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capitolo 22

Capitolo 22

If I gave you the truth, would it keep you alive?
Though I'm closer to wrong
I'm no further from right
And now I'm convinced on the inside
That something's wrong with me
Convinced on the inside,
You're so much more than me, yeah
( Seether - Truth)

CHRIS

C'erano delle cose di cui non ero soddisfatto nella mia vita, tipo i miei capelli, pensai, incontrando il mio viso allo specchio. Wes aveva finito l'ultima goccia di fissante per capelli, da bravo cugino scroccone qual'era ed io avevo dovuto provare a domarli con un po' di acqua e una pettinata. Beh, dovevo accontentarmi. Tornai in stanza e mi vestii con semplicità, scegliendo una t-shirt chiara e un jeans mezzo strappato sulle ginocchia. Completai il tutto con le mie vecchie e amate converse a scacchi neri e bianchi prima di scendere veloce come il vento al piano di sotto. Incontrai mia sorella Debby, era al telefono e non appena mi vide mi fece segno di andare da lei.
- E' mamma, vuole assicurarsi che tu stia badando a me e alla casa. - disse passandomi il telefono.
Tipico di quella maniaca del controllo di mia madre, pensai, prendendo la cornetta – Ehi ma, come va? Tutto bene? -
- Ottimamente, tesoro. Ho provato a chiamare tuo fratello ma non ha risposto. Dov'è? Tutto ok? - disse con il suo solito tono ansioso, era proprio un concentrato di paure quella donna.
- Credo stia lavorando, aveva il turno serale oggi. Tutto bene qui, davvero. La casa è ancora integra, non grazie a tuo nipote però. Stamattina ha provato a scaldare un barattolo di fagioli nel microonde, per poco non mandava in aria tutta la baracca. -
Sentii mia madre sussultare, in lontananza Monica stava imprecando. Dovevo essere in viva voce ... ops, pensai, sghignazzando appena.
- Tieni duro, tesoro, domani saremo di ritorno. Non fare cucinare tuo cugino Wes, per favore. Celine preparerà la colazione per tutti. Adesso devo proprio scappare ... ci vediamo domani per pranzo. Sta attento e bada a tua sorella. -
- D'accordo, ciao mamma. - mi sorbii le ultime raccomandazioni assurde di mia madre, ormai stremato. Soltanto cinque minuti dopo riuscii finalmente ad interrompere la comunicazione. Stavo per controllare se Wes fosse in casa quando il citofono mi sorprese. Guardai l'orologio a pendolo davanti a me e capii che doveva essere Lewis. Presi un profondo respiro, non ero mai stato un tipo che si preoccupava troppo di ciò che sarebbe stato, ma quella sera avrei dovuto trovare il coraggio di investigare seriamente sulla vita di Lewis. Non potevo permettermi di imperversare ulteriormente in quello stato di pura confusione ... l'avevo fatto tempo prima, ci avevo messo cinque mesi per dichiarare la mia cotta al ragazzo per cui andavo matto, tutto tempo perso dal momento che il mio amico era etero ... molto etero, pensai, ricordando la terribile estate trascorsa a vederlo limonare duro con Jessy Campbell e poi con la sorella gemella.
- Niente cedimenti, Chris. - dissi a bassa voce mentre camminavo impettito verso l'entrata. Era Lewis ed era ancora meglio di come lo ricordavo. Sembrava più grande vestito con una polo scura ed un pantalone largo sotto. Il suo sorriso mi abbagliò, lasciandomi anche più rincoglionito del dovuto.
- Ehi, prof? Siamo pronti? Scusa per il ritardo, ho dovuto fare delle commissioni per mia madre. I miei amici sono già alla festa, possiamo raggiungerli. - mi spiegò mentre camminavamo verso la sua auto, parcheggiata di fronte a casa mia. Cazzo, eravamo da soli, chiusi in un cubicolo ristretto, dispersi tra le strade mezze deserte di South Gate. Se quello non era il momento adatto io non mi chiamavo Chris Wayright.
- In spiaggia eri con quella tipa ... Rachel Bradbury. Suppongo che non debba più presentarti qualche amica adesso, vero? - iniziò lui per rompere quel silenzio prolungato che io non ero riuscito a spezzare. Ero rimasto stordito da quel profumo di pino e felci che sentivo sempre addosso a lui, adesso si era sparso per tutta la macchina e respirare stava diventando davvero arduo. Abbassai appena il finestrino, maledicendomi con me stesso per quel patto a cui avevo acconsentito.
- E' una mia amica. Anzi a dire il vero più una conoscente, non stiamo insieme. - chiarii immediatamente.
- Davvero? Ho sentito delle voci in giro, ma evidentemente la gente deve aver frainteso. Sai come corrono le notizie in questa città ... - disse lui con un sorriso tranquillo sul volto. Mi ritrovai a mordermi le labbra, Rachel doveva averne parlato con quelle pettegole delle sue amiche, ecco perché tutti sembravano così convinti della cosa.
