Una lettera tanto attesa
Palloncini colorati.
Fu questa la prima cosa che Sherlock Holmes vide, ancora prima di scendere dal taxi che lo aveva portato sino al numero 5 di Oxford Street: variopinti, legati ad un albero vicino alla porta dell'abitazione, ondeggiavano pigramente nell'aria, alcuni addirittura decorati o dalle forme più svariate- api, farfalle, faccine sorridenti- ma, soprattutto, esageratamente grandi, al punto che gli venne il dubbio che potessero essere avvistati persino dai satelliti spaziali.
Scosse la testa, sulle labbra un sorrisetto divertito.
Ci risiamo...
Ogni anno, in occasione del compleanno della loro unica figlia, i coniugi Watson tendevano a fare le cose in grande... letteralmente.
L'anno prima, oltre ad addobbare la casa con tutti i festoni disponibili sul mercato-magico e non-avevano ingrandito la torta di fragole, rendendola delle dimensioni di una nuziale; ma qualcosa, nell'incantesimo, non era andato a buon fine, e la torta era letteralmente esplosa ovunque, nel piccolo salotto.
Sherlock ancora ricordava la marmellata di fragole sui vestiti degli ospiti- e sui suoi capelli, sottolineò con una smorfia -mentre la piccola Rosie, che quel giorno festeggiava i dieci anni, seppur ricoperta di panna, rideva a crepapelle, come se quello fosse stato un bellissimo spettacolo.
In verità, non era stato poi così male, dovette intimamente ammettere il detective, ripensando alla faccia di suo fratello Mycroft-alias "Signor Ministero della magia"- e al suo elegante completo ricoperto anch'esso di panna e marmellata.
Soffocò una risata, mentre, una volta sceso dal taxi, il pacchetto regalo stretto tra le mani, percorreva il vialetto fino alla porta, e suonando poi il campanello Watson-Morstarn, all'ombra di uno dei giganteschi palloncini multicolore, a forma di farfalla.
Una farfalla giurassica però.
Dopo pochi istanti, la porta di legno scuro si aprì; Mary, con in mano alcuni nastri colorati, lo accolse con un gran sorriso.
-Eccoti, finalmente!-gli disse, dandogli un leggero bacio sulla guancia, e guardandolo poi sorpresa:-Perché non ti sei Materializzato, anziché prendere un taxi?? La signora Hudson è arrivata prima di te!
Lui sorrise, accondiscendente.
- ... Mia cara Mrs.Watson, se mi Materializzassi per ogni mio singolo spostamento, finirei per perdere il contatto con Londra, lasciandomi sfuggire un qualsiasi dettaglio insolito. E un consulente detective non se lo può permettere.
Mary inarcò un sopracciglio.
-E...?-lo incalzò.
Sherlock alzò gli occhi al cielo, con un piccolo sbuffo.
-E preferivo non Materializzarmi direttamente in casa vostra come l'anno scorso. Una torta esplosiva mi è bastata-ammise.- Anche se, a quanto pare, non è bastata a voi-le fece notare, ironico, indicando i palloncini.- Fammi indovinare... Hai usato di nuovo un Engorgio?
-Esatto!-rise Mary, facendosi da parte per farlo entrare.-Ma, in realtà, è stato John ad occuparsene.
-Spero vivamente di non sentire esplosioni, allora...-borbottò il detective, divertito, dopo aver varcato la soglia e aver seguito Mary fino al piccolo salotto che, proprio come aveva immaginato, era pieno di festoni e addobbi di ogni genere; al centro del tavolo, inoltre-giá carico di innumerevoli pacchetti- troneggiava una torta a tre strati-seppur, stavolta, di dimensioni più ragionevoli- ricoperta da una glassa di zucchero rosa e decorata con delle margherite, anch'esse di zucchero.
John era intento a posizionare le undici candeline di cera bianca su di essa: sentendo il rumore dei loro passi, però, alzò lo sguardo, e sorrise al suo migliore amico, andandogli incontro.
-Finalmente, Sherlock! Ti aspettiamo da almeno mezz'ora!-lo rimproverò bonariamente.- Temevo ti fossi rintanato nel tuo Palazzo Mentale.
Sherlock scosse la testa, quasi offeso.
- Non mi perderei per nulla al mondo il compleanno della mia figlioccia!-affermò, senza curarsi di sembrare troppo sentimentale: poteva forse nascondere i suoi sentimenti, all'occorrenza, ma non nei riguardi della figlia di John e Mary. Fece poi un cenno di saluto alla signora Hudson e a Lestrade, seduto su una poltrona, tra le mani un bicchiere di Burrobirra.- Volevo solo evitare di essere ricoperto di marmellata...
