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Strani colloqui

Non appena aveva sentito quella voce, Sherlock, senza perdere un solo istante, aveva portato la mano alla parte posteriore della cintola, sfoderando la sua pistola, e puntandogliela contro.
Culverton, però, non parve minimamente intimorito dall'arma.
- Devo ammetterlo, Signor Holmes, mi ha colpito. Lo scambio, e poi l'invasione nella mia base... Non me l'aspettavo, davvero.-Gettò un'occhiata al corpo di Banner, riverso a terra.- Ma forse avrebbe dovuto portarsi un partner più... efficiente.
- La ringrazio per il complimento-ribattè il detective, con un sorriso di scherno, ignorando la seconda precisazione, e senza distogliere mai lo sguardo dal suo nemico, impugnando la pistola con entrambe le mani.
Anche Culverton rispose col medesimo sorrisetto.
- Onore al merito. Comunque, le consiglio di metterla giù lentamente, e poi di calciarla verso di me-gli disse infatti, con una voce pacata ma grondante perfidia.
- Sì, certo. Come no-ribattè Sherlock, con ironico disprezzo, guardando John con la coda dell'occhio, che non sembrava più preda di quel dolore alla testa accusato poco prima.- Altrimenti, cosa pensa di fare? Non è nemmeno armato!
- Non ne ho bisogno- fu la replica di Smith, mentre un ghigno si allargava sulla sua faccia.- Mi basta fare questo!

E, nel dire ciò, sollevò la mano con cui stringeva quello strano oggetto che il detective aveva già notato, ma che non era riuscito a identificare: da quella distanza, gli parve una sorta di telecomando di qualche tipo.
Di certo non gli dava l'idea di essere un'arma.
Ma non appena il killer premette uno dei pulsanti presenti su di esso, John emise, di nuovo, un chiaro gemito di dolore, ancora più forte dei precedenti, mentre strizzava gli occhi, come se stesse subendo un'atroce tortura.
- Che cosa diavolo gli sta facendo??-ruggì il detective, facendo un passo in avanti, e puntando maggiormente la pistola contro Culverton.- La smetta subito, o giuro che le sparo!
Ma quest'ultimo, anche stavolta, non fu per nulla intimorito dalla minaccia, e premette un secondo pulsante: un rivolo di sudore scivolò lungo la tempia di John, che si morse anche le labbra, il volto distorto in una smorfia di pura sofferenza.
Fu solo a quel punto che, finalmente, Sherlock notò uno strano dispositivo attaccato poco dietro l'orecchio del medico: metallico, grande quanto un unghia, e altrettanto sottile.
Rimproverandosi per non essersene accorto prima, Sherlock fece per avvicinarsi all'amico e togliergli quell'oggetto infernale: ma prima che potesse fare solo un passo, Culverton premette il pulsante per l'ennesima volta.
E John, nonostante tutti i suoi sforzi, urlò, irrigidendo ogni arto del suo corpo, come se fosse stato percorso da una scarica elettrica

- Forse non ha ancora capito, mio caro. O lei mette giù l'arma, o io aumenterò il voltaggio. -Il killer rivolse uno sguardo quasi affettuoso all'oggetto che impugnava.- Questo gioiellino proviene da... certi miei amici di fuori cittá, diciamo così. E produce scariche in grado di colpire al solo livello neurologico. Se anche solo prova ad avvicinarsi al suo amichetto, gli brucerò il cervello al punto che persino un vegetale sarà più attivo di lui. Sebbene, lo ammetto, sarebbe un vero e proprio spreco. Lui è perfetto per testare la mia macchina.
Il detective esitò, soppesando alla massima velocità permessa dal suo geniale cervello tutte le opzioni che aveva; inizialmente, valutò quella di sparare a bruciapelo contro Culverton, ma la scartò quasi subito: non conosceva la natura di quello strano oggetto e, per quanto ne sapeva, una volta attivato non sarebbe riuscito a fermarlo o a spegnerlo.
E, nella remota eventualità che ci fosse riuscito, poteva essere troppo tardi.
Oppure, Smith lo avrebbe premuto subito al massimo voltaggio, come aveva appena minacciato, uccidendo il suo amico all'istante.
Non poteva assolutamente correre un rischio simile.
- S- Sherlock... N-non lo fare...- esalò John, nonostante il dolore evidente che stava provando, attirando la  sua attenzione.- V-vattene via...
- Ha ha... bella battuta- ribattè lui tra i denti, senza voltarsi e senza abbassare l'arma di un centimetro, mentre il suo cervello girava a vuoto, senza trovare una sola via d'uscita.

Smith emise un teatrale sbuffo spazientito, e premette il pulsante ancora di più: le scariche raggiunsero un tale livello che persino Sherlock credette di avvertirle, mentre John cacciava l'ennesimo grido di dolore.
- Va bene! FERMO!!- gridò il detective, posando a terra la pistola, e calciandola verso il killer.-Ha vinto.
Culverton, soddisfatto, spense il diabolico ordigno, e si chinò a prendere la pistola, un ghigno compiaciuto sulle labbra, puntandogliela poi contro.
- Molto bene. Vedo che sta cominciando a diventare ragionevole. Ora, da bravo, si lascerà legare esattamente come il suo amico. Se guarda alla sua destra, c'è già un posto libero proprio per lei.- Un ghigno sollevò le sue labbra.- E stavolta mi assicurerò personalmente che nulla, nella procedura, vada storto.

John, rimasto fino a quel momento inerte a causa del dolore, emise un basso ringhio, cercando ancora una volta, senza successo, di liberarsi da quelle fasce metalliche che, naturalmente, resero vano ogni suo tentativo.
-Lo lasci andare!-ringhiò, rivolto a Smith, anche se era consapevole che il suo sarebbe stato un inutile tentativo. Ma, forse, avrebbe potuto distrarlo il tempo sufficiente da permettere all'amico di pensare a un modo per sfuggire da quella situazione.
-...Perchè avere una sola cavia, quando posso averne due?-ribattè infatti lui, sempre con quel ghigno malefico impresso sul volto; mosse poi la pistola in un gesto eloquente, e nel contempo, sollevò il telecomando argentato, mentre si rivolgeva di nuovo al detective.- Ora si muova, altrimenti mi vedrò costretto a friggere nuovamente il cervello del suo amichetto.
- Non ce ne sarà bisogno- ribattè Sherlock, con una strana rassegnazione, lasciando John basito.- Ho solo una richiesta, prima.
Culverton sollevò un sopracciglio.
- E quale?
- Si volti- fu l'incredibile risposta di Sherlock, seria e pacata.

Culverton, dopo un istante di sconcerto, scoppiò in una risata colma di derisione, per poi scuotere la testa, quasi deluso.
- Il grande Sherlock Holmes, che ricorre a questi trucchetti di bassa lega! Non l'avrei mai creduto!
Le labbra del detective si sollevarono, stavolta, in un leggerissimo sorriso compiaciuto, mentre si stringeva nelle spalle.
-...Come vuole. Non dica poi che non l'avevo avvertita.
John, allibito, aveva tenuto lo sguardo fisso, per quanto possibile, sul volto dell'amico: d'improvviso, si rese conto che lui, invece, stava fissando non Culverton, ma un punto poco alle sue spalle; lo seguì... e rimase a bocca aperta, tanto che sbattè le palpebre una o due volte, certo di non vedere per davvero ciò che stava vedendo.
Culverton, irritato dall'immobilitá del detective, sollevò nuovamente l'oggetto argentato.
- Credo che ci sia bisogno di un altro piccolo... incentivo.
Ma prima che potesse mettere in atto la sua minaccia, la creatura che si era levata proprio alle sue spalle- dalla pelle verde, enorme, alta almeno tre metri- lo afferrò, con una enorme mano, cogliendolo completamente di sorpresa, e facendogli perdere la presa sia dal telecomando che dalla pistola.

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Mycroft, rimasto interdetto per qualche istante, si affrettò ad alzarsi in piedi e a raggiungere il corpo di Ross poco distante: il punto in cui entrambi erano caduti, per fortuna, era coperto da un macchinario capovolto e distrutto, e che offriva un momentaneo riparo dai loro assalitori.
Ma, prima che ci arrivasse, fu lui stesso ad alzarsi, perfettamente in salute, come se non fosse stato appena colpito da un proiettile.
- Sto bene. Non sono ferito- si affrettò questi a rassicurarlo, mentre il maggiore degli Holmes lo squadrava, dopo l'iniziale stupore, con una punta di sospetto.
- Come è possibile?- gli domandò infatti, mentre, oltre quel riparo occasionale, seguitava lo scontro a fuoco.- Si è appena preso un proiettile! Che, per inciso, era diretto a me. Non avrebbe dovuto mettersi in mezzo!
L'agente della CIA aggrottò le sopracciglia.
- ... È un modo molto elaborato per ringraziarmi?- gli domandò, ironico.- Comunque, non si preoccupi. Mi ha mancato. Vede?
E, a prova di ciò che diceva, gli indicò la giacca scura che indossava, apparentemente intatta: ma questo, anziché mettere a tacere i dubbi del politico, li acuì notevolmente.

