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The dragon slayer

"Il cuore strappato dal petto".

Una delle metafore con cui spesso gli esseri umani descrivevano un dolore acuto e insopportabile, anche se non nella sfera fisica, ma di quella dei sentimenti.
Tale metafora era, a detta del detective, completamente priva di senso: non era neppure plausibile, in quanto una tale pratica avrebbe decretato la morte totale del soggetto in questione.
Sta di fatto che quando le parole "Chi diavolo è John?" uscirono dalla bocca  del suo migliore amico, Sherlock fu più che matematicamente certo di stare provando esattamente  quella sensazione.
D'istinto, si alzò e indietreggiò piano, non solo per l'arma che lui seguitava a puntargli contro, ma soprattutto per quella frase da lui pronunciata.
-John... Ti pare questo il momento di scherzare?- disse, con un'ironia forzata, cercando di illudersi che quello che stava accadendo non fosse reale.
-Io non so chi tu sia. Né chi sia questo John- ripeté l'amico in tono piatto, privo di emozione, gli occhi vuoti: quasi più simile ad un robot, o ad un automa.- So solo che devo ucciderti.
Sherlock strinse le labbra, sentendo l'ira montare a dismisura.
- Che cosa ti hanno fatto??-mormorò, la voce carica di rabbia e dolore, quasi incrinata.
D'impulso, si avvicinò nuovamente, e tese la mano verso l'amico, ottenendo solo che lui sollevasse ancora di più l'arma verso di lui.
-Non ti avvicinare- gli intimò.

Il detective rimase immobile, abbassando lentamente la mano, i suoi occhi di ghiaccio piantati in quelli blu scuro dell'ex medico militare, entrambi in silenzio, come se l'uno aspettasse la prima mossa dell'altro.
Il mondo pareva essersi ridotto a quella stanza.
- John... So che sei ancora lì-gli disse piano, cercando di non mostrare quanto dolore stesse provando in quel momento.-Cerca dentro di te. Questo non sei tu.
Un leggero barlume di incertezza trasparì per un rapido istante dietro le iridi del medico: ma si spense con la stessa rapidità con cui si era accesa, e la sua espressione si indurì.
- Mi avevano avvertito. Hanno detto che avresti cercato di confondermi. Ho un solo compito-ripetè, sempre con quella voce così estranea.- Ucciderti.
Un sorriso appena accennato si fece strada sul volto del detective.
-No, John. Tu non lo farai-affermò, e la sua voce, ora, era calda e sicura: perché se c'era una delle poche cose di cui era certo, è che il suo migliore amico non l'avrebbe mai fatto; a prescindere da qualsiasi macchina o lavaggio del cervello.
La luce che aveva visto nei suoi occhi ne era la prova.
Così dicendo, infatti, fece un passo avanti,  e tese nuovamente la mano, arrivando a sfiorare la sua.
E fu in quel preciso istante che John Watson premette il grilletto.

L'esplosione generata dallo sparo rimbombò nella piccola stanza con una violenza quasi innaturale, mentre la pallottola centrava in pieno petto il consulente detective, che cadde all'indietro con una esagerata lentezza, quasi tutta la scena si stesse svolgendo a rallentatore.
E poi, tutto divenne nero, mentre la risata di Culverton Smith, folle e compiaciuta, echeggiava.

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Gli occhi di John si spalancarono di scatto, il battito del cuore accelerato come mai prima di allora, un sapore amaro in bocca, la fronte imperlata di sudore.
Un incubo.
Era stato solo un dannatissimo incubo.
Ma il buio... quello era reale.
Si trovava ancora nella medesima stanza metallica in cui gli avevano iniettato quel dannato sonnifero, ed era ancora legato.
Ma il suo cervello era ancora meravigliosamente integro e intatto.
Ancora non avevano iniziato su di lui quell'orribile pratica.
Forse il suo corpo stava opponendo resistenza a quella sostanza narcotizzante, permettendogli di riprendere conoscenza.
Con suo indicibile sollievo, John Watson esisteva ancora.
Ma per quanto tempo?
Quel momentaneo sollievo fu subito rimpiazzato da immagini di quell'incubo, ancora paurosamente vivido e reale nella sua testa.
Aveva ucciso il suo migliore amico.
Quasi senza battere ciglio.
Lo aveva visto cadere a terra morto.
Per mano sua.
Era a questo che volevano ridurlo.
Una macchina umana, che eseguiva gli ordini di quel sadico maledetto.
Strinse le mani a pugno, sforzandosi con tutto sè stesso di non soccombere nuovamente al sonno: chi poteva dire quando quell'orribile incubo si sarebbe mutato in realtà??

