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capitolo 40


KOLL

Sarebbe ignobile da parte mia non ammettere che quello che era successo non mi toccasse, ma non potevo permettermi di dirlo a voce alta quindi lo tenni per me. Ogni cosa accaduta in quella casa, ogni parola uscitami dalla bocca equivaleva ad un' altra menzogna ma questa volta aveva un valore ed un peso diverso. Guardare quegli occhi, pronunciare quelle parole, percepire la sua anima sgretolarsi e scivolare via con quelle lacrime mi era costato più di quanto non avessi immaginato. Mi ero lasciato coinvolgere troppo, era colpa mia, Seth non sarebbe mai dovuto entrare nella mia vita ma la verità era che si era ritagliato un posto con la forza. Si era imposto nella mia mente quella sera in cui ero avevo messo piede al Celtic Druids, nonostante credessi che sarei riuscito a gestire tutto senza essere coinvolto era già troppo tardi, ero già coinvolto. Ma la verità doveva restare nascosta, questa era una legge superiore che non avrei potuto infrangere nemmeno per lui, per questo ero andato via, se fossi rimasto mi avrebbe fatto sputare una confessione a forza e non potevo permetterlo. Nemmeno per amore, soprattutto per amore. Con i legami e i sentimenti si muore più in fretta nel mio mondo e coinvolgere Seth significava farlo sporcare, farlo spaventare, lasciarlo fuggire con informazioni che lo avrebbero solo messo in pericolo. Per questo ero andato via senza aspettare oltre, l'istante dopo che fu uscito dal mio appartamento feci le valige, sapevo per certo che sarebbe tornato alla carica, lui non conosceva la resa.

Singapore, una delle mie mete preferite, un altro punto sicuro dove possedevo un'identità fittizia e stabile. Avevo rimandato questo viaggio a dopo l'estate ma ormai niente più mi tratteneva in America, la mia copertura era saltata, non ci sarei tornato presto. Adoravo quella città, persino il caldo insopportabile in quella stagione ma da quando ero arrivato non riuscivo a godermela a pieno, continuavo a pensare ad una casa a cui non avrei potuto fare ritorno, risi.

Ad un tratto sentii il mio cellulare squillare, riconobbi il numero – Gregor –

- Koll ... come va là giù? – chiese la voce calma e familiare.

- Sto bene ... mi mancava questo posto, così tanta gente, così tante persone che non si ricorderanno mai la tua faccia, è questo che adoro delle metropoli. – dissi scherzosamente.

- Adori anche quel caldo infernale? – domandò ma non attese risposta – sei andato via in tutta fretta ... -

- Lo so, Gregor ... ma te l'ho detto, copertura saltata, niente di insolito. – tagliai corto.

- E' già la seconda nel giro di poco tempo ... prima Mike Ross, poi Tommy Fisher ... non stai diventando imprudente? Vedi di non far saltare anche quella di Singapore! – mi avvisò, sapevo che non era un rimprovero, forse era preoccupazione.

Tommy Fisher ... era la mia identità per South Gate , non l'avevo mai usata, gli avevo dato il mio nome o almeno quello che più ci si avvicinava, questo sarebbe dovuto essere il primo avviso di debolezza, sarei davvero dovuto scappare la prima sera che lo avevo visto.

- Starò attento Gregor, tu hai riaperto i contatti qui? Lo sanno che sono tornato? – mi feci serio.

- Fei ti aspetta al locale più tardi, per quanto tempo starai lì? –

- La copertura è staccata e ... vorrei stare per un po' lontano dall'America ... quindi credo per qualche mese ... - mormorai.

- Allora il prima possibile predisporrò il trasferimento della base, ti raggiungo appena sistemo le cose. – acconsentì.

- D'accordo ... tutto bene lì invece? – chiesi con tono neutro.

- In che senso? – rise – sii più preciso –

- Hai capito ... - insistetti un po' irritato – tutto bene?- lui sta bene?

- Beh, che mi sia giunto all'orecchio tutto come sempre ... solo oggi un certo tran tran di poliziotti e ambulanze, un incidente da qualche parte ... - fece una pausa in cui sapevo che aveva messo quell'espressione pietosa da uomo saggio – vuoi per caso che mi informi meglio? Tipo su chi è stato coinvolto .. . se ci sono feriti ... così sommariamente ... -

- Fa come vuoi – sì per favore - adesso devo andare – dissi alla fine – vediamo di fare un po' di affari.

