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'Sarà uno sdolcinato piacere'

 "Ciao, Becky!
Sì, so che non conosci questa grafia. Ma sappi, che già l'hai vista. Perché? Perché ti scrissi su un foglietto 'Kiss me under the moonlight'. Da qui, puoi capire chi sono: Justin. So di averlo scritto anche sulla busta, ma non sapevo come cominciare questa lettera. Be', cosa posso dirti? Neanch'io lo so. A dire il vero, non so neanch'io perché ti sto scrivendo una lettera. Da come avrai capito sicuramente, non sono tipo da messaggi e chiamate. Non sapevo come dirti le cose che sto per scriverti a parole e non mi sembrava adatto un messaggio, per cui.. eccomi qui.
Ne abbiamo passate tante ultimamente, eh? Fin troppe, forse. In un mese, Rebecca, hai stravolto completamente la mia vita in tutti i sensi. Non solo mi hai fatto innamorare, ma mi hai anche quasi ucciso. Figo, non trovi? Però sai, non mi pento di nulla, forse solo di una cosa: del fatto che adesso tu, a causa mia, sei diventata un metaumano.
Non so chi ti ha fatto questo, non so il perché e non so nemmeno perché vogliono proprio te. Ma sappi, tesoro mio, che lo scoprirò.
Rebecca, io sono innamorato di te. Te l'ho ripetuto ieri, quando ti ho quasi uccisa, stamattina, quando ci siamo salutati, e adesso, che sto per dirti addio. Sì, hai ben capito Rebecca, è un addio questo. So che ti ho promesso tutt'altra cosa stamattina, ma non puoi rischiare la vita stando con me. O per lo meno, non adesso. Devo sparire dalla tua vita, Rebecca, devo sparire per preservare la tua incolumità. Ma non pensare che me ne starò con le mani in mano, continuerò ad agire per te, a ricercare i colpevoli e a capire cosa vogliono da te, da me, da noi.
Nel frattempo, vivi la tua vita normalmente, come se io non fossi mai esistito. Continua a sorridere, a ridere, a vivere come solo tu sai fare. Continua ad occuparti della casa, dei tuoi fratelli. Da un bacio a tua mamma ogni sera da parte mia, so quanto la ami per cui voglio essere presente attraverso te durante la sua guarigione. E non dimenticarti di tuo papà e di Ryley! Se ti chiedono di me, di loro che sono in giro per lavoro. Perché in effetti, lavorerò per te. Non dimenticarti della scuola, dà il meglio di te e cerca di concludere questo corso di studi al meglio. So che ce la farai, tu sei sempre stata bravissima e so che uscirai con il massimo dei voti dal liceo.
Sappi, però, che quest'addio non durerà per sempre.
Ti prometto che tornerò, non so quando ma tornerò.
Sarai sempre e costantemente nei miei pensieri, come posso dimenticare la donna che amo? Continua ad aspettarmi, ti prego. Vivi come se non fossi mai esistito, ma aspettami allo stesso tempo. Sono andato via solo per il tuo bene, ma prometto che tornerò a prenderti. Nel frattempo, se vuoi sentirmi vicino, basta solamente che tu stringa a te stessa il cuscino che ti ho regalato. Non appena lo farai, vedrai la magia e mi sentirai accanto a te. Oppure, ti basterà soffiare controvento. Infondo, sono io a dominarlo, no? E sappi che, ogni qual volta sentirai il vento pizzicarti il viso, ti starò dando tanto piccoli e teneri e baci.
Mi dispiace averti illusa promettendomi che non sarei andato via, ma non potevo dirti la verità già questa mattina. Volevo passare con te, gli ultimi minuti più belli.
Spero potrai perdonarmi, Rebecca.
Spero davvero potrai farlo, perché quando tornerò sarà per sempre e te lo dimostrerò col tempo.
Mi manchi, mi manchi già tantissimo. Non vedo l'ora di stringerti e di poterti stare accanto.
Mi raccomando, ricordati di me.
Ti amo.
E lo farò per sempre.

Con amore,
Justin"

Non appena finii di leggere la lettera, sentii il mondo cadermi addosso. Istintivamente alzai lo sguardo verso la finestra di Justin e, per pochi secondi, riuscii a scorgere la sua figura. I suoi occhi, quella sera, erano più cupi e spenti: esprimevano solo dolore, tanto dolore. I miei, d'altro canto, erano semplicemente colmi di lacrime. Il mio cuore non batteva più, la mia testa non ragionava più.
Justin mi aveva lasciata ancor prima di poter stare insieme. Justin mi aveva lasciata ancora prima di poter creare un noi.
Incapace di guardarlo, mi girai e chiusi la finestra, gettandomi poi a peso morto sul letto con la lettera stretta al petto. Provavo dolore, frustrazione. Stavano succedendo troppe cose in troppo poco tempo, non riuscivo a sopportarle tutte e sapevo che con l'andare del tempo sarebbero stato tutto sempre più difficile, ma non volevo che Justin se ne andasse. Mi aveva promesso che sarebbe rimasto. Mi aveva promesso che non mi avrebbe lasciata. E, ancora una volta, aveva mandato tutto all'aria.

Dopo minuti interminabili di pianto, riuscii a calmarmi. Il cuore mi batteva forte e le labbra mi tremavano, eppure mi sentivo protetta.
Protetta dal vento, che dolcemente mi accarezzava.
Protetta dal vento, che quella sera era presente solo in camera mia.
Protetta dal vento, che mi racchiuse ancora una volta nel ciclone dell'amore e che mi cullò così dolcemente, da farmi addormentare.

-

Il mattino dopo, mi svegliai senza forze, non potevo permettermi di riposare ancora.
Era appena cominciata un'altra settimana e non avevo intenzione di stare con le mani in mano, dovevo vivere la mia vita, proprio come voleva Justin.
Così mi alzai dal letto e corsi in bagno, facendomi una doccia veloce. Asciugai i capelli e li lasciai mossi, truccai poco i miei occhi e uscii dal bagno in intimo, dovevo ancora decidere cosa indossare. Optai per un semplice jeans scuro, una maglia nera, una mantella nera con alcune strisce in bianco e delle adidas nere. Tutto molto semplice, non volevo sembrare troppo appariscente. E sopratutto scuro, come il mio umore quel giorno. Velocemente scesi al piano di sotto, preparai l'impasto per una torta al cacao che avrebbe cotto per venti minuti e nel frattempo preparai i bambini, in pratica feci ciò che facevo tutti i giorni.
Anche se, da quella mattina in poi, Justin non ci sarebbe stato. E, a differenza delle altre volte, ne avevo la consapevolezza.

"Bree, Alyssia, voi cosa preferite, il latte o il succo?" chiesi alle bimbe, una volta scese in cucina. Ryley entrò subito dopo con Zack e i gemellini.
"Il latte" rispose Alyssia, Breanna scosse la testa.
"Io il succo" annuii, per poi girarmi verso le altre quattro persone presenti in stanza.
"Io preferirei il latte" esordì Jhonny, sedendosi.
"E tu da quanto usi questi termini, piccolo teppista?" sorrisi, dandogli poi un tenero bacio sulla fronte.
"Anche io e Mirabelle vogliamo il latte" si intromise Zack, sedendosi al suo solito posto.
E come ogni mattina, preparai la colazione a tutti, come se fossi stata un barista, quando invece il barista era mio fratello. Anche se era stancante, mi piaceva fare qualcosa per i miei fratelli, mi faceva sentire utile per loro e sopratutto, mi faceva sentire apprezzata dalla mamma.
Non appena finirono di fare colazione, li accompagnai alla porta. Il pulmino era già fuori, così andarono via velocemente facendomi la loro solita linguaccia prima di entrare. Non appena chiusi la porta, tornai in cucina lavando le poche stoviglie sporcate e portai la colazione a letto a mamma e papà.
"Ci vediamo dopo" baciai entrambi sulle gote, prima di uscire e dirigermi verso la porta.
Ryley già mi stava aspettando in macchina, effettivamente non era poi così presto.

"Cosa c'è che non va?" mi chiese mio fratello, non appena entrai in macchina.
"Cosa?" gli chiesi, posizionandomi meglio gli occhiali sul naso. Non volevo notasse le mie occhiaie enormi.
"Rebecca, quante volte devo ripeterti che siamo gemelli?" abbozzai un sorriso, poggiando la mia mano sulla sua.
"Ryley io.." cominciai, bloccandomi subito dopo. Non potevo dirgli la verità, ma allo stesso tempo non volevo mentirgli.
"Rebecca stanno succedendo cose strane ultimamente. E penso che tu, lo sappia bene quanto me." corrugai le sopracciglia, rimanendo per un secondo spiazzata.
"Cosa intendi, Ryley?" gli chiesi, guardando il suo profilo: i suoi lineamenti erano ben marcati, sembrava teso.
"Intendo che da quando sto con Brigitte, sento che qualcosa dentro di me sta cambiando. Senza rendermene conto, ad esempio, al lavoro mi capita di sciogliere il ghiaccio nei bicchieri dei cocktail, solo toccando il calice. Sento sempre uno strano calore irradiarmi il corpo e vedo delle scie arancioni passarmi attraverso le mani. Non so cosa mi sta succedendo, Becky. So solamente che ho paura di tutto questo, perché non riesco a capirci niente" deglutii, mentre lo vidi cambiare marcia ed entrare nel parcheggio della scuola. "Ho bisogno di te, ho bisogno di mia sorella."
"Sono qui, Ryley" gli presi la mano, non appena parcheggiò. Lo guardai negli occhi, notando qualche piccola scarica elettrica. "E sappi, che tutto questo sta succedendo anche a me" ammisi, abbassando di poco la testa.
"Davvero? Quindi vuol dire che non sono l'unico?" mi chiese, sorridendo. Annuii.
"Davvero. Ma te lo spiegherò dopo, perché adesso dobbiamo andare" gli feci l'occhiolino, per poi uscire dall'auto.

Prima di entrare a scuola, però, abbracciai mio fratello. Appositamente, surriscaldai il mio corpo, facendogli capire che non mentivo dicendogli che stavo anch'io attraversando ciò che lui stava attraversando. E c'entrava Brigitte, per cui i Flyin volevano davvero qualcosa da noi. Non appena mi staccai dal suo abbraccio, gli diedi un dolce bacio sulla guancia e, a braccetto, entrammo a scuola.
"Charly, amore mio!" l'abbracciai, non appena la vidi accanto ai nostri armadietti rossi, proprio come il fuoco.
"Mia piccola lampa fiammeggiante!" gracchiò stringendomi forte.
"Ciao anche a te, Charly" mio fratello rise, la mia migliore amica invece strabuzzò gli occhi.
"Ciao Ryley, non mi hai mica sentita, vero?"
"Penso che dovremmo portare anche lui oggi pomeriggio da Ryan, Charly" ammisi, stringendo mio fratello.
"Quindi anche tu.." la mia migliore amica lasciò a metà la frase, Ryley annuì.
"Dobbiamo davvero capire cosa ci sta succedendo" continuai, socchiudendo gli occhi.
Anche se cercavo di essere forte, sentivo che c'era qualcosa che non andava. Era come se mi mancasse una parte di me, una parte fondamentale: e in effetti, mi mancava Justin.
Sorrisi amaramente e scossi più volte la testa, non volevo che il suo viso cominciasse a distrarmi, altrimenti le lacrime avrebbero dominato i miei occhi.
Fortunatamente, la campanella suonò subito dopo le mie parole. Salutai mio fratello con un bacio sulla guancia per poi avviarmi con la mia migliore amica in classe per due estenuanti ore di fisica che, però, mi sarebbero servite, prima o poi. O almeno, lo speravo dato che non era affatto facile capire tutti quei calcoli e quelle formule. Non mi era mai piaciuta così tanto la fisica, anche se mi affascinava molto. C'erano troppi calcoli da fare, io preferivo le materie teoriche rispetto a quelle pratiche. Ugualmente, però, volevo uscire con un bel voto, per cui ero decisa ad impegnarmi quell'ultimo mese al meglio delle mie capacità.
Magari, essere un metaumano mi avrebbe aiutata.
Dopo le due estenuanti ore di fisica, toccava un'ora di filosofia, col professor Flyin. Ancora non mi ero psicologicamente preparata, ma sapevo che non sarebbe stato affatto facile far finta di nulla. Quel professore mi stava sui nervi, sopratutto per quello che ci stava facendo. Era pericoloso stare con lui, non sapevo cosa fosse in grado di fare per cui dovevo fare attenzione.
Non appena mi ritrovai fuori l'aula di filosofia, sospirai. Avevo bisogno di coraggio, e ne trovai pensando a Justin.
Mi sedetti al mio solito posto, sentendo l'ansia farsi spazio nel mio corpo. Non volevo osservare gli occhi glaciali del professor Flyin, ma era inevitabile. Era il mio prof e, per almeno un mese, avrei dovuto tenere duro, molto duro.
Quando il prof entrò, tutta la classe si alzò per salutarlo. Dovetti farlo anch'io, anche se non volevo. "Sedetevi pure" disse, sedendosi al suo posto e cominciando a compilare un registro.
Un registro rosso.
"Allora oggi interroghiamo?" si alzò di scatto, venendo verso di me.
"Ancora me, prof?" gli chiesi, con un finto sorriso.
"Quella della settimana scorsa era solo una delle due interrogazioni che dovevo farti" poggiò le mani sul mio banco, guardandomi negli occhi.
"Una in due giorni?" gli chiesi, poggiando anch'io le mani e surriscaldando di poco il banco.
"Preferisci una C in pagella?" ridussi i miei occhi a due fessure, sentendo delle scariche elettriche attraversarmi.
La cosa che più mi preoccupò, però, furono le scariche elettriche che attraversarono i suoi di occhi. Aumentai il calore sul tavolo, notando che sul viso del professor Flyin si formò un ghigno soddisfatto. Continuai a sfidarlo con lo sguardo, fino ad alzarmi e mettermi davanti a tutta la classe "Sono pronta per l'interrogazione" esclamai, cercando il sostegno di Charly, che mi sorrise.

L'interrogazione, fece volare tutta l'ora. Cercai di dare più dettagli possibili, cercai di non essere evasiva e di dire tutto ciò che il professor Flyin voleva sentirsi dire. Quando suonò la campanella, tutti i ragazzi scapparono via per la ricreazione mentre io invece restai qualche minuti in più per saperne l'esisto e, con mia sorpresa, riuscii a prendere una A. Ringraziai il prof e scappai via, non volevo più avere nulla a che fare con lui.
La ricreazione finì velocemente, così come le altre due ore, rispettivamente di letteratura inglese e di francese. Sospirai contenta, non ne potevo più di stare in quella scuola. Affrontare quei quattro anni era stato tremendo, desideravo con tutta me stessa finire il prima possibile così da poter dedicare un po' di tempo a me stessa e al mio benessere. E ne avevo davvero bisogno.
"Passiamo io e Ryley per le quattro, va bene?" Charly annuì, abbracciandomi. Dopo averla salutata con un caloroso -ma letteralmente- abbraccio, mi avviai in macchina. Mio fratello già mi stava aspettando, così arrivammo velocemente verso casa. Rimasi sorpresa nel vedere mia madre ai fornelli, ma ne fui contenta. Voleva dire che stava cominciando a sentirsi meglio e, dopo ciò aveva dovuto sopportare, era davvero un gran traguardo.
"Mamma, va a riposarti. Continuiamo io e Becky qui" mio fratello baciò dolcemente la fronte a mia madre allontanando il mestolo dalle sue mani.
"Non preoccuparti, tesoro. Sto bene" il sorriso di mia madre, più vivo, fece sorridere anche me.
"Sei sicura?" mi intromisi io, prendendo una tovaglia per poter apparecchiare la tavola.
"Certo. Se volete, cominciate ad apparecchiare la tavola" disse, continuando a girare qualcosa dall'odore buonissimo in pentola.
"Ai suoi ordini, signora" Ryley baciò ancora la fronte a mia madre, prima di aiutarmi ad apparecchiare la tavola.
Mentre lui e la mamma finirono di pepare tutto in cucina, io ne approfittai per sistemare un po' casa. I bambini sarebbero arrivati in una decina di minuti, per cui avevo ancora un po' di tempo per levare da mezzo il disastro che avevano combinato il giorno prima. Sistemai anche camera mia, sorridendo non appena poggiai sul comodino la lettera di Justin, il cuscino che mi aveva regalato e il bigliettino con su scritto 'Kiss me under the moonlight'. Accarezzai il tutto, accendendo di conseguenza lo schermo del mio cellulare: avevo come sfondo una nostra foto.

Sentii un nodo alla gola formarsi, assieme a tante lacrime di cui i miei occhi volevano liberarsi. Era passato meno di un giorno dall'ultima volta in cui l'avevo visto, eppure mi sentivo così persa senza di lui. Mi mancava, eccome se mi mancava. Avevo bisogno di un suo abbraccio in quel momento, avevo bisogno di sentirmi stretta al suo corpo e di sentirmi protetta. Mi bastava anche solo un contatto con i suoi occhi, ma la finestra della sua stanza era chiusa così che me tende: era andato via. Mi sentivo così sola, così persa.. ma non volevo mollare tutto, o almeno, non potevo farlo. Justin mi aveva promesso che sarebbe tornato e, anche se aveva infranto tutte le promesse precedenti, continuavo a fidarmi. Sapevo che prima o poi sarebbe riapparso e volevo farmi trovare pronta, volevo che fosse fiero di me.
Tirai su col naso e asciugai quelle piccole gocce amare che erano scese dai miei occhi senza che io me ne rendessi conto, prima di scendere in salotto. Erano appena arrivati i bambini.
Col mio corpo ero presente, ma la mia mente non faceva altro che pensare a quello splendido ragazzo dagli occhi color miele.

