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'Ma tu non sei qui'

"Sicura di aver dormito?" mi chiese Charly, poggiandosi con la schiena all'armadietto. Annuii distratta, chiudendo poi il mio armadietto.
"Penso che sia solo stanchezza dovuta alla vita che sto facendo" feci spallucce, stringendo sempre più i libri al petto. "Piuttosto, pensi che il professor Flyin mi interroghi ancora?" le chiesi, sperando in un secco no come risposta.
Non avevo voglia di essere interrogata e di parlare quella mattina, ero davvero stanca e deconcentrata. Inoltre, avevo passato tutto il pomeriggio con Taylor ed ero pure svenuta, non avevo avuto il tempo di ripassare.
"Spero di no, per quanto ti sta antipatico e per come stai adesso, penso proprio che lo manderesti a quel paese" guardai la mia migliore amica con le sopracciglia corrugate, per poi scoppiare a ridere. Mi conosceva troppo bene quella ragazza. Eppure, quella mattina non mi sentivo tanto in vena di litigare e, anzi, quasi mi sembrava di stimare quell'uomo che avevo tanto odiato. Magari aveva le sue ragioni e i suoi perché, non potevo sapere cosa gli passasse per la testa.
Quando entrai in classe, mi sedetti al mio solito posto. Lascia cadere il mio sguardo fuori dalla finestra, notando una Range Rover nera. Poi un'altra, e un'altra ancora. Molte persone avevano quella macchina, eppure l'unica che in quel momento mi veniva in mente era quella di Justin. Chiusi gli occhi e sospirai, mi mancava ma allo stesso tempo non lo volevo con me.
Che contro senso, eh? Odiare così tanto una persona, ma desiderarla così tanto da volerla avere per tutta la vita al proprio fianco.
Il mio era un odio irrazionale, quasi illogico, che non aveva alcun senso. Non riuscivo a capire da dove provenisse, non riuscivo a comprenderne il senso. Sapevo solo che quando lo vedevo, scattava qualcosa in me che mi diceva "uccidilo".
Ma c'era l'altra parte di me, che mi implorava di cadere tra le sue braccia.

Amore.
Odio.

Due sentimenti in così grande contrasto, ma anche così dannatamente simili.
E chissà, quale parte di me avrebbe vinto.

"Signorina Myers, è pronta per l'interrogazione?" sobbalzai per un secondo, interrompendo i miei pensieri. Il professor Flyin mi guardava con i suoi grandi occhi azzurri, quel colore così glaciale mi metteva in confusione così scossi per un secondo la testa.
"Prego?" chiesi gentilmente, sospirando subito dopo.
"E' pronta per l'interrogazione?" mandai un'occhiata a Charly, che mi sorrise rincuorante.
"Certamente" dissi solamente, cercando di non sembrare titubante.

-

Driiiin.

Sorrisi, sentendo la campanella suonare.
Non ne potevo più di sentir parlare e parlare e parlare i professori. A volte mi chiedevo se solo riuscissero a prendere fiato, sembravano delle macchinette programmate per parlare piuttosto che insegnanti, chissà dove avevano la presa per potersi ricaricare..
"Charly, ci sentiamo dopo?" chiesi alla mia migliore amica, facendo un segno col capo a mio fratello di aspettare un secondo.
"Certo" le diedi un bacio sulla guancia, correndo verso Ryley. Diedi un bacio veloce a mio fratello per poi avviarmi con lui in macchina.
Mi piaceva il modo in cui Ryley guidava la macchina: era molto sciolto, così sicuro. Non lasciava che la macchina saltasse o si spegnesse all'improvviso, sapeva muoversi davvero bene. Un po' come Justin. Anche se Justin era tutt'altra cosa.
"Piccolina a cosa pensi?" chiese mio fratello, facendomi alzare gli occhi al cielo.
"Fratellino, devo ricordarti di quanto sono più piccola di te?" ridacchiai, accennando un sorriso.
"Passo, grazie" sorrisi ancora. "Allora?"
"Mi piace come guidi la macchina" ammisi, omettendo completamente i pensieri relativi a Justin.
"Solo?" continuò con le domande, facendomi aggrottare le sopracciglia.
"Perché?" mi soffermai a guardarlo con le sopracciglia corrugate.
"Sei strana in questi giorni, sento che c'è qualcosa che non va. Becky, siamo gemelli, riesco a capire i tuoi stati d'animo e i tuoi sentimenti, e non sento che va tutto bene. Sento che c'è qualcosa che non va, ho paura per te. Quindi volevo solo dirti, che se hai bisogno di confidarti con qualcuno, con me puoi farlo. Ti voglio bene, voglio solo il meglio per te e lo sai, piccola pulce" sorrisi alle parole di mio fratello, e in men che non si dica mi ritrovai con le lacrime agli occhi.
Amavo mio fratello, tanto, e amavo il modo in cui riusciva a capirmi. A rassicurarmi. Ad aiutarmi. Solo con lui riuscivo ad avere un rapporto vero, senza bugie e senza ipocrisia. Con lui sapevo di non dovermi nascondere, perché mi amava per com'ero fatta, e lo stesso sapeva lui.

