'Te lo prometto'
"Ps, Becky"- sentii il mio braccio muoversi -"Rebecca, Becky"- questa volta, si mosse con più velocità, aprii gli occhi.
"Non so se definirlo un bel risveglio o un brutto risveglio" ammisi, strofinandomi l'occhio destro col pugno chiuso.
"Ed io devo prenderlo per un complimento o per un insulto?" il sorriso di Justin illuminò la stanza buia, sorrisi anch'io.
"Non lo so"- smorzai una risata, abbracciandolo -"Come mai mi hai svegliata?"
"Guarda che bella luna che c'è" poggiai la testa sul suo petto e guardai fuori dalla finestra, la luna era davvero chiarissima.
"Devo ammettere che è molto più bella del solito. Se guardi bene, puoi contare tutti i crateri" sbadigliai.
"E contali allora" mi sfidò Justin.
"Che ore sono?"
"Le tre e mezza"
"E tu pretendi che alle tre e mezza del mattino io ti conti i crateri presenti sulla luna? Secondo me, ti sei fumato qualcosa" ridacchiai, guardandolo negli occhi. "Se vuoi, posso contare le pupille dei tuoi occhi"
"Uh, fammi immaginare.. ne sono due?" Justin mi sorrise.
"Fammi contare.." mi concentrai per un secondo, nascondendo un sorriso "Sì, hai ragione"
"Ma davvero?" mi abbracciò, stringendomi forte. "Sei coccolosa questa sera"
Chiusi gli occhi, sorridendo. E tu sei bellissimo, sempre però, pensai. Lo strinsi anch'io, beandomi ascoltando il battito del suo cuore. Era tutto così magico, era tutto così tranquillo. Mi sembrava quasi assurdo dopo tutto quello che avevamo passato, ma non è detto che ciò che sembra impossibile non diventi possibile.
Bum Bum. Bum Bum. Bum Bum.
Il cuore di Justin batteva ad un ritmo regolare. Mi rilassava, mi faceva sentire.. bene.
"Ti va di fare una pazzia?" mi alzai di scatto, guardandolo negli occhi.
"Ovvero?" chiesi, inclinando di lato la testa.
"Andiamo sulla spiaggia?" sussurrò ad un centimetro dal mio viso, incollando i nostri occhi. Erano sempre stati ipnotici, ma quella sera erano ancora più belli.
"Come quella sera in cui non riuscivo a dormire?" gli chiesi.
"Come quella sera in cui non riuscivi a dormire, piccolina" mi baciò leggermente la fronte, chiusi istintivamente gli occhi.
"Solo ad una condizione" mi alzai dal letto, levano i vestiti che avevo e diventando improvvisamente Blazing. "Volando" misi la maschera, così da non essere riconosciuta.
In un batter d'occhio, mi catapultai fuori dalla finestra. L'aria mi pizzicava il viso, era piacevolmente fresca. Era bello volare, da sola. Non avrei mai pensato di diventare qualcosa del genere, di diventare una piccola lampa di fuoco. Avevo sempre pensato di diventare un chirurgo, come la mamma, o un avvocato o una scienziata. Ma dopo ciò che mi era successo, non sapevo cosa farne della mia vita. Sarei diventata un eroina? O mi sarei nascosta? Avrei svolto una vita normale, o all'insegna della follia? Sapevo solo che volevo continuare ad essere me. Volevo seguire il mio cuore, fare ciò che più mi sembrava giusto. Certo, in quel momento di trambusto non sapevo cosa sarebbe stata la cosa giusta. Magari con Justin capirò, pensai.
O, più semplicemente, sarebbe stato Justin il mio futuro.
"Sei piuttosto veloce" urlò il biondo, non appena arrivò al mio fianco.
"Sorpreso?" sorrisi, cominciando a volare più velocemente. Lo sentii ridere e raggiungermi ancora, ma la cosa non mi stava affatto bene. "Facciamo una gara, chi arriva prima in spiaggia vince"
"E sentiamo, cosa si vince?" azzardai un sorriso beffardo e, diventando rossa come il fuoco, sfrecciai via.
Avete presente The Flash, il super eroe di Star City? Bene, lo ero appena diventata.
Justin cercò di raggiungermi invano, ero troppo veloce e mi stupivo anch'io di questa mia capacità. Sfrecciai via, sfruttando il vento, ma fino ad un certo punto. Il perché era semplice, Justin sapeva padroneggiarlo, per cui decise di fare un'infamata e di farmi soffiare il vento contro. Senza perdermi d'animo, mi infuocai sempre i più, volando sempre più veloce. I miei occhi divennero bianchi dallo sforzo, ma non mi importava: dovevo vincere. Sentivo Justin dietro di me, quasi al mio fianco. Con uno scatto veloce girai il viso per poterlo guardare e Dio, quant'era bello. Nei panni di The Storm, poi, era ancora più affascinante.
