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Capitolo 1

SETH 

"I cuori non saranno mai una cosa pratica finché non ne inventeranno di infrangibili.Dal Film Il Mago di Oz

- Seth ... ehi, Seth? –

Sentii una leggera pressione sulla coscia ed un lieve cigolio del materasso, aprii gli occhi debolmente e con fatica cercai di raccapezzarmi. Ero a letto, a casa sua, la sua voce tornò a chiamarmi ancora ed alla fine mi voltai, il viso di Koll era a qualche centimetro da me. Lo fissai, perdendomi nei suoi occhi verdi fino a soffermarmi sulle labbra carnose che continuavano a muoversi.

- Seth, il tuo cellulare non smetteva di squillare – mi informò – è Debby. Dovresti rispondere –

Annuii debolmente e mi misi a sedere, mi sentivo un po' confuso, ancora stordito dalla sera precedente, mi passai una mano sul viso e presi il cellulare da Koll.

- Pronto? – mormora svogliatamente.

- Seth! Quanto cavolo ci hai messo! – disse prontamente mia sorella con tono accusatorio – sei da lui? –

- Cosa vuoi? – continuai scocciato.

- Il nonno è morto, devi tornare subito a casa. – detto questo la sua voce tremò appena, non fui abbastanza veloce da ottenere altre risposte perché un attimo dopo la chiamata si interruppe.

Il nonno è morto.

Cazzo.

Fu tutto quello che mi venne da pensare mentre riponevo il cellulare sul comodino e mi passavo per la centesima volta le mani sul viso. Ero sveglio da cinque minuti e già mi sentivo stremato.

- Si può sapere qual è l'emergenza? – chiese Koll accendendosi una sigaretta ancora tra le lenzuola.

- Mio nonno è morto. - ricaddi di nuovo con la schiena sul materasso, avrei voluto prolungare quel momento di relax almeno per un altro istante ancora.

- Scherzi? Il vecchio? – mi passò una mano fra i capelli in un movimento lento e dolce – mi dispiace.-

Scossi le spalle incurante, la notizia mi aveva soltanto sorpreso, in fin dei conti non mi dispiacque davvero. Non sapevo esattamente cosa ci avesse messo alle strette ma in definitiva lui non approvava il mio stile di vita ed io il suo. Era sempre stato un uomo piuttosto sulle sue, stravagante, con il fiuto per gli affari e questo lo aveva reso ricco e celebre, ma non si era curato sul serio della sua famiglia, non come un padre dovrebbe. Aveva sempre spronato la competitività tra i suoi figli, mettendoli spesso l'uno contro l'altro, perfino adesso i loro rapporti erano del tutto deteriorati. La sua stravaganza lo aveva sempre reso come una sorta di celebrità nella nostra città, un personaggio strambo che sputava giudizi con noncuranza su tutto e tutti, ma per come lo vedevo io era soltanto uno stronzo crudele. Sbuffai, pensando che a questo punto ci sarebbe stata una riunione di famiglia, un ammasso di gente odiosa tutta insieme era pericolosa quanto la bomba atomica, soprattutto se si parlava dei miei parenti ...

- Allora devi andare suppongo? – chiese alla fine con quel suo tono neutro di assoluto distacco.

- Sì ... ti trovo ancora qui oppure sparirai appena uscirò dalla porta ? – chiesi con una punta di nervosismo nella voce mentre cominciavo a radunare i miei vestiti sparsi per tutta la stanza.

- Seth, non iniziare ... - sbuffò scostando il lenzuolo in un gesto nervoso.

- A fare cosa? Mi sembra una domanda legittima, visto che l'ultima volta che sono stato qui subito dopo sei sparito per un mese ... – precisai infilandomi i pantaloni.

- E' lavoro, non fare il bambino. –

- Come ti pare, Koll – tagliai corto – vieni al funerale? –

Rise – con tutta la tua famiglia in riga? Ti sembra una buona idea? –

Scossi le spalle, sapevo esattamente cosa loro pensassero di me, ero stato scomodo fin da quando non avevo rispettato il regime Wayright. Non avevo accettato di iscrivermi al collegio o in qualunque scuola privata, non avevo studiato legge come papà. Ero il ribelle che metteva tutti in imbarazzo con le sue battute volgari, che tornava a tarda notte e studiava all'Accademia di Belle Arti invece di cercare di scalare i gradini delle classi sociali.

- Beh, se questo è tutto allora vado. – mormorai fissandolo impettito. Ma lui se ne stava lì sdraiato sul letto sfatto, a petto nudo e con indosso la sua solita aria strafottente, i capelli castani scarmigliati e i suoi lucenti occhi verdi su di me, però quanto adoravo quegli occhi.

- Prendi un taxi. – disse con un tono che parve un ordine.

- Prendo la metro. – risposi infilandomi la giacca di pelle.

- Prendi un taxi Seth, farai prima. –

- Forse non voglio fare prima. – commentai voltandogli le spalle.

- Seth ...-

- Se temi che qualche malintenzionato mi aggredisca puoi sempre alzare il culo da lì e portarmi a casa – gli feci notare, tutto quello che ottenni in risposta fu la sua risata. Leggera, felpata e carezzevole, portai la mano al pomello – come non detto, prendo la metro. –

Poi uscii, finalmente, da quell'appartamento fatiscente e dannatamente piccolo, pieno di scatoloni con oggetti che non avrebbe mai messo al loro posto. Conoscevo ogni particolare di quel monolocale, ma lo stesso non potevo dire del suo proprietario. Io e Koll stavamo insieme da quattro dannati anni ed io di lui sapevo poco più che niente, era sempre stato così fra noi. Un costante tira e mola all'insegna di tanti segreti e periodi in cui lui spariva dalla circolazione ed io come un idiota stavo in ansia ad aspettarlo, pronto a cadere di nuovo fra le sue braccia senza che neanche dovesse sforzarsi per riguadagnarsi la mia fiducia. Lo odiavo profondamente per questo, per quel modo di fare scostante, per quello sguardo così impossibile da penetrare ma al tempo stesso ne ero attratto dal profondo delle mie viscere. Contro ogni logica, contro ogni aspettativa visto il mio carattere deciso e arrogante, io soccombevo sotto il suo sguardo, sotto quegli sporadici gesti di affetto che mi dedicava. Ero dipendente da lui, ossessionato.

Non mi resi nemmeno conto della strada, ad un tratto i miei piedi si fermarono e mi ritrovai di fronte alla gigantesca villa dei miei genitori. Attraversai il grande cancello e mi incamminai nel giardino verso l'ingresso ma a metà del mio percorso vidi una figura venire fuori dagli alti roseti di mia madre.

- Ce ne hai messo di tempo – esordì mia sorella Debby a mo di saluto.

- Ho preso la metro. - spiegai fissando quella creaturina piccola ma dannatamente sveglia.

- Avresti dovuto prendere il taxi allora. – mi comunicò con la sua solita saccenza.

- Sta' zitta! – sbottai e ricominciammo a camminare.

- Eri da lui? – chiese con tono di rimprovero – saresti dovuto essere qui con noi. –

- Fatti gli affari tuoi,hai solo nove anni, non sono cose che dovrebbero riguardare una mocciosetta come te.–

- Neanche avvisarti della morte del nonno sarebbe dovuto toccare a me ed invece mio fratello maggiore non era nei paraggi quando avrebbe dovuto esserci. –

Sbuffai, e capii da chi ne aveva preso, me lo ricordava molto, era altezzosa come i Wayrght ma dotata di una furbizia che di certo aveva sempre contraddistinto nonno Richard, ecco perché era sempre stata la sua preferita, avevano in comune quello strano sesto senso che li faceva essere un passo davanti a tutti. La conversazione morì appena arrivammo all'ingresso, c'era un atmosfera strana, cupa e tesa, Debby mi fece strada verso il piano di sopra.

Mio padre era già al telefono pronto a comunicare la notizia ai fratelli e ai parenti stretti, presto casa nostra sarebbe diventato il quartier generale dell'intero albero genealogico.

- Hanno chiamato qualche ora fa dalle Hawaii, era lì a darsi alla pazza gioia e ad ignorare le chiamate di papà – le vidi sorridere ma i suoi occhi tradivano una tristezza infinita. - è morto mentre si trovava sulla sua barca, un infarto ... -

Debby e il nonno erano sempre stati molto legati, l'anno scorso l'aveva perfino portata con lui in Europa, indubbiamente lei era l'unica che riusciva a parlarci seriamente e che avesse davvero capito qualcosa su quello strambo uomo.

- La salma? –

- La spediranno qui, papà ha già dato disposizioni. – rispose cercando di non tradire troppa emozione nella voce.

- Questo posto da qui a poco diventerà un dannato campo di battaglia, soprattutto per il testamento, ci saranno sorprese ... – riflettei conoscendo il nonno.

- Già ... Lo hai avvisato Chris? – mi chiese Debby distogliendomi da quella terribile visione di parenti che urlano e si accusano a vincenda.

- Come? –

Sbuffò – Perché devo fare sempre tutto io qui? Chiamalo o lo farò io. –

La guardai comporre il numero di mio fratello, poi abbassai lo sguardo sul parquet. Gli zii sarebbero arrivati domani. Riunione di famiglia in vista, pensai, che si salvi chi può!



CHRIS

"Viaggia più veloce chi viaggia da solo." Rudyard Kipling

- CHRIS WAYRIGHT SEI MORTO!!!!!!!! -

- Oh, merda. - mi lasciavi sfuggire un'imprecazione mentre correvo a perdifiato lungo i prati ben curati di Privet Avenue, un tratto di strada che percorrevo ogni giorno per andare e tornare da scuola. E anche quel giorno, esattamente come ogni altro stavo correndo, anzi scappando. Strinsi forte a me lo zaino che continuava a sbatacchiare sul mio petto, poi spiccai un salto ed oltrepassai la recinzione dei Draven. Allungai il passo ed evitai per un pelo il grosso mastino dei Ferlong, pronto, come sempre a provare a strappare un pezzo di me. Anche quella volta non ci riuscì per un pelo, le mie caviglie erano salve.

Adesso le urla rabbiose dei miei inseguitori si confondevano con i latrati altrettanto spaventosi del cane che grattava la recinzione oltre le mie spalle. Gli annaffiatori erano azionati, vidi zampilli di acqua scintillare intorno a me mentre percorrevo gli ultimi metri che mi separavano dagli Gillispie, ovvero, coloro che mi avrebbero dato asilo politico.

- NON E' FINITA QUI, WAYRIGHT!!!!! - tuonò la voce di Brandon Cayden da qualche parte oltre le mie spalle.

- So che sei un recidivo del cazzo, mi stupirei parecchio se interrompessi qualcuna delle tue abitudini, Cayden! - dissi prima di girare velocemente la chiave nella toppa e sparire all'interno della sicurezza di casa Gillispie.

Mi trascinai verso il grosso divano a qualche metro dall'entrata prima di lasciarmi andare del tutto sulle gambe stirate di Adam che sussultò nel vedermi.

- Chris! Che ci fai qui? I-io non sono da solo! - sussurrò prima di spingermi con violenza lontano dal suo corpo. Alzai gli occhi nel vedere la figura del padre passeggiare lungo il corridoio alle nostre spalle. Ok, niente relax post scuola, pensai, improvvisamente infiacchito.

- Beh, credevo che avessi bisogno delle tue solite ripetizioni. - non usai un tono particolarmente malizioso, ma Adam arrossì comunque. Lo vidi mettere due grossi cuscini tra me e lui, poi tirò fuori dei vecchi quaderni dallo zaino e qualche penna e me li passò.

- Cosa vuoi che faccia con questi? Falegnameria? Esistono davvero corsi tanto stupidi a scuola? - dissi, leggendo confusamente alcune spiegazioni su come tagliare un faggio con una motosega.

- Lascia perdere, serve soltanto per darci una posa, ok? I miei sono in casa, ti ho scritto anche un messaggio, credevo l'avessi letto. Oggi non è la giornata adatta ... -

- No, non ho più un cellulare. -

Gli occhi scuri di Adam mi fissavano. - Perché? Da quando in qua? -

- Da quando quel figlio di puttana di Tyler Bradbury ha deciso che serviva più a lui che a me. - spiegai con semplicità, abbozzando un sorriso. Dovevo sembrare piuttosto adorabile, lo sapevo, con il mio miglior sorriso angelico sulle labbra e l'aria da ragazzo innocente. Adam si perse un attimo nella contemplazione del mio viso, capitava piuttosto spesso, ma si riscosse un attimo dopo, forse per paura che qualcuno passasse di lì.

- Era lui quello che ti dava la caccia poco fa? -

- No, non oggi. Quelli sono tipi a cui devo dei soldi. - spiegai – ehi, ma cosa succede? Perché i tuoi sono qui piuttosto?

Adam scosse la testa, sembrava in ansia, ma non lo conoscevo abbastanza bene da poter decifrare quella sua espressione strana. - Beh, è meglio che vai comunque. Oggi non possiamo ... emh ... lo sai. - disse alla fine, rosso in viso da far paura.