Non sapevo davvero cosa fare senza mio fratello.
Era parte integrante della mia vita, l'unica persona di cui potevo realmente fidarmi.
Chissà, se Justin sarebbe stato all'altezza del compito che fino a quel momento aveva svolto mio fratello, ovvero quello di essere il mio compagno di vita.
Chissà, se lo sarebbe mai stato.

Non appena Ryley spense la macchina una volta arrivati a casa, mi fiondai tra le sue braccia. "Passerà tutto" dissi solamente, prima di scendere dalla macchina e andare in cucina. Anche se lo amavo e mi fidavo completamente di lui, non volevo ancora dirgli che avevo scoperto di avere questi nuovi 'poteri'. Non mi sentivo ancora pronta.
E di nuovo la solita routine giornaliera. Cucina, pulisci, leva il disordine, rassetta. Mia madre era riuscita a fare poco di quello che solitamente facevo io una volta tornata a casa da scuola, ma apprezzavo davvero tanto il suo enorme aiuto. Era appena guarita dalla sua malattia, era già un miracolo che fosse con noi.
Non desideravo di più, volevo solo che rimanesse con noi per sempre.
Quando arrivarono i bambini, fu un vero e proprio trambusto. Ma infondo, era ciò che succedeva ogni giorno.
Il giorno dopo e quello dopo ancora, mi ritrovai a fare le stesse cose, così fino a sabato. Ero stanca, davvero tanto. Aspettavo con ansia che la scuola finisse, mancava meno di un mese ma non ce la facevo più. Tra i vari esami, le interrogazioni, i compiti in classe, quelli per casa, le pressioni dei compagni.. stavo scoppiando, ma letteralmente. Ringraziai Dio quando, quel venerdì ventinove, andai a letto.
A peggiorare la situazione, era la nostalgia di Justin. Mi mancava un sacco, non sapevo dove fosse finito. Non lo vedevo più, non lo sentivo più. Era come se fosse scomparso nel nulla, ma come biasimarlo? L'ultima volta che ci eravamo visti, avevo tentato di ucciderlo col fuoco. Mi guardai istintivamente le mani, facendole diventare rosse e fiammeggianti. Ancora non riuscivo a capire il perché di tutto quello che facevo, era ancora un'incognita per me. Non sapevo perché ero diventava una torcia vivente, quello che riuscivo a sapere però era che da un lato mi piaceva. Blazing. Mi piaceva quel nome. E mi piaceva la sensazione di sapere che dati i miei nuovi poteri, avrei potuto aiutare qualcuno per ciò che mi era possibile.
L'unica cosa che odiavo, era bruciare i vestiti che avevo addosso.
"Ci sono" sussurrai a me stessa, alzandomi di scatto e prendendo il computer tra le mani. Feci un paio di ricerche, per riuscire a capire quale tessuto riuscisse a non prendere fuoco, trovandone uno chiamato Trevira CS. Decisi di ordinare cinque metri di questo tessuto online, mi sarebbe arrivato il mattino seguente. Dato che il tessuto era rosso, ordinai anche della tinta per tessuti color oro. Avevo in mente un costume stupendo, e lo avrei assemblato io stessa. Dato che ero stanca, ma che non avevo sonno, presi carta e penna, cominciando a disegnare. Desideravo trovare un costume che mi facesse sembrare più femminile, che rispecchiasse gli standard che mi ero posta.