- Sai, c'è un tipo che continua a perseguitarla. E' un po' ossessivo, mi è dispiaciuto sentirla così giù di morale per questa storia, così mi sono offerto di farle da accompagnatore ... magari quell'idiota la lascerà perdere. - dissi subito dopo con un tono piuttosto convincente. Lewis annuì, era dannatamente figo mentre trafficava con la radio che a quanto pare non lo soddisfaceva affatto. Mi aveva chiesto della mia vita sentimentale, avevo l'occasione giusta per indagare anch'io adesso.
- E tu? Non ti vedi con nessuno? -
- No, sono piuttosto impegnato, tra allenamenti e lezioni per sopperire ai miei fallimenti scolastici – qui ci ritrovammo a ridere, beh la mia risata era di sollievo, ma lui non poteva saperlo – beh, ad essere sinceri qualcuno c'è. Questa persona la conosco da parecchio, ma ... insomma, non ho mai voluto ufficializzare la cosa ... credo di non essere sicuro di ciò che voglio. -
Il sollievo lasciò spazio a qualcosa di diverso, dal retrogusto amaro e spiacevole. - Ah ... -
- E' un casino, questa mia titubanza può voler dire soltanto una cosa, cioè che non sono più preso come prima. Ma da qui a trovare il coraggio di concludere qualcosa di tanto radicato ... -
- E' difficile. - conclusi per lui, amareggiato. Non parlammo più di questo, quando arrivammo finalmente alla pista mi resi conto di essere sollevato. Non credevo che la serata sarebbe potuta peggiorare così drasticamente nel giro di dieci minuti, eppure era successo, non avevo voglia di rimuginare troppo su quelle parole. Mi limitai ad evitare la folla vociante di gente, dirigendomi direttamente al bancone della birra dove ne presi qualche bicchiere. Salutai i miei compagni, chiacchierai un po' con tutti, di tanto in tanto controllavo che Lewis fosse ancora nei paraggi. Era con i suoi amici e stava bevendo davvero troppo. Vederlo scherzare con gli altri mi fece un brutto effetto, non volevo più stare lì a fissare gli altri divertirsi, volevo andarmene ma la macchina era la sua, quindi fui costretto ad aspettare, seppure lontano dalla pista. Mi sedetti sugli asfalti, stavo cominciando a sentirmi un po' su di giri per via della birra, stavo pensando di trovare un passaggio con cui tornare a casa quando una sagoma in avvicinamento mi riscosse dai miei pensieri. Lewis barcollava e rideva apparentemente senza motivo. Era sbronzo da far schifo, me ne accorsi quando si gettò contro di me, allegro.
- Chris! Ti ho cercato per tuuuutta la pista – disse ad un centimetro dal mio viso. Mio Dio, ero così patetico che perfino in quelle condizioni continuava a mettermi voglia – io sono out, suppongo che dovrai essere tu a portare a casa me alla fine. - rise forte prima di barcollare verso gli asfalti che non vide e per poco non mi finì addosso. Lo presi per la vita, tenendolo fermo.
- Cazzo, sei sbronzissimo, Lewis ... vuoi andare a casa? - chiesi, sotto il peso di quel corpo che continuava a muoversi.
- No, io non posso tornare in queste condizioni. Devo farmi passare un po' di sbronza prima ... tranquillo, ho bevuto soltanto troppo velocemente. Tra poco ... tra poco ... - le parole gli morirono in bocca, continuava a camminare e a trascinarmi.
- Ok, ok ... vieni qui, ti metti a sedere adesso. Ti porto lontano da questo casino. -
Ci incamminammo nella radura antistante, la situazione era particolarmente calda lì. Non vidi molto per via del buio, ma c'era parecchio da sentire. Tutte le coppiette finivano lì prima o tardi, per poco non caddi addosso a due tipi che si davano disperatamente da fare.
- Wow, questa deve essere la parte divertente della festa. - rise Lewis prima di cadere bocconi a terra, vicino ad un grosso albero che usai per farlo stare un po' dritto. Era dannatamente bello con quegli occhi persi e le labbra appena dischiuse. Mi voltai dall'altra parte, non dovevo farmi venire in mente nessuna idea pericolosa. Era ubriaco e aggredirlo in quella situazione non poteva andare bene, dovevo accettarlo, mi aveva anche confessato di avere una situazione con qualcuno, quindi amen.
- Stenditi qui se vuoi, io sono qui vicino. - dissi allontanandomi appena da lui, camminai lungo la radura. Dio, sembrava che tutto il mondo stesse scopando intorno a me, pensai, cercando di vederci qualcosa in più nel buio della sera. Dei passi alla mia destra, una nuova coppia che andava a stendersi a qualche metro da me, completamente incurante del resto a quanto sembrava. Li sentii gemere forte prima di toccare terra. Lui le stava sopra, si stava spogliando con una voracità mai vista prima.
Non dovresti curiosare, mi dissi, senza ascoltarmi neanche lontanamente. Ero piuttosto eccitato e neanche scoprire che il mio vicino di pic-nik era quel pazzo di Tyler Bradbury riuscii a farmi smuovere da lì. Lo vidi reclinare il capo verso il cielo, il suo viso era una maschera di piacere mentre la ragazza sbottonava i suoi jeans e ...
