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Capitolo 19, Colpa tua

Avanzavo per le strade quasi deserte mentre accartocciavo la lista della spesa e la buttavo in un cestino lungo la via.
Speravo di riuscire a trovare la sua scuola, non le avevo mai chiesto esattamente dove studiasse.
D'altronde, nella zona della città dove si svolgevano le nostre miserabili vite ce n'era una sola, e non c'era granché possibilità di sbagliarsi.
Piuttosto avrei dovuto chiedermi se a lei avrebbe fatto piacere una mia apparizione così improvvisa nella sua vita quotidiana della quale ero del tutto estraneo.
Però i suoi amici strambi li conoscevo già, e lei nella mia di vita era sempre entrata ed uscita a piacimemto, senza farsi un numero eccessivo di problemi, ma causandoli a me.
Sospirai: se anche le avesse dato fastidio, un po' se lo sarebbe meritato, quella ficcanaso quattrocchi.
E poi mi sarei fatto perdonare, pensai sbirciando nei sacchetti del negozio di alimentari che mi portavo dietro: le avevo preso i dolci che amava tanto.
Poi d'un tratto l'edificio grigio e triste della scuola fece capolino fra le case, e andai controcorrente al fiume di gente che si riversava dall'uscita della scuola, finalmente liberata dall'ultima campanella.
Sperai che non fosse già tornata a casa mentre mi guardavo intorno, cercandola con lo sguardo.
Poi vidi una testolina d'un arancione particolare alquanto familiare che spiccava tra la folla.
Questa si diresse distrattamente verso di me senza avermi visto, poi improvvisamente si bloccò, mi lanciò un'occhiata languida e arrossì dalla testa ai piedi, cercando ormai troppo tardi di fare l'indifferente.
La riconobbi: era l'amica di Hanji, quella che cercava in tutti i modi di farsi notare da me credendo che non me ne accorgessi.
Non mi andava molto a genio e non ricordavo neppure come si chiamasse, ma se volevo trovare Hanji dovevo chiedere a lei.
Mi diressi verso la figura esile della ragazza che, tremolante, mi osservava fugacemente.
"Hey, tu sei... Pietra, giusto?"
La ragazza, dopo qualche attimo di confusione, annuì velocemente.
"Sì sì, sono Pe- ehm Pietra, sono proprio io! E tu sei Levi, vero?"
Per quanto il suo essere civettuola mi desse fastidio, mi morsi la lingua e non dissi nulla al riguardo.
"Senti, sai dov'è Hanji?"
Gli occhi della ragazza si svuotarono per un attimo, per poi tornare brillanti, ma meno di quanto fossero prima.
"Eh Hanji... sì lei è da qualche parte... e io sono qui ad aspettarla da sola... puoi aspettarla con me se vuoi parlarle!", concluse la rossa.
Sospirai: mi stavo spazientendo.
"Sai dov'è?"
La ragazza rispose un po' turbata.
"Si è al laboratorio di chimica con Moblit perché..."
Poi si illuminò.
"Già, già! È con Moblit al laboratorio di chimica perché devono concludere un esperimento! Immagino che loro due lì da soli si stiano divertendo un mucchio: Hanji adora la chimica e sta insegnando a Moblit tutto ciò che sa. Dice di essere molto fiera di lui."
Aveva un'espressione maliziosa, ma non sembrava stesse mentendo.
"Va bene, grazie."
In fondo al petto nacque un sentimento che non mi era del tutto nuovo.
Un sentimento fastidioso e pressante che aumentava se pensavo che Hanji era fiera di Moblit.
Ma lo ignorai, volevo solo trovarla.
Entrai nella scuola, cercando l'aula di scienze, mentre Pietra (Cosa? Dite che si chiamava Petra? Beh, è lo stesso) mi guardava tristemente da lontano.
Avanzai qualche minuto per i lunghi corridoi. Nessuno mi chiedeva come mai fossi lì, alla fine, non fosse stato per le buste della spesa, sarei sembrato un comunissimo studente.
Trovai una porta con affisso il cartello "aula di scienze".
Sentivo risate e voci provenire dall'interno:
"Guarda, adesso mischi questo e... NO NON METTERE LE SCAGLIE DI IODIO NELL'AMMONI-"
