morto. Lui non ha rispetto per nessuno di voi, non può finire bene ... Dovresti andar via prima che finisca male ... - continuò.
- Lex, fatti i cazzi tuoi, porca puttana. Sono ancora più fottuto di quanto tu possa immaginare e credimi quando ti dico che non sarò io ad andarmene da quella casa - dissi con un filo di voce – Puoi tenerli alla rimessa? - cambiai discorso e Lex capì al volo che non avevo più voglia di parlare di mio padre e della mia situazione di merda.
- Certo ... Porto i gioielli al mio amico, li piazzerà sul mercato, poi sistemerò anche il resto, va bene? - Lex parcheggiò a qualche isolato da casa mia. Aveva ripreso quell'abitudine da quando mio padre era tornato a casa, non c'era bisogno che glielo dicessi, semplicemente sapeva com'era fatto quel bastardo. – Ehi ... - la sua voce mi fece voltare verso di lui quando ero ormai smontato dall'auto – Ti è successo qualcosa, vero? Sembri diverso dal solito ... c'è qualcuno di nuovo? -
Ero sorpreso, non riuscii a riprendermi in fretta, lo sgomento dipinto sulla mia faccia era ancora più eloquente di qualsiasi cosa avessi mai potuto rispondergli di rimando.
- La conosco? Cazzo, sei sempre sulle tue, tutto perso nei tuoi pensieri ... ti sta facendo impazzire? - Lex abbozzò ad un sorriso complice – adesso sai cosa significa beccare qualcuno di cui non riesci a liberarti. -
Mi voltai dall'altra parte, incapace di trattenere l'espressione di orrore che doveva essermi appena comparsa sul volto. Che diavolo di idee si era fatto?
- Sei fuori strada. Ci si vede. - dissi seccamente.
Camminai verso casa mia a passo sveltissimo, come se questo mi avrebbe permesso di seminare tutti i miei problemi lì, da qualche parte oltre le mie spalle. Serrai la mascella, quei fottuti ricordi mi piombavano addosso come secchiata di acqua gelida in pieno volto e mi lasciavano sconvolto e tremante.
Era stato un errore, un dannato errore del cazzo.
Ma un errore si commette per ben due volte? E per lo più a distanza ravvicinata ...
Non potevo pensarci, sentivo un nodo alla gola, camminai ancora più velocemente fino a quando non raggiunsi il cancello di casa, lo spinsi con una spallata violenta e mi fiondai nel cortile. Ma i miei passi rallentarono, lui era lì, con il viso infiammato a fronteggiare quello sconvolto di mia sorella.
- Sono fottuto, sono doppiamente fottuto, Rachel. Come diavolo farò adesso? -
- Cristo ... Troveremo il modo di far ragionare il suo ex, ti prometto che verrò con te a darti una mano ... - ribatté l'altra – non pensare subito al peggio, ok? - Soltanto in quel momento notarono di non essere più da soli. Chris seguì lo sguardo di mia sorella, incontrando un attimo dopo il mio. Un'occhiata profonda alla quale risposi con una fulminante.
- Togliti dalle palle immediatamente. - dissi minaccioso rivolto a quel dannato che continuava a starsene lì come se niente fosse.
- Non fare lo stronzo, Tyler. E' qui per me, che diavolo vuoi tu? - Rachel mi guardò malissimo, poi strinse le braccia intorno al petto. Era incazzata – Andremo domani, tu fa sapere a Lewis che hai deciso di accettare. Capiremo che fare, non credevo che si sarebbe comportato in questo modo! Che cazzo di stronzo psicopatico ... - disse poi a bassa voce, tornando a lui.
Lewis Noble. Ancora lui. Non chiesi nulla, era ovvio che stesse succedendo qualcosa, il viso di Chris era una maschera di preoccupazioni, ma alla fine si limitò ad annuire e salutare mia sorella prima che questa rientrasse in casa.
Mi ritrovai a camminare velocemente verso la porta, pronto ad eclissarmi dietro il prima possibile ma poi mi immobilizzai. Perché diavolo stavo scappando? Non faceva parte della mia indole, non ero mai fuggito di fronte a niente e nessuno, di certo quel bastardo di Wayright non avrebbe rappresentato un'eccezione.
Lo fronteggiai, piantando gli occhi nei suoi, fremetti. Non potevo farcela, guardarlo era come ritrovarmi faccia a faccia con i miei peccati.
