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'Strane sensazioni, che sapevano tanto d'amore'

Justin's POV.
Era girata di spalle e la vidi irrigidirsi. Forse ero stato un tantino brusco, ma cosa potevo fare? Era la prima persona che entrava in quella stanza oltre a me, quello era il mio piccolo mondo. Ma stranamente non provavo fastidio, solo paura. Paura, che una volta scoperto tutto sarebbe scappata via.
"Io?" si indicò, girandosi piano. Sorrise, esplicitamente imbarazzata.
"Sì, tu. Non dovresti essere qui" passai la lingua sulle labbra.
"Signore, c'è qualcuno in stanza" esordì Harris, facendomi roteare gli occhi al cielo.
"Sei un tantino in ritardo, Harris" replicai. Rebecca mi guardava sbigottita, ma allo stesso tempo impaurita.
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli e tirandone leggermente le punte. Non doveva essere lì, non doveva appartenere a quel mondo. Eppure, ogni mio tentativo di scacciarla mi portava ad esserle sempre più vicino e ad affezionarmi sempre di più.
Mi scrutò, con i suoi occhi verdi colmi di confusione mista alla curiosità. Il suo sguardo quasi mi fece perdere la cognizione del tempo. Senza perdere altro tempo, mi avvicinai roteando come un tornado alla volta della tuta che poco prima Becky stava tastando. La indossai nell'arco di pochi secondi, con estrema facilità.
"Non muoverti fino al mio ritorno, okay?" le accarezzai il viso col pollice, fissando senza tregua i suoi occhi. Con i suoi denti perfettamente bianchi morse il suo labbro inferiore, senza mai smettere di fissare i miei occhi.
Riuscivo a notare un luccichio nei suoi, un luccichio strano. Paura? Confusione? Frustrazione? Desiderio di sapere? Non sapevo cosa stesse pensando, i suoi pensieri erano sempre imprevedibili.
Ciò che però io sapevo, era che volevo fare al meglio il mio lavoro e tornare il più presto possibile. Quello sguardo mi aveva dato la forza, una speranza, un motivo in più per tornare a casa.
Be', per tornare a casa con tutti i pezzi del mio corpo a posto. Sopratutto con le braccia, per stringerla a me.

Rebecca's POV.
Chiusi gli occhi, ancora stupita da ciò che era appena successo. Cos'era? Cosa mi nascondeva? Perché era così?
Una miriade di domande affollarono la mia mente, ma purtroppo non potevo avere una risposta. O almeno, non potevo averla in quel momento. Justin era andato via, quasi alla velocità della luce. Si riuscivano a intravedere due piccoli tornadi sotto i suoi piedi, che però non facevano muovere un solo foglio in tutta la stanza.
Ero rimasta da sola, in una stanza enorme e altamente tecnologica.
Provai a toccare lo schermo di un computer, sperando di accenderlo, quando una voce metallica mi interruppe.
"Signorina, non è autorizzata a toccare nulla in questa stanza" mi girai intorno, sperando di vedere a chi appartenesse quella voce. Non c'era nessuno oltre a me.
"Chi sei?" chiesi, serrando le labbra in una linea.
"Sono Harris" rispose. Mi sedetti su una sedia affianco ad una scrivania. Portai le mani tra i capelli, era tutto così assurdo. Lo schermo, che poco prima volevo toccare per accenderlo, si accese da solo. Apparì una mappa di Los Angeles, sulla quale si illuminarono due punti. Il segno rosso che simboleggiava una fiamma sopra Santa Monica e un segno blu in movimento.
"Cosa significa?" passai una mano dietro il collo, osservando il puntino blu arrivare sul puntino rosso in un batter d'occhio.
Corrugai le sopracciglia, notando che il puntino rosso man mano stava sparendo. La fiamma divenne sempre più piccola, fino a scomparire.
"Missione compiuta" sentii dire dalla voce metallica.
Io ancora non avevo capito niente. Vidi un altro schermo accendersi, era il telegiornale che mandava in onda un servizio speciale.
"Questa notte, è successo un qualcosa di eccezionale. Un super eroe mascherato ha spento le fiamme che divampavano in un orfanotrofio nei pressi di Santa Monica. È riuscito a portare a compimento il lavoro iniziato e non finito dai pompieri, salvando ben dieci bambini intrappolati tra le fiamme e spegnendo l'intero incendio senza il minimo sforzo. Abbiamo un nuovo supereroe in città?"
Schiusi la bocca, guardando le immagini di ciò che era appena successo. Un ragazzo, che con la forza del vento fluttuava nell'aria, aveva appena spento le fiamme con un getto d'acqua che fuoriusciva dalle sue mani. In un'altra scena, portava fuori volando non uno, non due, ma ben tre bambini, aggrappati saldamente al suo corpo. Portai le mani davanti alla bocca riconoscendo quei lineamenti che solo a Justin potevano appartenere. La tutina che portava era grigia, piuttosto aderente, con varie parti colorate in blu.
Morsi il mio labbro, i lineamenti del suo corpo si riuscivano a vedere benissimo data l'aderenza della tuta.
La domanda però sorge spontanea, le mutante almeno le porta?

