The Violinist
Non avevamo fatto niente di male nella vita. Forse avevamo detto qualche bugia bianca. Una di quelle piccole e innocenti. Forse avevamo rubato qualche matita da per terra o qualche elastico per capelli. Nulla di troppo grave. Forse abbiamo litigato pesantemente tra di noi. Ma abbiamo sempre risolto.
Tutto ciò che era normale fare, almeno una volta nella vita.
Ma... non ci meritavamo questo destino.
Era un dì di festa. Un Sabato, lo ricordo ancora.
Mi trovavo nella sua casa ed eravamo intenti a suonare la Sinfonia n. 9 di Ludwig Van Beethoven.
Lei con il suo pianoforte.
Io con il mio violino.
Eravamo in perfetta sintonia, almeno finché lei non sbagliò una nota.
-Scusa! Colpa mia!- Gridacchiò allarmata lei, mettendosi una mano tra i capelli scuri. Io le sorrisi, abbassando l'archetto.
-Non preoccupartene, Val. Sbagliare è umano.-
Lei annuì, guardandomi con i suoi grandi occhi castani.
-Va bene, Mikael.-
-Riproviamo, forza.-
Le consuete due ore di allenamento terminarono, così riposi il mio violino dentro la custodia.
-Bisogna lavorarci ancora.- Affermai io, voltandomi verso la castana.
-Magari domani. Ora mi fanno male le dita.- Ridacchiò lei, lasciando le sue mani in balia della gravità e scuotendole leggermente, facendo sembrare fossero fatte di gomma.
Tra le mie labbra si fece spazio una risatina divertita, seguita da un semplice -Certo.-
Val si voltò verso il suo pianoforte, chiudendolo, così da proteggerlo in parte dalla polvere.
-Vado a preparare il tè.- E poi sparì nella cucina.
Era una nostra tradizione, se così si può dire, prendere una tazza di tè subito dopo le prove, magari in compagnia di qualche pasticcino.
-No! Ho dimenticato di comprare i biscotti!- Gridacchiò lei, tornando nella stanza del piano con solo due tazze fumanti di tè, trovando me intento a ridacchiare divertito.
Sapevo bene quanto fosse sbadata e di quanto si dimenticasse spesso di fare le cose. Val era un giovane molto distratta, ma innocente. Adoravo i suoi toni bambineschi e goffi. Il suo viso innocente ed il suo tono di voce stridulo.
Non era una di quelle persone che potessi definire "completamente indipendente". Più che altro, sembrava una di quelle bambine che, non appena un adulto gli avesse detto di essere piccolo, lei avrebbe risposto -Io sono grande!- accompagnato da un paio di paffute guance gonfiate.
Adoravo il suo modo di provare a dimostrarsi grande ed indipendente, ridacchiando leggermente quando falliva.
Non fraintendemi.
La mia non è una risata derisoria, volta a scoraggiare la propria vittima. Al contrario, era una semplice risatina divertita. Completamente innocente e senza alcuna intenzione di offendere.
Tuttavia, se c'era qualcosa in cui lei fosse eccezionale, era suonare. Lei ed il suo pianoforte erano una cosa sola. Inseparabili e perfetti nella loro melodia.
Se Val sembrava una bambina la maggior parte del tempo, quando suonava riusciva a trasportarti come nessun altro in un mondo armonico. Passava da bambina a maestra. Ed il suo talento nel pianoforte era inconfutabile.
-Ci ho pensato io, sta tranquilla.- Le dissi dolcemente, mostrandole una scatolina dalle sfumature rosa, apparendo come una soffice nuvola di zucchero filato. I suoi occhi castani si illuminarono al solo vedere la confezione.
-Ho preso quelli al cioccolato. I tuoi preferiti.- Le dissi sorridente, aprendo la confezione. Lei mi abbracciò di scatto, rischiando di farmi persino cadere l'intera confezione a terra.
-Grazie, Mikael!- Esultò lei, donandomi un bacio a stampo. Sorrisi, perdendomi nei suoi occhioni castani, per poi poggiare la scatola sul tavolino, in mezzo alle due tazzine bianche.
Ne prese immediatamente uno, immergendolo nel suo tè al limone.
La imitai, assaporandomi il dolce sapore del cioccolato, misto al mio tè verde.
-Domani è l'ultima prova.- Le dissi, vedendola annuire.