John sbuffò, mentre la moglie soffocava le risate.
- ... Davvero?? Ancora il fiasco della torta extra large?? È storia vecchia, ormai!
- Prova a dirlo a Mycroft!-ribattè Sherlock, con una risatina.- Sta ancora smacchiando il suo completo!
-Gli hai detto di provare con il Solvente Magico di Nonna Acetonella?-suggerì l'ispettore Lestrade.- Fa miracoli, per togliere le macchie di marmellata!
-Forse lo farò, Gavin-concesse il riccio, una smorfia diabolica.- Anche solo per vedere la sua faccia.
-È Greg!!!-ribattè lo yarder, fulminandolo con gli occhi.
-A proposito, tuo fratello verrà?-domandò il medico, posizionando l'ultima candelina.
-Ovvio. Se c'è una torta, sta pur certo che c'è anche lui-rispose lui, sedendosi su una delle poltrone.
-Molto spiritoso, fratellino...-fece improvvisamente una voce in un tono profondamente sarcastico: Mycroft Holmes si era appena Materializzato; ma, oltre all'onnipresente ombrello, stringeva tra le mani anche lui un pacchetto regalo, seppur con palese difficoltà, come se non ci fosse abituato.
Prima che Sherlock- notato quell'atteggiamento- potesse iniziare a punzecchiarlo come suo solito, l'arrivo dell'ennesimo ospite glielo impedì.
-Scusate il ritardo! -esclamò Molly Hooper, anche lei appena Materializzata in salotto, carica di pacchetti, il cappotto abbottonato storto, come se l'avesse infilato in fretta e furia.-Ma sono stata trattenuta.
-Sta' tranquilla, non abbiamo ancora cominciato!-la rassicurò Mary, liberandola dal suo carico.- Piuttosto, mi sembri sfinita. Vuoi forse un tè?
-Magari!-sospirò la ragazza, sedendosi piano su una poltrona, chiaramente esausta.- Questa giornata è stata un vero incubo! Al Barts sembrano tutti impazziti.
-Cosa è successo?- domandò John, interrompendo il suo lavoro, le sopracciglia aggrottate; anche Sherlock assottigliò lo sguardo, come se già avvertisse il profumo di un caso in arrivo.
- Un cadavere è sparito dall'obitorio-spiegò la ragazza, ancora chiaramente sconcertata. - E nessuno ne sa niente. Nessuno!
- Era la vittima di qualche omicidio?-domandò subito Sherlock, stringendo le labbra, e pregustando già l'indagine: ma la ragazza scosse la testa, spegnendo le sue speranze.
- No. Era morto da poco di morte naturale, e aveva già deciso di donare il suo corpo alla scienza. Per questo credevo fosse stato spostato da uno dei miei colleghi senza avvertirmi... Però tutti quelli con cui ho parlato non hanno saputo dirmi nulla. Anzi, si sono tutti mobilitati per cercarlo, ma niente- sospirò la patologa, tormentandosi nervosamente le unghie.
- Deve essere un problema diffuso...-intervenne Lestrade, agrottando la fronte.- Un mio amico al reparto forense si è lamentato dello stesso problema qualche giorno fa. Un cadavere che doveva esaminare è sparito.
- E perché io non sono stato informato??-saltò su il detective, indignato.- Cadaveri che spariscono è senz'altro una questione che avrebbe potuto interessarmi! Anzi, che mi interessa!
- Perché sono episodi isolati, per ora-ribattè lo Yarder, stringendosi nelle spalle.-Se accadesse una sparizione di massa, sarai il primo ad essere informato-gli promise, con una risata.
Sherlock contrasse le labbra in una smorfia: sebbene l'ex Auror ci scherzasse sopra, la questione non lo convinceva.
-Benedetti ragazzi, ma è possibile che non possiate fare un discorso senza la parola "cadavere"??-esclamò però la signora Hudson, quasi esasperata, prima che il detective potesse iniziare a parlare.- Potremmo evitarlo, almeno oggi?? È il compleanno di una innocente bambina, che diamine!
-Le ricordo che "l'innocente bambina" ha già avuto a che fare con... cadaveri. E aveva otto anni. Anche se è stato del tutto involontario!-precisò Sherlock, correndo ai ripari di fronte all'espressione di John.
- Infatti non avrebbe dovuto averci a che fare!-sibilò.- Tantomeno avrebbe dovuto essere condotta sulla scena di un crimine!
