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capitolo 27


SETH

La decisione era presa e non mi sarei tirato in dietro, sarei andato avanti per trovare un po' di pace, per riuscire a chiudere occhio la notte. Mi sollevai dal letto, mi cambiai velocemente ed uscii dalla mia camera intenzionato a mettermi al lavoro. Le mie intenzioni erano chiare, avrei scoperto il più possibile, qualunque cosa questo significasse. Presi il mazzo di chiavi del suo appartamento e lo misi in tasca, mi apprestai ad uscire quando mi imbattei nella figura sorridente e pimpante di Wes all'ingresso. Gli lanciai una lunga occhiata tanto che lui rispose guardandomi accigliato di rimando.

- Che ti serve, cugino, la mia anima forse? – chiese schernendomi.

Storsi il labbro in segno di disgusto - perché ne hai una, cugino? – mi dedicò un altro sorriso - vieni con me. –

Non attesi risposta, lo afferrai per un braccio e lo trascinai via dalla casa.

- Ma che cazzo! Seth! Seth! – si lamentava – ma che fai? Dannazione! –

Lo gettai in auto al posto del passeggero e io mi accomodai al volante – metti la cintura – dissi e poi accesi il motore e partimmo.

- Deve davvero essere una cosa seria se hai usato un mezzo di trasporto della famiglia – osservò – sbaglio o usi sempre la metro? Non ti va proprio di prendere in prestito roba da tuo padre ... –

Rimasi in silenzio continuando a guidare e dirigendomi in una strada familiare, casa di Koll.

- Seth? E' un rapimento per caso? Puoi almeno dirmi che cazzo facciamo nell'auto di tuo padre in un quartiere di merda, tra l'altro? – insistette.

- Piantala di scocciare ... non ti ho rapito perché adoro la tua parlantina Wes – lo zittii – abbiamo una missione adesso e tu farai come ti dico. –

- Mmm, come siamo criptici. Una missione, eh? Cristo, ti sei bevuto il cervello? – cantilenò.

Fu troppo, non era solo lui, era tutto, tutto il dannato universo che era diventato insopportabile, accostai bruscamente, frenando di colpo, tanto che entrambi rinsaccammo forte in avanti.

- Cazzo ... - gli sfuggì.

- Ascoltami bene adesso – sbottai rabbioso – tu ora chiudi il tuo fottuto becco e mi accompagni a casa di Koll e io scopro cosa diavolo sta succedendo – le lacrime avevano iniziato a sgorgare dagli occhi senza che io lo volessi – perché sono stanco, sono stanco e a pezzi! Perché dopo tutto il tempo che abbiamo passato insieme non posso sopportarlo ... fa troppo male – ansimavo adesso – ... io merito più di questo, merito più che essere solo un gioco, merito di sapere , merito di conoscere la persona che mi sta calpestando .... Chiaro!? –

Il suo volto perse qualunque traccia di felicità o derisione, si fece improvvisamente serissimo - porca puttana, bastava dirlo subito. –

Allora rimisi in moto e percorsi il resto della strada che mi divideva da quell'appartamento, cercando di cacciare via le lacrime.

- Seth ... posso chiederti cos'è successo? – disse poi – cosa ti ha fatto? –

Spensi il motore, guardandomi intorno attentamente, la sua moto non c'era, fortunatamente non avrei dovuto aspettare che uscisse. Smontai dall'auto seguito da Wes che ormai aveva rinunciato a qualunque spiegazione, ci dirigemmo verso il palazzo ed una volta entrati salimmo al piano del suo appartamento. Stare davanti a quella porta bastò per farmi assalire dall'agitazione, la mano mi tremava leggermente quando estrassi la chiave e la infilai nella toppa, inspirai e con tutto il coraggio che avevo in corpo aprii la porta rivelando l'appartamento vuoto.

- Non so cos'hai in mente ... ma stiamo facendo qualcosa di profondamente sbagliato amico, lasciatelo dire. – disse alla fine Wes.

- Tieni d'occhio la porta. – lo liquidai.

Mi mossi con una strana sensazione al petto, come se quell'appartamento tanto familiare per la prima volta mi sembrasse qualcosa di proibito. Cominciai a cercare ovunque, non sapevo neanche cosa ma qualunque cosa fosse prima o poi si sarebbe materializzato davanti ai miei occhi ed avrei capito tutto. Cercai nei cassetti, facendo attenzione che non si creasse troppa confusione, poi nell'armadio, negli stipetti della cucina, in bagno, sotto il letto. Mi sentii sempre più irritato quando mi resi conto che in quell'appartamento tutto sembrava così fottutamente normale.

