Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Intro | Popular monster

Il ronzio dei macchinari era diventato una costante nella sua esistenza. Un suono sottile e meccanico che sembrava vibrargli direttamente nelle ossa, come un promemoria incessante che nulla in quel posto era umano. Nemmeno lui.

Non ricordava più da quanto tempo fosse lì. Giorni, settimane? Era irrilevante. Ogni istante si fondeva con il successivo in un ciclo infinito di dolore e immobilità. Quel maledetto posto aveva inghiottito tutto con una coltre di silenziosa indifferenza. Il genere di indifferenza e di silenzio che non portano pace, ma ti riempiono la testa di rumore, di pensieri che non smettono mai di correre. Pensieri su tutto quello che aveva fatto, tutto quello che aveva perso, e tutto quello che non sarebbe mai potuto essere.

Pensieri che diventavano sempre più rumorosi, come un fiume in piena che non riusciva a controllare.

Ma c'era qualcosa... qualcosa oltre il ronzio costante, oltre il dolore, che lo teneva sveglio nelle notti infinite di solitudine con se stesso: la rabbia.

Era bloccato in un bozzolo di tubi e metallo, il corpo piegato e consumato da anni di autodistruzione. I suoi polmoni, devastati dal fuoco che una volta lo aveva definito, si riempivano di aria solo grazie a quei maledetti macchinari. Ogni respiro era una lotta, un rantolo soffocato che gli ricordava quanto fosse lontano dal controllo che un tempo possedeva.

Non era vivo. Non era morto. Era solo... intrappolato.

Ogni movimento, ogni pensiero, ogni istante era accompagnato da un dolore sordo che non andava mai via. Eppure, quel dolore era niente rispetto a quello che sentiva dentro.

La sua unica mano rimasta – o meglio, ciò che ne rimaneva – era immobile, ma la sentiva comunque bruciare. Una sensazione fantasma che non lo abbandonava mai, un'eco del passato che lo tormentava in ogni istante. Il fuoco, che una volta era stato suo alleato, non lo aveva solo consumato. Lo aveva tradito, riducendolo a questo.

«Mostro...», sussurrò, la parola che si spezzava come un soffio d'aria tra le sue labbra rovinate.

Era così che lo chiamavano, giusto?
E chi poteva biasimarli?

Era questo ciò che era diventato, questo ciò che aveva scelto di essere. Ma non potevano capire. Nessuno poteva capire.

"Non capiranno mai..." pensò. "Non capiranno mai cosa significhi vivere in un corpo che ti tradisce...in un mondo che ti rigetta."

Si era raccontato una storia per anni. Si era convinto di essere nel giusto, che bruciando tutto avrebbe trovato una sorta di redenzione.
Ma ora?

Un corpo bruciato, un volto che sembra uscito da un incubo, un cuore che non batteva più per niente e nessuno.

Solo un mostro, il loro mostro, e lo sapeva.

«Non volevo diventare questo...» mormorò, la voce un sussurro graffiato che si perdeva nella stanza. «Volevo solo essere visto. Essere sentito...»

Ma non c'era nessuno ad ascoltare. Non c'era mai stato nessuno.

Aveva creduto che sarebbe stato diverso. Aveva creduto che distruggere tutto lo avrebbe liberato. Ma non era accaduto. Ogni cosa che aveva toccato si era ridotta in cenere, e lui era rimasto con il nulla tra le mani. Anche la sua vendetta era vuota.

E ora? Ora era bloccato in quell'inferno, con un corpo che si rifiutava di morire e una mente che non smetteva di tormentarlo. Ogni obiettivo che si era posto, ogni sogno di rivalsa, ogni speranza di essere visto, sentito, capito... fallito.

Era colpa sua? O era il mondo ad averlo reso così? Aveva scelto di diventare un mostro, o era sempre stato destinato a esserlo? Quelle domande lo perseguitavano, lo laceravano. E non c'era nessuno a cui chiedere risposte. Non c'era mai stato davvero nessuno.