-Saremo bravissimi Venerdì!- Esultò Val con la bocca tutta sporca di cioccolato. -Spero solo di non fare nessun pasticcio.- Continuò poi ridacchiando e leccandosi le labbra per mangiare le briciole del cioccolato.
-Sarai bravissima. Sei la maga del pianoforte, non dimenticarlo.-
-Parla il maestro del violino.-
Scoppiammo in una breve risata. Interrotta solo dall'orario. Si era fatto tardi e non potevo trattenermi ancora con lei.
-Vai già via?- Mugugnò lei dispiaciuta. -Non puoi fermarti un altro pò?-
Io scossi la testa.
-Mi spiace, Val.- Le diedi un breve bacio a stampo, prima di continuare. -Ma fuori si sta facendo buio e preferisco arrivare a casa senza qualche spiacevole sorpresa.-
La castana mugugnò un semplice -Ok.- seguito da un -Mandami un messaggio appena arrivi.-
-Certamente.-
Uscì dalla casa, sistemandomi in spalla la custodia del violino. Qualche biscotto era avanzato, ma ho preferito lasciarglielo, visto che erano i suoi preferiti. Ci avrebbe fatto colazione il mattino seguente.
A pochi metri dal mio appartamento in affitto, il telefono iniziò a vibrare. Lo presi in mano, guardando il mittente della chiamata: Pauline. La mia ex fidanzata. Abbiamo iniziato a frequentarci il primo anno di liceo. Non era niente di serio, solo pochi baci. Nulla di più, nulla di meno.
Già a quei tempi sapevo suonare il violino più o meno bene e non posso negare che sia decisamente migliorato con il tempo. Il professore di musica, notando la mia abilità, ma anche la mia incapacità di mantenere un ritmo costante, mi ha consigliato di allenarmi con un pianista. Non era nulla di serio, all'inizio. Doveva essere un semplice gioco, un passatempo, un hobby. Il professore mi fece conoscere Val e così iniziammo a suonare insieme.
A Pauline diede immediatamente fastidio. Mi fece subito delle domande riguardanti Val e, inizialmente, mi sembrò avesse capito che era solo un'amica che mi aiutava a prendere il ritmo con il violino. Quando un giorno le diedi buca per uscire a prendere il caffè con Val, fu una tragedia. Iniziò a dire che non fossi un bravo fidanzato, nonostante uscissi con lei quasi tutti i pomeriggi e, delle volte, le comprassi dei fiori per farla contenta, ed aggiunse che la stessi tradendo con Val, solo perché sono uscito una volta con lei a prendere un caffè. Stavo perdendo lentamente la mia pazienza, ma decisi di ignorarla. La goccia che fece traboccare il vaso fu quando la vidi in compagnia di Val. La castana aveva il volto coperto dai suoi capelli e delle evidenti lacrime agli occhi. In quel momento, mi affrettai immediatamente a mettermi in mezzo. Pauline si sorprese quando mi vide stare dalla parte di Val. Ricordo persino cosa disse: -Sono la tua ragazza! Dovresti stare dalla mia parte!- dalla sua parte? Assolutamente no. Ha completamente perso la mia fiducia in quell'istante.
Sorprendentemente, fu lei a lasciarmi lì. Ma, non me ne importò. Era solo una relazione passeggera, neanche seria.
Io e Val, da quel giorno, iniziammo a vederci più spesso. Scoprì che adoravo vederla felice e come odiassi quando lei piangesse. A metà del mio terzo liceo, ci mettemmo insieme. Ricordo persino che mi dichiarai a lei nel bel mezzo di un teatro dove era appena terminato uno spettacolo. Le donai una rosa rossa. Mi allarmai un pochino quando si punse il dito, ma, vedendola ridere, sospirai di sollievo.
Questo è stato l'inizio della nostra storia e tutt'ora stiamo insieme.
Mentre Pauline... si è pentita di avermi lasciato ed ha iniziato a messaggiarmi di nuovo. Quando ha ricominciato? Casualmente, quando mi sono fidanzato con Val.
Mi reputo abbastanza intelligente da capire che non si tratti di una coincidenza.
Nonostante ciò, ho comunque deciso di donarle il beneficio del dubbio e, almeno per ora, sembrerebbe non ci siano problemi.
Poggiai il pollice sullo schermo del telefono, accettando la chiamata.