Arricciai il naso, portandomi entrambe le mani sul viso. Possibile che i miei pensieri dovessero essere così sconci? Era più forte di me, quel ragazzo mi attraeva in una maniera indescrivibile e non riuscivo nemmeno a spiegarmi il perché. Certo, era un bel ragazzo, ma ce n'erano tanti fuori. Eppure, non riuscivo ad avere occhi per nessuno, solo per lui.
Girai la testa di scatto, sentendo un boato sordo echeggiare nella stanza.
"Ottimo lavoro, signore" Justin sorrise, tirando indietro il cappuccio che faceva anche da maschera. Incrociai i suoi occhi, catapultandomi a pochi centimetri dal suo corpo.
"Adesso mi spieghi?" incrociai le braccia al petto, socchiudendo gli occhi frustrata. Era brutto non sapere nulla.
"Perché dovrei?" chiese, avviandosi vicino alla parete e spogliandosi in un batter d'occhio per poi rivestirsi, proprio come aveva fatto poco prima.
Appunto, perché doveva? Infondo non ero nessuno per pretendere delle spiegazioni, anzi. In quel momento non sarei nemmeno dovuta essere lì. Per qualche inspiegabile motivo, però, sentivo di dover avere delle spiegazioni.
"Perché sì" portai una ciocca dietro l'orecchio, bagnando di conseguenza le labbra con la lingua. Mi guardai le punte dei piedi, avevo ancora le scarpe slacciate. Perché non le avevo ancora allacciate? I misteri di Rebecca Myers.
"Non sei tanto convincente, Rebecca" portò le mani in tasca, dondolando sui talloni. Alzai lo sguardo guardandolo.
"Piuttosto, perché non vuoi dirmi cosa sta succedendo?" mi accigliai, lasciando le mie mani strette in un pugno cadere lungo i fianchi.
"Non stiamo insieme e questa è la mia vita, mi sembra più che evidente come cosa" chiusi gli occhi, sentendo quelle parole penetrarmi come se fossero state mille lame.

Non ero praticamente nessuno per lui, che stupida che ero stata. Ancora una volta, mi ero fatta illudere. Illudere, da un paio di occhi dello stesso colore del miele, così penetranti e dolci ma in quel momento così freddi e impassibili.
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Perché la verità faceva così fottutamente male? Mi girai e sospirai, cercando di cacciare dentro quelle piccole goccioline salate che stavano per rigarmi le gote ormai rosse.
"Hai ragione" dissi solamente, avviandomi verso il muro di vetro da dove ero poco prima entrata. "Harris, mi fai uscire?" chiesi, camminando.
"Certo, signorina" esordì la voce metallica, aprendo di conseguenza le porte in vetro e anche quelle del garage. Lentamente uscii, senza degnare di uno sguardo Justin. Sentivo il suo sguardo perforarmi la pelle, ma di girarmi non ne avevo la minima intenzione. Non volevo che mi vedesse in quelle condizioni, con gli occhi rossi e le gote arrossate.
Era la verità, certo.
Ma allora perché avevo voglia di sprofondare?

Justin's POV.
"Signore, penso che lei l'abbia fatta grossa ancora una volta." la voce di Harris mi fece socchiudere gli occhi e sentire uno schifo. L'avevo ferita, ancora una volta. La mia intenzione era solo quella di scherzare, volevo prenderla un po' in giro, poi baciarla e raccontarle tutto davanti ad una tazza di the' caldo. Erano le sei del mattino e fuori c'erano poco meno di nove o dieci gradi, un the' caldo era praticamente perfetto.
"Che idiota.." sussurrai, battendomi una mano sulla fronte. Senza pensarci due volte mi catapultai fuori il mio studio e a grandi falcate raggiunsi Rebecca, che stava camminando sul marciapiede verso un punto impreciso del quartiere.
"Becky!" urlai, correndo verso di lei. Non mi degnò di uno sguardo, continuando a camminare a passo lento. "Rebecca, per favore, fammi parlare" le presi piano un polso, facendola girare verso di me.
Rimasi basito, notando i suoi occhi e le sue gote arrossate, leggermente umide. Aveva pianto? Per me? Le accarezzai il viso, sentendomi tremendamente in colpa. Cos'avevo detto di male?
"Piccola mia.." poggiai la mia fronte sulla sua, sentendola indietreggiare. "Non fare così"
"Come dovrei fare?" scosse la testa, cercando di allontanarsi da me.
"Cos'ho detto di male?" alzai le braccia in aria, per poi lasciarle cadere lungo il corpo.
"Nulla, è questo il punto!" urlò, passandosi entrambe le mani tra i capelli. "Non hai detto nulla di male o di diverso, non hai detto nulla di sbagliato e nulla che già non sapevo! È questo il punto! Che mi illudo sempre e costantemente" si passò una mano tra i capelli, socchiudendo gli occhi.
"Becky.." le presi il viso tra le mani, facendo toccare i nostri nasi. Averla così vicino faceva uno strano effetto. "Non volevo farti star male. Volevo solo stuzzicarti" le sorrisi, accarezzandole le gote con entrambi i pollici. "Vieni da me?"
I suoi occhi verdi scrutarono i miei, pieni di speranza. La vidi annuire, per poi sospirare. Un sorriso si fece spazio sul mio viso. Volevo rimediare all'errore che avevo commesso, anche se tecnicamente non avevo detto nulla di sbagliato.
Le cinsi il bacino con un braccio, per poi portarla a casa mia. Essendo lunedì sicuramente mamma già era in giro, per cui decisi di salire direttamente in camera mia usando la forza del vento. "Stringiti a me" le dissi, una volta arrivati sotto la finestra di camera mia.
Titubante, allacciò le sue braccia attorno al mio collo. Poggiò il viso sul mio petto, sospirando non appena la strinsi a me. "Non spaventarti, okay?" le sussurrai all'orecchio, per poi guardarmi intorno. Nessuno nei paraggi.
Strinsi il corpo di Becky forte con un braccio, cominciando a salire sempre più su fino ad arrivare sul cornicione della mia camera. Una volta poggiati lì i piedi, entrammo in camera. Rebecca aveva ancora gli occhi chiusi, evidentemente spaventata.
"Manca molto?" chiese, stringendosi a me.
"Oh sì, moltissimo" ridacchiai "Se ti stringi ancora di più allora continueremo a volare per sempre" mi diede uno schiaffetto dietro la nuca, per poi aprire gli occhi.
"Stupido" borbottò.
"Però ti piaccio" le baciai la punta del naso, facendola arrossire.
"Stupido al quadrato" borbottò ancora, allacciando le braccia al petto.
Risi ancora, stringendola di conseguenza in un abbraccio. Ero completamente dipendente da quella ragazza. Ogni parte di lei del suo corpo e del suo carattere era qualcosa di desiderabile e amabile ai miei occhi. Era perfetta. Perfetta per me.
"Preparo qualcosa da mangiare?" annuì, contro il mio petto. "Torno subito" le lasciai un candido bacio sulle labbra, per poi scendere di sotto e prepararle qualcosa da mangiare.
Che dite, troppo sdolcinato?
Forse sei solo innamorato.