- In guardia, Koll – mi salutò.

- A presto. –

Il locale di Fei era una stamberga lurida, era assurdo che sopravvivesse in quella metropoli così scintillante ed appariscente, ma d'altronde per quanto si pulisca a fondo gli scarafaggi trovano sempre un modo per entrare in casa e Singapore era una casa accogliente. Per gli scarafaggi come Fei, l'habitat ideale erano i soldi e la segretezza, entrambi alla base dell'economia di Singapore. Centinaia di abitanti, centinaia di etnie e turisti praticamente tutto l'anno, i soldi correvano veloci, come il sangue e dove ci sono soldi e persone c'è anche il bisogno disperato di informazioni. Non ci fu bisogno di presentazioni o annunci quando entrai nel locale, i suoi tirapiedi sapevano chi ero, mi accomodai al tavolo e non fu nemmeno una lunga attesa.

Fei arrivò pochi minuti dopo, con la sua solita espressione compiaciuta, era un uomo asiatico sulla quarantina, basso e con un modo di fare parecchio viscido ma dannatamente bravo nei suoi affari.

- Koll! Che io sia dannato! Ce ne hai messo di tempo per tornare qui! – disse stringendomi la mano e sedendosi di fronte a me.

- E' un piacere Fei ... riapro il giro da queste parti, sono venuto a farti un saluto – risposi cordiale.

- Sei stato in America, giusto? Che invidia, tu giri il mondo eppure il tuo cinese è persino meglio del mio! – quello di fare complimenti era il suo modo di indorare la pillola, il solo sentirlo mi fece drizzare la schiena, infatti la bomba non tardò ad arrivare - .... Ora vorrei sapere una cosa, amico mio ... - incrociò le dita davanti alla bocca – ti sei fottuto il cervello per caso? Dopo quello che succede qui, come cazzo è possibile che tu sia venuto? Vuoi suicidarti? –

Silenzio, un minuto, forse due, in cui ci fissammo dritti negli occhi senza dire una parola, il mio battito si sforzava di restare regolare, il mio orecchio si tendeva alla ricerca di suoni pericolosi. Fei si passò le mani sul viso.

- Non lo sai, vero? – mormorò.

- Di che cazzo stai parlando, Fei ....-

- Ti cercano Koll ... hanno fiutato la tua traccia – prima che io potessi porre altre domande portò le mani in avanti per farmi tacere – non so chi sono, sono in due, della zona, cinesi. Metà della gente del giro lo sa, la voce si è sparsa in fretta. –

- Che vogliono? – sapevo già la risposta.

- Vogliono i contatti ... vogliono Koll ... -

Poggiai le spalle sullo schienale della sedia, era chiaro a quel punto, in quell'ambiente la vita aveva il prezzo delle informazioni che potevi vendere e quella di Koll era una taglia allettante. Ero un fantasma, un file dentro la rete, un virus che vendeva conoscenza e qualcuno aveva trovato la mia traccia. Qualcuno aveva preso nota del mio lavoro e ora voleva quello che era mio e c'era solo un per farlo, uccidermi e prendere il mio nome.

Andai via dal locale in fretta ed in silenzio, dovevo cominciare a muovermi, capire chi poteva aiutarmi e chi consegnarmi a loro invece, ma soprattutto dovevo lasciare Singapore con la testa ancora attaccata al collo. Tornai al monolocale che avevo affittato, ero stato previgente a prenderlo in contanti ma non abbastanza. Quando aprii la porta la stanza era a soqquadro, stavano cercando i dati, ma fortunatamente non lo tenevo lì, erano più determinati di quanto pensassi, aspettavano da tempo che mi rifacessi vivo nel loro territorio per potermi avere a tiro, in un ambiente conosciuto. Credevo di avere tempo, di potermi organizzare, invece no, era tardi, la caccia era già cominciata.