- È stato un incidente!!-ribadì il corvino, roteando gli occhi.- E mi è stata più utile di te, tra parentesi. E poi, ha solo visto un braccio mozzato, nemmeno un intero cadavere!
-Ok ok, ragazze, calmatevi!-Mary pose fine alla diatriba con una risata, notando lo sguardo di John diventare sempre più omicida. - Questa discussione è futile, dato che Rosie non è qui. Perciò, finché la festa non comincia, si può pronunciare la parola con la "c" senza pericolo.
-È vero! Dov'è la festeggiata??-domandò Molly, stupita.
-È ancora in camera sua-rispose John, alzando preoccupato lo sguardo verso il soffitto.-Speravo che la festa la distraesse. Ma, a quanto pare non è così.
Lestrade sgranó gli occhi, capendo al volo.
-... Non le è ancora arrivata?
Mary scosse la testa.
- Le ho spiegato che non significa nulla, che mancano ancora parecchi giorni al primo di settembre. C'è tutto il tempo. Arriverà- affermò, con sicurezza, facendo levitare con la bacchetta, verso ognuno di loro, una tazza di tè fumante; la agitò poi una seconda volta, e dalla cucina levitò, sino al tavolo, un piatto di biscotti.
-È vero. Ricordo che la mia arrivò il giorno dopo il mio undicesimo compleanno-concordò la signora Hudson, con un leggero sorriso sulle labbra, prendendone una, e sorseggiando piano la bevanda bollente.- Essendo una nata babbana, non sapevo nulla di magia, streghe o cose del genere... Quando ho visto quel gufo alla mia finestra, in piena notte, per poco non mi è preso un colpo!-esclamò, facendo ridere tutti.
- Mio padre era un babbano, mentre mia madre una strega.-Molly si arricciò una ciocca di capelli intorno al dito.- Ma temevo comunque che non sarebbe arrivata. Non ero certa di avere abbastanza... magia.
- Sciocchezze, cara! Ti sei sempre troppo sottovalutata!-la rimproverò Martha, con dolcezza, e lei le sorrise di rimando, grata.
- La nostra famiglia è stata sempre composta da maghi purosangue-asserì Mycroft, con una certa alterargia nel tono, prendendo un biscotto, insieme alla tazza di tè.- Le possibilità che non arrivasse a me, e dopo a mio fratello, erano minime. Anche se io sono sempre stato il più intelligente, perciò...
I coniugi Watson si scambiarono un'occhiata, stringendo poi le labbra per impedirsi di ridere, davanti a quell'atteggiamento volutamente borioso e snob, e stupendosi anche del fatto che Sherlock non avesse ribattuto alla frecciatina.
-E tu, Sherl...?- disse Mary, infatti, voltandosi verso la poltrona: ma, subito, agrottò le sopracciglia, confusa, guardandosi poi attorno nella stanza.
Sherlock era sparito.
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- Accio! Wingardium Leviosa! Lumos!
Rosie Watson, seduta per terra sul piccolo balcone della sua stanza, impugnando un rametto nella mano destra, ripeté quelle parole più e più volte, agitandolo come se fosse una vera e propria bacchetta magica, e cercando di imitare gli esatti movimenti che aveva visto fare ai suoi genitori- e allo zio Sherlock- innumerevoli volte.
Anche se, pensò tristemente, non era assolutamente la stessa cosa: nessuna luce si accendeva, e nessun oggetto volava magicamente tra le sue mani.
Era solo un ramo secco.
Con uno sbuffo, lo gettò nel cortile sottostante, appoggiando poi i gomiti sulle ginocchia, i palmi delle mani a sostenere il viso, i riccioli biondi leggermente scompigliati dal vento, lo sguardo fisso al cielo sereno.
Gettò poi un'occhiata alla sveglia digitale vicino al suo letto: le cifre luminose la informarono che era da poco passato mezzogiorno.
Questo voleva dire che aveva compiuto undici anni da più di dodici ore.
Allora perché la sua lettera ancora non era arrivata??
Sospirò nuovamente, lasciando che il profumo degli innumerevoli fiori che la circondavano la calmasse almeno un po'; vicino a lei, c'era proprio una pianta di rose rampicanti: sua madre l'aveva piantata il giorno della sua nascita, in suo onore.
Alcune delle rose erano ancora chiuse, non sbocciate del tutto.
Con un pizzico di insicurezza, prese dal vaso uno dei boccioli, che si era staccato dalla pianta e, tenendolo nel palmo, si concentrò intensamente: quello, pian piano, si aprì del tutto; un sorriso le apparve sulle labbra.
Aveva la magia, questo almeno l'aveva appurato.
Ma sarebbe bastata?
Aveva letto innumerevoli libri sugli incantesimi, sulle pozioni- alcune di esse le aveva anche sperimentate con lo zio Sherlock, a volte con esiti leggermente disastrosi- sulle maledizioni, sulle piante, sugli animali e le creature magiche... Molti di questi volumi riposavano sulla sua libreria, alcuni consumati a forza di sfogliarli.
L'unico che mancava alla sua collezione era "Storia di Hogwarts".
Non che non sapesse già moltissime cose, in merito alla Scuola di Magia e Stregoneria: il castello di Hogwarts, nella sua mente, aveva quasi assunto la forma di una leggenda, nutrita dagli innumerevoli racconti che tutta la sua famiglia le aveva fatto.
Il desiderio però di vederla dal vivo- e, non solo vederla, ma farne parte a tutti gli effetti- si faceva più forte ogni giorno.
Ma, col passare dei giorni che la separavano dal suo compleanno, insieme al desiderio cresceva anche la preoccupazione: e se la lettera non le fosse mai arrivata??
E se lei non avesse avuto abbastanza magia da meritarsi l'accesso a quel luogo?
Certo, sapeva che anche i figli di babbani, persone che nemmeno sapevano dell'esistenza della magia, potevano ricevere la lettera... E lei era figlia di una strega e di un mago...
Tuttavia, sebbene cercasse di rassicurarsi con queste argomentazioni più che logiche, non riusciva a smettere di fissare il cielo da quella mattina, quasi che potesse evocare il gufo con la sua lettera solo col pensiero.
D'improvviso, trasalì: una delle rose già sbocciate si era staccata dal ramo e stava in quel momento levitando davanti ai suoi occhi.
Ma, stavolta, non era opera sua.
Per la prima volta da quando era iniziata quella giornata, un sorriso le si formò sul volto.
- ... Ciao, zio Sherlock-disse, senza neppure voltarsi.
- Come sapevi che ero io?-domandò il consulente detective, divertito, rinfoderando la bacchetta, e sedendosi per terra accanto a lei, incurante di sporcare così il suo cappotto.
- Intuizione- replicò lei, scherzando solo in parte: aveva sempre avuto un buon sesto senso... A volte le sembrava addirittura di riuscire a prevedere le cose prima che accadessero, anche se non aveva mai dato particolarmente importanza alla cosa; come al suo decimo compleanno: aveva intuito qualche frazione di secondo prima di tutti gli altri, che la sua torta sarebbe esplosa... Anche se questo non le aveva risparmiato di essere ricoperta di panna...
Trattenne una risata, a quel ricordo, e prese il fiore, annusandone il dolce profumo, il sorriso ancora sulle labbra: ma si spense, mentre rivolgeva di nuovo lo sguardo al cielo, ancora desolatamente privo di gufi.
-Come mai sei qui?-gli chiese, posandosi il fiore in grembo.
-Potrei farti la stessa domanda-ribattè Sherlock, inarcando un sopracciglio.- Se non sbaglio, c'è una festa che ti attende, al piano di sotto.
- Già. Lo so.-Rosie si incupì nuovamente, le mani a sostenere il viso imbronciato, sospirando. - Ma oggi non ho tanta voglia di festeggiare...
- Lo sospettavo-commentò il detective, passandole istintivamente un braccio intorno alle spalle.-Tuttavia, per quanto io non sia un amante delle celebrazioni inutili come questa, devo insistere che tu vi partecipi. Altrimenti i tuoi genitori, ma soprattutto i tuoi invitati, resteranno molto delusi.
- ... Davvero?- ribatté Rosie, scettica.- Anche lo zio Mycroft?
- Soprattutto lui.-Sul volto del detective si dipinse un ghigno.-Se non vieni, non avrà una scusa per assaggiare la tua torta. Non fa che guardarla da quando è arrivato.
Rosie, nonostante il malumore, scoppiò a ridere, scatenando anche le risate del riccio.
-Perché, intanto, non dai un'occhiata al mio regalo?-le propose, porgendole il sacchettino colorato.
Rosie annuì e, per un istante, non appena vide il contenuto, trattenne il fiato, e dimenticò tutto il suo malumore e preoccupazione: era proprio il volume "Storia di Hogwarts"... ma non una copia nuova, bensì proprio quello dello zio Sherlock, che lui era solito tenere nella sua libreria a Baker Street da quando aveva memoria.
Lo sfogliò piano, quasi con timidezza, inspirando il profumo sprigionato da quelle pagine.
-È bellissimo! Grazie!-esclamò, buttando le braccia al collo del detective, che sorrise.
-Sapevo che lo desideravi. E poi, mi sembrava un regalo particolarmente indicato per questo giorno.
Rosie, a quelle parole, si incupì nuovamente, e chiuse lentamente il libro.
-...Forse. Sempre che io possa andarci...-mormorò, lo sguardo basso.
- Rosie. Guardami. -Sherlock, avvertendo quanta paura ci fosse in quella frase appena sussurrata, posò due dita sotto al mento della bambina, sollevandole il volto e costringendola con gentilezza a guardarlo.- Arriverà. Tu andrai in quella scuola.
- Come fai ad esserne sicuro?-replicò lei in risposta, abbassando di nuovo appena gli occhi, la voce quasi incrinata.- E se non avessi abbastanza magia? E se non fossi capace di...?
- Rosamunde Mary Watson! Non voglio più sentirti dire sciocchezze del genere!-La richiamò severamente all'ordine il detective, usando il suo nome completo, mentre la piccola alzava nuovamente gli occhi su di lui, stavolta lucidi.- Non vorrai mica abbassare il quoziente intellettivo di tutto il quartiere!
Rosie ridacchiò appena, a quella frase, mentre il detective le poneva entrambe le mani sulle spalle.
- Tu hai già la magia, dentro di te. E l'hai usata più di una volta- le ricordò, stavolta con maggiore dolcezza.- E la userai ancora. Per fare cose straordinarie. Non ho dubbi, su questo.
Rincuorata dalle parole del suo zio onorario, Rosie sospirò nuovamente, volgendo però lo sguardo al cielo.
- ... Perché non sfogli ancora il tuo regalo?-la spronò poi lui.- Credo che troverai la pagina 394 particolarmente interessante...
Lei aggrottò le sopracciglia, perplessa, ma ubbidì, aprendo il libro alla pagina da lui indicata.
Subito, trattenne il respiro, quando si trovò davanti una busta color ocra.
Aprì la bocca più e più volte, ma senza riuscire a emettere neppure un suono, lo sguardo fisso su quella busta: sul retro c'era scritto, in inchiostro verde smeraldo:
Miss R.Watson
Cameretta al 1° piano
5, Oxford Street
Londra
- ...PERCHÉ NON ME L'HAI DETTO SUBITO?!-esclamò, non appena ritrovò la voce, con un ringhio, ma furiosa solo in parte, invasa com'era dalla gioia, voltandosi verso il detective, che esibiva un lieve sogghigno.
- Non ho saputo resistere... L'ho trovata sul vostro zerbino. Forse i tuoi genitori erano troppo presi coi palloncini giganti, per accorgersene...-aggiunse, ridendo nuovamente.
Rosie, però, udì a a malapena quell'ultimo commento: era troppo impegnata a stringersi la busta al petto, senza aver ancora, tuttavia, il coraggio di aprirla.
-Be', che cosa stai aspettando? Un invito scritto?-la esortò Sherlock, divertito, ma con un sorriso chiaramente affettuoso sulle labbra.
A quel commento, lei lo fulminò di nuovo con lo sguardo, e la girò, passando poi lentamente il dito sullo stemma di ceralacca color porpora che la chiudeva, su cui si distingueva un particolare disegno: un leone, un tasso, un corvo e un serpente attorno ad una grossa "H".
Uno stemma araldico. Lo stemma di Hogwarts.
Con le mani un po' tremanti, e il cuore che batteva all'impazzata, la aprì con infinita cautela, fino ad estrarre la lettera al suo interno, e spiegarla poi con altrettanta cura, ancora col timore irrazionale che non fosse per davvero indirizzata a lei.
Ma le prime parole che lesse fugarono, finalmente, tutti i suoi dubbi:
Cara Miss.Watson,
siamo lieti di informarLa che Lei ha il diritto di frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
La lettera proseguiva, con la firma in calce della preside, Minerva Mc.Granitt, ma Rosie lo scorse a malapena: quelle parole, vergate nel medesimo inchiostro di quello della busta, e con una calligrafia spigolosa ed elegante, erano, in quel preciso momento, più che sufficienti.
Il mondo, in quel momento preciso, scomparve, mentre rileggeva quelle stesse parole ossessivamente, ancora, ancora e ancora, fin quasi a confonderle, e nel suo animo, insieme alla gioia e all'euforia, nasceva la consapevolezza che una nuova fase della sua vita stava per cominciare.
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