Revengers assemble
Sia Sherlock che Molly arrossirono, rimanendo come bloccati per mezzo secondo. Fu lei, naturalmente, ad alzarsi, rivolgendo poi a John un sorriso.
- Come ti senti?- gli domandò, sollecita, cercando di nascondere l'imbarazzo, spostandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Molto meglio, ti ringrazio- le rispose il medico, restituendole il sorriso, continuando però a sbirciare Sherlock di sottecchi: il quale, dal canto suo, sembrava nutrire un improvviso e particolare interesse per il fondo, ormai vuoto, della tazza che ancora teneva tra le dita.- Ancora un po' dolorante, ma di certo va meglio di prima. Quel tè ha fatto miracoli.
Molly annuì con veemenza, continuando a sorridere, e augurandosi che il rossore sulle sue guance si fosse attenuato. Avrebbe voluto scambiare uno sguardo con il detective, ma notò che anche lui era preda dell'imbarazzo, ancor più di lei.
- Credo che dovrei andare ad avvertire tutti che vi siete svegliati-si affrettò dunque a dire, guadagnando rapida la porta e lasciandoli soli.
Dopo la sua uscita, nella stanza tornò ad esserci un profondo ma strano silenzio: fino a che fu proprio John, a romperlo, schiarendosi la voce con un colpetto di tosse.
- ... Allora, cominci tu con quello che mi sono perso, o comincio io? Credo che poi la stanza diventerà molto affollata-esordì, con tono volutamente scherzoso,.
Sherlock, finalmente, alzò lo sguardo, con un mezzo sorriso però ancora imbarazzato.
- Prego, prima tu!- rispose, con enfasi, portando il medico a scuotere la testa, ridacchiando.
-... E sia. Ma ti avverto, poi toccherà a te! - lo ammonì, con finta severità, appoggiandosi poi la schiena sul cuscino, in modo da stare più dritto. La sua espressione, poi, mutó, facendosi più seria.- Comunque, io ho ben poco da raccontare...
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John gli raccontò tutto ciò che era successo dal momento in cui aveva avvertito quella strana fitta al collo, che ormai sapeva esser stata causata da un proiettile imbottito di una misteriosa sostanza narcotizzante. Alcuni ricordi, però, erano ancora vaghi e confusi: lui disteso su un pavimento metallico, legato e imbavagliato, incapace di vedere o di muoversi. Quella sensazione di immobilità, che gli ottenebrava la mente e i sensi...
Le infernali ore seguenti, alternate dal sonno e la veglia... il confronto con Culverton Smith... La sua paura per quello che avevano intenzione di fargli...
- Avevo il terrore di addormentarmi- confessò il biondo, la voce bassa, forse con un accenno di tremore, lo sguardo distante.- Di svegliarmi, e di non essere più... io.
Sherlock, rimasto in silenzio sino ad allora, facendo ben pochi commenti, strinse con forza un lembo della coperta, mentre un vero odio trapelava dai suoi occhi, al pensiero di cosa il suo migliore amico avesse dovuto sopportare, e il rischio che aveva corso.
- Culverton è fortunato a non essere tra le mie mani- sibilò.- Dovunque lo abbiano rinchiuso, è meglio che ci resti.
Il medico trattenne a stento un sorriso commosso, di fronte a quella reazione, che dimostrava, una volta di più, quando il detective tenesse a lui.
-...Dicevi davvero? -gli domandò all'improvviso.-Tutto quel discorso sui... sentimenti?
Sherlock sobbalzò, puntandogli poi contro uno sguardo accusatorio.
-Allora non stavi dormendo!-esclamò, guardandolo in cagnesco, anche se nei suoi occhi trapelò una sfumatura di imbarazzo.
John sorrise con aria colpevole.
- Ho solo sentito qualcosina... E poi, vedendo te e Molly... È una cosa seria?-gli domandò poi, stavolta con una certa serietá.
Sherlock, a quel punto, abbandonò ogni remora che potesse ancora avere, e sospirò.
- Temo proprio di sì- ammise, con una sfumatura ironica, ma sincera.- Non credo di essere mai stato così serio. Spero piuttosto di essere in grado di far fronte a tutto questo. I sentimenti non sono esattamente il mio campo.
- Da quello che ho sentito non si direbbe...-ribattè il medico, con una sfumatura calda nella voce, mentre Sherlock distoglieva lo sguardo per qualche istante, forse vergognandosi di tutto quello che aveva volontariamente e involontariamente confessato.
Per stemperare quel momento, John si affrettò a raccontargli ciò che era successo dopo che aveva perso i sensi, e la successiva entrata in scena di Mycroft: come si aspettava, la reazione di Sherlock fu la totale incredulità, seguita da un: "Non posso credere di essermelo perso!", profferito con una tale frustrazione da far scoppiare a ridere il medico, e riportando un po' di leggerezza in quella conversazione.
- Tuo fratello mi ha riferito che trasferiranno Culverton in un carcere... speciale. Credo che gli sarà difficile evadere da lì.- John aggrottò la fronte, pensieroso.- Ha detto che si trova... sulla Luna. All'inizio, credevo scherzasse. Ma quando ho visto l'espressione sulla sua faccia mentre me lo diceva, ho cambiato idea. Non l'avevo mai visto così serio. Dovevi vedere com'era preoccupato per te quando ci ha trovati in quel corridoio!
Sherlock emise uno sbuffo, sentendosi però pervaso da uno strano calore.
- Probabilmente ha assunto troppi zuccheri. Gli avranno dato alla testa...-disse però, non potendo resistere alla sua consueta ironia.
John, anche stavolta, non potè evitare di scoppiare a ridere: ma quella risata venne spenta da un piccolo gemito: nonostante le cure, era ancora debole.
Il detective lo guardò subito, preoccupato.
- Hai bisogno ancora di riposo.
- Ah! Non provarci!-ribattè però il medico, perentorio.- Ora è il tuo turno! E qualcosa mi dice che tu debba raccontarmi molto di più.
-È una storia lunga...- mugugnò lui.
-Io non vado da nessuna parte...- replicò però John, ironico, posando il capo dietro le mani intrecciate.
Sherlock sbuffò: ma prima che potesse decidersi, fu salvato in corner da un leggero bussare alla porta.
- Speriamo di non disturbare- esordì Tony Stark con un sorriso, facendo il suo ingresso, seguito da Barton, Lang, Strange (con di nuovo il suo caratteristico pizzetto, come promesso) Spider-Man, e Banner, di nuovo completamente umano: poco dietro di lui, Mycroft Holmes, tornato ad indossare un impeccabile completo su misura; ma sia John che Sherlock, ormai, avevano in mente una immagine ben diversa di lui, che li spinse ad incrociare gli sguardi con complicità. Ma lo sguardo del medico venne poi catturato dall'uomo che entrò subito dopo: era alto come lui, avevano gli stessi occhi, anche i capelli erano molto simili... a parte qualche piccolo dettaglio, era la sua esatta copia.
Fu proprio lui a farsi avanti per primo, tendendogli poi la mano con un sorriso.
- Sono felice di conoscerla, dottor Watson. Il mio nome è Everett Ross. Agente della CIA. Sento di doverle delle scuse- aggiunse poi, con un pizzico di imbarazzo nella voce.- Dopotutto, è stato coinvolto per colpa mia, in tutto questo. Anche se, a mia discolpa, non avrei mai potuto prevedere una simile strana coincidenza.
John rispose alla stretta di mano, ma ancora pieno di stupore, mentre fissava l'agente; Sherlock sollevò le labbra in un sorrisetto sarcastico.
-Te l'avevo detto, che le sorprese non erano finite...- disse, a mezza voce.
-Eravamo impazienti di sapere come stavate- intervenne di nuovo Stark.- E, soprattutto, di conoscere il famoso John Watson.
Quest'ultimo, che li aveva fissati tutti in silenzio, ancora a bocca aperta, a quella frase trasalì.
-...Io?? Famoso?? E da quando??
- ...Come? Non lo sapeva?-rispose il ragazzo moro, che lui ormai sapeva rispondere al nome di Ant- Man: durante quella giornata di convalescenza, aveva intravisto solo lui e Strange; trovarsi di fronte tutti quei supereroi, anche se in abiti civili, in carne ed ossa era, quindi, abbastanza sorprendente.- È grazie a lei se sono nati i Revengers.
-I... che cosa??-domandò John, dubbioso, mentre il detective nascondeva un sorriso.
-Il nome è stata una mia idea!-si intromise Banner, orgoglioso.
-Credo sia il momento di riempire le lacune- sentenziò Strange.- Sempre che non abbia ancora bisogno di riposare. Non vorremmo assolutamente...
-Sono abbastanza in forze- li rassicurò il medico con un sorriso.-Anzi, ho parecchie domande da fare...
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Nella successiva mezz'ora, John venne messo al corrente di tutto, e anche di più: accolse con blando stupore la notizia riguardo alla doppia vita di Culverton- dopotutto, lo aveva già sospettato- e venne sommerso, invece, da altre ancora più sorprendenti, a partire dalla loro missione sotto copertura nella villa di Strucker, il piano elaborato da Sherlock e da tutti loro- " È stata Rosie, a darmi l'idea" ci tenne a sottolineare Sherlock, con un sorriso decisamente dolce sulle labbra- e, non ultimo, il ritrovamento nella base Hydra in cui era stato tenuto prigioniero di un quantitativo non indifferente di Vibranio e di nuclei di energia Chitauri.
Durante il racconto di tutto quello che era accaduto in quei giorni- dove Stark e gli altri parlavano a turno, a volte arrivando a interrompersi l'un l'altro, per fare doverose precisazioni su qualche dettaglio- l'unico rimasto in silenzio era proprio Sherlock, che si era fino a quel momento limitato ad ascoltare. Anche se John non aveva potuto fare a meno di notare che, al racconto di Scott sulla festa del Barone, gli zigomi del detective avevano assunto un evidente e sospetto rossore.
- Se non l'avessimo fermato, Dio solo sa cosa avrebbe potuto combinare!- riflettè Barton, cupamente.-Aggiungendo l'armata di quei Chitauri, poteva tranquillamente ripetersi quello che è successo a Sokovia.
- E con il vibranio poteva fare anche di peggio- sottolineò Banner.- Ross dice che è antiproiettile. Può essere impiegato non solo nelle armi, addirittura nei vestiti.
Sherlock notò un impercettibile trasalire del fratello, a quella precisazione: ma non avrebbe saputo dire se perché ne fosse già al corrente, o per l'esatto contrario: anche se non gli sfuggì la strana espressione imbarazzata assunta all'improvviso dall'agente della CIA.
Decisamente, avrebbe dovuto farci una bella chiacchierata, in merito a ciò che realmente sapeva sullo S.H.I.E.L.D, l'Hydra e su tutto quell'universo con cui non avrebbe mai pensato che, un giorno, sarebbe venuto a contatto.
- Non aveva solo questo- lo corresse Stark.-Ho hackerato tutta la Base, e ho trovato cose alquanto... interessanti, nei loro database. Progetti di armi, identità di possibili bersagli... Meno male che ho pensato a farli sparire. Eh, se non ci fossi io...-sospirò enfaticamente.
Sherlock fece una smorfia, mentre Strange alzava gli occhi al cielo.
- Stark, davvero non so come tu riesca ad infilare quella testa nel casco...-disse, con un sorrisetto ironico ed esasperato, mentre gli altri soffocavano le risate.
- Io... Vorrei...- disse improvvisamente Sherlock, colto da un impulso improvviso, e in evidente difficoltà, cogliendo tutti i presenti di sorpresa. - Devo ammettere che, senza il vostro aiuto, non avrei mai potuto... Insomma...
Le ultime parole di quella frase sfumarono in un borbottio indistinto, mentre il riccio abbassava appena lo sguardo e Ross nascondeva un sorriso.
Certo che i fratelli Holmes hanno uno strano modo di ringraziare... pensò, divertito.
-Quindi, in definitiva...- intervenne John, ancora sbalordito da tutte le informazioni ricevute, attirando nuovamente l'attenzione di tutti, con gran sollievo del detective, che non era così più costretto a finire la frase.- Tutto questo putiferio ha avuto origine esclusivamente da uno scambio di persona.
-Sintetico, ma corretto- annuì Mycroft Holmes, con un sorrisetto sarcastico sulle labbra.- Il dottor Watson ha il dono della sintesi.
- Ma è stato proprio grazie a questa strana coincidenza, se abbiamo potuto finalmente porre fine alle attività di Zola. E stavolta definitivamente-sentenziò Ross, con un certo orgoglio nella voce, prima che John potesse replicare.
- Auspico che uno scambio del genere non si ripeta- intervenne Sherlock, con poca ironia.
- Dubito che accadrà- lo rassicurò Ross, con un leggero sorriso.- I pochi che sapevano di questa incredibile somiglianza sono ormai sottochiave. E ho la sensazione che, dopo quello che è successo a quella base Hydra, nessuno oserebbe mettersi contro gli Avengers- scusate, i Revengers- e un consulente detective alquanto suscettibile-concluse l'agente, suscitando sommesse risatine da parte dei presenti.
- Anche l'aiuto di quell'agente sotto copertura, però, si è rivelata cruciale...-gli ricordò Banner, meditabondo.- Chissà chi era... Se davvero era dello S..H.I.E.L.D, non capisco perché non ci abbia contattati direttamente.
- Forse faceva parte di qualche organo esterno allo S.H.I.E.LD. Se era sotto copertura, è probabile che non lo sapremo mai-suggerì Stark, con una smorfia.-Ci si potrebbe fare un libro, con tutto quello che non ci dicono!
- Già- concordò Sherlock, incredibilmente. - L'eccessiva segretezza è un problema piuttosto diffuso...
Nel dire ciò, assottigliò lo sguardo in direzione di Mycroft, che alzò gli occhi al cielo.
- Se non sbaglio, ho già asserito, e con un certo sforzo, che mi dispiace!-ribattè, seppur con una certa alterargia, anche se la sua espressione nascondeva una leggerissima sfumatura di colpevolezza, incredibile ma vero.- E penso che aver rischiato di farmi uccidere da mostri alieni geneticamente modificati sia più che abbastanza per fare ammenda!
- Per cominciare...- ribattè Sherlock, lo sguardo ancora malevolo, ma un angolo della bocca leggermente sollevato, mentre il maggiore rispondeva con un'occhiataccia.
John soffocò una risata, e fece per aprir bocca, con l'intento di porre fine alla "discussione": ma, proprio in quel momento, la porta si spalancò, e irruppe nella stanza, ad inaudita velocità, una sorta di piccolo turbine, seguito da una voce cristallina, che John avrebbe riconosciuto tra mille, e che aveva anelato risentire da quando si era risvegliato.
-...PAPÁ!!!
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-...John, ti faccio notare che la continua compressione da te praticata potrebbe produrre effetti dannosi e potenzialmente mortali.
John alzò appena gli occhi, il volto ancora affondato tra i capelli biondi della figlia.
-...Traduzione?
-La stai soffocando-spiegò il detective, con un ironico sorriso, ma venato da una profonda dolcezza; nella stanza erano ormai rimasti solo loro: sia Stark che gli altri, infatti, avevano convenuto, di comune accordo, di lasciargli un po' di privacy.
John, però, ignorò completamente quel commento, stringendo la piccola Rosie ancora di più a sè, ricordando la paura che aveva avuto di non poterla mai più rivedere, mentre alcune lacrime di commozione gli rigavano le guance: lei, d'altro canto, alle parole del detective emise un risolino soffocato, rimanendo abbarbicata al padre al punto da sembrare un piccolo Koala.
- Non ho potuto trattenerla in alcun modo- si scusò la signora Hudson, arrivata al seguito della piccola, mentre anche lei abbracciava il medico con calore.- Giovanotto, ci ha fatto preoccupare tutti!-gli disse, in tono di affettuoso rimprovero.-Veda di non riprovarci!
John rispose a quella reprimenda con un sorrisino divertito, asciugandosi rapidamente le lacrime che gli erano sfuggite.
-...Mi dispiace davvero, signora Hudson. Prometto che la prossima volta cercherò di non farmi rapire- disse, a voce bassa, cercando di non farsi sentire anche da Rosie, che fortunatamente, in quel momento si era fiondata sul detective, strappandogli un leggero gemito.
-Oh, scusa, zio! Ti ho fatto male?-disse subito la piccola, dispiaciuta, tirandosi indietro: il detective, invece, le accarezzò piano con le dita un ricciolo biondo, sorridendole con inequivocabile tenerezza.
-Certo che no, piccola Watson. Sono famoso per essere indistruttibile, ricordi?-disse, scherzosamente, stringendola lui stesso a sè.
E mentre Rosie, rassicurata, gli si stringeva addosso maggiormente, pensò che ciò che aveva asserito poco prima con Molly era la pura verità.
I sentimenti forse erano un difetto.
Ma, di certo, non avrebbe mai più rinunciato al calore che essi, ormai, gli avevano regalato.
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Passarono altri tre giorni, prima che il Dottor Strange affermasse che sia lui che John potevano, finalmente, tornare a casa.
Il viaggio, comunque, sarebbe stato istantaneo: e non era un modo di dire.
Lo stregone, infatti, avrebbe aperto un portale appositamente per loro; non con quel bizzarro anello che gli avevano visto usare, bensì attraverso delle vere e proprie porte del Santuario che, se attivate in un certo modo, potevano aprirsi su qualsiasi destinatazione.
Sherlock scosse la testa: ormai, dopo quello che aveva passato in quei pochi giorni, forse nulla sarebbe stato più in grado di sorprenderlo.
Gli Avengers erano già tutti in quella stanza, pronti a salutarli: soprattutto la piccola Watson, a cui tutti loro si erano grandemente affezionati; Rosie, in quel momento, sedeva su una ragnatela creata da Spider-Man, modellata come un'altalena: le sue urla di gioia mentre dondolava su di essa riempivano il Santuario altrimenti silenzioso.
-Tesoro, credo sia ora di andare- disse John, lanciando un'occhiata forse un po' apprensiva a quella ragnatela, domandandosi se fosse solida quanto sembrava.
-Ci mancherà, questa principessina- disse Lang, scompigliandole affettuosamente i capelli, mentre Barton e gli altri salutavano anche Molly Hooper, che li aveva appena raggiunti.
-Credo che mi mancherà, questo posto...-bisbigliò il medico al detective, alzando lo sguardo verso la vetrata circolare del Santuario.- E anche tutti... loro- aggiunse, con un sorriso.
Sherlock gli sorrise di rimando, ma con una luce divertita negli occhi.
- Forse anche a me. Un po'- ammise.- Ma, dopo questa vacanza, sento di aver bisogno di una vacanza. A modo mio, però. Un bell'omicidio è proprio quello che mi ci vuole per tirarmi su.
John scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
- Ma quindi i Revengers si sono sciolti? -domandò Lang, con evidente delusione.- Mi piaceva farne parte...
- Certo che no! -lo corresse Stark, con un sorriso complice rivolto al detective.- Il signor Holmes potrebbe aver ancora bisogno di noi, prima o poi. O noi di lui...-aggiunse.
- Spero più la seconda- precisò Sherlock, ma con un sorriso a increspargli le labbra.- Ma, in effetti, avrei ancora un favore da chiedere a tutti voi- ammise, rivolgendo poi un'occhiata a Rosie.- Ho una promessa da mantenere...
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In pochi istanti, Rosie si ritrovò in mezzo a tutti quei supereroi- persino Ross di era unito a loro-gli occhi blu pieni di gioia, in posa, pronta per quella famosa foto che Sherlock, tanto tempo prima, le aveva promesso scherzando, senza neppure sospettare ciò che il destino avrebbe avuto in serbo per loro.
Banner, per l'occasione, era riuscito ad assumere di nuovo le sembianze di Hulk- come aveva assicurato al detective, sorridendogli complice: "Forse abbiamo trovato un'intesa, finalmente."- mentre tutti loro, Stark compreso, avevano indossato i loro costumi, rinunciando agli abiti civili.
Ma prima che la foto potesse essere scattata da Sherlock, Rosie gli si pose di fronte, imperiosa.
- Zio, dovete esserci anche tu e papà nella foto!-disse, determinata: aggiunse, poi, cogliendo tutti di sorpresa:-E anche zia Molly e zio Myc!
Sia John che Molly, dopo lo sbalordimento iniziale, sorrisero inteneriti, e si fecero condurre dalla piccola in mezzo al gruppo: Mycroft, invece, sentendosi chiamato in causa, indietreggiò all'istante, l'onnipresente ombrello tra le mani, sbalordito dalla richiesta della bimba al punto che, inizialmente, non seppe come replicare.
Sherlock fu il primo, però, a riscuotersi.
-Rosie, non credo che "lo zio Myc" sia molto d'accordo. E, se è per questo, nemmeno io...-bofonchiò l'ultima frase.- E poi, noi non siamo...
Non potè concludere la frase, perché Hulk, con un grugnito palesemente minaccioso, si fece avanti, indicando il gruppo già in posa con veemenza, mentre Rosie lo fissava con occhi imploranti.
Sherlock si voltò verso il fratello, rivolgendogli un mezzo sorriso esasperato.
-Credo che sia impossibile sottrarsi alla cosa...- gli disse, quasi sfidandolo a tirarsi indietro.
Mycroft fece per rispondere che mai e poi mai avrebbe acconsentito: ma poi, lanciò un'occhiata alla bimba, che gli rispose con l'identica espressione implorante che aveva appena riservato al fratello minore, e capì che non avrebbe potuto farlo.
Avvertì, dentro di sé, un moto di sorpresa: da quando un'occhiata del genere era riuscito a metterlo in scacco??
Si era proprio rammollito, decisamente.
...Doveva essere l'età.
Con uno sbuffo, dunque, si unì a quel... "circo", come lo definì poeticamente nella sua testa, mentre Sherlock-dopo aver passato la macchina fotografica ad una solerte e sorridente Mrs Hudson- si poneva al fianco in mezzo a John e Molly: entrambi gli Holmes avevano la medesima espressione di un condannato a morte.
Mentre Rosie, con un gridolino, si poneva davanti a tutti loro, Molly gli strinse delicatamente la mano, strizzandogli poi l'occhio, divertita.
- Dài, su, Sherlock! Non è poi così terribile- gli mormorò, mentre la Hudson si preparava a scattare.
Lo sguardo del detective si posò, per un momento, sul suo migliore amico, sorridente e di nuovo al suo fianco.
A Rosie, che gli sorrideva piena di amore e affetto incondizionato.
A Molly, che ancora teneva stretta la sua mano...
E persino a suo fratello, nel cui sarcastico mezzo sorriso scorse un'ombra di calore.
E mentre il flash illuminava tutti loro per un rapido istante, immortalando quel momento, la smorfia di disappunto sparì dal suo volto, sostituita da un sorriso, mentre ricambiava quella stretta.
No, ammise tra sé e sé, sommerso da un nuovo e piacevole calore.
No, non lo è.
~The End~
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