CHRIS


Alla fine ero tornato a casa pressato dalle richieste insistenti di mia madre affinché dormissi un po'. Seth e Wes stavano bene, il primo si era procurato una lussazione al polso, l'altro dei brutti ematomi e un principio di trauma cranico, ma sarebbe potuto andare molto peggio. Il mio scooter, invece, era irreparabilmente distrutto o quasi, non c'era niente di salvabile, così lasciai che la polizia se ne occupasse. Wes e Seth avrebbero dovuto ripagarmi però, non sapevo cosa fosse successo a quei due, i loro racconti erano stati alquanto vaghi, ma sapevo che doveva esserci Koll di mezzo.
Ogni turba mentale di Seth dipendeva da lui per lo più, fu con quei pensieri che mi addormentai appena, accanto a Debby che continuava a chiedere di Seth e Wes, preoccupata. Soltanto l'arrivo di mio padre nelle mattinate riuscì a tranquillizzarla.


- Posso andare a vederli? - chiesi rivolto a mio padre che mi fissava da sopra una tazza di caffè fumante. Era davvero in pessime condizioni, in qualche modo mi fece capire quanto gli costasse tenere sempre dentro le sue preoccupazioni. Non era un tipo che dava a vedere debolezze o surrogati, spesso appariva un po' duro all'apparenza, ma in realtà ci soffriva, eccome se lo faceva.


- Presto dovranno chiarire alcune faccende con la polizia, non credo che sia possibile vederli adesso. E poi ci sono zia Monica e tua madre, preferisco che tu stia qui a casa con gli altri. E' tutto sotto controllo, Chris ... -


Annuii, non era mai stato tutto sotto controllo con Seth, né con la nostra famiglia. Eppure l'incidente della notte precedente aveva fatto riavvicinare per forza di cose gli zii inglesi. Li avevo visti insieme in sala d'attesa, perfino Celine si era distaccata da Kevin e aveva raggiunto i suoi per un po'.


- Ehi Chris ... c'è il ragazzo delle lezioni alla porta, gli ho detto di entrare ma preferisce aspettarti fuori ... - Debby mi fissava dall'altra parte del tavolo e per un attimo non riuscii a mettere insieme un solo pensiero sensato.


Lewis? Lewis era venuto a casa mia? Mi alzai dallo sgabello e mi diressi velocemente verso l'ingresso, mi guardai intorno, soltanto un istante dopo notai la sagoma di un ragazzo oltre il cancello della villa, in evidente attesa.
Era lui, incredibilmente, dopo due lunghe settimane di completo silenzio, aveva deciso di darmi la possibilità di parlare quando avevo ormai mollato ogni speranza.
Lo guardai, avvicinandomi verso di lui che se ne stava a braccia conserte, il viso smorto e l'espressione di uno che avrebbe preferito starsene a casa.

- Ciao Chris ... - ed incredibilmente abbozzò perfino un sorriso.

Ero sconvolto – Ehi, i-io ... io credevo che tu ... -

- Ti odiassi? - terminò lui per me – beh, non posso negare che l'ho fatto, anche per molto tempo ... e non sono neanche sicuro che adesso non la pensi ancora così ... -

- Oh – andiamo bene, pensai. Probabilmente è venuto qui soltanto per insultarmi di persona, Chris, che altro ti aspetteresti?

- Ho letto i tuoi messaggi ... ho letto di Hitch e della festa in spiaggia, del fatto che sia stato lui a beccarci... -

- Lewis, sono pronto a giurarlo anche qui. Io non ho aperto bocca con nessuno e Rachel neanche ... siamo stati semplicemente troppo maldestri quella sera! -

Lo vidi annuire – Hai ragione, soprattutto io, io che avevo anche un ragazzo, qualcuno a cui tenevo davvero. - la sua voce si fece aspra, il suo tono sempre più amaro.

- A-avevi? - chiesi confuso.

- Già, proprio così. Le voci girano in fretta in questa città di merda, lo sai anche tu. Scott torna qui spesso, così qualcuno gli ha riferito cosa si diceva in giro di me ... a mo' di scoop, prima ancora che avessi potuto farlo io, in modo ... meno violento. - Lewis rise, era disperato però, quella visione mi fece accapponare la pelle – ecco che alla fine quello che ci è andato di mezzo tra i due sono stato io. Ho perso tutto, Chris ... e so che non è colpa tua ... -

- Bene ... - risposi, cominciando a temere il peggio. Non mi piacevano quei suoi occhi fissi e profondi – perché non era quello che volevo, posso giurartelo. Se Tyler non fosse intervenuto ci saremmo trovati nella stessa posizione adesso, te lo assicuro ... -

- Ma non lo siamo, no? Questo è quello che importa ... - ancora quegli occhi, quel bagliore cupo e spaventoso – sai cosa penso, Chris? Che non è giusto che questo sia capitato a me ... non è affatto giusto. Voglio essere ripagato, ecco tutto. -

Ero immobile adesso, come se fossi stato letteralmente tramutato in pietra. Era chiaro che le intenzioni di Lewis erano tutt'altro che buone – in che senso? Cosa vuoi dirmi? - chiesi, confuso e terrorizzato allo stesso istante.