Nell'arco di pochi minuti, riuscii ad arrivare in spiaggia prima che Justin potesse raggiungermi. Con un tonfo sordo atterrai a terra, sentendomi elettrizzata.
"Ho vinto!" urlai, andando in contro a Justin che si stava rialzando dopo essere atterrato.
"L'allieva ha battuto il maestro" mi prese il mento tra l'indice e il pollice, facendomi aggrottare le sopracciglia.
"Tu non mi hai mai allenata" cercai di rimanere seria, ma poco ci riuscii. Infatti scoppiai a ridere, gettandomi tra le sue braccia. "Dobbiamo farlo molto più spesso! Questa cosa è fighissima, non ho mai fatto niente del genere! Nemmeno il bungee jumping supera l'adrenalina che si prova volando!"
"Rebecca, fino a poco tempo fa non eri in possesso dei super poteri." mi ricordò Justin, facendomi roteare gli occhi al cielo e sorridere. Ma alla fine, aveva ragione. Non avevo i super poteri fino a poche settimane prima e non riuscivo nemmeno a capire come mai di punto in bianco mi ritrovai ad essere una vera e propria palla di fuoco. Mi piaceva la sensazione di poter essere diversa, ma allo stesso tempo mi chiedevo cosa fosse successo. Di certo i poteri non ti spuntano all'improvviso. "Però hai ragione, dovremmo rifarlo!" sbottò Justin, facendomi sorridere.
E che sorriso che feci.
Dopo la nostra breve gara, ci stendemmo sulla sabbia. Io nei panni di Blazing, lui nei panni di The Storm. Alle tre e mezza del mattino. In una spiaggia a Los Angeles. La pazzia che supera veramente ogni limite. Mi piaceva poter stare sulla spiaggia di notte, in completo relax. Solo io, il mare e le stelle. Anche se in quel momento non ero sola perché Justin era con me, non mi dispiaceva affatto poter condividere con lui il paesaggio che ci si protraeva davanti agli occhi quella sera.
"Fa freddino stasera, eh?" mi chiese Justin, spezzando il mostruoso silenzio che si era creato tra di noi. Anche se, quel silenzio, era diverso. Era il silenzio di due persone che non hanno nulla da nascondersi, che si conoscono appena ma che si desiderano talmente tanto da infrangere le barriere temporali e correre, correre senza importarsene delle conseguenze. Perché alla fine, io e Justin ci conoscevamo da poco più di un mese e già me n'ero innamorata. Ma a chi importava il fatto che lo conoscessi da così poco? L'amore è un sentimento bello, certo, ma anche imprevedibile. Chi lo avrebbe mai detto che mi sarei innamorata di un ragazzo canadese con i superpoteri che si era trasferito un mese prima nella villetta accanto alla nostra? Quella villetta era disabitata da anni. Non avrei mai pensato che qualcuno di così bello potesse cominciarci a vivere. Eppure..
"Vuoi che ti scaldi?" gli chiesi, stringendomi al suo corpo. Senza aspettare una risposta e senza neanche sforzarmi stroppo, aumentai il calore del mio corpo. Sentii Justin fremere per un attimo e sorrisi, mi piaceva quell'effetto che avevano i miei poteri su di lui.
Eravamo così diversi, avevamo poteri completamente opposto.
Io, Blazing, la ragazza che poteva diventare una vera e propria esplosione.
E lui, The Storm, un ragazzo capace di controllare l'acqua, l'aria e la natura.
Con una sola ondata d'acqua poteva spegnermi, ma allo stesso tempo poteva riaccendermi con una folata di vento pieno d'ossigeno. Decideva lui, ormai, se lasciarmi vivere o morire. Mi sentivo appesa a un filo, ma sapevo che, se fossi rimasta con lui, sarei stata al sicuro. Non volevo lasciarlo andare, non volevo che se ne andasse. Con lui, la mia vita era completa. Mamma era tornata a casa dopo la malattia, papà era stato promosso a lavoro, i miei fratellini erano adorabili, avrei finito a breve la scuola e avevo trovato un ragazzo stupendo che era disposto a darmi amore. Per non parlare dei poteri che avevo ricevuto. Sentivo davvero che la mia vita era completa.
"Justin?" lo chiamai, accarezzando il suo collo con le dita che appositamente riscaldai.
"Sì, piccola?" arrossii e sorrisi allo stesso tempo. Essere una torcia umana non giovava affatto quando si trattava di imbarazzo.
"Ti ricordi del premio per il vincitore?" mi accarezzò la schiena con un dito, provocando a me i brividi.