Rebecca's POV.
"Quindi tu mi stai dicendo che una sera, mentre camminavi per strada nel Noth Caroline, ti sei ritrovato in una tempesta? Cioè aspetta, tu stai camminando, ti sei imbattuto in questa tempesta, sei stato risucchiato da un tornado e un fulmine ti ha colpito? E poi ti sei ritrovato con questi superpoteri?" sbigottita, poggiai il the caldo sul comodino. Non volevo sporcare le sue coperte.
"Esatto" annuì Justin, grattandosi leggermente la nuca.
"Quindi tu adesso puoi volare con la forza del vento?"
"E non solo," strabuzzai gli occhi, riprendendo il the' e sorseggiandone un po' dalla tazza ancora fumante. "posso controllare molti elementi. Principalmente l'aria, ma sto cercando di esercitarmi anche con la flora, il fuoco e l'acqua"
"Ovvero?" sorseggiai ancora il the', senza smettere di guardarlo. Insomma, come potevo non fissarlo? Aveva una maglietta tanto aderente che potevo contare i suoi muscoli. Uno spettacolo davvero allettante.
Sorrise prima di avvicinare una mano vicino al mio viso sussurrando un 'Posso fare questo". Schioccò le dita, facendo così nascere una rosa rossa sul palmo della sua mano. Sbalordita, avvicinai le dita alla rosa.
"Come hai fatto?" chiesi, accarezzandola.
"Sto studiando per capirlo" prese la rosa tra le mani. "È per te" continuò, porgendomela.
Sorridendo la presi tra le dita, osservandola. Era perfetta.
"Becky mi raccomando, acqua in bocca. Solo alcune persone sanno di ciò che mi è successo, persone che mi hanno cercato e non so come ma mi hanno trovato"
"C'è la possibilità che qualcun'altro diventi..si, insomma..come te?"
"Lì fuori è pieno di metaumani, Becky. Io sono solo uno dei tanti" mi prese il viso tra le mani, guardandomi negli occhi. "Molti dei quali non sono pacifici come me, ma sono stati creati per distruggere. Adesso che sai questo, devi stare molto attenta"
"Perché?"
"Perché il male più grande che puoi fare ad una persona, è fargli morire le persone che ama. Non voglio che questo accada anche a te"
Abbassai lo sguardo, sentendomi avvampare.

Perché il male più grande che puoi fare ad una persona, è fargli morire le persone che ama.

Perché il mio cuore aveva perso un battito?
Perché le mie gote erano completamente rosse?
Perché mi sentivo dannatamente bene, nonostante il fatto che d'ora in poi la mia vita sarebbe completamente cambiata?

Quel ragazzo riusciva a portarmi in un altro mondo, riusciva a farmi provare sensazioni mai provate. Mai nella mia vita mi ero legata così tanto ad un ragazzo, neanche con Ryley avevo quell'affinità. Justin era diverso, Justin era speciale. Justin era il ragazzo che ogni donna avrebbe voluto al suo fianco.
E sentirgli dire quelle parole, così banali ma cariche di significato, avevano fatto accendere al mio cuore il turbo. Che razza di emozioni strane che stavo provando, sensazioni mai provate prima.
Strane sensazioni, che sapevano tanto d'amore.

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