Un' esplosione provenne dall'interno, e per qualche secondo fu solo silenzio.
Aprii la porta ed entrai nell'aula, trovando Hanji e Moblit sporchi di qualche sostanza a me sconosciuta di fronte ad un tavolo completamente ricoperto da ciottoli di ampolle rotte e liquidi ambigui.
"N-no professore, non abbiamo fatto esplodere nulla..." disse Hanji mentre cercava di pulirsi gli occhiali col camice che un tempo forse era stato bianco, ma quando se li mise e mi riconobbe uno splendido sorriso comparì sul suo volto.
"Levi! Che ci fai qui?! Come mi hai trovata?!" Disse venendomi incontro e stringendomi a se.
La spinsi via quasi per gioco, in realtà non volevo allontanarla da me sul serio.
"Suvvia, levati, sei coperta da un qualcosa con cui non voglio avere nessun tipo di contatto."
Hanji rise, sembrava davvero felice di vedermi.
Peccato che lo stesso non poteva dirsi di Moblit, che mi osservava funereo dall'angolo della stanza.
"Buongiorno Levi.", disse col tono di chi in cuor suo mi avrebbe potuto uccidere.
"Ciao Moblit." Risposi io.
Vidi Hanji in difficoltà, senza ben sapere cosa fare, e in effetti la capivo.
Beh, per concludere quella situazione imbarazzante decisi che me la sarei semplicemente portata via, come facevo sempre.
Quel damerino doveva capire che se c'era qualcuno che doveva avere il cuore di Hanji, beh, quello ero io.
"Hanji, sono venuto a prenderti, guarda, ho anche dei dolci. Dobbiamo continuare con quel lavoro."
Ovviamente per "quel lavoro" intendevo la sonata che avevamo iniziato a comporre qualche giorno prima a casa mia, quando era stata cacciata di casa dal padre (che poi in qualche modo l'ha fatta entrare di nuovo in casa, ma non sono sicuro che sia stato un bene al cento per cento).
Hanji annuì sorridendo, ma disse "Ti ringrazio! Saresti così gentile però da aspettare dieci minuti per favore? Dobbiamo pulire e finire un esperimento..."
Moblit sorrise perfidamente, e io sospirai.
"Va bene, ma io esco e aspetto fuori, non mi piace quest'aula, è sporca."
In effetti, benché l'aula fosse effettivamente sporca, il motivo principale che il quale ero uscito era che non sarei riuscito a sopportare a lungo la visione di Hanji e Moblit che si divertivano insieme.
Quel tipo mi dava davvero fastidio... emanava sensazioni strane, e a guardarlo, mi saliva come l'impressione che non fosse poi una così brava persona come potesse sembrare.
Quei dieci minuti passati a fissare tristemente il muro di fronte a me sembrarono un'eternità, poi finalmente Hanji aprì la porta e saltellò in mia direzione.
"Presto, presto, andiamo, per colpa mia abbiamo già perso un po' di tempo..."
Si aggrappò al mio braccio e, mentre ci dirigevamo verso l'uscita della scuola, iniziò a parlare di tante cose stupide come suo solito.
Sospirai: prima ce ne andavamo da quel posto, meglio era.
Ma non feci neanche in tempo a concludere questo pensiero che sentii qualcuno afferrarmi per la camicia.
Mi girai infastidito, e mi trovai di fronte un tipo biondo con due sopracciglia eccessivamente grosse, alto almeno il doppio di me, anche se detesto ammetterlo.
Anche lui aveva qualcosa di familiare, ma non ricordavo dove potessi averlo già visto.
Hanji assunse un' espressione sorpresa e si girò verso di me, attendendo una reazione.
"Tu... nanerottolo... non sei mica quello stronzo che ha fatto fuori i miei compagni?"
Cercò di prendermi per il colletto della camicia, ma spinsi via il suo braccio peloso.
"Ho fatto fuori anche te se per questo."
Nella mia testa, dopo essermi ricordato di lui, lo paragonai immediatamente ad una specie di gigante rozzo e stupido. Eppure Hanji ne aveva sempre avuto paura.
Mi girai verso di lei per rassicurarla ma mi sorpresi nel vedere sul suo volto un'espressione sicura e compiaciuta. Che aveva in mente di fare?