"Premio? Quale premio? Per quale gara?" alzai gli occhi al cielo e gli schiaffeggiai un braccio a causa di quella sua risposta piuttosto vaga.
"Il premio che io devo avere, perché ti ho abbattuto in questa gara di.. volo? Sì, in questa gara di volo." mi alzai sui gomiti, incrociando i nostri occhi. I suoi occhi, così scuri in quel momento, attirarono i miei, decisamente più chiari.
"Cosa vorresti? Una nottata infuocata con me?" ridacchiai e scossi la testa. "Peccato, sarebbe stato molto focoso e travolgente"
"Smettila di usare questi termini" risi leggermente, lasciando cadere i capelli ai lati del mio viso. Dato che il mio viso era a pochi centimetri dal suo, i nostri visi vennero ai lati coperti dai miei capelli scuri. "So cosa voglio"
"E cosa vorresti?" con un gesto veloce, mi portò a cavalcioni su di lui, facendomi arrossire ancora. E menomale che ero già rossa a causa del calore che stavo emanando.
"Vorrei una promessa"
"Che genere di promessa?"
"Vorrei che tu mi promettessi che non andrai mai via"
Justin's POV.
"Vorrei che tu mi promettessi che non andrai mai via" mi disse.
Mi morsi un labbro, indeciso. Non sapevo se dirle o meno la verità, se dirle o meno le mie intenzioni. Non volevo ferirla, ma non volevo nemmeno che morisse a causa mia. Volevo stare al suo fianco, ma allo stesso tempo volevo proteggerla. Chiunque l'avesse fatta diventare Blazing, le aveva inserito un microchip nel cervello contenente delle informazioni riguardo me. Quel microchip che la manipolava, la spingeva ad avere istinti omicidi contro di me. Volevo andare a fondo, capire cosa ci fosse dietro quella storia ma sapevo che non potevo farlo con lei. Dovevo proteggerla e, se fossi rimasto, avrei solamente peggiorato la situazione.
Se era diventata Blazing, c'era un perché. Se avevano scelto lei era perché avevano capito che per me era diventata importante. Sapevo che c'entrava in qualche modo il professor Flyin, ma la domanda era: perché? Quella era la mia battaglia, non la sua. Ero io a dover esplorare le acque più tortuose e tornare a galla vincente dopo aver combattuto con una bestia feroce. Ero io a rischiare la vita, non lei.
Me ne ero innamorato.
Io l'amavo davvero.
Ma non potevo rischiare di perderla, dovevo escluderla dalla mia vita.
E l'avrei fatto, se solo questo fosse bastato a proteggerla.
"Te lo prometto" però risposi, chiudendo gli occhi. Non appena sentii le sue braccia calde stringermi forte, mi sentii davvero uno schifo.
Le avevo mentito, e ciò mi faceva sentire la persona più orribile dell'intero universo.
Ma dovevo proteggerla.
L'amavo e dovevo proteggerla.
Rebecca's POV.
"Andiamo da Sonia come il mese scorso, quando uscimmo di notte per andare in spiaggia?" Justin annuì, prendendomi per mano e sorridendo.
"Certo, quella donna fa cornetti favolosi!" esclamò, mentre io scoppiai a ridere. "Cosa c'è?" mi chiese, fermandosi e corrugando le sopracciglia.
"Favolosi? Favolosi Justin? Dai, non dirmi che hai cambiato sponda" risi ancora, guardandolo. Era serio.
"E se anche fosse, tesoro?" mi chiese, con una voce al quanto femminile.
"Uh, se così fosse non potrò più avere l'opportunità di sfogare le mie fantasie" ammiccai, facendolo sorridere. Mi si avvicinò, sovrastandomi con la sua altezza. Anche se alla fine non ero poi così bassa in confronto a lui, mi sentivo davvero piccola.
"Anche i gay, guardandoti, diventerebbero etero, Rebecca" arrossi ancora, quando le sue labbra finirono sulle mie. "E credimi, anche le ragazze etero, guardandoti diventerebbero lesbiche" questa volta risi, dandogli un altro bacio.
"A me interessi solo tu" ammisi, profondamente sincera.
"Ciò vuol dire che tornerò etero" rispose, facendomi sorridere. E ancora, un altro bacio.
Nonostante tutti quei baci, mentre camminavamo lo vedevo piuttosto pensieroso. Avevamo preferito restare con i piedi per terra durante il ritorno, non volevamo dare troppo nell'occhio anche se era domenica ed erano le sei del mattino. Il suo sguardo, era rivolto di fronte a sé. Sembrava perplesso, parlava poco e sapevo che c'era qualcosa che non andava, me lo sentivo. E quando mi sentivo una cosa, quella era. Qualcosa, a me sconosciuto, lo stava turbando. Ed io mi sentivo così impotente.