No, non erano soltanto dei peccati, era la vergogna, la vergogna più cocente e spaventosa che avessi mai potuto provare.
Il suo corpo nudo e caldo, il viso arrossato mentre si spogliava davanti a me, i suoi capelli chiari tra le mie mani e poi quella sensazione ... come se stessi davvero facendo qualcosa per cui valesse la pena vivere.
- Non guardarmi così ... Va tutto bene. - le sue parole giunsero sussurranti da vicino, senza rendermi conto ci eravamo venuti incontro.
- Col cazzo, non va tutto bene ... Non va affatto bene. - dissi con vigore, distogliendo lo sguardo da lui. Come poteva starsene lì senza dare di matto? Come diavolo poteva accettare una realtà del genere senza impazzire?
- Non ti sto giudicando, io a dirla tut ... -
Lo interruppi – Non c'è un cazzo da giudicare, figlio di puttana. Non sono come te. Io non sono come te, è chiaro? - mi ritrovai a stringere il suo collo tra le dita senza rendermene conto. Chris sgranò appena gli occhi, ma rimase immobile, tra le mie mani, in attesa di un mio movimento. Era fastidioso, toccarlo era spaventoso ...
- Non pensare a quello che sei o non sei, che diavolo. Fa soltanto quello che vuoi, ti risulta così complesso? - mi chiese in un sussurro.
- Perché fammi capire ... Credi che io lo voglia ... quello? - dissi sputando fuori le parole a forza – sei fuori strada, non sei diverso da qualsiasi altra persona. -
Chris rise forte – sono un uomo, Tyler! Un ragazzo! Sono maschio, hai presente? -
- Credi che non me ne sia accorto? - cercai di trattenermi dal gridare, mi ritrovai senza fiato.
- E so di non averti violentato! Né costretto in nessun modo a venire con me ... - continuò con gli occhi fiammeggianti.
Lo sapevo, lo sapevo eccome! Era quello il punto, ero perfettamente conscio di tutto quanto eppure era successo. Mi ero scopato Wayright. Dio santo, non riuscii a muovermi, mi ritrovai con le mani sul viso, a desiderare di poter scomparire per il resto della mia vita.
- E a me non è dispiaciuto affatto ... - era lì, immobile e perfettamente a suo agio, come se stesse parlando della prossima partita di football della stagione. Avrei voluto pestarlo, ma mettergli le mani addosso era diventato terribilmente pericoloso da qualche tempo a questa parte.
- Fattela passare, non succederà mai più. - dissi secco – mai più, Wayright. Qualsiasi idea tu ti sia messo in testa ... non andrà avanti. -
- E' per tuo padre? E' per quello che tutti pensano che tu sia? - Chris scosse la testa – è troppo tardi per far finta che non sia successo niente, Tyler. Almeno lo è per me. Scusami se non ti guarderò più con gli stessi occhi di prima, scusami se penserò a quella notte ... -
No, era troppo. Non potevo accettare quelle parole, gli tappai le labbra spingendo il mio palmo contro il suo viso fino a farlo sbattere con le spalle contro la ringhiera. I suoi occhi erano sgranati, non vidi paura però, soltanto una terribile eccitazione. Le sue mani afferrarono i miei polsi e con uno strattone le spinse via, dovevo andarmene, non riuscivo a gestirmi, mi sentii improvvisamente in balia di una volontà che non era ferrea quanto la mia. Volevo cedere, volevo sbagliare, volevo sentirmi vivo.
I suoi occhi erano infuocati, si aggrappò alla mia canottiera, i suoi polpastrelli scesero lungo il bordo dei miei jeans, poi appena più giù, a toccarmi proprio dove non avrebbe dovuto. Mi ritrovai a perdere totalmente il controllo.
- Garage. -
Era la mia voce quella, ma non seppi neppure quando avevo formulato quel pensiero, se mai era successo. Spinsi con forza Chris oltre la porta, ci ritrovammo a sbattere letteralmente sul finestrino dell'auto prima che riuscissi ad aprire la portiera posteriore ed infilarmici dentro. Chris era su di me, il viso seminascosto nell'oscurità, soltanto un frammento di luce, come una scheggia di vetro, illuminava parte dei suoi occhi, facendoli brillare terribilmente.