Un suono improvviso ruppe il flusso dei suoi pensieri: il sibilo metallico della porta che si apriva.

Non si mosse, o meglio, non poteva farlo. Ma sollevò lo sguardo, i suoi occhi stanchi si spostarono verso la figura che entrava nella stanza.

Era una guardia. O forse una macchina con un volto umano. La differenza era irrilevante.

L'uomo anticipava l'arrivo di un'altra figura che lui ben conosceva, che entrava con passo calcolato e portamento rigido, vestito con abiti formali. Alto, severo, con un'aria di autorità che traspariva perfino dal suo sguardo, funereo come la sua giacca.

Il suo avvocato si fermò accanto alla guardia e, con voce piatta, iniziò a parlare: «Porto cattive notizie, signorino. La sentenza è stata resa definitiva.», disse. «Detenzione a vita, senza possibilità di libertà condizionale.». La sua voce era calma, ma priva di ogni traccia di empatia.

Non c'era sorpresa. Non c'era neanche rabbia. Era solo... inevitabile.

E quell'avvocato di sicuro lo odiava. In fondo, per lui, era solo uno dei tanti lavori.

Non rispose, perché non ce n'era bisogno. Non provò a muoversi, non cambiò nemmeno espressione. Perché avrebbe dovuto? Niente di quello che avrebbe detto avrebbe cambiato qualcosa.

Poi, come se stesse leggendo un manuale, continuò: «Inoltre hanno imposto un obbligo: deve ricevere visite da chiunque desideri interrogarla o parlarle.»

Rise, o almeno ci provò; ne uscì un suono spezzato, quasi un colpo di tosse. «Visite, eh? Vogliono sfruttarmi fino alla fine, immagino. Dovrei sentirmi onorato di porter servire a quegli eroi del cazzo...»

Li disprezzava.

Disprezzava tutti coloro che il sogno di una vita l'avevano raggiunto. Che cosa li rendeva migliori di lui? Non avevano comunque anche loro del sangue sulle mani? Non avevano comunque piegato e distrutto tutto per costruire il loro mondo perfetto?

«Non potrà rifiutarsi. Ma non credo sia nemmeno in grado di farlo.»

Non poté fare a meno di emettere un suono spezzato, una risata stanca che si trasformò in un nuovo colpo di tosse. «Dio! Sei un cazzo di genio, elegantone!».

L'avvocato non rispose.

«Bella merda...», mormorò poi a voce roca. «Non vedo l'ora.»

La guardia e l'avvocato non dissero una parola. Non c'era nulla da rispondere, in fondo.
Voltarono solo le spalle e se ne andarono, lasciando lui e le macchine a continuare il loro eterno dialogo.

A stanza di nuovo vuota, fissò il soffitto, cercando di ignorare il peso insopportabile del suo corpo, della sua mente. Se avesse potuto, avrebbe urlato. Ma non c'era nessuno da colpire, nessuno da ferire. Solo lui.

«Tutti a vedere il mostro...», sussurrò di nuovo, le sue labbra che si muovevano appena. «Il circo è aperto. Venite stronzi. Venite a vedere il relitto umano. Venite a vedere il mostro...», rise. Rise tossendo, perché era quello: un mostro in gabbia, e niente avrebbe ormai cambiato quella condizione.

Non c'era più vendetta.
Non c'era mai stata redenzione.
Non ci sarebbe stata più pace.

Ma, forse, pensò che quello era meglio di niente. Meglio di essere dimenticato.

E mentre la notte si allungava su di lui e sul suo corpo stremato, si chiese se un giorno anche quel ronzio si sarebbe fermato.

E cosa sarebbe rimasto di lui, allora?

I'm a liar, I'm a cheater, I'm a non-believer
I'm a popular, popular monster
I break down, falling into love now with falling apart
I'm a popular, popular fucking monster
~ Falling in Reverse ~

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro