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'Anche mio padre era un metaumano'

Anche se la cerimonia di consegna dei diplomi fu molto lunga, ero contenta di aver finalmente ricevuto quel pezzo di carta che avrei incorniciato. Forse mi sarebbe servito a poco, forse a nulla, forse a tanto, ma quel che realmente contava era averlo tra le mani. Verso mezzogiorno circa entrammo nel cortile dove ad attenderci c'era un rinfresco, del tipo che io arrivai un quarto d'ora dopo poiché molte persone non facevano altro che complimentarsi con me o per chiedermi qualcosa circa la mia carriera scolastica. Era bello ricevere tutte quelle attenzioni, ma non vedevo l'ora di rifugiarmi tra le braccia di Justin. 

Mi feci spazio tra la gente, cercandolo con lo sguardo. Di lui, nessuna traccia.
Pensavo che fosse andato via ancora una volta, infondo c'era da aspettarselo.. magari era tornato solo per poter assistere al discorso per poi tornare chissà dove a fare chissà cosa.

Proprio quando stetti per perdere le speranze, sentii l'impulso di girarmi.
E lo ciò che vidi mi riempì il cuore di gioia.

Il suo viso non era cambiato di una virgola, il suo sorriso era sempre così maledettamente bello e travolgente. Quei capelli, poi.. erano ancora più lunghi, lo facevano sembrare così attraente. Non mi stupii, infatti, di notare alcune mie compagne guardarlo e non mi stupii nemmeno dei loro pensieri sconci: infondo, li stavo facendo proprio come li stavano facendo loro. Senza nemmeno aspettare, senza nemmeno ricordarmi di dov'ero, senza nemmeno importarmene della tunica, corsi. Corsi, il più che potevo, per poi sprofondare tra le braccia di quell'uomo che io tanto avevo atteso, che tanto amavo. Sentii le sue braccia stringere il mio corpo, le mie mani invece attraversarono i suoi capelli. Sapevo che non gli piaceva quando gli toccavano i capelli, eppure in quel momento si stava lasciando toccare da me. Avevo voglia di piangere, urlare, stringerlo a me e non lasciarlo più; ma tutto ciò che feci fu semplicemente bearmi di quell'abbraccio e di quella stretta che mi rendeva così viva, che mi faceva sentire così bene.
'Mi sei mancato così tanto' gli dissi con la forza del pensiero, troppo provata per poter parlare.
"Mi sei mancata anche tu" rispose, stringendomi ancora di più a sé. "Cavolo, Rebecca, ma quanto bella sei diventata in un solo mese? Fatti guardare!" mi staccò dal suo corpo, facendomi fare una giravolta.
"Diciamo che con la tunica non si vede un granché" risi, aggrappandomi di nuovo al suo collo.
"Diciamo che sei sexy anche con la tunica da diplomata" continuò, poggiando il mento sulla mia testa e baciandomi poi dolcemente la cute.
Tra le sue braccia mi sentivo così bene, così protetta. Anche se ormai sapevo cosa fare in caso di pericolo dato che avevo sviluppato poteri fuori dal comune, le sue braccia erano pur sempre il miglior rifugio in cui potessi mai proteggermi se mai ne avessi avuta la necessità. Sapevo che per me avrebbe scatenato una tempesta, sapevo che per me avrebbe creato tornadi con un semplice schiocco delle dita. E tutto questo, mi faceva sentire così bene, mi sentivo così fortunata ad averlo accanto a me.
"Devo raccontarti così tante cose, Justin" sussurrai, stringendomi ancora di più al suo corpo.
"Nulla che io non sappia già. So tutto di te, Rebecca, ho sempre saputo ogni cosa. Caso mai, sono io a doverti spiegare cos'ho scoperto in questo mese. Sono cose di fondamentale importanza, ma tutto ciò che posso dirti adesso è che non devi mai abbassare la guardia" Justin mi prese il viso tra le mani, guardandomi poi intensamente negli occhi. "E so che vorresti leggermi nella mente per scoprire cosa, ma so anche che non lo farai. Oggi pomeriggio, starai da me. E ti racconterò ogni cosa, va bene?" annuii, perdendomi nel suo sguardo. Aveva ragione, avevo voglia di leggergli la mente ma sapevo che non sarebbe stato né rispettoso né giusto, per cui semplicemente ascoltai la sua voce e mi convinsi che aspettare sarebbe stata la cosa giusta.
Proprio nel momento in cui feci per avvicinarmi per stampargli un bacio sulle labbra, vidi più persone accerchiarci. Le nostre famiglie, e non solo.

"Justin, sei tornato" gracchiò mia madre, abbracciando il biondo al mio fianco.
"E' bello rivederti, amico" continuò mio fratello, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
"Quando Rebecca ti vede si dimentica di tutti noi" azzardò mio papà, stringendo anche lui tra le braccia il biondino.
Sorrisi alla scena, era bello vedere la mia famiglia presa tanto quasi quanto me dal ritorno di Justin. Sapevano quanto ero stata male e quanto era stata dura dover affrontare tutto senza di lui, sapevano quanto male stavo ma erano allo stesso tempo fiduciosi. Sapevano ciò che Justin mi aveva promesso, sapevano che sarebbe tornato e, come me, si fidavano. E avevano fatto davvero bene, dato che Justin era tornato, bello come sempre, più lucente addirittura del sole.

"Dobbiamo fare la foto ricordo! Su, andiamo" urlai, prendendo a braccetto Charly dal braccio destro e Ryley dal braccio sinistro. Mi erano sempre piaciute le foto, sopratutto quelle che rappresentavano momenti importanti della mia vita e il diploma penso che sia uno dei momenti più belli che una persona possa vivere. Mi piaceva sfogliare le foto, osservarle minuti interi, chiudere gli occhi e assaporare i ricordi. Anche se le foto sono comunemente stampate su carta, le pellicole della nostra vita sono impresse nella nostra mente. Basta sforzarci un po' per rivivere ogni attimo, per poter assaporare ogni sapore, toccare ogni momento, per poter semplicemente vivere il passato. Ognuno di noi ha ricordi molto belli, carichi di gioia. E ognuno di noi ha anche ricordi pessimi, ma non dobbiamo lasciarci abbattere: si può rimediare a tutto.
Dopo aver percorso qualche metro, ci ritrovammo di fronte ad un fotografo che aveva l'obiettivo puntato verso me, Charly e mio fratello. Il fotografò scattò tre foto: una in cui avevamo le linguacce, una in cui facevamo facce strane, una in cui semplicemente sorridevamo. Dopodiché, io e mio fratello facemmo una foto con mamma e papà, poi un'altra con tutto il resto della banda. Lasciai che anche Chalry scattasse un paio di foto con la sua famiglia, dopodiché mi riappropriai del trono scattando una foto con la famiglia di Justin. Era così bello il sorriso di Justin. Non contenta, decisi di scattare una foto anche con lui. In piedi, l'uno affianco all'altra, sorridenti; ma ciò che rendeva meravigliosa quella foto, fu la mano di Justin che stringeva la mia mano. Click. Prima foto. Justin ebbe giusto in tempo di poggiarmi le labbra sulla guancia e di attirarmi ancora di più a sé mantenendomi per un fianco, che il fotografo scattò una seconda foto. Clik.
"Potrete ritirarle alla fine della giornata" ci disse, per poi continuare a scattare foto.
Ero così felice di vivere quei momenti, mi sentivo davvero bene, senza troppi pensieri e senza troppe pressioni, anche se tutto ciò era tutt'altro che vero. Ma quella mattinata volevo godermela al massimo, ero riuscita ad avere tutte A in pagella ed ero contenta che i miei sforzi fossero serviti a qualcosa, anche perché non stavo affrontando proprio un periodo tranquillo. Mi sentivo contenta, sollevata. Avevo finalmente un peso in meno e avevo finalmente Justin al mio fianco. Sapevo che sarebbe andato tutto bene, me lo sentivo. Forse avrei pure potuto sbagliarmi, ma le sensazioni che provavo erano davvero troppo forti.
Durante la mattinata mangiammo, ballammo, ci divertimmo semplicemente. Salutai una volta e per sempre tutti i miei vecchi compagni di scuola, sapendo che con loro non avrei più avuto rapporti perché si sa, una volta finito un ciclo di studi non si mantengono le promesse fatte magari in prima o in seconda. Verso l'una, tutti i diplomandi si riunirono nel campo di football posto dietro la scuola, per poter fare il classico lancio al cappello. Mi posizionai, presi il mio cappello, anche chiamato 'tocco', e, una volta partito il segnale, tutti lo lanciammo in aria allo stesso momento.

Ma chi lo avrebbe mai immaginato che quei cappelli si sarebbero librati in aria formando un piccolo vortice che fece stupire ognuno di noi, e che successivamente quei cappelli si sarebbero posati di nuovo sulle teste di ognuno di noi? Mi girai verso Justin col sorriso sul volto, sapendo che quel piccolo vortice era stata semplicemente opera sua. Di tutto rimando mi fece un occhiolino, che mi fece sorridere.
Il mio istinto però, ancora un volta quella mattina, mi spinse a girarmi. A pochi chilometri da noi, con le braccia conserte e fare altezzoso, c'era il professor Flyin e, al suo fianco, Tyler e Brigitte. Il loro sguardo era infuocato, ma allo stesso tempo quasi soddisfatto. Una voce pervase i miei pensieri.
'Non immagini nemmeno ciò che vi aspetterà' disse. Era Tyler.
'La paura non è il nostro punto debole' guardai Tyler, che mi sorrise befferdo.
'Vi aspettiamo giovedì ventidue, al Griffith Park tra Studio City ed Eagle Rock. Alle otto di sera, in punto' mi guardò ancora una volta, incitandomi a rispondere.
'Non mancheremo' rieptei, interrompendo il collegamento con le nostre menti.

Mi rigirai verso Justin, guardandolo abbastanza preoccupata.
Come potevo dirgli che tra soli dieci giorni, la nostra vita sarebbe stata stravolta e non si sa se in bene o in male?

-

Quando arrivammo a casa, ebbi giusto il tempo di preparare, mangiare e sistemare qualcosa, che dovetti andare a casa di Justin. Non gli avevo detto nulla, semplicemente che dovevo anch'io dirgli un paio di cose quel pomeriggio per cui avevo deciso di andare a lui un po' prima rispetto all'appuntamento che avevamo preso con i ragazzi. Il nostro team, composto da me e mio fratello, Chaz e Barry era già di per sé sensazionale. Con Justin, sarebbe stato ancora più pieno. E il perché, erano davvero ben visibili date le cose straordinarie che Justin riusciva a fare semplicemente con un gesto della mano.
"Mamma, allora io vado da Justin e poi, insieme, andiamo da Ryan. Ryley è già lì con Charly e Barry. Tornerò per le sette massimo, va bene?" le dissi, baciandole la fronte.
"Tranquilla, tesoro. Tanto tuo papà sarà qui con noi" mi sorrise, abbracciandomi di getto.
"A dopo allora" le dissi, avviandomi verso la porta.
"Mi raccomando, non fate troppo casino tu e Justin. Si sente tutto anche se a dividerci c'è un muro, o un pavimento" sentenziò, lasciandomi perplessa e dannatamente imbarazzata.
Ciò stava a significare che quando feci l'amore per la prima volta con Justin avevano tutti quanti sentito. Perfetto, adesso non riuscirò a guardare più in faccia Pattie o Jeremy. Pensai, sospirando e chiudendomi la porta alle spalle.
Fuori casa di Justin riuscivo a palpare la mia agitazione, sicuramente tutti sarebbero riusciti a vederla. Tornare in quella casa e sapere che ad aspettarmi al piano di sopra ci sarebbe stato il ragazzo che tanto amavo, mi faceva letteralmente scoppiare il cuore.
"Ciao, tesoro" Pattie mi strinse in un abbraccio, senza nemmeno lasciarmi il tempo di salutarla.
"Patricia, amore, non me la sciupare. Voglio anch'io salutare questa neo-diplomata" rise Jeremy, attirandomi a sé. Dire che li consideravo la mia seconda famiglia, era scontato.
"No, papà, non me la consumare ti prego. Non la vedo da un mese" un'altra risata.

Questa volta è la sua risata, però. Pensai ancora, girandomi di scatto. Justin scese giù velocemente, attirandomi poi altrettanto velocemente a sé. Mi lasciò un dolce bacio sulla fronte prima di poggiare il mento sulla mia spalla e abbracciarmi da dietro.
"Be', figliolo, ugualmente non la consumare che mi sta simpatica" Jeremy scomparì in cucina, assieme a sua moglie.
"Solo io ho notato una nota di doppio senso?" mi sussurrò Justin all'orecchio, facendomi venire i brividi.
Scossi la testa, ma in realtà anch'io notai quella nota di doppio senso che mi fece sorridere e rabbrividire allo stesso tempo.
"Vieni, andiamo di sopra" Justin mi prese la mano, portandomi con sé in camera sua.
Entrare con lui, fu molto più bello che entrare da sola. Durante quel mese mi ero spesso chiusa in camera sua, per poter sentire il suo odore e creare un collegamento con la sua mente ancora più vivido ed emozionante. Avere lui al mio fianco, in quel momento, mi rese la donna più felice del mondo.

"Allora, vuoi dirmi prima tu ciò che hai scoperto?" gli chiesi, sedendomi al suo fianco. Sentivo il suo sguardo sul mio corpo, ma non mi dava assolutamente fastidio, anzi. Era così bello sentirmi desiderata da lui.
"Proprio adesso?" mi chiese, riducendo sempre più la distranza tra di noi.
"Be', quando altrimenti? Tra due ore dovremmo essere da Ryan e per arrivarci ci vogliono venti minuti.." dissi, notando il mio respiro venire meno a causa della vicinanza che avevo col petto di Justin. La sua mano si poggiò dietro il mio collo, accarezzandomi leggermente dietro l'orecchio.
"E quindi? Abbiamo tempo" si avvicinò ancora a me, eliminando completamente la vicinanza tra i nostri petti. "Sai invece a cosa sto pensando?" mi chiese.
"A cosa?" gli risposi con un'altra domanda, troppo presa da quelle labbra meravigliose che non smettevo di guardare.
"Al fatto che, da quando ti ho vista, non ti ho ancora baciata" alzai lo sguardo verso i suoi occhi, che trovai facilmente dato che Justin guardava proprio verso di me.

Non mi accorsi nemmeno che eliminò la distanza tra le nostre labbra, ma quando me ne resi conto sprofondai in esse e quasi mi ci persi. Quanto mi era mancato quel contatto, quanto mi era mancato lui. Desideravo le sue labbra, così morbide, pure, vere, mie. Desideravo baciarlo, amarlo, fargli capire che lo amavo. Con una mano, lentamente, gli accarezzai il viso, sorridendo. "Te l'ho già detto che mi sei mancata?" sussurrò Justin tra uno schiocco e un altro, facendomi sorridere ancora di più.
Io, in tutta risposta, lo strinsi ancora più forte a me, danzando con le mie labbra sulle sue.
"Forse fin troppe volte" gli risposi dopo un po', sorridendo ad un palmo dalle sue labbra. Il suo nasino arricciato, segno che stava sorridendo, lo trovai terribilmente adorabile. Era bellissimo, era veramente bellissimo. Ed io ero pazzamente innamorata di lui.
D'un tratto, sentii le sue mani premere sui miei fianchi. Mi alzò piano, quasi come se non volesse farmi male. Avendo capito le sue intenzioni, gli facilitai il lavoro salendo a cavalcioni sulle sue gambe. Senza malizia, semplicemente ci guardammo negli occhi, accarezzandoci di tanto in tanto, dandoci dolci occhiate d'amore, cariche di sentimento e voglia di non lasciarci più.
"Perché mi guardi?" gli chiesi di punto in bianco, accennando un sorriso e accarezzandogli dolcemente la cute dei suoi capelli.
"Non lo so" rispose sinceramente. "So solo che ogni qual volta che ti guardo, sento il cuore battere forte. E, ammaliato da questa sensazione, non smetto di guardarti" mi accarezzò il viso, facendo battere a me il cuore molto forte. "E tu? Perché mi guardi?"
"Non lo so" risposi, imitandolo. "So solo che ogni qual volta che ti guardo, i miei occhi si beano della tua bellezza e non vorrebbero smettere più di guardarti" lo accarezzai anch'io, accennando un sorriso. "In più sei stato lontano da me per un mese intero, permetti che recupero il tempo che non siamo stati insieme?" ridacchiai, portando il mio petto accanto al suo.
"Be', tousché piccola" continuò, facendomi ridere.
Una risata che non durò troppo, perché sentii premere delle labbra sulle mie, le sue labbra per la precisione. Mi lasciai trasportare da quel bacio tanto atteso, sentendo uno strano calore irradiarmi il corpo. Non era quel calore che provavo ogni qual volta diventavo Blazing, no. Era un calore piacevole, che trasmetteva passione, amore, voglia di amarsi e di stringersi forte.
La situazione si capovolse ancora e, in poco meno di un secondo, mi ritrovai stesa sul letto schiacciata dal suo corpo che proprio come il mio fremeva. Gli accarezzai la schiena, surriscaldandomi quel poco per farlo fremere ancora di più. "Così non vale" sussurrò sulle mie labbra, mordendomi poi il labbro inferiore. Ridacchiai e continuai la mia dolce e lenta tortura, che poco durò dato che me lo ritrovai a cavalcioni su di me. Le sue mani stringevano i miei polsi proprio sul mio stomaco, mentre i suoi occhi fissavano con lussuria i miei.
"Penso che debba fare attenzione" mi disse, ad un centimetro dalle mie labbra.
"Chi? Io?" risposi, non capendo il senso della sua frase.
"No, io. Penso che io debba fare attenzione a non consumarti troppo, sto fremendo dalla voglia di averti, Rebecca" sussurrò sulle mie labbra, regalandomi poi un bacio.
"Ed io penso che dobbiamo fare piano. Mia madre ha detto che si sente tutto nonostante ci sia un muro o un piano a dividerci da questa stanza" sussurrai senza imbarazzo, guardando poi i suoi occhi divertiti.
"Nulla che già non sapessi" mi baciò ancora e, quella volta, mi lasciai andare.
I suoi baci, le sue carezze, il suo amore e la sua voglia di rendermi sua sempre più, mi fecero andare in estasi. Cominciai a non ragionare più e a volere sempre più di un semplice bacio, di una semplice carezza. Volevo amarlo anch'io, volevo anch'io dimostrargli il mio amore, volevo anch'io viverlo e assaporare ogni centimetro della sua pelle, del suo essere. Inutile dire che i vestiti diventarono solo superflui stracci che finirono sul pavimento, insieme ad ogni buona ragione per fermarci e parlare circa ciò che stava succedendo al mio corpo da quando i Flyin avevano accelerato il mio processo genetico per poter diventare un metaumano. La mia mente non ragionava, le mie mani mi muovevano da sole. Come le sue, tra l'altro. Erano così agili, così decise e, sopratutto, così vere. Sì, vere. Perché non mi stava toccando solo per provare piacere, mi stava accarezzando perché voleva amarmi proprio come lo amavo io.
Quel pomeriggio, ripresi a vivere. Eliminai ogni pensiero, eliminai ogni traccia di malinconia e di abbandono. Justin riuscì ad amarmi con tutto il suo cuore, facendomi provare emozioni che non avevo provato nemmeno la prima volta che facemmo l'amore.
Era così bello sentirmi sua.
Era così bello essere sua.