Fu un flash, un istante, ci avventammo sui nostri rispettivi jeans, strappando, sbottonando, tirando giù con forza. Mi ritrovai bloccato sotto il suo corpo, era magro, ma forte e scattante, tanto che rimasi fermo, sospirando al contatto della sua pelle contro la mia. Mi morsi le labbra, i gemiti di Chris coprivano i miei e gliene fui segretamente grato.
- Dimmelo subito se hai qualche problema nel sentirmi parlare mentre ... -
- Taci, Wayright. - gli intimai, interrompendolo.
Lo sentii ridere, non era previsto tutto quel chiacchiericcio, forse fu quello che pensò anche lui perché un attimo dopo le sue mani furono sul mio petto, scostò la canottiera fino a scendere giù, lungo il bordo dei miei slip. Lo attirai a me, tirandolo per l'elastico dei suoi con irruenza, perse l'equilibrio ed il suo viso si fermò a qualche centimetro dal mio.
- Cosa stai facendo? - chiesi quando lo vidi avvicinarsi ulteriormente, tanto che per poco le nostre labbra non si sfiorarono. Lo allontanai, afferrando il suo mento tra le dita e spingendolo indietro, soltanto in quel momento tornai a respirare.
- Certo ... questo non ti va bene – commentò tra l'ironico e l'incazzato – scommetto che questo non ti darebbe pensiero però ... - poi successe tutto troppo velocemente. Il suo viso fu sui miei slip, mi ritrovai a trattenere qualsiasi dannato sospiro di piacere mentre Chris poggiava la sua guancia sulla mia erezione ancora trattenuta dall'elastico degli slip e la strusciava seducentemente. Lo sentii ridere piano, doveva trovare divertente la mia mancanza di lamentele quando la sua bocca si trovava altrove dalla mia, soprattutto se in quelle zone del corpo.
Poi anche il pensiero più semplice sfuggì al mio controllo, Chris continuava a strusciarsi lascivamente, chiusi gli occhi, non volevo vedere il suo viso eccitato lì sotto. Non potevo, ma le mie mani vagavano, i suoi capelli erano morbidi, perfetti da accarezzare, li strinsi tra le mie dita quando sentii le sue mani salire su, lungo l'incavo della coscia, finalmente pronti a liberarmi da quella costrizione.
Poi successe, la sua bocca ... mi morsi le labbra mentre quello che sarebbe stato un urlo con i fiocchi mi moriva in gola. Mi aggrappai con più violenza a lui, sentivo tutto, ogni lembo della mia pelle che veniva raggiunto dal calore della sua bocca, centimetro dopo centimetro e stavo andando a fuoco, terribilmente e senza scampo.
Senza rendermene, preso dalla foga, avevo spinto il mio bacino contro il suo volto, Chris retrocedette appena. Prese fiato, lo sentii ansimare mentre i nostri sguardi si incontravano.
- Vuoi che continui? - mi chiese con una punta di malizia nella voce.
Dio, sei proprio un gran figlio di puttana, Wayright, pensai, incapace di parlare. Non avrei mai ammesso un bel niente davanti a lui. Sapevo a che gioco stava giocando, voleva una reazione, una risposta che gli facesse capire quanto diavolo mi stesse piacendo il suo lavoretto. Deglutii, avrei preferito morire che dargliela vinta, non sarei caduto così in basso, porca troia.
- E' un no? Perché mi sembrava che non ti stesse dispiacendo affatto nonostante le lamentele di prima ... -
- Beh, sei un Wayright, non capisci un cazzo dalla vita, che ti aspetti ... - dissi sorridendo appena. Con tutta la forza di volontà che avevo in corpo mi costrinsi a spostarlo da lì con una spinta. Poi mi sollevai gli slip umidi – lasciatelo dire, dovresti imparare dalle ragazze con cui sono stato prima di venire qui a decantare le tue doti insesistenti. -
Mi sarei aspettato di vederlo quanto meno risentito, ma ovviamente Wayright era nato per stupirmi. Rise inspiegabilmente – Già ... era la mia prima volta. Di solito non sono io quello che ricopre queste posizioni ... beh, ci ho provato! -
La prima volta che lo faceva? Rimasi un attimo perplesso, non credevo che fosse una puttana, dopotutto non lo avevo mai beccato con nessuno personalmente, eppure non mi sembrava neanche un novellino, a dirla tutta. C'era qualcosa nel suo sguardo, una malizia mal celata ...
- Che intendi dire con questo? -
Wayright lanciò un'occhiata eloquente.
- Ok, quindi ... anche l'altra notte, quella ... il pomeriggio, quando tu sei venuto a casa mia e ... - no, non andava bene, perché diavolo stavo tentennando a quel modo? – era la prima volta che andavi a letto con qualcuno? -
- Quel qualcuno saresti tu, perché non inizi ad inserirti nella frase? -
- Sottigliezze, Wayright, dovresti tacere prima che decida di impiccarti con la cintura di sicurezza – lo minacciai – comunque non mi importa. Lascia perdere, scopati chi ti pare ... -
Lo sentii ridere appena – Va bene, sappi che non è stata la mia prima volta e sì ... lo è stata, in un certo senso ... -
Sollevai un sopracciglio – Perché diavolo parli come l'oracolo di Delfi adesso? -
Sbuffò di irritazione – Bradbury sei stato il primo, non avevo mai fatto la parte del passivo, ok? - ammise a quel punto puntando lo sguardo nel mio.
Oh. A questo non ci avevo pensato, riflettei, cercando di capire cosa ne pensassi al riguardo. Ero stato troppo rude? L'avevo forse violentato? No, era consenziente, ricordavo perfettamente i suoi gemiti di piacere e le sue continue esortazioni, le stesse che mi avevano bloccato. Cazzo, però ... non me lo aspettavo. Ma che ti importa, mi dissi? Fanculo, Wayright, fanculo se gli hai fatto male, fanculo tutto, adesso fallo uscire dalla tua proprietà immediatamente!
- A cosa stai pensando adesso? -
- Niente di importante. -
- Allora possiamo riprendere da dove avevamo lasciato? - la mano di Chris scese di nuovo ai miei slip, avrei dovuto tirarmi su i jeans e scappare, forse l'avrei anche fatto, ma qualcun altro decise per me quel giorno.
- Tyler? Tyler? Sei qui sotto? - Luis urlò.
Fu come se il sangue mi fosse gelato dentro le vene, mi rizzai in piedi, abbottonandomi la cerniera più velocemente possibile, non fu necessario urlare qualcosa a Chris, lo vidi scattare via, oltre la porta del garage.
- Sono qui! Sto soltanto prendendo qualche birra. - urlai adesso nel bel mezzo della stanza, mi diressi di corsa verso gli scatoloni delle provviste e mi misi a cercare.
- Buona idea, portane una di sopra anche per il tuo vecchio. -
Sospirai, riprendendo fiato dopo quel terribile spavento. Avevo giocato con il fuoco portando Wayright lì sotto quando sapevo perfettamente che Luis era in casa e sarebbe potuto scendere in qualsiasi istante. Ma che diavolo mi stava prendendo? Ero impazzito, non c'era altra spiegazione ...
- Non va bene ... - sussurrai a me stesso – devi mettere un punto a questo schifo. Una cazzo di fine, non è da te comportarti come un fottuto idiota. -
Non avrei dovuto toccarlo, sapevo che in qualche modo il suo dannato corpo mi eccitava, era chiaro adesso. E nonostante mi facessi schifo per ciò che sentivo non potevo fare un cazzo per cambiare quelle sensazioni, però potevo decidere di non provarle. Dovevo tenerlo alla larga da me, dovevo soltanto ignorarlo per il resto della mia vita e a quel punto tutto sarebbe tornato alla normalità.
Wayright era un problema che poteva essere risolto soltanto con l'indifferenza.
SETH
Si dice che una volta toccato il fondo si possa soltanto risalire, ma se non fosse vero? Se si restasse semplicemente schiacciati nella melma infinita che la vita ti lancia addosso?
Era così che mi ero sentito quella sera, schiacciato, distrutto da quella consapevolezza, lui non aveva nemmeno provato a chiamare, a sapere come stessi, non gli importava niente di me. Forse non sapeva nemmeno dell'incidente perché se n'era andato dalla città, non era neanche più in America magari, mi dissi, ricordando il passaporto tedesco che avevo notato tra la sua roba. Non sei niente per lui, mi tartassava una vocina cattiva dentro di me, e quelle pillole erano lì e tutto mi era sembrato così dannatamente razionale in quella frazione di secondo.
Sarei morto se Wes non fosse entrato improvvisamente in camera e non mi avesse trascinato in bagno.
- Che cazzo fai Seth!? Cristo Santo, pezzo di idiota – aveva detto mentre mi infilava due dita in gola fino a stimolarmi il vomito.
Ero arrabbiato con lui, mi sentivo come se mi avesse privato di una scelta, ma poi l'ingresso di Nikolaj aveva cambiato tutto, quella telefonata c'era stata. In qualunque posto Koll si trovasse teneva ancora a me, si era informato su quello che era successo. Lui mi pensava ed io pensavo a lui. Dentro di me non era cambiato il desiderio di trovarlo, non finirà mai fra noi, non finché saremmo in vita, lo pensavo sul serio.
La parte più complicata di quella sera era stata fare i conti con i miei fratelli, Chris mi guardava pietrificato dalla paura, totalmente sconvolto per il mio gesto. Gli occhi di Debby ,invece, erano solo severi, come chi aveva immaginato un simile finale dopotutto.
- Chi è causa del suo male pianga se stesso – mi aveva detto quella sera ormai stremata – se tu non trovi un modo di uscirne da solo nessuno potrà aiutarti, non ci sarà sempre qualcuno a salvarti la vita, Seth. –
La severità nei suoi occhi era la stessa di quella negli occhi del vecchio Richard, me li ricordavo bene, quelle biglie severe che mi guardavano, sempre pronte a giudicarmi. Mi riteneva un debole come del resto faceva Debby, un incapace, uno non adatto a sobbarcarsi l'onere di tirare avanti come tutti. Ma la verità era che non mi era mai piaciuto tirare avanti, vivere placidamente come gli altri, dovevo sentirmi permeare di emozioni, scosso fin dentro le viscere da qualunque cosa mi accadesse, bella o brutta che fosse. Avevo bisogno di sentirmi trascinare allo stremo da quella felicità o da quel dolore, solo così mi sentivo vivo.
Quando aprii gli occhi quella mattina mi svegliai fissando la foto trovata nell'appartamento di Koll e ricordai il mio intento, l'uomo del negozio di ricambi per computer. Lui era l'ultimo legame, l'ultimo filo che teneva me e Koll insieme, l'ultima speranza di avere sue notizie e poter riprovare a cercarlo. Perché lui aveva chiamato, mi aggrappai a quella consapevolezza come se fosse l'unica mia ragione di vita e forse lo era.
Scesi in salotto e vidi Wes intanto a prendere un caffè sul divano, mi guardò e ci scambiammo un'occhiata eloquente, mi avvicinai a lui senza che distogliesse il suo sguardo dalla mia figura.
- Ti posso chiedere un favore, cugino? – gli dissi a mezza voce.
- Ancora? Finiremo secchi con questo favore oppure è una cosa più soft stavolta? – ironizzò.
Abbassai lo sguardo, ero dispiaciuto per quanto successo, non era la sua vita che volevo mettere in pericolo, non mi importava di me stesso ma far del male a Wes era l'ultimo dei miei desideri.
- So chi è l'uomo di quella foto, Wes ... voglio parlargli – mormorai.
- Sei incredibile, Seth! – protestò scuotendo la testa – bene, ci sto, ma stavolta prendiamo un taxi! –
Fu così che il tassista ci lasciò avanti al vecchio negozio di elettronica, mi sentii immediatamente nervoso, benché non ne conoscessi il motivo. Forse temevo le risposte che avrei trovato, tutto qui. Sentii Wes armeggiare con l'accendino, poi si accese una sigaretta e sorrise appena.
- Ti aspetto fuori, va a prenderti la tua verità. – mi incoraggiò.
Sospirai e mi incamminai. L'interno del negozio era piuttosto angusto, davanti all'ingresso c'era un enorme bancone da lavoro con centinai di pezzi e circuiti sparsi ovunque, al di là di esso si intravedeva una porta di servizio socchiusa dalla quale era possibile percepire un lieve ronzio. Deglutii incerto.
- C'è nessuno? – chiamai timidamente.
Un rumore precedette l'arrivo di un uomo che varcò proprio la soglia di quella porta, era il vecchio proprietario, lo stesso uomo della foto così come avevo sospettato. Quello mi studiò per qualche secondo e vista l'intensità della sua occhiata mi chiesi se già non fosse a conoscenza di chi fossi.
- Posso esserti utile ? – chiese alla fine senza smettere di fissarmi.