-Pronto?-
-Mikael? Ciao!-
-Ciao, Pauline.-
-Stai bene, tesoro?-
-Si, sto bene.-
-Perfetto! Usciamo domani?-
-Non posso, Pauline.-
-E perché?-
-Ho le prove domani. Lo sapevi.-
Eccome se lo sapeva. Non faceva se non chiamarmi sempre quando ho le prove. Si notava subito che voleva che dessi buca a Val.
-Non puoi saltarle qualche volta? Quel violino ti darà alla testa! Poi sei bravissimo! Al contrario di quell'altra. Ci esci ancora insieme?-
-Si, Pauline, ci esco ancora insieme.- Risposi infastidito dalla sua impertinenza. -E quell'altra ha un nome.- Aggiunsi.
-Si si, come ti pare.- ci fu un breve momento di silenzio. -Quindi domani proprio no?-
-Mi spiace, ma no.- Esordii convinto. -Ora devo andare, Pauline. Buona serata.-
Non attesi nemmeno la sua risposta, che chiusi la chiamata.
Solitamente non sono così scortese, ma con Pauline ce né bisogno.
Mi fermai davanti al cancello della palazzina, estraendo le chiavi dalla tasca.
Quella giornata passò in totale serenità.
Il giorno seguente uscii dall'appartamento in tutta fretta, prendendo di corsa la custodia del violino. Arrivai a casa di Val nel giro di dieci minuti, bussando alla sua porta. In pochi istanti trovai un radioso sorriso innocente ad accogliermi.
-Ciao, Mikael!-
-Buongiorno, Val.-
Entrai nella sua dimora, arrivando nella stanza dove era posizionato il piano. Lei mi seguì, subito dopo aver chiuso la porta.
Le nostre prove precedevano bene e ci ritrovammo ben presto a suonare Il volo del calabrone.
A sinfonia conclusa fecimo una breve pausa ed iniziammo a discutere sul brano appena suonato.
-A cosa ti fa pensare questo brano?- Mi chiese lei, voltandosi verso di me.
-Suppongo, al volo di un insetto. Immagino il loro battito delle ali frenetico e dinamico. Anche il titolo del testo dice che si tratta del volo di un calabrone. Perché? A te cosa fa pensare?-
Sembrò pensarci un pò sopra, alzando persino gli occhi verso il soffitto.
-Al tempo.- Iniziò, per poi voltare lo sguardo e guardandomi negli occhi. -Può sembrare strano, però mi fa pensare alla vita. Al tempo che scorre velocemente, senza fermarsi mai e di come la nostra vita sia breve. Il tempo fugge via, lasciandoci senza più niente tra le mani.-
Non risposi immediatamente alla sua affermazione. E ciò sembrò scoraggiare la castana, la quale abbassò lo sguardo.
-Trovo che sia una bellissima riflessione. Molto interessante, a mio parere.-
A questa mia affermazione, i suoi occhi parvero brillare ed un innocente sorriso si dipinse sul suo volto.
-Ti ringrazio, Mikael.-
Stettimo per ricominciare a suonare, quando il suono del campanello attirò la nostra attenzione.
Val sussurrò un lieve -Vado ad aprire.- per poi sparire nel corridoio.
Sentì il cigolio della porta aprirsi ed una voce squillante iniziare a parlare.
-Val... ciao.-
La conoscevo fin troppo bene. Quella voce squillante che iniziò a parlare con odio alla mia ragazza.
Mi alzai dal morbido divano crema, prossimo ad andare alla porta.
-Ciao, Pauline. Hai bisogno di qualcosa?-
-Mikael è qui?-
In quel momento arrivai alla porta e la guardai. In volto avevo il mio solito sorriso cortese. Non volevo di certo scatenare un litigio, soprattutto davanti a Val.
-Si, sono qui. Cosa ci fai?-
Gli occhi marroni di Pauline si incatenarono ai miei azzurri. Le sue labbra contornate dal troppo rossetto si curvarono in un sorriso raggiante.
-Sono venuta a trovarti, ovviamente. Hai detto che non potevi saltare le prove, così sono venuta a guardarti.- Si voltò verso Val con odio. -Posso?- Più che una richiesta, sembrava un ordine. Le sue parole sibilate dalla sua lingua biforcuta.
Val decise di non controbattere, facendole spazio. I capelli corti e biondi di Pauline oscillarono leggermente, al ritmo dei suoi passi.
Il piacevole clima che si creava ogni volta nella casa di Val si era appena distrutto.
Pauline non faceva altro che guardare male la castana, mentre lodava il mio modo di suonare.