Quando sentii il suo corpo accasciato al mio, entrambi sfiniti ma felici, mi sentii ancora meglio. Strinsi le sue braccia sul mio corpo, mi abbracciava da dietro eppure sentivo il suo cuore battere forte, molto forte. Mi baciò più volte la guancia, senza dire una parola. I suoi gesti, valevano molto più di mille parole.
Calmai il mio respiro, chiudendo gli occhi e sentendo milioni di emozioni prendere il sopravvento. Anche se era giugno ed eravamo in California, decisi di coprire i nostri corpi con le sue lenzuola di lino che erano decisamente molto più fresche di quelle in cotone caldo che aveva il mese prima. Piuttosto che alzarmi, usai la telecinesi e coprii con le lenzuola i nostri corpi ancora troppo caldi.
"Non è male come pensavo avere al proprio fianco una ragazza metaumana" ridacchiò Justin, girandomi verso di sé.
"Ma posso essere anche molto cattiva" gli dissi alzando le sopracciglia e toccandolo con le dita che, appositamente, riscaldai.
"E anche molto eccitante" sussurrò sulle mie labbra, baciandomi poco dopo.
"Niente secondo round, altrimenti dopo non riuscirò ad allenarmi" poggiai la testa sul suo petto emettendo una risata. Sentii il suo alzarsi e abbassarsi, segno che stava ridendo anche lui.
Restammo in quella posizione un paio di secondi, troppo stanchi per continuare a parlare con le labbra, ma pieni di forze per poter parlare attraverso i gesti. Mentre le mie mani accarezzavano il suo petto, le sue mani accarezzavano la mia schiena. Ancora una volta, senza malizia.
"Rebecca.." mi chiamò, alzai il mio sguardo verso i suoi occhi. "Ti amo" mi disse poi, senza lasciarmi nemmeno il tempo di parlare.
"Ti amo anche io, Justin" gli risposi, baciandogli quelle labbra che avevo atteso per un mese e che, finalmente, erano mie.

I secondi passarono veloci, anche i minuti. Eravamo insieme già da un'ora e saremmo dovuti andare via tra massimo mezz'ora per poter arrivare in tempo da Ryan e gli altri. Sospirai, notando che il momento era arrivato per poter parlare.
"Justin" lo chiamai, mettendomi sui gomiti per poter guardare i suoi occhi.
"Dimmi" mi sorrise.
"Taylor mi ha detto che tra dieci giorni dovremmo batterci con loro" sbottai di colpo, notando che non fece un'espressione poi così stupita.
"Sapevo che sarebbe successo" mugugnò, accarezzandomi il viso. Quasi come se volesse proteggermi e infondermi conforto attraverso una carezza. "Penso sia arrivato il momento di dirti cosa ho scoperto. Ma tu, sei pronta?" mi chiese, e in un primo momento non capii.
"Per cosa?" gli chiesi, sorridendogli.
"Vedi, ho scoperto molte cose in quest'ultimo mese e sono giunto a più ipotesi. Vedi, Rebecca.. il professor Flyin, Lucas, era uno scienziato molto tempo fa che, a Berlino, creò Supernova. Penso che tu lo sappia già, ma penso che tu non sappia che il professor Flyin non fu l'unico ad essere sopravvissuto alla materia infuocata, ma anche altre tre persone. Due di loro sono scomparsi letteralmente, ma uno di loro no. Lucas aveva un amico, che era giunto dalla California e Berlino solo per potergli dare coraggio. Purtroppo anche lui acquisì dei poteri, che tramandò ai suoi figli proprio come Lucas Flyin li tramandò ai suoi, di figli. Rebecca, quell'uomo era tuo padre.." Justin mi guardò negli occhi, notando che avevo assunto un'espressione di stupore. "Ho le prove, ho addirittura una foto di tuo padre e Flyin in ospedale e un articolo che parlare interamente di loro. Sono quindi giunto alla conclusione che Lucas ti conoscesse già, che conoscesse già anche tuo fratello e che sapesse già da tempo ciò che potevate fare, dove siete destinati ad arrivate. Quella di uccidermi, Rebecca, era solo un modo per levarmi della circolazione così da poter arrivare più velocemente a te e a tuo fratello. Vogliono te e lui, per le meravigliose cose che sapete fare. Vogliono usarvi per i loro scopi loschi, proprio come molte persone lo volevano fare con me" mi accarezzò ancora il viso, baciandomi poi la fronte. "Ma non si sono resi conto che contro The Storm non hanno via di scampo" mi abbracciò, io semplicemente mi lasciai abbracciare senza trovare le forze di ricambiare. "Non lascerò che ti prenderanno. Non lascerò che ti porteranno via. Ti ho già abbandonata una volta, non lo farò ancora. A costo di ucciderli, giuro che ti salverò."

Sorrisi sulla sua spalla, trovando un minimo di forze per abbracciarlo e ringraziarlo.
Anche se la mia mente non riusciva ancora a connettere.

Anche mio padre è un metaumano.
E me lo ha nascosto per tutti questi anni.   

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