- Voglio che tu trovi il modo di parlare con Scott, lui è tutto quello che mi è rimasto adesso. Il prossimo anno sarò lontano da questa città del cazzo ed io andrò con lui ... soltanto che ... ora come ora non sembra così intenzionato a perdonarmi ... ecco dove entri in gioco tu. -

- Cosa? Io?!? Ma se neanche lo conosco! - ero sconvolto, come potevo far tornare qualcuno sui propri passi quando aveva tutto il diritto di lasciare il proprio ragazzo? - insomma, tu l'hai tradito, Lewis ... so che è anche colpa mia, però ... lui avrà anche il diritto di ... -

- Non mi importa! - Lewis urlò, i suoi occhi erano fiammeggianti adesso. Non l'avevo mai visto in queste condizioni, non credevo neppure che uno come lui fosse capace di una trasformazione del genere – tu lo farai, troverai il modo di convincere Scott a tornare con me, oppure mi troverò costretto a fare qualcosa che non vorrei mai fare ... -

- No ... no ... - avevo capito dove voleva arrivare, l'avevo sempre saputo – tu ... non puoi ... cazzo, Lewis! Non è colpa mia se la situazione ci è sfuggita di mano! Non posso andare da lui ... -

- Allora dovrò parlare con i ragazzi in giro, sai ... potrei lasciarmi sfuggire cose interessanti, su di te ad esempio ... -

Rimasi a bocca aperta – wow, arriveresti davvero a tanto? Prendertela con me? Con me? - ero sconvolto davvero, per un attimo mi augurai di star ancora dormendo. Sperai che fosse tutto un orribile quanto passeggero incubo.

- Non ho altra scelta! Ti sto dando la possibilità di aiutarmi e collaborare. In quel caso non direi niente a nessuno, non sono uno stronzo, ok? -

- No, sei soltanto un figlio di puttana, Lewis. Ecco cosa sei! - digrignai i denti, pronto ad affrontarlo perfino nel peggiore dei modi, ma lui rimase fermo, come se quelle parole non l'avessero neppure toccato.

- Bene, fa come vuoi, Chris. La scelta è tua ... ti darò tempo fino a domani sera, dopo di che puoi anche prepararti a vivere da recluso come ho fatto io di recente. Tutti sul web non faranno altro che parlare di te e delle tue tendenze insospettabili. Non mi importa se il tuo amico Bradbury si sentirà offeso, può pure pestarmi a sangue, non ho più nulla da perdere ormai ... - lo disse con una rabbia tale che mi ritrovai a rabbrividire, incapace di controbattere. Lo guardai andare via come se niente fosse, maledicendomi attimo dopo attimo per la situazione infernale in cui ero finito per colpa della mia eccessiva spensieratezza.


Cosa avrei fatto adesso? Avevo un giorno per pensarci, ventiquattro misere ore per cercare di capire come affrontare quel fottuto casino. Mi ritrovai a respirare più velocemente del normale, perfino la mia vista stava iniziando ad appannarsi sotto i raggi cocenti di quel mattino soleggiato. Avevo dormito praticamente niente, mangiato ancora di meno ... mi ritrovai a boccheggiare, appoggiandomi con le braccia al cancello dietro di me.
Dovevo trovare questo Scott e parlargli, non avevo altre possibilità. Non ero pronto a gestire la merda che mi sarebbe arrivata addosso non appena Lewis avesse sparso la voce sulla mia omosessualità, non ero pronto a gestire un casino di tale entità, né di far passare Rachel come la tradita di turno. Ma sotto sotto, tra tutte queste motivazioni che si dibattevano dentro di me, ce n'era un'altra, una di quelle che non avrei voluto affrontare e ovviamente portava scritto su il suo nome.
Tyler. Tyler Bradbury.
Cosa sarebbe successo se l'intera South Gate avesse saputo di me?
Lo sai anche tu, Chris, puoi dire addio a quella strana situazione contorta che hai con Bradbury.
Finirebbe comunque, pensai, beh, è già finita in realtà, anzi forse non è neppure mai iniziata, ma ... purtroppo io speravo, speravo che sarebbe successo ancora, che in qualche modo lui avrebbe potuto mettere a tacere il resto.
Non succederà mai, è per te che devi combattere, idiota, per te, per non dover vivere anni di inferno, disse la solita voce ragionevole che di tanto in tanto aveva la meglio.
Era così, decisi che avrei accettato di aiutare Lewis, avrei trovato Scott e sarei stato convincente al massimo, perché davvero l'alternativa mi spaventava a morte.
Non ero pronto a rinunciare alla mia spensieratezza.