Dei guanti, dei guanti color oro, lunghi fino al gomito.
Una tutina aderente, formata da un leggins rosso arrivante alla caviglia e un corpetto stretto. Il tutto di un rosso fiammeggiante, con due strisce dorate dei lati e una stella dorata con al centro una B.

Guardai il mio capolavoro, sorridendo. Sembrava davvero perfetto per me.
Posai il disegno sulla scrivania posta vicino al letto, abbastanza soddisfatta.
Mi mancava ancora qualcosa prima di dormire. Mi mancava quel fatidico bacio della buonanotte.

"Ma tu non sei qui" sussurrai. Stringendo il cuscino che Justin mi aveva regalato.

La mattina dopo, mi alzai ancor prima del tintinnio della sveglia. Ero stanca morta e dolorante, ma non importava: dovevo preparare da mangiare ai piccoli di casa. Così scesi in cucina, cercando di fare meno rumore possibile. Trovai la ricetta di una semplice torta al cacao, così decisi di cominciare a impastare. Una volta aver finito l'impasto, lo infornai a 200 gradi per 20 minuti, mentre nel frattempo apparecchiai la tavola per tutti. Fu proprio in quel momento, che scese mio papà.
"Che odorino" mi diede un bacio sulla fronte. "La mia piccola cuoca" sorrisi.
"Papà, ho diciannove anni, forse dieci anni fa ero la tua piccola cuoca" ridacchiai, stringendomi a lui. "Cosa ci fai già sveglio?"
"Volevo aiutarti, ma vedo che hai già fatto tutto tu"
"Va a riposarti ancora un po' con la mamma, continuo io qui" gli posai le mani dietro la schiena, spingendolo fuori dalla cucina.
Così che mi ritrovai da sola, sentendo la sua risata da fuori la porta. Mi piaceva sentire mio papà ridere, aveva una risata così armoniosa e contagiosa anche alle sei e mezza del mattino. Infatti, mi ritrovai anch'io a ridere come una cretina alle sei e mezza del mattino. Ma infondo, com'è che si dice? Tale padre, tale figlia. Forse.
Quando finii di preparare la colazione, feci per uscire dalla porta, ma questa si aprì senza il mio consenso, andando a colpire in pieno la mia fronte.
100 punti.
Brutta porta, come osi? Pensai, massaggiandomi la fronte. Quando vidi Ryley e Zack accasciati a terra dalle risate, non potei fare a meno di sorridere. Anche loro erano belli quando ridevano. Insomma, tutti sono belli quando ridono. La risata fa bene al cuore, all'anima. Una risata, vera, spontanea, ti coinvolge. E ridere fa bene in tutti in sensi, perché non solo aumenta il benessere psicofisico, ma fa bruciare anche tante calorie.
O almeno, così diceva la gente.
Forse è perché non rido più che ho preso due chili, pensai ancora.
Oh, troppi pensieri.

"Ryley, sai vero che me la pagherai per questo?" mi massaggiai ancora la fronte, soffocando una risatina.
"Almeno ho svegliato e vestito Zack e i gemellini" fece spallucce, facendo passare le due piccole trottole che si fiondarono tra le mie braccia.
"Ryley è cattivo" sussurrò Mirabelle.
"Sì è vero, non ci dà i bacetti" enfatizzò Jhonny.
"Gliela faremo pagare" risi tra me e me, dando un bacio sulle fronti ai miei fratellini.
Erano così dolci e teneri, avrei voluto tanto sbaciucchiarli ma avevo poco tempo: dovevo svegliare Breanna e Alyssia. Corsi quindi di sopra, svegliai le bambine che andarono a lavarsi velocemente e che in poco tempo si vestirono e scesero giù. Il tempo di fare colazione, che arrivò il pulmino. Accompagnai i miei piccolini alla porta, per poi vederli correre via. Ero così fiera di loro.
A differenza di quei bambini che facevano le storie perché volevano fare sempre e solo quello che volevano, loro erano comprensivi, contribuivano molto, non si lamentavano. Avevano capito che la situazione non era la migliore, e cercavano di dare il massimo per non farcela pesare. Partendo da Alyssia e finendo con Mirabelle: erano davvero dei bambini speciali.

