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Capitolo 6, Luce e Buio

Volevo rivederlo, eppure, per qualche motivo, non ero più tornata da lui.

Avevamo stretto un patto: lui mi avrebbe detto il suo nome, ma io non sarei più dovuta tornare.

Era per questo che me lo aveva detto, no?

Se fossi tornata non sarei stata certamente accolta a braccia aperte, e avrebbe perso la poca fiducia che adesso aveva in me, giusto?

Solo che, in effetti, non so cosa potessi farmene della fiducia di una persona che non avrei più rivisto.

Mi dissi che quella piccola parentesi del violinista si fosse chiusa lì, e che fosse giusto così, anche se non ne ero sicura di volerlo.

La verità è che trovavo malato un sentimento così forte per nient'altro che uno sconosciuto.
Ma ormai, non importava più.

Era passata circa una settimana, e la mia vita aveva ripreso a scorrere normalmente.

Solo che Erwin e i suoi amici, se ci trovavamo nella stessa stanza, dopo avermi lanciato qualche occhiata piena d'odio si allontanavano.

Mi faceva un po' ridere, che adesso fossero loro ad aver paura di me.
Levi li aveva picchiati per bene.

Levi....
Nonostante tutto, il suo nome non lo avrei mai dimenticato.

Entrai in classe, e vidi Moblit molto ansioso.

Mi lanciò una pallina di carta:

"Ti devo parlare"

Così, al suono dell'ultima campanella, mi prese per mano e mi portò in un parco molto carino, dove andavamo spesso.

Ci sedemmo su una panchina: era davvero una bella giornata piena di sole.

Moblit continuava a guardarsi intorno nervosamente, torturandosi le dita delle mani, poi fece un grosso respiro, mi guardò e disse:

"Hanji, è da molto che vorrei dirti questa cosa, ma non ne ho mai avuto il coraggio: è che ci conosciamo da così tanto tempo, tu ed io siamo sempre stati insieme, e forse adesso sto per rovinare tutto, ma ecco... vorrei che stessimo ancora insieme ma... in un altro senso...."

Mi prese le mani, e io arrossì dalla testa ai piedi.

"...Perché tu mi piaci Hanji, e da morire..."

Lo guardai: sì, eravamo sempre stati insieme, e lui sapeva farmi stare bene anche quando ero triste.
Poteva darmi tutto ciò di cui avevo bisogno.

Sorrisi e decisi che gli avrei detto che anche lui piaceva a me.

Anche se una parte di me, per qualche motivo, non era d'accordo con questa decisione, e urlava di andare via per andare da qualche altra parte.

In qualche altro vicolo.

Ma decisi di non ascoltarla.

"Moblit, anche tu mi..."

Venni distratta da un ombra che sgattaiolava furtiva tra gli alberi.

Un ragazzo correva, stringendo tra le mani qualcosa che assomigliava molto ad un portafoglio.

Aveva il cappuccio nero della felpa del medesimo colore tirato sulla testa, impedendo di vederne il viso.
Eppure quelle ciocche corvine che spuntavano fuori erano inconfondibili.

Dietro di lui, un uomo piuttosto grosso e forzuto urlava che lo avrebbe ammazzato.

Lasciai le mani di Moblit, ignorando completamente i suoi sentimenti e dimenticandomi di qualsiasi senso di responsabilità, e corsi dietro al ragazzo.

Una nuvola oscurò il sole.

La luce era bella, ma forse preferivo la pioggia.

L'uomo lo stava raggiungendo, Levi non avrebbe resistito ancora a lungo, ed era piuttosto lontano da casa sua.

Svolto un angolo, e io dietro di lui.

Vicolo ceco.

Ci nascondemmo dietro alcuni bidoni: non avevamo molto tempo.

Poi lui si girò verso di me e mi guardò scocciato:

"Cosa vuoi ancora? Sei arrivata nel momento sbagliato!"

"Sono qui per aiutarti a scappare dall'uomo a cui hai rubato quello"

Indicai il portafoglio.

Levi strinse i denti

"Beh se hai qualche idea è il momento giusto per dirla."

"Sei fortunato: ne ho una.
Dammi la tua felpa."

Mi guardò perplesso, ma io insistetti, dunque se la tolse e me la diede.

"Perfetto, grazie."

Mi infilai la felpa e mi calai il cappuccio sulla testa.

"Così non c'è molta differenza tra me e te, giusto?
Appena ci allontaniamo, scappa."

Corsi fuori dal vicolo e mi ritrovai faccia a faccia con l'omone, che abboccò e cercò di prendermi.

Ripresi a correre: fortunatamente ero più veloce di lui.

Ormai era stanco, Levi doveva averlo fatto correre a lungo, così riuscii a seminarlo.

Dopodiché mi diressi verso il tugurio dove viveva il corvino.

Bussai alla porta di legno, ma nessuno rispose, dunque entrai.

Scesi le scale e mi ritrovai nella stanza: Levi, seduto sul letto, contava i soldi che aveva rubato.

"Si può sapere perché lo hai fatto?", dissi mentre mi toglievo la felpa.

"Ho bisogno di soldi."

"E ti sembra giusto rubarli?"

"Ma te li fai i fatti tuoi ogni tanto?"

"No"

Sbuffò.

"Perché mi hai aiutato?"

"Potrei farti la stessa domanda, Levi."

Quando pronunciai il suo nome, si bloccò, come se nessuno lo chiamasse per nome da tanto tempo.

"Perché vivi qui sotto? Non ce l'hai un lavoro?"

Sospirò profondamente.

"Tu... quattrocchi... sei davvero troppo curiosa..."

Era una persona tremendamente sola, aveva bisogno di qualcuno che stesse al suo fianco, e in quel momento quel qualcuno potevo essere solo io.

Guardandolo, riaffiorarono tutti i sentimenti che avevo seppellito credendo che fosse giusto così.

Ma mi resi conto che, nel mio cuore, Moblit non reggeva minimamente il confronto a lui.

Quello per il mio amico non era nient'altro che un bene profondo che io, ingenuamente, avevo scambiato per amore.

Ma Levi....

Lui mi aveva rapita sin dal primo istante, e in quel momento più che mai volevo stare al suo fianco e basta. Solo con lui.

"Da quanto non parli con qualcuno?
Qualcuno che non sia io, ovviamente."
Mi avvicinai e gli porsi la felpa.

Lui la afferrò.
"Un bel po'..."
Tornò a contare i soldi: aveva derubato un uomo abbastanza benestante.

"Perché rubi?"

Alzò la testa.
"Basta con le domande."

"Sto solo cercando di fare conversazione!" Risposi.

"Se è così fastidioso, sono felice di vivere da solo da anni."

Mi sedetti accanto a lui sul letto: se volevo conoscerlo meglio, dovevo insistere.

"Bene, basta domande, allora parlerò di me:
mi chiamo Hanji e ho 16 anni, non ho molti amici perché la gente mi reputa strana, infatti beh l'ultima volta hai vissuto in prima persona una grande manifestazione di affetto nei miei confronti da parte di alcuni miei conoscenti, ma grazie a te non mi stanno più così appiccicati come prima...
Sai, hanno paura di essere picchiati di nuovo....
I miei non ci sono mai, quindi anche a casa mi sento sempre sola e- "

"Shhh"

Mi aveva poggiato l'indice sulle labbra, per dirmi di fare silenzio.

"Ti hanno mai detto che parli davvero tanto?"

Annuii, cercando di non sciogliere il contatto tra il suo dito e le mie labbra.

"Mi stai praticamente dicendo che non hai niente da fare dalla mattina alla sera e quindi vieni da me per noia, o sbaglio?"

Mi misi a ridere: non riuscii ad evitarlo.
Lui mi guardò stranito.

"Ma quanto siete strane voi ragazze...
Sai che ti dico?
Vieni pure, ma non rompere le scatole."

Ero felice: mi aveva accettata.
Da quel momento in poi, mi sarei presa cura di lui.

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Due parole all'autrice

Non so se questo capitolo è abbastanza soddisfacente o no, ma devo pubblicarlo senza rileggerlo perché non ho tempo.
Non sono neanche riuscita a cercare una Theme Song adatta🙈
Ma troverò il modo di farmi perdonare.
Buon weekend🌸

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