Mi sedetti a terra prendendomi la testa fra le mani ed ispirando profondamente, niente, non c'era niente.

- Seth ... dobbiamo andare via. –

- No ...- mormorai – non ancora ... non così .... –

Sentii il suo tocco sul mio braccio, voleva tirarmi su, glielo impedii con uno strattone, non potevo rinunciare adesso, l'avevo visto, quel messaggio era davanti ai miei occhi. Portai istintivamente le dita al collo e poggiai i polpastrelli su quella collana, sul metallo di quel ciondolo, sul cuoio liscio. Sei il suo cane, mi disse una parte di me, ecco perché ti ha dato questo, ti ha messo anche un collare adesso. Lanciai un ultimo sguardo a quel monolocale come per supplicarlo di aiutarmi ed improvvisamente, come in risposta alle mie preghiere, i miei occhi si posarono su qualcosa che non avevo notato prima, l'immondizia. Mi sollevai e mi diressi a scoperchiare il contenitore di plastica, tra i resti di cibo e i pacchi di sigarette ai miei occhi risaltò immediatamente un foglio stropicciato. Lo raccolsi:

Royal Street, 23, 6, A54.

Questo era tutto quello che c'era scritto, fissai la calligrafia di Koll senza riuscire a capire, ogni istante più frustrato, sentii dei passi dietro di me.

- Fa vedere ... - disse Wes sporgendosi dietro alle mie spalle – cazzo ... -

- Cosa? – mi voltai con gli occhi sgranati – sai che vuol dire? –

- Royal Street 23 è un posto, il nome di un locale di spogliarelliste ... ci sono stato una volta ... è piuttosto losco ... anche per uno come me, se sai cosa intendo. Ci bazzica gente di merda ... quella lì A54 ... ho visto delle camere di sfuggita all'interno, portavano tutte questa lettera ... deve essere una stanza. –

Sgranai gli occhi – forse ha un appuntamento – tirai fuori il mio cellulare e guardai l'ora, erano le diciotto passate – forse mezz'ora fa – mi voltai verso di lui – indicami la strada. –

- Cosa? Stai scherzando? Non è una buona idea – il suo sguardo si stava incupendo ulteriormente.

- Non mi interessano le buone idee adesso. –

Lo presi al braccio e lo trascinai fuori dal monolocale, richiusi la porta e lasciammo il palazzo, in men che non si dica rientrammo di nuovo in auto, mi misi a guidare verso Royal Street sospinto da una forza quasi palpabile. Che cosa stava succedendo?

Il posto era in un zona malfamata che non conoscevo, vicino ad un vecchio deposito, quell'ambiente bastava a mettermi addosso i brividi.

- Devi fermarti Seth, hai abbastanza elementi per affrontarlo, per chiedergli tutti i chiarimenti che vuoi ... è meglio non andare oltre, credimi. – mi avvertì Wes.

Affrontarlo? Come se avessi potuto farlo così alla leggera, come se il mio corpo non avrebbe tremato in sua presenza. No, non potevo, non ancora, dovevo scavare più in fondo, dovevo toccare il fondo. Aprii lo sportello pronto a scendere quando sentii la mano di Wes afferrami la spalla.

- Seth... che credi di fare? Non puoi andare lì. Sei completamente fuori di testa! –

Non mi importava, dovevo sapere ad ogni costo, stavo per sfuggire dalla sua presa quando la porta d'ingresso venne aperta di tutta fretta. Con uno strattone Wes si sporse e chiuse lo sportello, si abbassò ed io feci lo stesso.

Koll venne fuori seguito da un uomo di mezza età, il suo aspetto aveva qualcosa di sinistro, viscido, chiaramente percepibile perfino da quella distanza. Anche Koll sembrava diverso, avvolto da una strana aura sinistra, la sua espressione quasi spaventosa, li vidi stringersi la mano e poi il vecchio gli passò una busta gialla. Mi resi conto di averne vista un'altra come quella in precedenza, nel suo appartamento, svariati mesi prima, tutto quello che mi disse a riguardo fu "cose di lavoro", allora era di questo che si trattava, il suo lavoro. Cosa aveva a che fare con un locale come quello? Cosa poteva contenere quella busta? Forse il motivo per cui sarebbe dovuto partire di nuovo? Mi girava la testa, lo fissai andare via in sella alla sua moto.