-Quindi quando sarà il concerto?-
-Venerdì.-
A rispondere fu Val e subito l'altra si scagliò contro di lei.
-Stavo parlando con Mikael.- E puntò il suo sguardo su di me.
-Come ha detto Val: Venerdì. Dobbiamo trovarci lì alle tre del pomeriggio.-
Pauline battè le mani.
-Ho un idea! Ti accompagno io!- Esultò come se avessi già accettato.
-Ti ringrazio per l'offerta, ma devo declinarla. Io e Val andremo a teatro in bici.-
-Così ci teniamo in forma!- Aggiunse la mia ragazza ridacchiando entusiasta.
Questo, almeno, era uno dei motivi per il quale avevamo scelto la bicicletta, piuttosto che la macchina. Il principale era che nessuno dei due possedeva una macchina. A dirla tutta, Val non aveva nemmeno la patente! Forse, dati i notri ventun'anni appena compiuti, ciò potrebbe provocare un leggero imbarazzo, ma... così non era. Se non abbiamo abbastanza denaro per comprare una macchina non bisogna farne una tragedia. Persino i nostri strumenti ci sono stati regalati!
Semplicemente, a noi due stava bene così.
Infondo, per prendere la patente e compare una macchina c'è sempre tempo.
Pauline sbuffò sonoramente, visibilmente sconfitta. Ma, poco dopo, si formò un falso sorriso sulle sue labbra.
-Ti verrò a vedere comunque, Mikael. Sarai il migliore su quel palco.-
-Ti ringrazio, Pauline. Ora, se non ti spiace, si è fatto tardi. È meglio se torni a casa.-
Lei ci pensò su un attimo, mettendosi un dito sotto il mento.
-Va bene. Ci vediamo Venerdì, Mikael.-
Subito dopo, mi scoccò un bacio sulla guancia, lasciandomi probabilmente il segno del suo fastidioso rossetto, per poi andarsene. Non si degnò nemmeno per un secondo di guardare Val.
Mi voltai verso la ragazza non appena Pauline fu fuori dall'abitazione.
-Perdonami, Val. Non avrei mai pensato che venisse qui.-
-Non preoccuparti...- Sussurrò con un fil di voce. Era evidente quanto le importasse il giudizio degli altri. Probabilmente si stava chiedendo cosa avesse fatto di sbagliato per meritarsi l'avversità di Pauline.
Tutt'oggi, io mi chiedo ancora cosa abbia fatto di sbagliato per meritarsi quello che sarebbe successo dopo.
Quella giornata terminò così. Lasciando ad entrambi l'amaro in bocca.
Il tempo volò via, velocemente come le ali del calabrone.
Il Venerdì era giunto alle porte ed una fresca giornata di sole mi accolse con i suoi lievi raggi di luce.
Avevo pulito la bicicletta la serata prima e gonfiato per bene le gomme. La prossima tappa era la casa di Val.
Le avevo lasciato la mia camicia bianca a casa sua circa due giorni prima. Per l'evento dovevamo avere una sorta di divisa. Avevamo optato per un papillon rosso, camicia bianca e pantaloni neri per me -con scarpe abbinate-, mentre gonna nera per lei -con le consuete scarpe-.
All'ultimo secondo, a Val frullò un idea: -E se avessimo un simbolo? Uno stemma, insomma.-
Le dissi che era un idea carina e lei, di punto in bianco, affermò di voler cucire una chiave di violino su entrambe le nostre camicie. Proprio all'altezza del petto.
Non era un idea malvagia e non vedevo l'ora di vedere la sua opera.
Quando mi ritrovai a tenere in mano la camicia ed osservare la chiave di violino ne fui estasiato. Non ci pensai due volte a metterla.
-Sei stupendo!- Esordì lei, guardandomi con occhi pieni di meraviglia.
Se proprio dovevo dirla tutta, la più bella tra i due era lei. I suoi capelli cioccolato legati in una raffinata mezzacoda. I vestiti ordinati ed un leggero filo di trucco, impercettibile, ad ornarle il volto.
L'unica cosa che ci distingueva -oltre al trucco, ovviamente- era la pettinatura dei capelli. Lei una mezzacoda, io una coda laterale. Ma entrambi legati in un leggero nastro nero.
Guardando l'orario, decidemmo di metterci in marcia. Mi sistemai per bene la custodia del violino in spalla, mentre lei aveva solo una piccola borsetta, contenente gli spartiti.