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- Signore, crede davvero che sia una buona idea?- Jasper Sitwell si rivolse dubbioso a Smith, ma continuando a tenere lo sguardo sul monitor di sorveglianza a infrarossi del laboratorio, che mostrava John seminincosciente.-Perchè non dare il via subito alla procedura?
-Ho le mie ragioni, come ti ho già detto-ribattè lui gelido, e anche il suo sguardo era rivolto al monitor.
-Sì, ma... Non era previsto che si risvegliasse dal narcotico-obiettò Jasper nuovamente, dubbioso.- E se opponesse resistenza anche al trattamento che...
- Ti ho già detto che la attueremo solo quando avremo Sherlock Holmes qui. Alla mia mercè-lo interruppe il killer, voltandosi a guardarlo, e stavolta minaccioso.- Si farà come dico io. Non costringermi a ripetermi.
Jasper strinse la labbra, palesemente contrariato; tuttavia, tacque.
Dopo pochi istanti, però, un ennesimo dubbio lo costrinse a riaprire nuovamente bocca.
- E se invece questo Sherlock Holmes avesse un piano? E se riuscisse a salvarlo prima della procedura?
Stavolta, un sorriso di sufficienza e quasi divertito sollevò le labbra di Smith, mentre dava a Sitwell un'amichevole pacca sulle spalle.
- Ti preoccupi troppo, vecchio mio- gli disse, con un tono stavolta amichevole.- Siamo perfettamente pronti per quando arriverà. E lui lavora da solo, sempre. Chi vuoi che chiami? Gli Avengers, magari??
Scoppiò in una risata, a cui Jasper, seppur riluttante, si unì, scuotendo la testa.
-Ci sono mostri contro cui nemmeno lui può avere la benché minima possibilità-rincarò la dose Smith, con diabolico compiacimento.
- E non è una metafora...- sottolineò Sitwell, rincuorato, mentre pensava alle squadre di Chitauri geneticamente modificati e pronti ai loro comandi: recuperarne alcuni corpi dopo la battaglia a New York era stata un'idea assolutamente geniale.
- Non pensa che lo S.H.I.E.L.D potrebbe...?
Culverton scosse la testa, un ghigno sempre stampato sulle labbra.
- Lo S.H.I.E.L.D. se ne è lavato le mani nel momento stesso in cui hanno capito che non era Ross, quello che abbiamo sequestrato-ribattè, con un ghigno.- È per questo che ho mandato il nostro... messaggio per lo scambio non più a loro, ma a Mycroft Holmes...