- Torniamo a casa. – disse Wes alla fine.

Mi passai le mani sul viso e poi scesi dalla macchina – Torna a casa Wes ... io ho il turno al locale adesso. -

- Ti sembra una buona idea? – mi chiese accigliato – e poi ti ricordo che non ho la patente ... –

- Non farti beccare allora – lo liquidai – io prendo la metro. –

Me ne andai nonostante lui continuasse a protestare e mi preparai per quello che sarebbe stato il ritorno alla realtà, avrei dovuto indossare la mia solita espressione e preparami a sorridere perché sapevo che nonostante tutto al mio arrivo lui sarebbe stato lì. Come se nulla fosse, come se quello che avesse fatto fino a poco tempo prima non fosse accaduto, come se lui potesse essere due persone distinte, Koll il mio ragazzo , il comune operatore informatico e poi un altro Koll, che aveva a che fare con qualcosa di tutt'altro che ordinario.

Non mi sbagliavo, quando entrai al Pub oltre il sorriso comprensivo e famigliare di Byron mi raggiunse anche lo sguardo dolce di Koll dal fondo della sala, già seduto al suo posto.

- E' già ai posti di combattimento – rimarcò il mio amico – io non lo servo. –

- Ci penso io. –

Presi la tazza con l'Irish coffe e mi diressi al suo tavolo, la poggiai di fronte a lui e gli sorrisi, lui ricambiò accarezzandomi la mano.

- Ehi, tutto bene, Rosso? – mi chiese sorridendo.

- Tutto bene. –

- Mi sei sembrato un po' teso l'altra volta per telefono, credevo ti fossi incazzato per qualcosa ... –

- Io mi incazzo sempre per le stesse cose Koll e tu puntualmente te ne sbatti – risposi tranquillamente – quindi direi che è tutto come sempre. –

- Sei eccitante quando ti incazzi, lo sai, vero? – rise appena e sorseggiò dalla tazza.

- Sto lavorando adesso, molestare un cameriere è reato. – lo ammonii.

- Vuol dire che ti molesterò in privato .... Appena stacchi magari ... - il suo tono aveva sempre quel velo caldo e sensuale, sembrava davvero lo stesso di sempre.

Mi allontanai prima di far notare il mio turbamento, ero sconvolto, vedere quanto fosse abile a rifilarmi balle era disarmante, su quanto altro poteva mentire?

- Ti senti bene. Seth? – mi chiese Byron.

- Sto bene, come sempre. –

Ed io? Quanto ero in grado di reggere? Sarei stato alla sua altezza, avrei mantenuto il segreto? A che fine? Cosa stavo facendo? Cosa credevo di ottenere? Eccole di nuovo le domande che mi assalivano, nonostante avessi gettato le basi per scoprire la verità, per dare risposte ai miei dubbi adesso erano più numerosi che mai. Ecco cosa significava farsi strada fra le ombre, fra il marciume della bugia, macchiarsi indissolubilmente di realtà che non mi avrebbero più abbandonato.

TYLER

L'onda che aspettavo mi raggiunse ed immediatamente mi piegai con forza sulla tavola da surf prima di spalancare le braccia e reggermi in equilibrio sulla sua cresta bianca e spumosa. Il vento mi frustava il viso, il rumore del mare era terribile e bellissimo allo stesso tempo mentre provavo a domare quel mare che cercava disperatamente di ingoiarmi nei suoi abissi. Mi lasciai trascinare da quell'onda infinita fino a quando non raggiunsi le acque più basse e meno vorticanti di quel sabato pomeriggio ventoso. Feci un salto in acqua ed i miei piedi incontrarono subito la superficie scivolosa della sabbia sottile, ne uscii fuori acclamato dagli applausi dei miei amici che mi avevano osservato dalla riva.

- Cazzo, Ty! E' stato fortissimo, ho fatto un paio di scatti e qualche ripresa, vieni a vedere! - Mike sembrava fin troppo su di giri mentre mi veniva incontro seguito dagli altri.

- No, non adesso. Li vedrò un'altra volta, devo andare ... - dissi sbrigativamente passando oltre i miei amici che avevano preso a protestare. Il dolore alla spalla era aumentato nel giro di poche ore, non potevo resistere ulteriormente. Sapevo che la ferita che mi ero provocato stava peggiorando velocemente. Il tessuto stretto e stringente della tuta nautica mi stava uccidendo ed il sale marino doveva essere penetrato all'interno della pelle aperta nonostante la garza protettiva a giudicare dal bruciore maledetto che stavo provando.

Entrai nei bagni destinati al nostro gruppo di surfisti, era ancora presto e nessuno avrebbe lasciato la spiaggia con un mare così favorevole come quello, così mi ritrovai da solo ed immediatamente tirai giù la zip della tuta nera facendola scendere fino alla vita. Sangue ... sangue di un rosa pallido, mescolato con l'acqua che la ferita aveva assorbito. Il sale doveva averle fatto bene, pensai, prima di notare l'aspetto spaventoso che stava assumendo quel pezzo di pelle.

- Porca puttana ... - sussurrai, vicino allo specchio mezzo scheggiato del bagno.

- Che cazzo ... -

Mi voltai di scatto verso la figura alle mie spalle che aveva osato parlare. Chris Wayright stava fissando la mia spalla ad occhi sgranati. Ero stato talmente preso dal dolore da non averlo neppure sentito entrare e adesso se ne stava lì, con la bocca semi dischiusa e le braccia lungo il corpo ancora bagnato. Mi ricoprì immediatamente la ferita con la garza zuppa e sporca e mi diressi verso di lui che subito si ritrasse indietro, forse memore di chi diavolo fossi.

- Togliti dal cazzo, Wayright. Hai beccato il Bradbury sbagliato. -

- Ehi, ehi, stiamo calmi! Pensavo fosse libero. - i suoi occhi continuavano a fissare la mia fottuta spalla nonostante lo squarcio non fosse più visibile – che cosa hai fatto? Il tuo tatuaggio ... -

- Che cazzo vuoi? Ti ho mai dato l'impressione di voler parlare con te, Wayright? Soltanto perché mia sorella sembra averti eletto burattino da manovrare dell'anno non vuol dire che io debba avere a che fare con te. Fammi passare. - non si spostò, non lo faceva mai, ecco perché poi le prendeva. Continuai a camminare verso gli armadietti alle sue spalle e con un movimento veloce tirai fuori il mio borsone con il ricambio.

- Sei sempre schizzato da far paura ... ho soltanto chiesto ... cosa vuoi che me ne importi. - commentò lui mentre trafficava con l'altro armadietto. Immediatamente gli lanciai una lunga occhiata minacciosa ma di rimando ottenni soltanto un'alzata di spalle – devo fare la doccia anch'io, non posso tornare a casa con tutta questa sabbia addosso, mia madre mi ucciderebbe. Qual è il tuo problema? -

- Probabilmente il sentirti respirare ancora. -

- Gentile come sempre. Comunque quella è una brutta infezione ... devi farti vedere da qualcuno. - i suoi occhi caddero ancora una volta sulla ferita.

- Lo dici dall'alto della tua laurea in medicina? - ribattei, acido.

- Come se ci voglia davvero una laurea per capire che a momenti ti cadrà il braccio se non fai qualcosa. -

Mi voltai, diretto verso le docce comuni, lo detestavo con tutto il mio cuore ma sapevo che in quel caso aveva ragione. Mi sfilai la tuta zuppa e la riposi velocemente in una busta, sentivo Wayright muoversi a qualche metro da me. Un'occhiata veloce, era nudo e sembrava del tutto a suo agio mentre si infilava sotto il getto della doccia, sospirando appena.

Lo seguii controvoglia lasciando quanto più spazio possibile tra la sua postazione e la mia. Mi sciacquai velocemente, godendomi per qualche attimo l'acqua calda che scivolava sulla mia pelle. Poi passai ai capelli, presi una dose abbondante di shampoo e li insaponai, alzando il viso in direzione dell'acqua. Non ero mai stato bravo a chiedere aiuto, non avevo mai voluto ammettere di trovarmi in situazioni difficili davanti ad estranei, ma stavolta non vedevo davvero una via di uscita percorribile se non una di quelle che non avrei mai voluto seguire. Non volevo dipendere dalla pietà di nessuno, non volevo sentirmi in debito con la gente e allora che diavolo potevo fare?