KEVIN

Pochi secondi prima ero ancora fermo a pensarci, quella lurida merda, come aveva potuto farmi una cosa del genere? Come aveva potuto minare così alla mia vita? Non avrei mai creduto che sarebbe davvero potuto arrivare a tanto pur di distruggermi ... di distruggerci. Celine ... che cosa avrei fatto adesso? Sapevo che dentro di lei il dubbio doveva roderla ... Lo odiavo con tutto me stesso e desideravo solo che si togliesse dai piedi. E poi bastò un istante, un singolo attimo per lasciarci tutti pietrificati ed increduli. Lo squillo del telefono, un istante prima la calma, poi Jane irruppe in stanza con il viso stravolto e pallido.

- Mio Dio, Wes e Seth hanno avuto un incedente! Sono in ospedale! – gridò prima di cedere tra le braccia del marito, adesso immobile e sconvolto quanto noi.

Fu come se il mondo si fosse arrestato per un istante, come se girasse più lentamente, il tempo rallentò mentre tutti trattenevano il fiato ed iniziavano ad elaborare quella frase. Era proprio vero, le persone dimenticano i dissapori quando c'è qualcosa di più grande che le coinvolge. L'intera famiglia si catapultò in ospedale, non importava più nulla, nessuna tensione, nessuna parola di troppo. Ben stringeva forte sua moglie e Celine, Matt era cadaverico ed annuiva distrattamente alle rassicurazione di Nikolaj mentre Monica non riusciva a star ferma, continuava a percorrere la distanza del corridoio senza fermarsi, come una leonessa sul punto di scoppiare in un pianto isterico. Jane se ne stava in un angolo abbracciata a Chris mentre Norman chiedeva con insistenza notizie alle infermiere. Ed io? Io ero immobile, ripensavo a tutto quello che avevo detto a Wes, al nostro ultimo litigio, al pugno che gli avevo sferrato in pancia, a tutte le volte che lo avevo disprezzato ... e adesso stavo male, mi sarei rimangiato tutto, avrei dato qualunque cosa per sapere che sarebbe stato bene. Mi presi la testa fra le mani, non dicevo sul serio, tutte le volte che avevo desiderato che sparisse, che si togliesse di torno, non volevo una cosa del genere. Mi mancava l'aria, il puzzo di disinfettante mi era entrato nei polmoni, Dio ... fa che non sia successo niente ... fa che stia bene. Fa che lui non sia morto.

Furono attimi interminabili, di continue domande, pianti, pensieri e rimorsi. Rimpiangevo tutto, il mio modo di affrontare le cose, la rabbia con cui l'avevo sempre accolto ... e tutto questo perdeva senso ed importanza di fronte alla terribile paura di perderlo che provavo. Nik mi passò un bicchiere fumante, non lo presi, improvvisamente vidi i Wayright correre verso un uomo in camice. Finalmente un dottore!

Mi alzai seguendo gli altri e trattenni il respiro, sconvolto. Avevo timore a guardare quell'uomo in volto, temevo di vedere qualcosa che non avrei mai voluto.

- Siete i Wayright e i Reed? – chiese dando un'occhiata ai presenti.

- Sì, che notizie ci sono? - chiese Norman, febbrile.