Il "titano" si accigliò:
"Basta, mi avete rotto. Adesso vi sistemo io..."
Ma riuscì a mala pena a concludere la frase che Hanji gli tiró un pugno in faccia che non mi sarei mai e poi mai aspettato da lei.
Ed ero ancora sotto shock quando correvamo verso il cancello del giardino della scuola.
"Ho sempre voluto farlo, sai?"
"Correre a scuola?"
"No, picchiare Erwin. Ma anche quello non mi dispiace!"
La risata cristallina della ragazza riempì l'aria, e un po' anche il mio animo. Un animo colmo di solitudine accumulata nel tempo e sensi di colpa.
Sensi di colpa perché avevo abbandonato l'unica persona che teneva a me, e non riuscivo a perdonarmi per averla fatta soffrire.
Eppure, ero troppo orgoglioso anche solo per chiedere scusa.
Hanji si girò verso di me.
"Oi Levi, tutto bene?"
"Certo..."
Ci fermammo (ormai ci eravamo leggermente allontanati dalla scuola).
"Sicuro?"
Le diedi un buffetto sulla guancia.
"Certo, quattr- cioé, Hanji."
Lei sorrise e mi strinse la mano.
Quand'è che eravamo diventati così intimi?
Quand'è che avevo iniziato a sentire la sua mancanza quando non c'era?
Quand'è che avevo iniziato a sentire i bruchi nello stomaco al solo vederla?
(Dite che fossero farfalle? Boh, per me si addicono più i bruchi.)
Ed esattamente, da quanto tempo le nostre labbra si stavano sfiorando?
Ero talmente assorto nei miei pensieri, che non mi ero neppure accorto del suo viso che si era avvicinato al mio.
Schiusi le labbra e lasciai che dicessero per me quello non sarei mai riuscito a dire a voce.
La sua bocca sapeva di cioccolato e altre cose buone che non saprei descrivere.
Le nostre labbra si staccarono per prendere fiato, ma la baciai di nuovo immediatamente.
Non ricordavo nella mia vita di essermi mai sentito bene come in quel momento.
Sensazioni indescrivibili attraversavano il mio corpo e mi facevo venire ancora più voglia di lei, di baciarla, di averla con me per sempre.
Ma il bacio ovviamente ebbe una fine, e lei poggio la sua fronte sulla mia, tenendo gli occhi chiusi.
A quel punto, l'orgoglio di cui ero sempre stato ebbro svanì, con lei quel sentimento non aveva più senso.
E quella parola che non riuscivo a dire da anni venne spontanea:
"Perdonami... perdonami..."
"Di cosa?" Sussurrò lei.
"Di essere me, di essere stronzo, di averti fatta stare male, di averti lasciata, di averti tradita."
Hanji sorrise angelicamente e mi baciò sulla guancia.
"Ti ho già perdonato quella notte.
Il tuo stesso essere tornato mi ha dimostrato che fossi pentito.
Però... me lo riconfermi ogni volta che ti vedo.
Davvero, non scusarti, ormai sei qui e non mi importa.
Ma ti ringrazio per lo sforzo che hai fatto.
Chiedere scusa è sempre così difficile..."
"Per un nanerottolo nervoso come me poi..." dissi autoironicamente.
"Ma dai, che ti prende?
Com'è che ultimamente sei sempre così insicuro?"
Strinsi la sua mano più forte.
"Colpa tua, cosa credi.
Ormai, è sempre colpa tua."

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Due Parole All'Autrice

Buongiorno a tutti!
Come promesso, ho fatto un capitolo un po' diverso dal solito dato che, come spero abbiate notato, è più lungo (il doppio degli altri circa) ed è scritto per la prima volta dal punto di vista di Levi.

Vi è piaciuto esplorare i suoi più reconditi pensieri?

Preferite il punto di vista di Hanji o di Levi?

Io mi sono divertita abbastanza a scrivere questo capitolo, lo ammetto.
Non riuscivo più a fermarmi!

E poi, finalmente sono anche riuscita a farli baciare!

Era da un po' che ci provavo, ma loro non volevano.
È strano da dire, ma a volte i nostri stessi personaggi disobbediscono ai nostri ordini e i nostri desideri

Capita anche a voi?

Bene, con questo è tutto.
L'ultima parola va alla Theme Song:  In A Dream

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