Recuperai la foto dalla tasca e gliela mostrai – sto cercando Koll ... lei può aiutarmi?-
Quello prese in mano la foto facendosi sfuggire un sorriso, poi tornò a guardarmi – non mi ero sbagliato allora ... capelli rossi, occhi scuri, sguardo profondo .... Tu sei Seth. –
Rimasi impietrito ed il cuore mi prese a battere rapidamente – sì ... io ... -
- So chi sei ... mi chiamo Gregor ... - si presentò – l'unica cosa che mi sorprende è che Koll ti abbia dato il suo nome ... non avresti dovuto conoscerlo. –
Ero frastornato - Sa dove si trova? Lo sto cercando ...-
- Lui non è qui, ragazzo ... se n'è andato. –
- Andato dove? Io voglio trovarlo. – insistetti.
- Non è possibile ... -
- Può recapitargli un mio messaggio? – chiesi ancora.
- No. –
- So che ha chiesto di me, so che vuole parlami ... io lo sento ... - provai a convincerlo - se potessi parlargli ancora, io ... –
- No. – continuò con voce ferma.
Ad un tratto un impeto di furia si impossessò di me, strinsi i pugni – Dannazione, perché no!? Io devo trovarlo, lui .... Lui mi appartiene e io gli appartengo, non mi interessa dove si trova lo cercherò in capo al mondo se necessario! –
L'uomo si lasciò sfuggire un mezzo sorriso – adesso capisco perché sia andato tanto su di giri nel conoscerti ... hai un bel caratterino, ma credimi ... è meglio così ... appartenete a due mondi diversi e lui non può permettersi di tornare sui suoi passi – mi fissò intensamente – ne vale della sua vita. Se non ti ha confessato la verità su di sé c'è un motivo ben preciso ragazzo, è meglio così per tutti – prese la foto e me la restituì – tienila se ti fa piacere ma esci da quella porta e dimentica i tuoi piani, dimentica tutta questa faccenda. Koll è morto per quanto ti riguarda, non lo rivedrai mai più. –
- No ... lui ... non posso rinunciarci ... lei non sa ... –
- Devi farlo ragazzo, non tornerà più, non è mai esistito. Lui è un fantasma, rifatti una vita e non perdere tempo con i morti. -
Quelle parole mi avevano distrutto, letteralmente, dallo sguardo duro dell'uomo capii che non c'erano speranze, lui non mi avrebbe aiutato e Koll era davvero lontano. Morto per quanto mi riguardava. Non presi la foto, mi voltai ed uscii da quel posto, cosa avrei fatto adesso? Come avrei potuto andare avanti? Non lo avrei rivisto mai più, i suoi occhi, il suo viso, le sue mani, vivevano unicamente nei miei ricordi, la speranza era morta.
Quando raggiunsi Wes dall'altra parte della strada lui capii subito com'era andata, mi passò una mano sulla spalla.
- Niente? – mi chiese incerto.
- Non ha voluto aiutarmi, non mi ha detto dove si trova ma non è qui ... - feci una pausa, quelle parole ferivano la mia gola – se n'è andato per sempre ... lontano ... mi ha detto di dimenticarlo, mi ha detto ... rifatti una vita, è un fantasma. –
Wes rimase serio, chiaramente incapace di dire qualcosa che potesse aiutarmi.
- Che cosa farai d'ora in poi? – chiese in un sussurro.
Mi strinsi le braccia al petto improvvisamente colto da un brivido sinistro, cosa avrei fatto? Come avrei impostato la mia vita? Come sarei potuto arrivare al giorno seguente? Non lo sapevo, non avevo la forza di immaginarmelo.
- Adesso pensiamo solo a tornare a casa – dissi asciugando l'ultima lacrima che giurai avrebbe bagnato il mio viso.
NOTE DELLE AUTRICI: Buonasera a tutti ^^
Siamo qui con un nuovo capitolo, come sempre abbiamo cercato di fare più in fretta possibile nel postarlo. Speriamo che vi piaccia e soprattutto vi renda sempre più isterici proprio come accade a noi *-*
Un ringraziamento super speciale va al nostro carissimo Pen Free Writer che è stato talmente gentile da decidere di betare non solo questo capitolo ma anche quelli futuri!
Ovviamente ringraziamo tutti voi che continuate a sostenerci recensendo, preferendoci o anche semplicemente leggendo la nostra storia silenziosamente.
A presto!
- BLACKSTEEL -
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro