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5 Joshua Joyce

Il signor Joshua Joyce entrò nell'ufficio in quel preciso istante, sedendosi dietro alla sua nuova scrivania, fatta di betulla, bianca come il latte. L'ufficio era completamente bianco e in stile moderno; i mobili erano molto semplici e le decorazioni erano poche ma raffinate. Appena seduto si guardò attorno: la parete di vetro posta alla sua destra gli stava mostrando una Verona addormentata, avvolta nel buio della e punterellata da decine e decine di luci giallastre provenienti dai lampioni. Più e più volte Darcy gli aveva chiesto il motivo per cui la KSI si era stabilita in Italia, uno stato perlopiù famoso per l'arte e non per le risorse tecnologiche. Quel dialogo lo aveva ancora in mente come se l'avessero avuto quella mattina e non due settimane prima:

"Non vorrai mica ristabilire la KSI!", urlò Darcy, seduta sul sedile di un aereo privato, con seduto di fronte a lei Joshua.
"Certo che lo voglio fare" disse lui, con una calma intollerabile "il mio progetto è troppo importante perché venga gettato nel dimenticatoio".
"Ma sei un ricercato! Da quando è accaduto il disastro di Hong Kong tutti coloro che lavoravano nella KSI sono considerati criminali!".
"Lo so, e per questo ho deciso di rifondare la mia azienda in Italia".
"In Italia? Ma le sue risorse tecnologiche sono basse-".
"Appunto. Gli Stati Uniti mi cercano dove la tecnologia è di casa, e non dove a dominare il tutto è l'arte e il buon cibo".
Darcy sospirò, ma Joshua proseguì comunque.
"I miei tecnici di laboratorio hanno già finito l'ultimo prototipo. Da domani-".
"Non hai imparato da quello che è successo due anni fa?".
". Ho imparato ad essere più prudente, ed è per questo che ho fatto migliorare-".
"Migliorare un cazzo!".
Darcy si alzò in piedi adirata.
"Non puoi pensare che sia tutto sotto il tuo controllo! Ripensa ai tuoi errori cazzo! Quante persone sono morte per la tua smania di soldi e prestigio?!".
Joshua rimase seduto, con lo sguardo impassibile.
"Ho ormai deciso".
Darcy sospirò e si risedette.
"Ti stai scavando la fossa da solo", fu l'ultima cosa che disse, prima che l'aereo partisse.

Joshua tornò alla realtà quando la porta d'entrata al suo ufficio si aprì di colpo, facendo entrare una figura umana; era un uomo sulla quarantina, alto e possente. Era muscoloso e il viso era lievemente barbuto, ma squadrato e con i lineamenti marcati. Portava i capelli corti, neri come il piumaggio dei corvi, e gli occhi, piccoli e verdi, fiammeggiavano d'ira. Il suo look era molto casual, ovvero un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe, bianca.
"Signor Yeager...", disse Joshua al nuovo arrivato.
Cade non lo ascoltò e batté le mani sulla scrivania, facendola traballare.
"Le avevo detto che-".
"Parlami da uomo invece", ribatté il texano, infuriato.
Il pelato sospirò.
"È per via della casa?".
"Esatto. Ho abbandonato mia figlia in America, con la garanzia che tu mantenessi la tua parola".
"Lo so, ma le cose sono precipitate-".
Cade lo interruppe strattonandolo per il bavero, avvicinandolo al proprio volto.
"Lurido pelato del cazzo" fu il prologo di Cade "tu ad Hong Kong mi hai fatto, o meglio, ci hai fatto una promessa: una casa degna per la mia famiglia per aver salvato la tua un'utile vita. Lo ricordi o hai bisogno di un dottore per fartelo ricordare?".
"No no ma-".
"Allora vedi di rispettare la promessa".
Lasciò il bavero del miliardario, ma in quel preciso istante fecero irruzione due uomini in giacca e cravatta che scortarono con forza Cade fuori dall'ufficio, poi lontano dall'edificio. Ad attendere il texano c'era una Chevrolet Camaro del 2014.
"Ciao Bee", lo salutò di malumore Cade.
"È andata da schifo vero?", domandò il robot.
"Dirò tutto quando ci saranno tutti".
L'Autobot aprì la portiera del sedile del guidatore e l'uomo salì a bordo; Bumblebee chiuse la portiera e partì a tutta velocità. Si allontanarono dal centro abitato e si inoltrarono nella campagna veronese; si diressero verso una discarica, chiusa data l'ora tarda. Appena arrivati, vennero accolti da un robot rosso, uno marrone e nero e uno verde. Appena Cade scese dall'auto, questa si trasformò in un robot giallo e nero.
"Che ha detto il pelato?", domandò Crosshairs.
"Non ci darà nulla", rispose Cade.
"Andiamo a schiacciarlo", disse Hound, sguainando il mitra.
"Non ne vale la pena" insorse Drift, non più blu come l'Oceano ma rosso fuoco "a quella tipologia di gente le azioni e le parole non servono. Sono persone così misere che è meglio lasciarle perdere-".
"Sì sì abbiamo capito", lo interruppe Crosshairs.
Cade sospirò e si sedette su un cumulo di cenere.
"Tessa non ha mai chiesto di me?" domandò "O semplicemente fatto una telefonata?".
Bumblebee annuì.
"Mentre eri dentro, Tessa e Shane ci hanno chiamato. Hanno detto di stare bene e che sono a casa della madre di lui".
Cade sospirò e si mise in piedi.
"Non ha più senso stare qui. Torniamo in America".
"E che faremo dopo?", chiese Hound.
L'umano lo guardò dritto negli occhi.
"Attenderemo Optimus".

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