- Dai, perché non provi a dirlo ad alta voce? - lo provocai, cercando la sua mano tra i cuscini. Questo lo fece completamente ammattire, si alzò di lato andando a sbattere contro la madre che proprio in quel momento entrò in salotto.

- Ehi, ragazzino, bada a come cammini! - lo rimproverò lei, ma subito il suo viso si addolcì quando mi vide – caro, carissimo Chris! Non ti aspettavamo, che ci fai qui? Scommetto che quello smemorato di Adam ha dimenticato di avvertirti per tempo così come gli avevo detto! -

- Oh, beh ... io ... - iniziò il figlio, rosso di vergogna. Era decisamente un pessimo bugiardo, pensai, sorridendo di soddisfazione.

- No, a dire il vero mi ha avvertito, ma ero qui in giro e così ho deciso di passare a porgerle un saluto, signora Gillispie. Sa, non faccio altro che parlare di lei con mia madre, di quei suoi deliziosi dolci alla marmellata di more che prepara spesso durante i nostri ripassi di chimica! -

La signora Gillispie era in brodo di giuggiole. - Ne ho giusto un vassoio pronto in cucina, perché non ti fermi per un po', caro? Certo, mi dispiacerà non avere più un frequentatore tanto educato ed intelligente come te, Chris ... ma suppongo che anche a Perth ci sarà gente perbene. -

Dovetti rimanere piuttosto sorpreso perché per un attimo persi il filo del discorso. Vidi le labbra dei due Gillispie muoversi, poi la donna andò via.

- Perth? Perth?? Che novità è questa? Che significa? - chiesi, stralunato. Adam continuava a tormentarsi le mani.

- S-senti, possiamo parlarne da un'altra parte? - mi chiese lui prima di stringermi il braccio e trascinarmi letteralmente al piano di sopra. Ci ritrovammo nella sua stanza e gli occhi mi caddero sul suo letto, lo stesso letto che ci aveva ospitati più volte di quanto avrei mai pensato, di certo più del tempo che avevamo passato seduti a studiare davvero.

- Quindi? Te ne vai? Quando pensavi di dirmelo? Quando un canguro ti sarebbe entrato in stanza e avrebbe usato la tua testa come un sacco per la boxe? Cazzo, parti per l'Australia! -

Gli occhi di Adam erano sgranato. - Cosa? Perth è in Australia??? -

- Avrei dovuto dartele davvero quelle ripetizioni dopotutto - sussurrai a denti stretti. - sei un idiota, Adam. -

- Non è colpa mia, mio padre ha dovuto accettare il trasferimento ... io e mamma dobbiamo seguirlo, quello è il suo lavoro. - disse, sconfitto. Poi si accasciò sul letto.

L'avevo sempre trovato carino Adam, con quei capelli scuri e mossi, gli occhi neri, un po' allungati e quell'aria da bravo ragazzo che sembrava dirti "qualsiasi cosa succeda io sarò qui, perché sono una persona pigra e mediocre, ma molto buona e ti resterò accanto a meno che non sia tu ad abbandonarmi, ma anche se lo facessi io non ti farei storie."

- E' finita, Chris ... no? - mi chiese con un filo di voce.

Non provare a piangere, Adam, pensai, sconcertato. Non farlo. No. No. No.

- Beh, abbiamo solo diciassette anni e poi non stavamo neanche insieme se ci pensi bene ... quindi sì. Se me lo avessi detto prima sarebbe stato meglio, tutto qui. - risposi, gioviale.

Il viso di Adam si fece cupo, quella era decisamente una situazione più grossa di noi. Quanti soldi ci volevano per comprare un biglietto per l'Australia? Di certo più di mille paghette. Non si poteva fare, era stato divertente fino a quando era durato, inoltre casa Gillispie era a metà strada tra villa Wayright e la mia scuola, un gran bel posto per sostare tra un inseguimento e l'altro. Non solo avrei dovuto dire addio al mio amante occasionale ma anche al rifugio sicuro che quella dimora era diventata per me.

- I-io ... mi piacerebbe se per l'ultima volta ... noi due ... - Adam si stava tormentando il labbro con i denti, continuava a morderlo tanto che presto l'avrebbe fatto sanguinare.