Uscii dal cubicolo pieno di vapore, il dolore alla spalla era diventato insopportabile, sentivo la ferita pulsare e bruciare istante dopo istante. Non avevo preso nulla quel giorno, neanche un fottuto antidolorifico e adesso sembrava che la mia pelle stesse letteralmente andando a fuoco. Avanzai verso Chris, ancora tutto intento a sciacquarsi e mi schiarì la voce per annunciargli la mia presenza. Ci fissammo, lo vidi indugiare con lo sguardo sul mio corpo per un attimo di troppo prima di tornare al mio viso che doveva avere assunto come minimo un'espressione spaventosa.

- Non dirai niente di tutto questo a mia sorella, sono stato chiaro? - dissi con un tono che definirlo minaccioso era un eufemismo.

Quello annuì appena – tranquillo, non era mia intenzione. -

Andai via da lì subito dopo, rivestendomi lontano dal vapore delle docce. Avevo caldo, la ferita stava scottando e non potevo più ignorare quel problema che avevo deciso di far finta di non vedere per quasi una settimana ormai. Presi lo skate e ci salii sopra poi spinsi con il piede e la brezza lieve del vento fu un toccasana. Scesi lungo le strade del porto, Ginevra era l'unica che avrebbe potuto aiutarmi, andare in ospedale non era un'opzione. Avrebbero fatto un sacco di domande, probabilmente mi avrebbero preso per un autolesionista e avrebbero chiamato i miei ... non osavo neppure immaginare cosa sarebbe successo dopo.

Frenai premendo il piede con forza sullo skate in vista del suo giardinetto. Ginevra studiava medicina ed era anche molto brava, doveva aver vinto una borsa di studio per entrarci, sua madre di certo non poteva permettersi le rette spaventose di Norwalk. Osservai la finestra chiusa della sua stanza, era da lì che entravo, anche se le mie visite non erano mai state di cortesia. Rimasi immobile, improvvisamente capii che era stata un'idea di merda quella, non potevo presentarmi da lei in quel modo, non avrei neanche dovuto pensarci. Avrei chiesto a Lex, forse conosceva qualcuno che avrebbe saputo rimettermi in sesto, dopotutto le sparatorie non erano poi così rare nelle sue zone.

Fu il rumore di un motore vicino a farmi voltare verso il vialetto. Ginevra sgranò gli occhi quando mi mise a fuoco attraverso il parabrezza della sua auto. La vidi smontare giù di tutta fretta, indossava un camice chirurgico e occhiali da vista, doveva essere tornata da un tirocinio o qualcosa del genere. Solo in quel momento capii che non sapevo poi molto di lei, né mi ero mai interessato alla sua vita.

Era tardi per i ripensamenti, ero appena stato beccato.

- Tyler ... che ci fai qui? - disse confusa guardandosi intorno come se fosse sicura di star dando di matto.

Non mi sarei mostrato mortificato, non ero lì per chiedere aiuto ... l'avrei pagata, quindi sarebbe stato uno scambio conveniente per entrambi, mi dissi mentalmente con voce chiara e ferma.

- Ho un problema. Speravo tu potessi risolverlo ... studi medicina, no? -

Ginevra annuì – Sì ... va tutto bene? Non farmi preoccupare. Entriamo dentro. - la seguii passando per stanze che non avevo mai percorso. Eppure andavo a letto con lei da quasi un anno ormai ... beh, appunto, tu ci vai a letto, tutto finisce lì, mi aggiornò una vocina dentro la mia testa. Non le avevo mai chiesto un cazzo di lei, della sua vita, della sua famiglia ...

- Ho avuto un problema durante un allenamento, credo si sia infettata adesso. - dissi per mettere a tacere il resto. Poi tolsi la garza già zuppa di sangue e non so che altro dalla ferita e la mostrai a Ginevra che strinse appena le labbra. - puoi fare qualcosa? Ti pagherò ovviamente.

- Un allenamento, eh? - sostenni il suo sguardo perforante almeno quanto il rasoio con il quale mi ero dilettato – e da quando in qua ti alleni con qualcosa di molto affilato? - L'avevo fatto più di una volta, forse per tre sere consecutive, avevo lasciato scorrere il rasoio sulla spalla, scavando la carne sempre più in profondità ... il tatuaggio era davvero un antico ricordo adesso.