- Chris ... Chris ... - mi voltai automaticamente verso Lewis. Lui era dietro di me, il suo viso bellissimo si trovava a qualche centimetro dal mio e per poco non mi lasciai sfuggire le cose terribili che avrei voluto fargli. Quei gemiti non volevano smettere però, sentii Tyler sussultare, la ragazza era in estasi e Lewis continuava a fissarmi da quella distanza così ravvicinata ... non riuscii a resistere ulteriormente. Afferrai le sue spalle e lo spinsi con violenza contro il tronco dell'albero, tappandogli la bocca con la mia. Insinuai con violenza la mia lingua fino a toccare la sua che si intrecciò immediatamente. Sgranai gli occhi e vidi i suoi aprirsi con altrettanta sorpresa. Fu soltanto un attimo di shock, un secondo impercettibile, perché quello che avvenne dopo non riuscii più a ricordarlo con precisione. So soltanto che i nostri bacini coincidevano perfettamente, Lewis gemeva e le sue mani si erano infilate tra gli slip e il mio sedere. Erano calde e le mie dita agivano veloci per liberarlo dai jeans.
Lo gettai sotto di me, bloccandogli i fianchi con il mio peso e togliendogli la t-shirt che ricadde lontana da noi. Il suo petto era muscoloso e abbronzato, una fottuta opera d'arte che non vedevo l'ora di percorrere con tutta la lingua. Gli strinsi i capelli tra le mani e attirai il suo viso infiammato contro il mio. Un bacio passionale ed osceno che ci lasciò senza fiato. Stavo per liberarmi dai jeans quando un rumore di passi vicinissimi a noi mi lasciò raggelato. Anche Lewis si bloccò istintivamente. L'eccitazione era forte, ma la paura di essere scoperti da qualcuno dei nostri amici lo erano perfino di più. Mi sollevai, allontanandomi subito da lui che adesso stava cercando a tentoni la sua t-shirt. I passi si allontanarono da noi lentamente, poi percepii dei pianti, doveva essere la ragazza di prima. Tyler Bradbury doveva aver finito senz'altro.
- I- io ... - Lewis si portò le mani al volto, mi concentrai su di lui, notando il rossore sulle sue guance espandersi praticamente sul resto del viso – non so come dirtelo ma ... questa storia che ho. Io sono gay, insomma. -
- Ah, davvero? Non l'avevo capito. - dissi non riuscendo a trattenermi dal ridere appena.
- Però ... devo essere sincero. Sto con questo ragazzo da quando ho scoperto di essere gay, non posso fargli questo. Non posso tradirlo, devo prima mettere in chiaro le cose con lui, è il minimo che possa fare... - disse con il fiato ancora mezzo spezzato dall'eccitazione.
Feci mente locale, non era facile analizzare quell'enorme quantità di avvenimenti che mi erano accaduti nel giro di soli cinque minuti.
- Chris? Va tutto bene? -
- Sì, ti capisco. Mi sta bene ... se non ci metti troppo.- dissi con il sangue che pompava a mille, no che non mi stava bene, non ero mai stato un tipo paziente io e, cosa ancora più importante, aveva già tradito il suo ragazzo in qualche modo, che senso aveva fermarsi a questo punto?
- Sei un bravo ragazzo, Chris Wayright. - disse con un pizzico di quello che mi parve disappunto nella voce.
- Non direi affatto ... - ero sincero – sai, quello che vorrei farti in questo momento è così intenso che metterlo a parole rovinerebbe tutto. - sussurrai gustandomi l'espressione eccitata sul suo viso.
Lewis ci mise un po' a carburare - Ok, adesso prendi le chiavi e portami a casa prima che decida di sbatterti a terra ed abusare di te fino a domani ... - il suo tono si fece malizioso, per un attimo pensai di non aver capito bene, ma la sensazione che avevano provocato quelle parole mi lasciò tremante.
- Non sarebbe un abuso, te lo assicuro. - stava giocando con il fuoco e prima o poi si sarebbe bruciato a furia di provocarmi.
- Perché non vieni a prendere le chiavi allora? Sono nella mia tasca ... -
- Sei un dannato figlio di puttana, Lewis ... - dissi con la gola secca per l'eccitazione. Gliele strappai di dosso con violenza, prima di spingerlo verso il parcheggio. Non so con quale forza di volontà riuscii ad arrivare in macchina prima di gettarmi su quel corpo che non vedeva l'ora di accogliermi. Lo presi sul sedile posteriore della sua auto, durò tanto che alla fine Lewis aveva perfino smaltito la sbronza, adesso mi stava accompagnando a casa con un sorriso pieno di soddisfazione sul volto.
- Allora ci vediamo domani per le lezioni ... - dissi, trionfante. C'era una grossa parte di me che gongolava al pensiero di averlo avuto quella notte stessa, nonostante le sue rimostranze iniziali che avevano ben presto lasciato il posto all'eccitazione del momento.
- Hai ancora il barbaro coraggio di chiamarle lezioni? - disse lui con un'espressione piena di malizia sul volto.
Lo baciai, attirandolo a me. - Sicuro che non vuoi salire? -
- Mia madre starebbe in pensiero ... ci vediamo domani, Chris. -
Sorrisi, soddisfatto – A domani, Lewis ... -



