La scienza della... seduzione
-Zio!! Hai visto come è bella la zia Molly??
Per fortuna del detective, fu la voce squillante di Rosie a risvegliarlo da quella sorta di stupita immobilità che l'aveva colto, mentre Molly entrava nella stanza, elargendo ai presenti un timido ed imbarazzato sorriso. Aveva raccolto i capelli castani in un morbido nodo sulla nuca, semplice ma elegante.
L'abito, senza maniche, valorizzava le sue forme, ma senza metterla in imbarazzo, come inizialmente aveva temuto; nonostante quello, però, essere in quel momento sotto ai riflettori la metteva a disagio: non le era mai piaciuto stare al centro dell'attenzione. Ma, come giustamente ricordò a sé stessa, quella sera avrebbe dovuto adattarsi.
Sherlock stesso faticava a distogliere lo sguardo da lei: era sempre stato abituato a vederla con il camice da laboratorio, o con colorate tenute casual, ad eccezione di quel Natale a Baker Street. Ma all'epoca, preso com'era dalla faccenda di Irene Adler, non vi aveva posto particolare attenzione. Anzi, aveva addirittura dedotto, sbagliando, che lei si fosse elegantemente vestita per un altro uomo. In quel momento, invece, ammirò il modo in cui indossava il vestito da lui scelto, e il trucco da lei applicato, non eccessivo, che valorizzava le labbra e gli occhi castani. Persino i capelli, per qualche motivo, gli parvero diversi dal solito: forse per la pettinatura, che addolciva ancor di più i suoi lineamenti.
Ignara dei pensieri che stavano passando per la mente del detective, la patologa si ritrovò, da parte sua, ad ammirare come Sherlock calzasse l'elegante smoking nero e la camicia bianca. Si era annodato persino un farfallino nero intorno al collo. Non era un mistero che l'avesse sempre trovato affascinante, ma vestito a quel modo pareva esserlo, se possibile, ancor di più.
Per fortuna anche sua, fu nuovamente Rosie a riportare anche lei alla realtà: anche se, col sennò di poi, sarebbe stato meglio di no...
-Zia, allora non devi cercare il principe! - esclamò infatti la piccola con un gran sorriso, con tutta la sua innocenza datale dalla sua età.
Si sentì una risatina soffocata provenire da Stark, mentre Molly arrossiva.
-Signorina, tu dovresti essere già a letto, a quest'ora- disse invece il detective con un tono falsamente severo, stemperato anche da un sorriso, mentre la prendeva in braccio, non curandosi di stropicciare l'abito.-Torno tra un istante-aggiunse poi rivolto agli altri, mentre la portava nella stanza in fondo al corridoio.
- Dovevo aiutare zia Molly a vestirsi!-fu la difesa di Rosie, mentre Molly osservava il detective, una volta di più, con un misto di affetto e sorpresa.
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-... Sai, zio, che sono molto simpatici quei supereroi? - Sherlock aiutò Rosie a infilarsi il pigiamino rosa con gli orsetti, e poi a mettersi sotto le coperte del piccolo e semplice letto della stanza messa a disposizione dal Dottor Strange: la bambina intervallava il suo parlare a raffica ad enormi sbadigli, ma si ostinava a ripetere di non avere sonno. - Anche quel signore che un po' ti somiglia è molto simpatico... Mi ha comprato un gelato e poi ha fatto una magia! Sai che non si è sciolto finché non l'ho finito tutto?? - disse, gli occhi blu grandi e pieni di stupore.
Sherlock nascose un sorriso.
-Trovi che il dottor Strange mi somigli così tanto? - le domandò, inarcando un sopracciglio.
Rosie sporse in fuori il labbro inferiore, pensierosa.
-Be', un po' sì... Ma non così tanto... Ha meno capelli, il colore è un pochino diverso... E anche la barba!!-sentenziò infine, trionfante.
Sherlock, di fronte a quell'analisi, non riuscì a soffocare una risata, mentre la piccola sbadigliava di nuovo, e posava il capo biondo sul cuscino.
-Ora devi proprio dormire, piccola Watson - le ordinò il detective affettuosamente, rimboccandole le coperte con una dolcezza che mai avrebbe pensato di possedere, mentre lei chiudeva pian piano gli occhi.
Il corvino, dopo un'ultima occhiata, fece per uscire. Ma, all'improvviso, la voce della piccola, un poco impastata dal sopraggiungere del sonno, lo trattenne ancora una volta.
Soprattutto per le parole pronunciate.
-Zio... Papà quando torna?
Sherlock rimase pietrificato per alcuni lunghi istanti, cercando nel suo cervello un modo per rassicurarla senza però mentirle del tutto.
