Capitolo 12, Resta
Avevo sentito bene?
Zio?
Non riuscivo a credere alle mie orecchie: che l'uomo stesse mentendo?
Eppure, quello sguardo...
Restai in ascolto, immobile.
"........dove sei stato tutti questi anni, allora?"
La voce di Levi tremava leggermente. Era davvero scosso.
"Lo sai che vivo molto lontano da cui, inoltre avevano detto che tu fossi morto. Come potevo sapere di questa situazione?
E mi dispiace, sai. Ma non è colpa mia se vivi qui. D'altronde potresti andartene e trasferirti da qualche altra parte quando vuoi, no? Allora perché non te ne sei andato?"
"Non voglio lasciare questo posto."
"Tch, sei sempre il solito bambino testardo."
Non sapevo che fare. Avrei dovuto andarmene, eppure restavo lì. Mi chiedevo dove volesse andare a parare quel tipo.
"....beh, si può sapere adesso perché sei qui, dato che a quanto pare non ti è mai interessato particolarmente di questo bambino testardo?"
"Ti ho già detto che non ne sapevo nulla!
E proprio perché mi interessa, sono qui per chiederti se vuoi venire con me."
Mi si gelò il sangue.
Con lui? Dove?
"Spiegati meglio."
"Ti ho detto che vivo all'estero, no?
Vieni con me, potresti avere una nuova vita e fare affari. Non hai idea di quanti soldi potresti guadagnare! A migliaia! Anzi, che dico, a milioni!"
Levi esitò un secondo, poi rispose con la solita voce decisa.
"Ho detto che non me ne vado."
"Pff! E rinunci al tuo futuro per questa catapecchia da demolire?"
Ci fu qualche istante di silenzio, poi l'uomo continuò.
"Beh, potresti tornare tra qualche anno e ricostruire questo posto, se ci tieni proprio.
Ah già, nel frattempo potrebbero demolirlo perché non è neppure di tua proprietà.
Allora ascolta: potrei comprarlo per te... consideralo un prestito! Mi restituirai i soldi quando potrai, ma almeno nel frattempo non rischi di perdere la tua casettuccia.
Allora? Che dici?"
"... sembra troppo semplice. Tu cosa ci guadagni?"
"Ahaha! Bella domanda! Guadagnerei sul tuo lavoro, ma dal tuo punto di vista non c'è truffa."
"Ci devo pensare."
"Hai tempo 3 giorni, poi torno al mio paese. Dammi una risposta al più presto."
"Va bene."
Sentii una fitta dolorosa al petto: stavo davvero per perderlo?
"Bene, torno domani, adesso vado."
Mi precipitai su per le scale e scappai via, verso casa.
Scappai, come avevo sempre fatto per tutta la mia vita.
Corsi in camera e mi gettai sul letto, sprofondando tra i cuscini.
Non mi sarebbe dispiaciuto affogarci.
"No, no, no... non se ne andrà... rimarrà qui.. con me... per me..."
Continuavo a ripetermelo come una cantilena, ma non ci credevo neanche io.
Era la sua unica occasione di realizzare il suo sogno, non avrebbe avuto senso che la sprecasse per me.
Avrei voluto essere felice per lui, ma per quanto ci provassi non riuscivo a non pensare al fatto che se se ne fosse andato probabilmente non lo avrei rivisto più. Mai più.
Ed era triste come probabilmente solo a me sarebbe dispiaciuto di questa nostra separazione.
Ma no, era meglio così.
Lui aveva già sofferto abbastanza.
"È per il suo bene, è per il suo bene, devo essere felice..."
Felice...
Ma non sono mai stata una persona altruista, e di conseguenza il "sapere che lui sarebbe stato bene anche senza di me" mi faceva ancora più male.
Non dormii quasi quella notte, avevo una paura tremenda.
Mi resi conto di quanto terribilmente tenessi a lui.
-
Due giorni dopo
Ero davanti alla porta che dava sul vicolo, e non sapevo se bussare.
Avrei voluto implorarlo di restare, ma non potevo e non lo avrei fatto.
Sospirai. Non potevo rimanere là fuori in eterno.
Aprii lentamente la porta ed entrai accompagnata dal suo scricchiolio.
"Levi, sono qui."
"Mh."
Non era di sotto, ma di fronte a me. Che stesse aspettando l'uomo?
"Che succede? Sei stata dieci minuti buoni a fissare la maniglia della porta."
"Ah ehm... nulla..."
Lui inarcò un sopracciglio e mi squadrò tenendo le braccia incrociate.
"Sicura?"
Esitai. Cosa avrei dovuto dirgli?
Il ragazzo si grattò la testa.
"Bah, come vuoi."
"Piuttosto, che ci facevi tu qui davanti alla porta? Non dirmi che aspettavi me. Deve arrivare qualcuno?"
"No, nessuno."
Nessuno?
Probabilmente non lo avrei rivisto più e non voleva neppure dirmelo?
"Quattrocchi, sei sicura di stare bene?"
".....sì."
Guardavo per terra: non capivo.
Cercavo di autoconvincermi del fatto che non dovesse davvero venire nessuno e che mi fossi immaginata tutto.
Non riuscii a trattenere una lacrima, e mi sorpresi nel sentire la sua mano sfiorarmi il volto per asciugarla.
"Hanji?"
"Se io me ne andassi, come ti sentiresti?"
Mi guardò sorpreso, come se non si aspettasse minimamente una domanda del genere. Oppure come se fosse proprio quella che temeva gli facessi. Sembrava nervoso.
"Che razza di domanda è?"
"Rispondimi."
Il corvino ci pensò un attimo, poi sospirò.
"Sarei triste."
Lo guardai: pareva sincero, e questo mi scaldò il cuore.
"Allora non me ne andrò." Conclusi, con un mezzo sorriso sul volto.
Il ragazzo fece qualcosa a metà tra l'accarezzarmi la testa e l'arruffarmi i capelli.
"Certo che non te ne andrai."
Sembrava davvero triste, come se si sentisse colpevole, o almeno io interpretai così i suoi gesti.
Detto questo, si voltò ed entrò nella sua stanza.
"Io no. Ma tu?" Sussurrai prima di seguirlo.
Il ragazzo si avvicinò al violino e lo prese.
"Ho composto una cosa..."
"Oh bene, fammela sentire..."
"È... ah, lascia perdere."
"Eh?"
Iniziò a suonare.
Come tutte le sue melodie, era straziante, ed ogni nota faceva tremare il cuore.
Ma era un po' diversa.
Mentre suonava guardava me.
E questa canzone non parlava di qualcosa di etereo, come potevano essere le altre.
Questa era una lettera di scuse.
"Levi cosa... cosa vuol dire..."
Ma lui continuò a suonare senza dire nulla.
D'un tratto qualcuno aprì la porta, ed un uomo entrò nella stanza.
Quell' uomo.
"Allora, qual'è la tua risposta?"
Levi smise di suonare e, guardandomi tristemente, disse l'ultima cosa che avrei voluto sentire.
"Parto."
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Theme Song Capitolo 12:
Farewell
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