NIKOLAJ

Matt era rimasto quasi sempre con me, quella sera aveva deciso di chiamare Wes, certo che avrebbe potuto trovare una spalla su cui piangere, invece aveva scoperto che quello sapeva già ogni cosa, in realtà Matt sembrava essere l'unico membro della famiglia a non aver avuto la possibilità di confrontarsi con quella vicenda, ovviamente questa consapevolezza lo aveva ferito ulteriormente. Da quel momento non aveva più proferito parola, con nessuno, mi era rimasto accanto tutto il giorno per evitare di restare troppo tempo con sua madre, ma io non credevo che stesse facendo la cosa giusta. L'indomani saremmo tornati a casa e continuare a rinchiudersi in sé stesso, covando nella mente chissà quali pensieri mi sembrava una pessima idea. Così attesi che si allontanasse dagli altri per seguirlo, entrò nella sua camera ed io con lui chiudendomi la porta alle spalle.

- Dobbiamo parlare un attimo – sussurrai mentre lui mi guardava stranito – quello che stai facendo non è corretto. –

Lui strizzò appena gli occhi – quello che faccio io? Ti ricordo che sono stati loro a mentirmi! A non dirmi niente come se non avessi il diritto anch'io di sapere che diavolo stesse succedendo! –

- Beh, adesso lo sai – lo informai – e come credi di procedere? Hai intenzione di evitare tutti ? Ho visto come ti guardava tua madre oggi ... non le hai rivolto la parola e non ha idea di quello che ti stia succedendo –

Lui cadde pesantemente a sedere sul letto – ora lo capisco sai ... - mormorò, sotto il mio sguardo interrogativo - il comportamento di mio fratello ... il suo stare sempre via, lo scegliere l'università più lontana possibile da casa ... sento l'istinto irrefrenabile di scappare e non tornare mai più. –

A quel punto mi sedetti accanto a lui – sai ... ci sono tanti tipi di persone, c'è chi fugge, chi taglia i ponti e chi resta. E resta per combattere, per mettere le cose a posto e farle funzionare in qualche modo, perché è giusto, per le persone che ci vogliono bene. – gli sorrisi – tu sei quel genere di persona. –

- Perché? – mormorò sconsolato – perché devo essere io ... -

-Perché ce n'è bisogno ... perché sei abbastanza altruista da capire che non si tratta solo di quello che provi tu. – risposi

A quel punto i suoi occhi si fecero seri – quando il nonno ... ti ha detto che aveva un'altra famiglia ... tu .... Sei stato quella persona? –

Mi sfuggì un sorriso, riportare alla mente quel ricordo lontano mi provocò una strana sensazione dentro, anche lì, come adesso, c'era di mezzo un funerale, quello di mia madre.