Sapevamo benissimo che il teatro era fornito di un suo pianoforte, per questo non ce ne preoccupammo.
Controllai per bene una scatolina posta nella tasca.
Erano cinque anni che stavamo insieme. Forse questo era un passo affrettato, ma non mi interessava. Volevo solo stare con lei. Con lei e nessun altri.
Le avrei fatto la proposta proprio alla fine dell'esibizione. Con una rosa rossa in mano, proprio per ricordare il giorno del nostro fidanzamento, e l'anello.
Non sapevo che, non avrei mai avuto una risposta.
Il terrore inondò il mio sguardo quando sentì il suono di una sgommata. Degli spartiti volarono via, completamente stropicciati dal vento. L'asfalto grigio inondato da un liquido scarlatto.
Quando mi voltai, il mio cuore perse un battito.
Val si trovava a terra, distesa in una pozza di sangue. La bicicletta, ormai rotta a causa dello schianto, si trovava anch'essa a terra, proprio vicino al corpo della giovane. Le ruote giravano ancora.
Il conducente scese dall'auto per correre in soccorso, ma non c'era più niente da fare.
La donna della mia vita era morta lì. In un incidente stradale, su un freddo asfalto.
Sapevo quanto Val fosse capace di andare in bicicletta ed il conducente non era ubriaco e riuscì persino a vedere il telefono poggiato sul sedile accanto al suo, facendomi intuire che non fosse nemmeno al telefono.
Poi, i miei occhi azzurri si soffermarono sulla bicicletta. I freni evidentemente tagliati da qualcuno.
Val non poteva frenare. E così è stata condannata a morte.
La paura ed il terrore venne sostituito da rabbia e rancore.
Lei non lo meritava. Non meritava tutto questo ed io l'avrei vendicata. Non importava se ciò avrebbe significato perdere la mia umanità. Avevo già perso il mio amore, il mio futuro... la mia luce. L'umanità era un prezzo che potevo pagare.
I soccorsi arrivarono nel giro di dieci minuti o forse venti, non lo so. Il tempo passava, ma io non mi muovevo da lì, accecato dalla rabbia.
Conoscevo già il responsabile di tutto questo, anzi, la responsabile. E giurai su ogni divinità esistente che l'avrebbe pagata cara. Eccome se l'avrebbe pagata.
Tornai a casa senza più una luce a rispendere il mio volto.
Nell'esatto momento in cui lei morì, anche io feci la sua stessa fine.
Non ebbi nemmeno la possibilità di dirle quanto la amavo, di darle un ultimo abbraccio o un ultimo bacio. Il tempo se l'era portata via. No... qualcuno aveva venduto la sua vita al tempo. Ed io avrei fatto la stessa cosa con la colpevole di questa tragedia.
Lasciai sul comodino la scatolina contenente l'anello, assieme alla rosa rossa. Poi uscii.
L'unica cosa che mi restava di lei era la musica. La musica che tanto ci legava, sembrava averci separati. Ma io avrei continuato a suonare per lei. Per lei e per nessun altri, nella flebile speranza che prima o poi possa udire il mio canto disperato dentro le mie note maledette.
Mikael era morto con lei.
Il Violinista era appena nato, dentro questo corpo dannato.
Quel giorno morirono tre persone: Val, Mikael e... Pauline.
Quella stessa notte, quando udì il mio violino suonare, le feci una semplice domanda.
-Cosa cerchi nel suono del mio violino?-
La risposta che mi sono dato, fu la morte.
Le sue parole potrebbero essere state diverse, ma sapevo benissimo che l'ha cercata.
Ed io gliel'ho donata.
Gentile da parte mia, non trovate?
La mia esibizione si concluse ed un velo nero si posizionò sopra il suo capo.
Lo spettacolo era terminato. E così anche la sua vita.
-Lo spettacolo si è concluso. Addio.-
•Spazio autrice•
Eccolo!
Lui è il mio pampyno!
Spero che Mikael vi sia piaciuto ^-^
Ci tengo particolarmente a sapere la vostra opinione con un commentino.
Se vi è piaciuto lasciate anche una stellina!
Boh... se avete domande da porre al mio piccolo Violinista potete farle con un piccolo commentino. Non so se risponderò con un commento oppure se preferite un capitolo Ask. Ditemi voi quale delle due opzioni preferite (ovviamente in caso ci siano domande) XD
Eh niente.
Zau!
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