- Dimmi soltanto se puoi aiutarmi o se devo rivolgermi a qualcun altro. - dissi serrando le mascelle per la rabbia. Non avevo bisogno di una fottuta psicologa che analizzasse i miei comportamenti del cazzo, volevo soltanto dei dannati punti.

Quella sembrò rifletterci un attimo, alla fine sospirò, sconfitta - Siediti, prendo un paio di cose dalla mia stanza e arrivo. Nel frattempo disinfetta la ferita con questo. - mi passò una boccetta mentre si dileguava su per le scale.

Era andata, almeno quella ... pensai, mentre versavo una dose abbondante del liquido marroncino sulla ferita che prese a sfrigolare provocandomi un dolore assurdo. Che cazzo, avrei dovuto portarmi qualcosa da bere, non sarebbe stato divertente ricevere i trattamenti di Ginevra senza un fottuto anestetico.

- Farà un po' male ... - mi aveva avvertito. Strinsi i denti, sentivo la punta acuminata dell'ago perforare la mia carne già dolorante di per sé. - era messa male, ma l'ho ripulita come meglio ho potuto, adesso la richiudo. Devi prendere degli antibiotici però. Spero che basti. -

- Grazie. - mi limitai a dire – è stato ... un periodo del cazzo. -

Ginevra sorrise appena – Beh, peccato ... mi piaceva un sacco il tuo tatuaggio, ma anche le cicatrici possono avere il loro fascino dopotutto ... - commentò un attimo dopo fissando la ferita sanguinante ma quanto meno ricomposta. Faceva ancora male, parecchio a dire il vero, ma non aveva più quel terribile aspetto di prima. Prese una garza bianca e la tagliò, poi l'appoggio delicatamente sulla mia spalla, isolando la ferita dal tessuto della t-shirt.

- Da adesso in poi dovrai evitare qualsiasi tipo di sport, almeno da qui a una settimana. I punti potrebbero scucirsi e allora sarebbe un casino, quindi niente proteste e no ... non li voglio questi. - disse fulminandomi con lo sguardo quando vide i soldi che avevo lasciato sul tavolo.

- Non fare l'idiota, ti ho fatto perdere del tempo e mi hai anche dato gli antibiotici ... prendili. - dissi seccamente.

- Sei un amico, non è un problema. -

- Un amico? Un amico ... - non continuai, non volevo offenderla dopo tutto quello che aveva fatto per me, eppure non potevamo davvero definirci tali.

- Sì, è quello che sei dal momento che non hai mai voluto ufficializzare niente e non te ne sto facendo una colpa. - chiarì subito, forse notando il guizzo spaventoso dei miei occhi. Non poteva davvero voler affrontare quell'argomento, non le avevo mai promesso nulla, anzi ... ero sempre stato fottutamente chiaro, anche troppo. - voglio soltanto che tu ti faccia cambiare le bende almeno una volta al giorno, quindi dovremo vederci. Ti porterò degli antidolorifici. -

Ecco dove voleva arrivare – Bene, se non è un problema per te ... -

- Non lo è mai stato per me. -

Mi voltai verso il corridoio, quello era il motivo per cui non avrei mai voluto trovarmi in una situazione di svantaggio, tutti erano pronti a trarne qualcosa per loro. Perfino Ginevra puntava a qualcosa. Ma non poteva cambiarmi, non poteva costringermi ad amarla, perché chi non possiede un cuore non può amare.

E questo era quanto.

NOTE DELLE AUTRICI:
Salve a tutte :)
Come state? Pronte per questo nuovo capitolo ricco di situazioni impreviste come sempre?
Ricapitoliamo un po' quello che è successo ... vediamo un Seth-investigatore disposto a tutto pur di scoprire qualsiasi cosa possa impedirgli di distruggersi l'esistenza a furia di dubbi e notti insonni! Beh, non è che ci sia riuscito poi tanto bene ... continua a chiedersi in che affari Koll si sia immischiato, niente di buono di certo come gli fa notare il fedele Wes, sempre pronto a dare una mano!
Anche Tyler vive uno stato di stress non indifferente. Il nostro bad boy non è mai stato così distruttivo, fortuna che qualcuno sembra ancora pronto ad accoglierlo, nonostante i suoi comportamenti scostanti!
Speriamo che il capitolo vi piaccia :) come sempre vi aspettiamo numerose ... al prossimo capitolo con Nik e Chris! :)
Un bacio ed un grazie enorme a tutti!

- BLACKSTEEL -

ڇI

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