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Capitolo 1, Stridio

Era una mattina davvero fredda: il mio respiro si condensava creando nuvolette pallide e appannando i miei occhiali, mentre cercavo di scaldare mani ed orecchie intorpidite.

Nonostante fosse solo fine settembre, l'impressione era quella di essere in inverno inoltrato.

Camminavo nel silenzio di quella mattina, maledicendo il freddo e la scuola, che già mi aveva stancata dopo sole tre settimane.

Era alquanto irreale sentire solo il rumore dei miei passi: non una folata di vento, né il cinguettio degli uccelli. Regnava il completo silenzio.

Ma, svoltato un angolo, mi sembrò di sentire qualcos'altro.

Non capivo cosa fosse, poiché era un suono davvero distante, ma era diverso da ciò che ci si aspetta di sentire la mattina presto.

Mentre cercavo di capire la natura di quel suono, venni interrotta da un rumore di passi dietro di me, ed una voce:
"Hanji! Buongiorno!"

Era Moblit, un mio amico d'infanzia. Ci conoscevamo da parecchi anni, e stavamo sempre insieme.

Quando ero più piccola avevo una cotta per lui, ma in quel momento non avrei saputo dire se mi piaceva ancora.

"Hey, Mob" risposi, mentre il biondo si dirigeva verso di me.

"Come stai? Ti vedevo pensierosa.. qualcosa non va?"

Restai un attimo in silenzio, nel tentativo di risentire il suono di prima, ma non riuscii a sentire nulla, dunque ipotizzai di essermelo immaginata.

"No, tutto bene..."

Arrivammo a quella scuola superiore che tanto odiavo.

Esitai ad avvicinarmici: ero stanca di ricevere sempre quegli sguardi così disprezzanti dei miei confronti, e di sentire i soliti commentini intelligenti che mi venivano rivolti ogni mattina.

Speravo che magari un giorno tutti si sarebbero dimenticati della mia esistenza e avrebbero designato una nuova vittima, ma sfortunatamente quella mattina non fu diversa dalle altre.

"Hei quattrocchi"

Sospirai al sentire di nuovo quel soprannome.

"No... non di nuovo" pensai.

Ma di fronte a me si stagliò la figura fin troppo familiare di Erwin, il bullo della scuola, che per qualche motivo aveva deciso che prendermi in giro fosse particolarmente soddisfacente.

"Cos'è quell'espressione? Andiamo, non sei felice di rivedermi?"

"Non particolarmente, a dirla tutta..."

Il ragazzo fece un sorrisetto disgustoso.

"Simpatica..."

Sgranò improvvisamente gli occhi, e con fare teatrale, esclamò:

"Ohhh Hanji, che hai fatto al naso? Ti hanno picchiata? Perché è veramente gonfio.. dovresti farti vedere da un medico!"

Tutti i presenti in sala scoppiarono in una risata fragorosa. Avvampai dalla rabbia.

"Il mio naso sarà anche gonfio e grosso, ma mai quanto il tuo quando te l'avrò spaccato!"

Mi pentii quasi subito di averlo detto. Sentii la mano di Moblit sulla mia spalla.

"Hanji... andiamo via..." mi sussurrò.

Ma era troppo tardi.

"A chi hai intenzione di spaccare il naso!?"

Erwin iniziò ad avvicinarsi. Ero pietrificata: mi aveva già preso a pugni più volte, ed era stato piuttosto doloroso.

Se Moblit in quell'istante non mi avesse presa per mano e portata via di corsa, probabilmente non sarebbe finita molto bene.

Mi portò in uno stanzino e chiuse la porta.

Avevo il respiro affannato: avevamo corso più veloce che potevamo.

"Moblit... anf.... grazie..."

Il biondo arrossì e guardò per terra, imbarazzato.

"Di nulla, Hanji... Io ti aiuterò sempre, perché ti sono amico... però tu dovresti smetterla di provocarli ed essere più indifferente: vedrai che prima o poi la smetteranno di infastidirti"

"Facile da dire per qualcuno che non viene preso di mira senza motivo"

Lui non rispose. In fondo, non c'era nulla che potesse dire.

Al suono della campanella, uscimmo con cautela dallo stanzino e ci dirigemmo in classe: passai le lezioni a cercare un modo per poter percorrere il tragitto da scuola a casa senza farmi trovare da Erwin ed i suoi amici.

Ma appena uscii dalla classe, finite le lezioni, ecco Erwin dirigersi verso di me.

"Abbiamo un conto in sospeso, quattrocchi..."

Corsi di nuovo, più veloce che potevo, lungo il viale alberato dove passavo ogni mattina.

"Se torno a casa scoprirà dove vivo, e non posso permetterglielo."
Pensai.

Svoltai in un vicolo ceco: ormai non potevo più tornare indietro, ma non c'era modo di proseguire.

Mi accucciai per terra, in un angolino, pregando che non mi trovasse.

In uno scontro diretto, il mio corpo, così minuto rispetto al suo, non poteva in alcun modo competere con la sua forza.

In quel silenzio angosciante, sentii un suono stridulo e piagnucolante.

Era il suono sentito quella mattina... ma cos'era?

Restai in ascolto:

Sentii dei passi nella mia direzione.

E ed il lento stridio di un violino.

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Due parole all'autrice

Grazie mille a chi è arrivato fino in fondo al primo capitolo!
Non sono molto esperta e ho molto da imparare, dunque apprezzo qualsiasi tipo di commento, positivo o negativo che sia.
Spero che qualcuno abbia voglia di leggere questa storia, ahaha.

Al prossimo capitolo ;)

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