Capitolo 8
Spazio Autore
Scusatemi tantissimo per non aver aggiornato prima ma purtroppo sono stata caricata di impegni e quindi mi è rimasto difficile scrivere. Mi perdonate?
Ecco a voi il mio nuovo capitolo spero vi piaccia.
Dopo quella bella visita in camera mia ero ancora più terrorizzata. Pensavo che a Baker Street fossi al sicuro ma non era così. Camminavo avanti e indietro per la stanza guardando continuamente l'orologio, dovevo assolutamente parlare con Sherlock. Sentii vibrare il telefono nella mia mano, sperando fosse Sherlock ma quando andai a vedere il messaggio delle lacrime mi uscirono incontrollate. Esso diceva:
<<Ah, quasi dimenticavo. Non parlare con nessuno soprattutto con Sherlock del nostro piccolo incontro, non vorrai mica che io diventi cattivo. Un bacio principessa, al prossimo incontro😚>>
"Che bastardo figlio di... Bene. Adesso sono sola contro quel pazzo. Ma perché io?! Perché!" pensai.
Andai in cucina e mi feci un thè caldo cercando di calmarmi, guardai l'orologio, era già l'ora di pranzo ma sinceramente la fame mi era passata. La prossima volta sarò pronta. Non riuscirà a vincere. Non questa volta. Aveva incominciato a piovere, le strade ancora pullulanti di gente e di macchine come se fosse ancora bel tempo. Ombrelli colorati si muovevano tranquilli per i marciapiedi, sembravano pennellate colorate su una città grigia, come se rappresentassero delle emozioni che passano nel cuore delle persone. Mi ero fermare a contemplare quel particolare spettacolo, assorta nei miei più cupi pensieri e nella malinconia, mi sentivo senza energie come se una forza sconosciuta me l'abbia stappate via, lentamente. Nel mezzo di quegli ombrelli colorati, davanti a me c'era un uomo che guardava nella mia direzione, non lo conoscevo, era alto, biondo muscoloso, vestito completamente di nero, mi guardava ghignando. Rimasi perplessa ma poi un idea mi balenò in testa così presi il cappotto e uscii di corsa. L'uomo appena mi vide incominciò a camminare velocemente e io lo seguii attraverso la numerosa folla. La pioggia era fredda, mi graffiava la pelle ma non mi importava, speravo solo di non perderlo. Si muoveva velocemente, elegante come una tigre, facevo fatica a raggiungerlo per le troppe persone. Spingevo tra la gente, correvo, ma dopo un attimo non lo vidi più. Mi fermai e con il fiatone mi guardai intorno cercando di ritrovarlo, vidi un vicolo stretto un poco più avanti e ricominciai a correre. Lo ritrovai, correva e con sorprendente agilità superava i cassonetti e i sacchi di immondizia sparsi in giro. Correvo a perdifiato e sentivo la sua risata rimbombare nel vicolo. All'improvviso si fermò, era davanti ad un muro, finalmente in trappola. Rallentai e mi avvicinai mentre lui ghignava, stavo per gridargli contro ma non ci riuscii perché non vidi più nulla se non oscurità e un dolore acuto invadermi.
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La testa pulsava e un fischio acuto risuonava nelle mie orecchie. Provai a muovermi ma mi accorsi di essere legata con dello scotch. Ero in un furgone, ma purtroppo non riuscivo a capire molto a causa della mia vista offuscata e del buio. Ero appoggiata a delle casse ed ero coperta da un telo di stoffa, ero indolenzita e avevo una strana nausea. Fortunatamente portavo sempre con me un taglierino dentro i pantaloni, era piccolo così da poterlo nascondere facilmente. Cercai di prenderlo ma mi cadde a terra. Sudavo freddo, avevo paura che mi potessero scoprire. Mi abbassai un po' e riuscii ad arrivare al manico e con mia gioia riuscii a prenderlo. Aprii la lama facendola scattare lentamente e icominciai a tagliare ignorando la testa che mi doleva. Due minuti dopo ero riuscita a liberare le mani e levare una parte dello scotch dalle caviglie. Finalmente libera mi massaggiai i polsi rossi e le caviglie. Gattonai piano piano vicino al portone del furgoncino tastando a terra e quando fui abbastanza vicina constatai che non si poteva aprire dall' interno ma solo dall'esterno. Imprecai dentro di me e cercai un altro modo per fuggire, cercai per un po' ma inutilmente. Il furgone incominciò a rallentare, subito mi risistemai nella posizione in cui ero da legata coprendomi bene con la coperta, avevo tanta paura. Si fermò. Sentii degli uomini avvicinarsi e sbloccare la porta. Appena si fossero avvicinati li avrei storditi e sarei scappata via il più lontano possibile. Aprirono le ante e una forte luce mi invase accecandomi. I due uomini facevano a gesti per comunicare, forse per non farsi riconoscere. Appena si avvicinarono e mi levarono la coperta scattai in piedi e con loro sorpresa li colpii ma purtroppo non gli feci quasi nulla. Mi misero le mani a dosso. Mi bloccarono. Ogni mio tentativo di liberarmi era inutile. Mi trascinarono fuori di forza, finalmente vidi dove ero. Ero in una villa molto lussuosa sorvegliata da dei cecchini sul tetto e da molte telecamere. Non riuscii a vedere molto perché uno dei due mi premette un fazzoletto sul viso, cercai di non respirare ma alla fine cedetti. Vidi sempre più sfocato poi di nuovo quell' insopportabile vuoto.
Mi svegliai di nuovo ma ero in una stanza buia e fredda. Appena provai a muovermi mi accorsi di essere legata ad un letto con delle stringe di cuoio. Giravo la testa per riuscire a capire dove fossi ma era troppo buio per capire qualcosa.
"Chi mi ha catturata e perché? Forse quel tizio di prima? Ma perché mi ha catturata adesso e non prima quando ero a portata di mano?".
Erano queste le domande che tormentavano il mia povera mente in un turbinio di emozioni incontrollabili. Un piccolo fascio di luce giallognola illuminò il contorno di una porta che si aprì inondando la stanza di luce. Era insopportabile così chiusi gli occhi. Sentii dei passi avvicinarsi e dei guanti schioccare. Dischiusi gli occhi appena ma poi li spalancai di colpo vedendo le pareti ripiene di attrezzi taglienti incrostati si sangue. L'aria sembrò rarefarsi all'improvviso. Speravo solo di uscire viva da li ma avevo paura che sta volta non sarei stata tanto fortunata. Speravo solo che Sherlock mi trovasse prima che fosse troppo tardi. L'uomo vicino a me aveva una maschera bianca in cui c'erano solo dei buchi per gli occhi e per il naso, stava maneggiando dei coltelli affilati decidendo il più adatto a fare il suo lavoro. Avevo paura ma sarei resistita almeno fino a quando non mi avrebbero trovata.
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