La traiettoria del proiettile, infatti, era stata inequivocabile: secondo i suoi calcoli- fatti nei pochi secondi di tempo in cui l'aveva vista avvicinarsi- avrebbe dovuto colpirlo allo stomaco, quantomeno. E lui era più che certo che Ross l'avesse intercettato.
Prima che potesse nuovamente protestare, però, un suono acuto e sgradevole si diffuse nella stanza, talmente fastidioso che sia lui che Ross dovettero portarsi le mani alle orecchie: i Chitauri iniziarono a muoversi in maniera scomposta, come se fossero anche loro infastiditi, consentendo alla Iron Legion di colpirli con più facilità.
-Questo dovrebbe facilitarci lo scontro- comunicò Stark attraverso gli auricolari, trattenendo una smorfia.- Anche se risulta un po' sgradevole.
- Appena appena...- concordò Strange, ironico, mentre lanciava contro due della creature un dardo infuocato, e Spider-Man, dall'altra parte della sala, ne intrappolava altri quattro.

- Credo che dovremmo dare una mano anche noi- suggerì Ross, imbracciando nuovamente il fucile.
- Sì, lo credo anch'io...-replicò Mycroft, assottigliando però nuovamente lo sguardo.- In ogni caso... grazie-borbottò, affrettandosi poi a dargli le spalle.
L'agente della CIA abbozzò un sorriso.
-Non c'è di che- disse, mentre, con un furtivo gesto della mano, tastava delicatamente il punto esatto in cui la pallottola lo aveva trapassato: che, però, non presentava neppure un buco o un squarcio.
Trattenne un sorriso al pensiero che, offrendogli in dono quella giacca intessuta di Vibranio, il re del Wakanda lo aveva salvato per la seconda volta.

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Banner, mutato completamente in Hulk, afferrò Culverton, che emise un urlo di terrore misto a sorpresa.
Che, però, si zittì subito dopo, non appena questi lo scaraventò- letteralmente-contro una parete, dove rimase, svenuto dopo quel violento impatto.
Sia Sherlock che John, intanto, erano rimasti a fissare la scena quasi a bocca aperta: John, soprattutto.
Per un brevissimo istante, nel laboratorio regnò il silenzio, mentre Hulk esaminava il corpo privo di sensi di Smith con una sorta di curiosità.
- ...Io quando mi arrabbio non sono così.
Le labbra di Sherlock si incresparono in un mezzo sorriso, all'affermazione dell'amico.
- Ogni tanto sì, lo sei!- lo corresse, soffocando una risata; che, però, si spense quasi subito, quando notò sul pavimento il maledetto ordigno usato da Culverton.
Lo recuperò, insieme alla pistola, esaminandolo poi per qualche istante, aggrottando le sopracciglia.
- Credo che ci sia un modo per disattivare quella specie di placca che ti hanno attaccato addosso- asserì, rigirandolo tra le dita.- Ma preferisco portarti fuori di qui, prima. Una volta al Santuario, sono quasi certo che Stark saprà cosa fare. Conosce bene ordigni di questo tipo. O anche Banner... Sempre che si riprenda...-aggiunse, rivolgendo un'occhiata dubbiosa a quest'ultimo, che aveva iniziato a girare per il laboratorio, osservando le macchine: Sherlock notò che i suoi vestiti si erano stracciati quasi del tutto, camicia compresa, a causa della trasformazione; tranne i pantaloni, fortunatamente, ancora integri, anche se notevolmente scuciti.

- Hai detto... Stark???-Fece John, incredulo.- Intendi... quel Stark??
- ...Perché, ne conosci un altro?-replicò Sherlock, sardonico, mentre si chinava sul corpo privo di sensi di Culverton.
- Santuario... Stark... E Banner. No... Hulk. Quando hai detto che non eri venuto da solo, non immaginavo... questo!-riassunse il medico, con una incredula mezza risata, alludendo al colosso verde che, stavolta, si era messo a fissare lui con una certa insistenza.
Un altro sorriso aleggiò sul volto del detective.
-E ancora non hai visto tutto... - lo avvisò, divertito, mentre si tirava in piedi.- Non è morto. Ma di certo non si risveglierà tanto presto, stavolta. Lascerò che se occupino loro.

Con ultima smorfia carica di odio e di disgusto rivolta al corpo dell'odiato individuo, si avvicinò di nuovo alla piattaforma su cui John era legato, fino a localizzare, finalmente, un pulsante sul lato destro: una volta che l'ebbe premuto, le fasce metalliche si aprirono con uno scatto, facendo cadere il medico quasi a terra, se Sherlock non avesse avuto l'accortezza di tenergli una mano sulla spalla.
- Pensi di riuscire a camminare?-gli domandò, preoccupato, mentre lo sorreggeva.
- Credo di sì- rispose lui, tirandosi in piedi: ma, quasi subito, la debolezza per tutto ciò che aveva sopportato sino ad allora tornò a farsi sentire, e il medico si ritrovò ad ondeggiare, preda di un capogiro.
Sherlock, a quel punto, gli passò un braccio intorno alla vita, aiutandolo a tenersi in piedi.
- Non è un problema. L'uscita non è lontana-lo rassicurò, iniziando a condurlo verso la porta del laboratorio.- E fuori ci stanno già aspettando.

- Aspetta, Sherlock! -lo bloccò John, prima che potessero fare un altro passo, e indicando la macchina.-Questa macchina. Dobbiamo distruggerla o manometterla in qualche modo. Non possiamo permettere che la usino contro qualcun altro!
- Non credo che questa base rimarrà integra ancora per mol...
Sherlock non aveva ancora finito di parlare, che Hulk si diresse a grandi passi verso il macchinario e, dopo aver sollevato entrambi i pugni, colpì la consolle, fracassandola al punto che viti e ingranaggi si dispersero sul pavimento, ancora sfrigolanti; si voltò poi verso di loro.
John lo fissò a bocca aperta- e forse lievemente intimorito- mentre Sherlock gli restituiva lo sguardo, ravvisando in lui, nonostante il mutamento, alcuni tratti dello scienziato, come gli occhi e i capelli, rimasti dello stesso colore.
Gli sorrise, con un pizzico di esitazione, ma senza abbassare lo sguardo: Banner gli aveva spiegato fin troppo bene che, una volta trasformato, in lui restava poca razionalità; dunque non poteva sapere se avrebbe potuto attaccare anche loro.
- Macchina. rotta.- disse lui invece, con voce cavernosa, ma non aggressiva.- Voi. Andare. Noi. Finire. Qui.
Sherlock annuì, stavolta più tranquillo, lo sguardo sempre fisso nel suo.
- Va bene. Grazie- aggiunse, con sincera gratitudine.
Hulk gli rispose con un sorriso- reso un po' inquietante da quel volto, ma comunque amichevole- e uscì dal laboratorio, distruggendo buona parte del muro a causa della sua mole imponente.

- ...Non è stato strano? -gli domandò John, mentre uscivano poco dopo di lui, e iniziavano a percorrere un lungo corridoio.- Parlare con... lui, intendo.
Sherlock scosse la testa.
- Non particolarmente. Nonostante la trasformazione, che porta la sua mente e i suoi comportamenti a regredire ad uno stato primitivo, un minimo della coscienza di Banner rimane - rispose, riflessivo, ma guardandosi intorno circospetto, una mano sempre ad impugnare la pistola, l'altro braccio stretto intorno alla vita dell'amico.- Non era poi così difficile interagire con lui. Dopotutto, ho già avuto a che fare con menti del genere. Quante volte mi sono trovato a discutere con Anderson??
John scosse la testa, ridendo appena.
-L' uscita è dopo quest...
Sherlock, d'improvviso, senza alcun apparente motivo, emise un grido di dolore, e quasi cadde a terra, perdendo la presa sulla pistola.
Fortunatamente John, nonostante la sorpresa e la debolezza, riuscì a sorreggerlo.
-Sherlock!! Cosa ti...???- esclamò, attonito.
-Questo è il capolinea, signori- disse una voce alle loro spalle, fredda e tagliente come una lama.

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