-Presto, Rosie. Molto presto- le promise, dunque, sperando di aver assunto un tono sufficientemente rassicurante. Si sedette di nuovo sul bordo del letto, scostandole un ricciolo biondo dal viso. - La... missione segreta... è solo un po' più difficile del previsto. Ma il tuo papà ce la farà sicuramente. È un soldato coraggioso. Serve solo un po' più di tempo.
-... Anche tu e la zia Molly siete in missione? Con il signor Strange e gli altri? State andando ad aiutarlo? Tutti insieme?-mormorò ancora Rosie, seppur i suoi occhi si fossero già chiusi.
Un sorriso leggero balenò sul volto del detective, non del tutto sorpreso. Quella bambina era davvero fin troppo intelligente.
-Esatto, piccola. Proprio così. -Le accarezzò piano la guancia con le dita, mentre lei, finalmente, si arrendeva del tutto al sonno, Mr.Bee stretto tra le braccia. Le posò un delicato bacio sulla fronte.- Siamo una squadra... E riporteremo a casa il tuo papà-aggiunse, in un sussurro carico di determinazione.
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La limousine nera messa a disposizione da Stark sfrecciava, seppur a velocità sostenuta, per le strade di New York che, fedele alla sua reputazione di "Città che non dorme mai", brulicavano di vita.
-Uff, che caldo. - Scott Lang, già miniaturizzato, si sporse dal taschino dello smoking del detective. La sua voce, però, arrivò a tutti i presenti, grazie agli auricolari.- Quanto manca all'arrivo? Mi sto sciogliendo, qui!
Barton, alla guida, roteò gli occhi: Scott gli aveva appena ricordato i suoi figli quando partivano per le vacanze.
-Non fare la lagna!- lo riproverò infatti, mentre imboccava il quartiere del Village. -Comunque non manca molto. La villa di Strucker è nell'Upper East Side.
- Che originalità... - commentò il detective con una smorfia; quella zona era infatti una delle più ricche e rinomate della Grande Mela.
Scott sbuffò, e si arrese.
-Vabbé, svegliatemi quando siamo arrivati...-borbottò infatti, sprofondando di nuovo nel taschino.
Il viaggio proseguì in silenzio per altri lunghi minuti: Molly guardava dal finestrino la città scorrere rapida sotto i suoi occhi, mentre con le dita tormentava la chiusura della pochette.
-Questo in caso di emergenza- le mormorò d'improvviso il detective, facendola sussultare, porgendole uno spillone per capelli particolarmente grazioso, intagliato con l'immagine di un girasole. Il suo fiore preferito, tra l'altro.
Lo guardò interrogativa.
-La punta è imbevuta di un potente narcotico che ha il medesimo effetto di una fortissima sbronza-le spiegò il corvino con un leggero sorriso compiaciuto. - Nel caso il nostro bersaglio esagerasse con le sue... attenzioni. Al suo risveglio non ricorderà nulla.
Molly se lo rigirò per un lungo istante tra le mani-stupita da quanto Sherlock si preoccupasse per la sua incolumità- poi cercò di indossarlo: complice il movimento della vettura, però, incontrò qualche difficoltà a inserirlo nel morbido nodo in cui aveva legato i capelli. Il detective, capendo all'istante il problema, glielo prese dalle mani e glielo mise lui stesso, con sorpredente cura e delicatezza, stupendo la patologa ancora di più. Distolse però poi immediatamente lo sguardo, immergendosi per tutto il resto del viaggio nel suo Palazzo Mentale.
Una strana confusione, infatti, aveva iniziato ad albergare nel suo animo: e non se lo poteva permettere. Per togliere John da quella situazione aveva bisogno di tutta la sua lucidità.
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Dopo che Sherlock ebbe teso i loro inviti all'uomo che sostava all'ingresso, lui e Molly varcarono la soglia dell'imponente villa; il salone d'ingresso era enorme e lussuoso oltre ogni dire: il pavimento era di marmo bianco, illuminato da un gigantesco lampadario di cristallo.
Da una parte all'altra giravano camerieri, intenti a servire da bere agli innumerevoli ospiti.
Nell'aria risuonavano le melodie di un'orchestra, posizionata su un piccolo palco rialzato poco distante dalla pista.
-Il nostro obiettivo si trova vicino all'angolo bar -la informò il detective sottovoce, mentre con lo sguardo percorreva l'intera sala.
Molly si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, e seguì il suo sguardo: l'uomo in questione era sulla quarantina, ben piazzato, gli occhi verde scuro e i capelli neri; ma l'aspetto affascinante era sminuito dalla sua espressione non particolarmente amichevole, corrucciata addirittura.
-Non ha esattamente l'aspetto di un uomo in caccia di donne-bisbigliò.