- I ragazzi hanno avuto un incidente in scooter, secondo la versione della polizia ... e non portavano il casco – tremai – fortunatamente non viaggiavano ad una velocità elevata ma l'impatto è stato comunque duro – consultò la cartella – abbiamo suturato le ferite più ingenti. Per quanto riguarda Seth ha riportato una lussazione al braccio, delle ferite alla testa, una molto vicino all'occhio destro, è stato fortunato a non averlo perso – Jane si portò le mani al viso disperata – anche una distorsione alla gamba sinistra, ma con l'applicazione di un tutore non avrà problemi a recuperare in pieno la mobilità – fece un'altra pausa – per quanto riguarda Wes, presumibilmente era lui a guidare, nessun corpo ha fermato il suo impatto, ha due costole incrinate, una gamba lussata ed un enorme ematoma sulla parte sinistra del viso, sospettavamo un trauma cranico e abbiamo fatto una lastra. C'è una piccola emorragia celebrale ... -

Il respiro mi si mozzò, il cuore prese a battermi fortissimo, avrei voluto urlare, ma rimasi fermo, immobile, pietrificato, come il resto dei presenti.

- Siamo ottimisti sul fatto che si possa riassorbire ... ma ora è sotto sedativi ... francamente se non prima si sveglia non possiamo verificare il danno ... –

- Il danno? – mormorò Monica ormai prossima alle lacrime – c-come? Quale danno? -

- Sì ... amnesia, difficoltà nei movimenti, nel riconoscere le persone o se stesso ... se il coagulo si riassorbe in breve tempo non succederà nulla di grave, ma più comprime il cervello e più c'è la possibilità di deficit cerebrali ... –

Monica iniziò a piangere convulsamente, stretta tra le braccia dei fratelli e di Jane, Matt era bianco come un cencio e tremava in modo incontrollabile.

A quel punto caddi a sedere sulla sedia della sala d'aspetto, non avevo le forze di affrontare tutto quello. Come poteva essere vero? Un trauma cranico? Possibilità di deficit cerebrali? No, non potevo crederci, non doveva andare così.

- Eccoli ... tesoro mio ... - sussurrò Jane, facendomi alzare gli occhi dal pavimento bianco.

- Vi prego, signori ... fateci passare, stiamo per portarli in stanza. Una volta sistemati potrete visitarli ad uno ad uno ... - disse una delle due infermiere che spingevano i lettini. I miei occhi caddero immediatamente sui loro corpi, il primo era Seth, ricoperto di bende e cerotti, un occhio nascosto dalla garza bianca, Wes era meno fasciato ma il suo viso aveva un colorito spaventoso. Vederlo in quelle condizioni mi uccise letteralmente.

E se non si fosse risvegliato? Se il cervello non avesse collaborato? No, era Wes, lui non si sarebbe mai arreso, non avrebbe mai lasciato che uno stupido incidente cambiasse tutto.

- Ben, Amanda ... per favore, tornate a casa ... la vicina è stata così gentile da stare con Debby per un po', ma preferirei che andaste voi a rassicurarla adesso. Inoltre qui non c'è molto da fare ... -

Ben annuì – Ti chiamo domani per avere altre notizie, faremo a cambio. – disse abbracciando la sorella.

Amanda abbracciò forte Jane – si sistemerà tutto! Vedrai, staranno bene, cara! –

Lei annuì ed io rimasi impietrito, non volevo andare via, volevo restare lì a vegliare su di lui. Ad un tratto vidi Celine avvicinarsi. Il suo viso era pallido, la sua espressione piuttosto glaciale.

- Torno con loro a casa, starò un po' con Debby. Tu che vuoi fare? - mi chiese, fissandomi con attenzione.

- Rimango, starò con Matt ... vedrò se i tuoi zii hanno bisogno di qualcosa ... –

Annuì e mi posò un bacio leggero, quasi di sfuggita, dal sapore diverso ... come se quello fosse un addio. Mi era sfuggito qualcosa? Non ero riuscito a nascondere i miei sentimenti ... il mio viso doveva parlare più di mille parole. Ma non importava, non era quello il punto, non riuscivo a pensare a me e Celine in quel momento, tutti i miei pensieri andavano a lui. A Wes.

Mi alzai, avvicinandomi alla stanza e a Monica, pronta ad entrare, dovette notarmi perché la donna si voltò verso di me ed abbozzò un sorriso, seppure spaventosamente triste.

- Tesoro, grazie per essere rimasto ... fa compagnia a Matt, va bene? Vado da Wes ... -

Annuii e la lasciai entrare nella stanza, ma io ne ero degno? Entrare lì dopo quello che avevo pensato di lui, dopo quello che avevo detto? Mi sentivo un verme, un verme che avrebbe dato qualunque cosa per poterlo salvare. Non so quanto tempo passò esattamente, mi ritrovai a bere un thé che non volevo, il mio sguardo vagava lungo il corridoio adesso semideserto. Di tanto in tanto Norman faceva il cambio con Jane, soltanto dopo parecchie ore Monica uscì dalla stanza.