Justin, cosa starai facendo?

Justin's POV.
"Ryan, mi stai dicendo che ieri Rebecca è stata qui?" sbottai, portandomi una mano tra i capelli.
"Sì, Justin e ci sono delle novità al quanto pazzesche" disse, sorseggiando la sua tazza di the' caldo.
"Ovvero?" chiesi, mordendomi il labbro.
"Rebecca era già un metaumano, solo che ancora non lo sapeva. I suoi metageni dovevano ancora manifestarsi quando le hanno dato l'Accelerator" poggiai la mia tazza di the sul tavolino, completamente sbigottito. "Justin, il DNA di Rebecca è diverso dagli altri metaumani che sanno dominare il fuoco. Non so ancora cosa ci sia sotto, ma sono sicuro che ci sia qualcosa di grosso. Penso che Rebecca possa fare molto più che dominare il fuoco, devo fare degli accertamenti ma probabilmente ha a che fare con la telecinesi e se fosse così.. oh, penso che sia in pericolo" sospirai, stringendo le mani a forma di pugno.
"Ryan, lei ha un fratello gemello. E se anche lui fosse in grado di fare tutto ciò?"
"E' una possibilità che non possiamo scartare" sospirai ancora, alzandomi e cominciando a camminare per la strada.

La telecinesi non era una cosa da poco, era uno dei poteri più grandi che un metaumano potesse ricevere. E' quel fenomeno paranormale per cui un essere vivente è in grado di agire sull'ambiente che lo circonda, manipolando oggetti inanimati, attraverso mezzi fisici invisibili e secondo modalità sconosciute alla scienza. In poche parole, consisteva nel manipolare gli oggetti col pensiero. Poteva, quindi, fare di tutto solo volendolo. Se davvero Rebecca avesse avuto un potere simile, sarebbe stata imbattibile e, forse, proprio per questo i Flyin la volevano. Non potevo permettere che le succedesse qualcosa.
"Ryan, devi promettermi una cosa" attirai l'attenzione del mio migliore amico, intento a guardare il computer.
"Dimmi pure, amico" spostò il suo sguardo su di me, sorridendomi.
"Da oggi in poi, fin quando non tornerò, dovrai vegliare tu su Rebecca. Dovrai proteggerla e avvertirmi di tutti gli sviluppi di questa storia. Io andrò a Berlino per scoprire qualcosa in più sul progetto Supernova, magari negli archivi scientifici troverò qualcosa che può esserci utile."
"Tranquillo, amico. Oggi pomeriggio verrà anche Chaz, oltre a Barry, e analizzeremo insieme la situazione. Per quanto io sia bravo, ho bisogno di altre menti contorte almeno quanto la mia per poter lavorare bene. Ma ci pensi? Illusion, The Flash e Blazing a lavorare insieme"
"Chaz non ha ancora cambiato il suo nome? Illusion è troppo scontato"
"Barry si chiama The Flash, immagina"
"Ed io mi chiamo The Storm, qualche problema?" abbracciai il mio migliore amico, ero contento che fosse lui ad occuparsi di Rebecca.
"Però amico, devo ammettere che la tua Becky è davvero una bella ragazza. E ha scelto anche un bel nome, penso il migliore se lo confrontiamo a quello tuo, di Chaz o a quello di Barry."
"Ryan.." mi staccai dall'abbraccio, guardandolo però negli occhi. "Io vado via, ma Rebecca non si tocca."
"Tranquillo Biebs, è solo tua" il mio amico ridacchiò, io invece rimasi serio.

Anche se stavo andando via, col cuore rimanevo accanto alla mia piccola donna.
Stava affrontando un periodo difficile e aveva bisogno di me, ma non potevo restare.
Le avevo promesso che sarei tornato e lo avrei fatto.
Doveva solo aspettarmi.
Doveva solo continuare ad amarmi.
Proprio come l'amavo io.

"Ryan, adesso devo andare. Ma prima, mi prometti un'altra cosa?"
"Cosa?"
"Che dirai a Rebecca che la amo da impazzire"
"Sarà uno sdolcinato piacere"   

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