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"Non sono stato del tutto sincero con te".
Con questa frase Mycroft aveva esordito, dopo essersi chiusi in un stanza del Santuario. E, dopo una lunga spiegazione- e aver visto il messaggio dello scambio di Culverton Smith- Sherlock era ancora lì, seduto su una poltrona, lo sguardo ancora fisso sul monitor del pc ormai nero.
-Sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa-sibilò al fratello, senza però guardarlo in faccia.- Da quanto tempo? Da quanto tempo sapevi dell'esistenza di S.H.I.E.L.D, Hydra e Dio solo sa che altro??
Mycroft sospirò appena.
- Non è che ne fossi proprio a conoscenza. Diciamo che avevo qualche contatto con...
- Da. Quanto- ripeté il detective, e la sua voce era talmente gelida da intimorire persino suo fratello, che sospirò più forte.
- Più o meno da quando abbiamo trasferito Moran a Sherrinford-ammise infine.- È stato allora che sono stato contattato da... loro. Credevano che fossi informato su Gemme dell'Infinito e altre cose del... genere. Ma così non era. Come hai scoperto tu stesso, sia Richard Moriarty che Moran avevano rubato quella strana... reliquia senza neppure conoscere il suo reale... potere.-Il volto del politico quasi si arricciò, sulle parole "reliquia" e "potere". Nonostante tutto quello che aveva visto, neppure lui, come Sherlock stesso, sembrava voler arrendersi del tutto all'esistenza di cose del genere. Se il detective fosse stato dell'umore, avrebbe potuto persino trovare la cosa divertente, e punzecchiarlo con una delle sue frecciatine. Ma non in quel momento. Il suo sguardo era ancora fisso su quel monitor scuro.
-Volevano fare domande anche a te, ma li ho convinti che anche tu fossi all'oscuro di tutto. Pensavo che la faccenda si sarebbe conclusa lì. Invece, da quel momento, mi coinvolsero in qualche modo nella loro organizzazione, facendomi svolgere qualche incarico. Niente di serio, in verità. Nessun lavoro sul campo. Sai quanto io li detesti... Più, diciamo, passaggio di informazioni da loro ritenuti utili, come dati di personaggi di spicco del governo... I contatti, comunque, sono sempre stati sporadici -proseguì Mycroft.-Culverton, alias Zola, come poi mi è stato riferito, avrebbe dovuto essere trasferito in una delle loro prigioni di massima sicurezza. Non mi hanno neppure detto se fossero dello... S.H.I.E.L.D. A quanto ho capito, non esiste un unico organo. Soprattutto da dopo la sua caduta. Comunque, tutto è andato storto. Per fortuna, una loro spia era riuscita ad accedere alla Base Hydra e ha potuto informarmi del suo... piano, attraverso la mail di cui ti ho parlato. È arrivata subito dopo che Culverton ha scoperto di aver fatto rapire non Ross, ma il dottor Watson. E che il suo piano originale era cambiato.
Finalmente, tacque, e si voltò verso di lui. Ma poiché il silenzio da parte di Sherlock perdurava, chiuse il computer e gli si pose proprio di fronte, costringendolo a incrociare il suo sguardo.
- Ti posso giurare che non sapevo nulla di questo agente della CIA, o dei loro piani. Niente di tutto questo. Perciò non ti ho mai informato. Non volevo che Culverton si avvicinasse di nuovo a te. E ora che conosciamo la sua vera identità lo voglio ancora meno.

Un'espressione amara solcò il volto del riccio.
- E perché dovrei crederti?-mormorò, in un misto di amara ironia e rabbia.- Dopotutto, non sarebbe la prima volta che mi menti.
L'altro si irrigidí, cogliendo l'allusione a Eurus.
- Entrambe queste menzogne sono state fatte al solo scopo di proteggerti-ribattè.- Ci sono draghi che neppure tu puoi sperare di sconfiggere.
Le pallide mani del consulente detective si strinsero a pugno.
- Questo resta da vedere- ringhiò, mentre prendeva il computer e faceva per uscire dalla stanza: ma il fratello gli strinse il braccio, bloccandolo.
- Cos'hai intenzione di fare?- fece, quasi rabbioso.- Fare l'eroe solitario per l'ennesima volta?? Ficcarti in una trappola, di nuovo??
Uno strano sorriso si fece largo sul volto del consulente detective.
- ... Eroe, forse. Ma solitario no. Non stavolta.
Detto ciò, si liberò dalla stretta quasi all'istante, rivolgendo al fratello un'occhiata ancora furiosa, e uscendo dalla stanza.
Sherlock Holmes odiava chiedere aiuto, era vero: mai come allora, dopo ciò che aveva appreso, ne aveva bisogno.
... Ma sarebbe bastato?

Era così immerso in quei dubbi, e ancora tanto pieno di rabbia verso Mycroft, che andò letteralmente a sbattere contro il giovane Scott, sbucato all'improvviso dal corridoio.
- La stavo cercando, signor Holmes!!-disse questi, emozionato.- Stark dice che hanno localizzato il...!!
Ma si interruppe, vedendo lo sguardo rabbioso del detective e quello cupo del fratello maggiore, che lo aveva raggiunto.
-... Che sono queste facce da funerale??

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