- Vedi ... io avevo tredici anni quando mia madre morì, sapevo che sarebbe successo e sapevo che Richard sarebbe stato al mio fianco – raccontai – ma ... non avevo fatto i conti con qualcos'altro ... quando andai da lui, gli dissi: papà adesso che la mamma se n'è andata ... tu resterai, vero? – Matt si incupì immediatamente – lui mi guardò con uno sguardo che stentavo a riconoscere sul suo viso, era ... terribilmente triste e spiacente, mi disse: figliolo ... ho bisogno che tu mi ascolti bene adesso. Mi raccontò dei suoi figli e di come stavano le cose, mi disse che la mamma lo sapeva e mi chiese di trovare la forza di perdonarlo, ma non sarebbe potuto rimanere sempre con me. –

- Che figlio di puttana ... – mormorò a denti stretti.

Sorrisi – Già, era quello che pensai lì per lì ... ero così arrabbiato, così ... non so, mi sentivo raggirato dal mio stesso padre. Mia madre sapeva di essere una sorta di rimpiazzo e le stava bene ... io ero ... solo un ragazzino di cui nessuno voleva occuparsi perché lui possedeva già la sua vera famiglia. Mi disse chiaramente che ero libero di scegliere ... se lo odiavo potevo decidere di non vederlo mai più e per un momento pensai di accettare. Di spazzarlo via dalla mia vita e iniziare daccapo. –

- Cosa ti ha impedito di farlo? –

- I suoi occhi ... quello sguardo - mormorai – lui mi voleva bene e per quanto in quel momento non mi sembrava reale, lui mi considerava sua figlio e non voleva perdermi. Quel silenzio era stato mantenuto per non ferirmi, per farmi crescere sereno, quegli occhi ... erano quelli di un padre che desiderava soltanto di essere perdonato per le sue debolezze. –

Matt si passò una mano sul viso, forse per nascondere il suo turbamento - cosa vorresti dire con questo? –

- Se io avessi scelto la strada più facile avrei messo milioni di chilometri fra me e quell'uomo, se avessi ceduto alla frustrazione del momento non avrei conosciuto l'uomo buono che vive nei miei ricordi – spiegai – se tu adesso fai quello che ti sembra giusto ... se tagli i ponti con lei ... quanto ti perderai? –

- Mi ha mentito ... io ... - stava singhiozzando adesso – io ho espressamente chiesto all'epoca cosa fosse successo realmente con papà! Ricordò che lei mi guardò negli occhi e mi disse che l'aveva tradita con un'altra donna. A quel punto glielo chiesi, le chiesi chi fosse e con lo stesso sguardo lei mi disse che non la conoscevamo. Le sono sempre stato vicino, abbiamo parlato di qualunque cosa ... ma lei ha scelto di mentire, di nascondere alla mia vista quanto marcio fosse mio padre! –

- Ha scelto di mentire per proteggerti, perché gli sbagli di un padre non devono ricadere sui propri figli ... perché voleva che quel tradimento fosse solo suo mentre in realtà lui ha tradito tutti voi ... – spiegai.

Lui mi fissò sconvolto – a te ... sembra tutto così logico, sembri avere una risposta per tutto. Come fai? –

Gli passai una mano sulle spalle e lo strinsi appena – Direi che ho a che fare con casini familiari da molto più tempo di te ... e poi sono quello che è rimasto e rimanendo si imparano molte cose. Non lasciare tua madre da sola, dille che sai, dille che hai la forza di perdonarle quella menzogna e va avanti, Matt. –

Lui parve rifletterci per un istante, mi persi nei suoi occhi azzurri come il mare, ma adesso in tempesta. Poi in un gesto veloce estrasse il cellulare dalla tasca e compose un numero.

- Matt, cosa stai ... - non ebbi il tempo di chiederglielo.