A cosa pensi, Justin?
Continuavo a ripetermi.
"Cosa prendi tu?" gli chiesi, attirando la sua attenzione. Eravamo andati a casa a cambiarci, non volevo che qualcuno potesse scoprire chi fossimo.
"Un cornetto alla marmellata con una latte macchiato. E tu, piccolina?"
"Una sfoglia con la crema al latte con un caffé ginseng, penso" corrugai le sopracciglia, facendo finta di leggere il piccolo listino posto sul tavolino. Non volevo che pensasse che avevo capito che c'era qualcosa che non andava.
"Cosa vi porto, ragazzi?" Sonia, che conoscevo da anni ormai, annotò ciò che avevamo scelto. Era una donna molto simpatica, i nipoti erano amici di Breanna e di Jhonny, andavano con loro all'asilo. Inoltre, tutto ciò che serviva al bar era delizioso. Sapori d'Italia, sapori davvero ottimi.
"Hai dei gusti molto singolari" osservò Justin, non appena Sonia ci portò le nostre ordinazioni. Le sorrisi riconoscente, prima di aprire una bustina di zucchero di canna e versarne la metà nel mio caffé.
"Il caffé ginseng è ottimo, vuoi assaggiare?" gli chiesi, passandogli la tasta.
"Lo assaggio solo perché sei tu" sorrisi a quella sua affermazione, possibile che fosse così dolce? "Non è male, ma come mai non prendi un caffé normale?"
"Il caffé ginseng è, come ho detto prima, ottimo davvero. Pensa che serve all'aumento della resistenza dell'organismo a fattori di stress, migliora la risposta all'insulina in pazienti affetti da diabete di grado lieve, migliora l'appetito e stimola la digestione, migliora la resistenza alla fatica, allevia la stanchezza, rafforza le difese immunitarie, aiuta la circolazione sanguigna e migliora la capacità di concentrazione" mi fermai un attimo, sorseggiando il mio caffé. "Quando sono con te, poi.. la mia concentrazione va a quel paese, per cui penso che mi possa aiutare" arrossi alle mie parole, lui semplicemente rise della mia espressione.
Cosa che mi fece imbarazzare ancora di più.
Dopo aver finito di mangiare, chiacchierando come sempre del più e del meno, ci alzammo. Mi piaceva davvero tanto parlare con lui, riusciva a capirmi e mi dava sempre ottimi consigli. Sopratutto in fatto di scuola e super poteri, dovevo affrontare l'ultimo mese di superiori per cui mi ci voleva una guida forte come Justin. Ero davvero contenta che mi avesse promesso di restare, avevo davvero bisogno di lui, era ormai diventato essenziale.
Non riuscivo a vedermi senza di lui, era riuscito a sradicarmi il cuore dal petto, a piantarlo in un vaso presente nel suo di cuore e lo stava facendo crescere lì. Con una folata di vento, come un vero e proprio uragano, era riuscito a portarmi via, a trascinarmi con sé nel suo piccolo mondo. Con un'ondata d'amore, mi faceva nuotare tra le acque del benessere.
Davvero mi aveva stregata.
Davvero mi aveva fatta innamorare.
Ed io davvero, senza di lui non sarei potuta stare.
"Ci vediamo dopo, piccolina?" mi chiese, prendendomi dolcemente il viso tra le mani.
"Vieni tu a casa mia dopo pranzo?" gli risposi con una domanda, facendolo sorridere.
"Con molto piacere" rise dolcemente, attirandomi in un bacio.
Un bacio lento, morbido, atteso, pieno d'amore. Un bacio, che in un secondo mi aveva fatto disconnettere dalla realtà, che mi aveva portata su un altro pianeta. Un bacio al ginseng, forse anche un po' alla marmellata. Dolce, decisamente molto dolce. Mi lasciai trasportare, allacciando le braccia dietro al suo collo e le mani tra i suoi capelli, mentre le sue mani mi stringevano forte i fianchi per tenermi stretta a sé. Non mi interessava se la gente si fermava a fissarci: in quel momento, eravamo solamente Justin e Rebecca, due ragazzi innamorati che si stavano scambiando un bacio, come se fosse stato l'ultimo..
"Rebecca, ricordati che ti amo" sussurrò sulle mie labbra e il mio cuore cominciò a battere forte.
"Ti amo anch'io, Justin, non smetterò mai di farlo" ammisi, anch'io sulle sue labbra, sentendo come un gran vuoto cominciare a crearsi.
"Aspettami" sussurrò appena.
E fu in quel momento, quando andò via, che mi resi conto di ciò che era appena successo.
Fu nel momento in cui chiuse la porta di casa alle sue spalle prima di guardarmi, che capii che la promessa che mi aveva fatto poco prima l'avrebbe presto infranta.
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