- Quando parti? -

- Dopodomani ... tra poco inizieremo ad impacchettare la roba leggera, quella più pesante rimarrà qui ... sai, non lasciamo la casa in vendita, quanto meno. Magari torneremo ... è un bel quartiere, a mamma piace. -

Risi. - Certo, forse tra una ventina d'anni quando tuo padre andrà in pensione. - lo schernii e questo lo fece incazzare. Mi limitai a fissare il tappetino sotto i miei piedi, era una situazione piuttosto strana. Mi sarei ridotto anch'io come mio fratello Seth? Ad aspettare che il mio ragazzo si facesse vivo una volta ogni tanto? No, non avevo mai avuto molta pazienza. Il mio motto era tutto e subito e correre era ciò che più mi riusciva, quindi esclusi immediatamente quell'opzione. Tanto valeva non illuderlo con false speranze.

- C-credo che tua sorella mi stia chiamando ... -

Adam mi distolse dai miei pensieri, vidi la sua mano reggere il cellulare mentre la foto sorridente di Debby irruppe sullo schermo. - Pronto? -

- Chris! Ma che fine ha fatto il tuo telefono? Mi ha risposto un tipo ... non so, aveva una voce conosciuta, mi ha detto di andare a farmi fottere o ci avrebbe pensato lui ... beh, non importa. - Tyler Bradbury. Ovviamente. - senti, devi venire subito a casa. Nonno è morto. - aggiunse un attimo dopo ed improvvisamente la sua voce si fece meno controllata.

Oh. Rimasi un attimo confuso. - Nonno Richard Wayright? -

- Sì ... - confermò Debby adesso con la voce spezzata del tutto.

- Credevo che non potesse essere ucciso ... -

Adam mi fissava ad occhi sgranati, lessi il suo labiale, mi chiedeva cosa fosse successo. Alzai il pollice in su e sorrisi.

- Puoi venire a casa appena puoi? Papà e mamma ci vogliono tutti qui ... -

- Non è stato Seth a farlo secco, vero? - chiesi un attimo dopo, folgorato da quella possibilità.

- No, non sono stato io ad ucciderlo e adesso muovi il culo e vieni qui. - la voce di Seth proruppe imperiosa dall'altra parte del telefono.

Feci spallucce. - Arrivo. - chiusi la chiamata e restituì il cellulare al proprietario che adesso mi fissava in attesa – nonno Richard è morto, devo andare a casa. Non credo che riusciremo a vederci prima che tu parta a quest punto ... -

- Mi dispiace. - biascicò prima di sollevarsi dal letto e fare qualcosa di cui non l'avrei mai creduto possibile. Mi strinse forte a lui, baciandomi con dolcezza. Lasciai scorrere le mie mani sui suoi capelli morbidi e mossi, gustandomi quel tocco anche più di quanto avessi fatto in passato. Era il nostro ultimo contatto e finalmente aveva trovato il coraggio di fare il primo passo.

- Addio, Adam ... - sorrisi sfiorando per un'ultima volta quel viso morbido che adesso si stava incupendo. Sapevo che avrebbe pianto, ma non mi fermai ulteriormente. Era arrivato il momento di tornare a casa ad affrontare situazione ben più spinose di quella.


NOTE AUTRICI: Salve a tutti!
Per chi non avesse mai letto nulla di nostro (il che è molto probabile) noi siamo Blacksteel. Sì, siamo in due e scriviamo storie a quattro mani. Per quanto riguarda The Wayright ha come protagonisti sei personaggi diversi che vedrete alternarsi man mano nei capitoli. Si parte con Seth e Chris, dopo di che ci saranno altri quattro personaggi, due per ogni capitolo. Per chi non ha letto nulla di nostro può sembrare un modo strano per procedere con la narrazione ma a noi sta molto comodo ed in generale crediamo che l'effetto sia interessante tutto sommato. Non tutti i personaggi faranno parte della famiglia, ma in qualche modo saranno collegati ai Wayright, quindi avrete un punto di vista abbastanza variegato. Come abbiamo già detto in precedenza questa non è la nostra prima storia pubblicata ma è comunque la prima storia con questo tema ... quindi speriamo di avervi incuriositi abbastanza da leggere e lasciarci qualche piccolo parere. Potete anche andarci pesanti con le critiche ... non morderemo, lo promettiamo, anzi ci aiuterebbero anche quelle.
Grazie a tutti voi che siete giunti fino alla fine della pagina senza chiuderla prima :)

- BLACKSTEEL -

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