- Fidati, lo è- ribatté il consulente detective, increspando le labbra in un sarcastico sorrisetto. - Sono più che certo che sia in... caccia... anche in questo momento.
Molly si irrigidì mentre, con una mano leggermente posata sul braccio di Sherlock, procedevano nella sala, mantenendosi però ancora ad una certa distanza dal loro obiettivo.
-Molly...
La ragazza si voltò appena verso il riccio.
-... Sì?
-Mi stai stritolando un braccio- le fece notare lui con una smorfia: in effetti, senza volere, la mano della patologa aveva rafforzato la presa per il nervosismo. Imbarazzata, si affrettò ad allentarla.
- Lo studio di Strucker é al piano di sopra, scala nord ovest rispetto al salone. - La voce di Stark risuonò in quel momento alle loro orecchie, grazie agli auricolari, nitida e precisa, come se si trovasse davanti a loro. - Ora bisogna solo... be'...
-Distrarlo? - suggerì Molly con una certa ironia nella voce, seppur forzata. - Una bazzecola, proprio...
-Non ci sarà bisogno di tenerlo impegnato per troppo tempo- la rassicurò Stark. - Una volta nell'ufficio, Scott ci metterà niente a trovare il cd col programma per decriptare i file.
-Allora non perdiamo tempo-si intromise il detective, risoluto. -Dobbiamo prima attirare meglio la sua attenzione.
Molly lo guardò stranita.
- Che intendi dire???
-Ti ha puntato da quando siamo entrati nella sala- le spiegò lui bassa voce, mentre la conduceva verso la pista da ballo. - Non ti ha mai visto prima, ed è curioso di sapere chi sei. Aspetta solo che il tuo altrettanto misterioso accompagnatore, cioè io, si levi dai piedi. Ma non dobbiamo rendergli le cose troppo facili, altrimenti si insospettirà.
-Allora cosa dobbiamo fare??
-Mi sembra ovvio.-Sherlock, all'improvviso, le cinse delicatamente la vita con il braccio, premendole appena la mano dietro la schiena.-Balliamo.
Prima che se ne rendesse realmente conto, Molly si ritrovò allacciata al detective che, con incredibile sicurezza e bravura, iniziò a farla volteggiare sulle note di un valzer viennese.
-Non guardare mai nella sua direzione-la ammoní poi lui, non smettendo un solo istante di seguire i passi di quella danza. - Tieni gli occhi fissi su di me.
La ragazza si rese conto che non avrebbe potuto distogliere lo sguardo neppure se lo avesse voluto: i suoi occhi erano letteralmente incatenati a quelli del corvino.
Per un momento, dimenticò completamente il perché si trovassero lì, e pensò solo e soltanto a farsi trascinare da quelle note e dal suo cavaliere.
-... Da quando sai ballare? - Fu quella l'unica domanda che riuscì a fargli.
-Ho sempre adorato ballare- replicò Sherlock, con un sorriso appena accennato ma sincero.
Ma che svanì quasi subito, mentre il suo sguardo si faceva di nuovo serio, spezzando l'incanto di quel momento e riportando anche Molly, seppur controvoglia, alla realtà.
Proprio allora, infatti, la musica terminò, e molte delle coppie presenti lasciarono la pista. Persino lei, però, si accorse di avere gli occhi di qualcuno puntati addosso: quelli del Barone.
- Non appena mi sarò allontanato, tu vai verso l'angolo bar e aspetta che ti si avvicini. Ma dagli le spalle finché non ti rivolge la parola. Non rendergli la cosa facile.
Molly, incapace si trattenersi, emise una risatina soffocata. Sherlock si accigliò.
-... Che c'è?
-Da quando sei così esperto nell'arte del flirtare?? Hai forse scritto un altro blog?? Tipo "La scienza della seduzione"??
Il detective rimase, per qualche secondo, spiazzato: poi, incredibilmente, emise un risata soffocata.
- Qualunque argomento può diventare una scienza esatta, a mio avviso, se adeguatamente analizzata - ribatté poi, quasi piccato, ma con un sorrisino divertito.- Sta' attenta - le augurò poi, cogliendola di sorpresa, addirittura con una luce preoccupata negli occhi, mentre le rivolgeva un piccolo inchino inclinando appena il busto in avanti, per poi lasciarla sola al centro della pista.
Molly prese un respiro profondo e, proprio come il detective le aveva suggerito, si diresse verso l'angolo bar senza neppure voltarsi, mentre Sherlock si dirigeva verso l'angolo nord ovest del salone.
Era il momento, per entrambi, di entrare in azione.
-Potevate anche dirmelo, che avevate intenzione di farmi girare come una trottola! - bofonchiò, all'orecchio di entrambi, la voce di Scott.-Mi sembra di essermi scolato dieci birre!
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