- Ascoltami stronzo, so quello che hai fatto alla mamma e sappi che da me non avrai la benché minima comprensione. Ho smesso di scusarti e di bermi le tue stronzate! – poi interruppe le comunicazione.

Rimasi un attimo imbambolato – M-matt, quello era ... -

- Il numero di mio padre, c'era la segreteria ... - mi spiegò – è lui il responsabile ... sai, mi sono sempre premurato di tenerci in contatto, l'ho sempre ritenuto un brav'uomo, uno da ammirare, che aveva solo fatto uno sbaglio e lui ci ha sempre giocato su questa cosa. Mi diceva che non era stata colpa sua, che può accadere, che con il passare degli anni l'amore passa e un uomo può aver bisogno di spazi ... beh, non con tua cognata, idiota! –

Mi venne da ridere nell'osservare la buffa espressione sul suo viso, era furente eppure quel viso dolce non aveva proprio la capacità di far affiorare l'ira come accadeva di consueto su qualsiasi altro volto umano . Quasi senza volerlo, mi ritrovai ad accarezzarlo, passando due dita sulla sua guancia scarna, Matt si voltò fissandomi con i suoi occhi azzurrissimi e limpidi. Restammo così, l'uno preda dello sguardo dell'altro, incantati, intrappolati. Sentii la sua schiena tendersi, voleva avvicinare i nostri volti ma il suono che provenne dalla porta ci fece immobilizzare subito, qualcuno aveva bussato.

Mi sollevai per aprire, incontrando la figura di Monica. Se ne stava rigida, i suoi occhi caddero immediatamente su Matt.

- Matt ... - mormorò – vorrei parlarti se hai un minuto – disse entrando – non so cos'hai oggi ... mi sei sembrato strano e distante ... è successo qualcosa? -

Lui si sollevò dal letto, prese un grosso respiro e la guardò dritta negli occhi – so cos'è successo fra te e papà – disse in tono molto pacato – so di Amanda. –

Gli occhi di Monica si riempirono di lacrime improvvisamente e si portò una mano alle labbra incapace di parlare, fu allora che Matt si mosse. Corse dalla madre e la abbracciò forte, lei ricambiò la stretta affondando il viso nella spalla del figlio.

- So che deve essere stato difficile per te ... so che deve essere difficile per te ogni giorno da quando siamo qui, vedere lei ... mi dispiace mamma ... mi dispiace per tutto. – mormorò lui fra i singhiozzi.

- No, non devi scusarti, non avresti dovuto scoprirlo in questo modo, era compito mio spiegarti ogni cosa, ma ... come potevo? – disse senza fiato.

- Mamma ... ti voglio bene ... davvero. Non devi temere di raccontarmi niente, sono dalla tua parte, sempre e comunque. Anche Wes lo è. –

A quel punto decisi che era meglio lasciarli soli, avevano molte cose di cui parlare ed era giusto lasciare loro un po' di privacy. L'indomani saremmo tornati a casa, quindi decisi di dirigermi in camera e sistemare un po' di cose per il viaggio di ritorno. Inoltre avevo appena capito come terminare un altro capitolo della storia.

Quello che chiamiamo famiglia.

Già, perché cos'era sul serio quella grossa matassa di casini che chiamiamo famiglia? Un enorme ammasso di gente che si affanna perché agli altri non manchi niente, un padre che si cosparge il capo di cenere davanti a suo figlio, una madre che vuole proteggere la pace in casa anche a costo di doverne pagare le conseguenze. Gesti di affetto che vengono fraintesi, parole taglienti, ma forse è più un posto fatto di gente che, alla fine, nonostante il dolore e le incomprensioni che la spinge ad allontanarsi dagli altri, sa perdonare e riaccogliere.

ANGOLO AUTRICI:

Ragazzeeee!!!! Eccoci qui! Altro capitolo di rivelazioni per voi XD o almeno le conseguenze delle rivelazioni! Siamo davvero felici del riscontro che stiamo avendo e non abbiamo parole per ringraziarvi se non darvi un altro capitolo! Non ci dilunghiamo oltre lasciando a voi la parola a questo punto, come sempre il nuovo capitolo sarà inserito appena visite e recensione saranna sufficienti! Un abbraccio a chiunque legga, recensisca e metta fra i seguiti la storia! Ci auguriamo di fare sempre meglio!
Un bacio.

BLACKSTEEL

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