Era pallida e sembrava a pezzi.

- Dov'è Matt? -

- Non lo so, credo sia andato a parlare con dei poliziotti ... volevano qualche informazione in più su Wes e l'incidente ... credo che non avesse la patente, non so ... - dissi confuso.

La donna si portò una mano al viso – E' vero, dannazione ... vado a cercarli, non è il momento giusto per fare domande del genere. Va pure da Wes, se vuoi ... tienigli compagnia ... avevo letto da qualche parte che parlargli fa bene, lui ... lui può sentirci. - disse in un ultimo singhiozzo prima di camminare oltre.

Era arrivato il mio momento. Così entrai lentamente nella camera quasi timoroso di vederlo, il letto era lì davanti a me, la flebo piazzata, i monitor accesi. Mi avvicinai timoroso verso Wes, il suo viso era così pallido rispetto a quella macchia di un viola orribile, gli sfiorai lo zigomo con la punta di due dita.

- Svegliati ... ti prego ... mi dispiace ... - avvicinai le mie labbra al suo orecchio con lentezza – avevi ragione su tutto ... tu hai sempre ragione, io ... sono tuo se ti svegli ... mi hai sentito? -

Lo guardai, quel volto bellissimo ed impassibile ... non sembrava neppure lui senza quel sorriso malizioso stampato sulle labbra. Che cosa ne sarebbe stato di quel sorriso che tanto avevo odiato?

Stavo per sfiorargli la mano quando un rumore dietro le mie spalle mi fece sobbalzare. Matt entrò in stanza un attimo dopo, era malconcio come tutti noi e decisamente spossato.

- Dici che si riprenderà ... ? – c'era paura in quella domanda.

- Non so ... dipende da lui ... dicono ... dal coagulo ...- le parole quasi non venivano fuori.

- Sai ... Seth era semicosciente ... ho sentito alcuni che ne parlavano ... borbottava delle frasi e stringeva forte una foto, quindi sono più positivi ... mentre lui era già privo di sensi ... lui non si è mai svegliato ... - era sul punto di piangere ancora.

Feci qualche passo verso di lui e lo afferrai saldamente per le spalle – ascoltami bene! Wes è forte, testardo, un pezzo di merda privo di scrupoli, non esattamente il tipo di persona che il buon Dio vuole con urgenza nel suo regno! – esclamai – quindi sta tranquillo! Lui si riprenderà, tornerà a rendere impossibili le nostre vite, dobbiamo credere in lui! –

Matt abbozzò un sorriso, io mi voltai ancora una volta verso quel letto, cercando di rassicurarmi con la visione della sua figura. Erano fatti della stessa pasta quei due, erano forti, determinati, sfrontati, non avrebbero permesso che niente si mettesse sulla loro strada, nemmeno la morte.

- Ho detto a Nik di andare a casa, che sarei tornato con te ... - sussurrò poi sedendosi in una delle sedie della stanza – ma io non voglio andare –

- Nemmeno io ... - mormorai prendendo posto accanto a lui – restiamo qui –

Poco dopo arrivò anche Monica e mi porse un caffè, potevamo solo aspettare, fare sentire la nostra presenza. Sì, restare, è quello che avrei fatto, per una notte, due notti, tre, non importava, sarei rimasto anche per sempre, avrei rivisto quegli occhi aprirsi, quello era il mio unico desiderio adesso.



NOTE DELLE AUTRICI: Eccoci di nuovo qui con un nuovo aggiornamento!
Wow, siamo già al capitolo 40 e ci sono ancora un sacco di cose che accadranno ai nostri baldi giovani ... curiose? Speriamo proprio di sì, perché lasciatevelo dire ... questo è soltanto l'inizio ed entrambe crediamo che la storia migliori ogni capitolo un po' di più!
Speriamo di sentirvi numerose ^^ non vediamo l'ora di sapere che impatto ha avuto questo capitolo su di voi.
Per il resto vi ringraziamo sempre per il vostro straordinario sostegno, ci fa molto piacere leggervi :)
Un bacione e a presto
!


- BLACKSTEEL -

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