Salutai con la mano i bimbi fin quando il pulmino non girò l'angolo. Solo in quel momento, sentii la strana sensazione che qualcuno mi stesse guardando. Girandomi, infatti, vidi una figura maschile, con tanti tatuaggi, abbastanza massiccia anche se non molto alta..
Jeremy.
"Salve signor Bieber!" salutai, sorridendo. Quanto assomigliava a Justin.
"Ciao fiore di loto. Come stai?" sorrisi a quel soprannome e mi avvicinai. Non mi stava più tanto antipatico, anzi: avevamo fatto amicizia.
"Sono un po' stanca, ma bene. Lei come sta?"
"Procede come al solito" sospirò.
"Justin?" chiesi, pentendomene subito dopo.
"E' andato a fare delle commissioni a Stratford. Dovrebbe tornare nel pomeriggio" annuii. "Be', adesso mi tocca andare che la mia signora deve montare delle mensole. Venite a prendere un caffé nel pomeriggio a casa?" annuii.
"Chiederò alla mamma" sorrisi "Arrivederci signor Bieber"
"Ciao fiore di loto" ah quell'uomo. Era davvero tanto simpatico.
Tornai a casa, sentendomi subito meglio. Sapevo che fine aveva fatto Justin. Probabilmente il suo cellulare era in roaming, per questo non mi aveva scritto. O più semplicemente, non aveva tempo. Ma in quel momento, sapere cosa stesse facendo, mi aveva dato una certa pace.

Anche se mi mancava terribilmente.

Quando tornai in casa, come mio solito, cominciare a fare le solite faccende domestiche. Lava i vetri, lava a terra, spolvera qui, pulisci là.. solite cose, noiose ma da fare. Charlie quella mattina non sarebbe potuta venire, doveva sbrigare delle faccende con sua madre ma ci saremmo viste il giorno dopo. Nonostante fossi da sola, perché sì, mio padre non dava un minimo aiuto, finii di sistemare tutto per le dieci e mezza. Stremata, andai in cucina a bere un bicchiere d'acqua. Il sudore grondava giù dalle mie tempie, tutto ciò che desideravo era farmi una doccia.
Feci per salire le scale al piano di sopra, ma sentii il campanello della porta suonare.
"Chi è?" urlai, avviandomi alla porta.
"Il postino!" rispose urlando la voce familiare di Pat, il postino. Aprii la porta, trovandomi di fronte uno scatolone abbastanza largo e lungo, con su posto un altro scatolone più piccolo.
"Oh, grazie" sorrisi, prendendo con facilità i pacchi. Li poggiai a terra. "Devo firmare qualcosa?" chiesi.
"No, apposto. Ciao Rebecca!"
"Ciao Pat!" Pat era un mio compagno di scuola alle medie. Ci conoscevamo da anni.
Portai tutti e due i pacchi al piano di sopra facendo molta attenzione a dove mettevo i piedi dato che avevo paura che fosse ancora bagnato. Entrai in camera mia, aprendo lo scatolone che rivelò metri di una bellissima stoffa rossa di Trevira CS. Prima di mettermi all'opera e di creare quello che sarebbe stato il mio costume, andai in bagno, facendo una breve doccia calda. Cocente. Ma appagante allo stesso tempo.
Quando uscii da sotto il forte getto avevo la pelle arrossata, ma mi sentivo così dannatamente bene.
Il calore, mi faceva andare in estasi.
Velocemente mi vestii e asciugai i capelli con l'aria calda del phon.
Non appena finii di prepararmi, mi misi all'opera.

Nessuno mi avrebbe riconosciuta, nessuno avrebbe mai scoperto la mia identità. Sarei stata una torcia nel buio, sarei diventata una fiamma nell'oscurità. Avrei potuto usare i miei poteri, sfoderare le mie capacità. Sarei stata come il cavaliere oscuro, ma vestita di rosso. Un rosso, che avrebbe preso fuoco, il che significava acquistare vita. Un'eroina, una vigilante. Sarei potuta diventare qualsiasi cosa, essere chiunque io volessi essere. Tanto, nessuno mi avrebbe riconosciuta. Nessuno, sarebbe stato in grado di riconoscermi. Avrebbero conosciuto solo Blazing, non Rebecca. Chiunque sarebbe stato ingannato.
E chissà, se Justin sarebbe stato in grado di riconoscermi.   

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