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La fine di un'era

Due settimane dopo

La civetta, nella gabbia, con uno stridio e agitando le ali, attirò l'attenzione della sua nuova padroncina, che sorrise, scuotendo la testa, prendendo un piccolo sacchetto dal comodino.
-... D'accordo, d'accordo! Hai vinto! Ma è l'ultimo-la avvertì Rosie, avvicinandosi, e infilando un biscottino gufico tra le sbarre, che la civetta inghiottì subito con voracità, quasi beccandole le dita.-Altrimenti non riuscirai nemmeno a volare!
Atena-così Rosie l'aveva battezzata, in onore dei racconti sulla mitologia greca che l'avevano appassionata sin da piccola; ora che ci pensava, quel libro illustrato era stato proprio un regalo di Mycroft...-gustato il biscotto, gonfiò il piumaggio, per poi assopirsi nuovamente sul trespolo.
Rosie passò un dito sul petto piumato, accarezzandola piano; passò poi rapidamente lo sguardo nella sua stanza, ricontrollando di non aver dimenticato assolutamente nulla di ciò che le sarebbe servito.
Il baule era ancora aperto, pieno di tutti gli oggetti acquistati a Diagon Alley, compreso il calderone di peltro nero, la veste con il blasone cucito sopra, piume d'oca, vestiti, libri di testo... No, non stava dimenticando nulla.

Passò nuovamente lo sguardo nella stanza, ma stavolta con un velo di tristezza: per quanto fosse felice di andare ad Hogwarts, era strano pensare che sarebbe stata così tanto tempo non solo senza i suoi genitori, ma anche senza Sherlock, Molly, la signora Hudson... persino Mycroft... in definitiva, tutte quelle persone che, in un modo o nell'altro, erano diventati a lei cari, a prescindere o meno dai legami di sangue.
A quel pensiero, afferrò risoluta Storia di Hogwarts dallo scaffale, infilandolo nel baule: se non altro, avrebbe avuto lo zio Sherlock sempre con lei.
Le sfuggì un sospiro: aveva avuto ben poche occasioni di vederlo, nelle ultime settimane. Ma non lo biasimava; sapeva perfettamente che stava indagando su ciò che aveva turbato quasi tutte le sue notti.
Si augurava con tutto il cuore che quei maledetti incubi le dessero tregua almeno ad Hogwarts...
Si sedette sul letto e sovrappensiero, agitò la bacchetta di fronte a sè, cercando di tracciare nell'aria il simbolo che vedeva ogni notte alla fine dell'incubo e che, per quanti sforzi facesse, non riusciva mai a ricordare con chiarezza.
Con la fronte corrugata nello sforzo di ricordare, mosse lentamente la punta della bacchetta dall'alto verso il basso, in una linea retta...

-... Rosie, sei pronta?
Sobbalzò, colta di sorpresa, mentre il padre entrava nella stanza.
-Credo di sì-gli rispose, con un sorriso, abbassando la bacchetta; non voleva preoccuparlo parlandogli ancora del suo incubo: che, comunque, non aveva nessuna importanza.-Penso di non aver dimenticato nulla...-aggiunse, chiudendo il baule con un colpo secco.
-Nel caso, possiamo sempre spedirtelo-le ricordò lui, osservando la stanza, non vuota, ma priva di molti libri e oggetti, l'armadio spalancato senza più nulla appeso; gli sfuggì un sospiro.-Sará strano non averti qui a casa. È la fine di un'era, in un certo senso...
Rosie gli scoccò un'occhiata di sbieco.
-... Papà, non starai mica per piangere, vero? Perché i fazzoletti li ho già messi nel baule-fece, prendendolo bonariamente in giro, e mettendo intanto a tracolla la sua borsetta preferita, abbastanza grande da contenere la bacchetta.
-Credo di riuscire a resistere-replicò lui, stando al gioco, tirandole giocosamente una ciocca bionda, e facendola ridere. Tirò poi fuori la sua bacchetta, puntandola verso il baule.-Il taxi sarà qui a minuti. Sarà meglio portarlo al piano di sotto.
-Siamo sicuri che ci starà?-domandò Rosie, dubbiosa, prendendo la gabbia di Atena tra le braccia e seguendolo, mentre il padre, con un incantesimo di levitazione, conduceva il baule lungo le scale fino al piano di sotto; la madre li attendeva già lì, sorbendo una tardiva tazza di caffè.
-Ce la faremo-la rassicurò lui.-Mi preoccupa di più che il tassista non accetti la civetta, in realtà-aggiunse con una risatina.

-Questo è per te, per qualsiasi emergenza-fece la madre, all'improvviso, porgendole un piccolo portamonete di pelle rosa; a giudicare dal tintinnio, doveva contenere parecchi zellini e galeoni.-E potrai comprare qualcosa da mangiare sul treno-aggiunse, con un sorriso complice.
Anche Rosie sorrise, mentre lo riponeva; sua madre sapeva bene che era golosa di dolci, specialmente delle Bacchette di liquirizia e di Api Frizzole.
-Avete notizie dello zio?-chiese poi a entrambi i genitori; era infatti da almeno due settimane che non si faceva più vivo e non si faceva nemmeno più sentire. Poteva perfettamente capirlo, ma sperava almeno che sarebbe venuto; se non fino a King's Cross, quantomeno a salutarla.
-Dio solo sa cosa sta facendo-rispose il padre, confermando i suoi sospetti.
Mary, notando il volto di Rosie rattristarsi visibilmente, si affrettò a consolarla.
-Tesoro, lo sai come è fatto quando ha un caso per le mani. Si scorderebbe persino di respirare, se fosse umanamente possibile!-esclamò, strappandole una risata.

-Molly e Greg avrebbero voluto venire, ma sono sommersi dal lavoro.-Rosie non aveva bisogno di sapere che era lo stesso "lavoro" che coinvolgeva anche Sherlock.-Ma la signora Hudson ha promesso che verrà.
-Anzi, dovrebbe essere già qui-osservò Mary, accigliata, gettando un'occhiata all'orologio appeso nella stanza.-Sono quasi le dieci e un quarto. Speriamo di non trovare traffico.
-Faremo in tempo-la rassicurò John.-Il treno parte alle undici precise.
In quel momento, udirono il suono di una frenata.
-Visto? È già arrivato il taxi-fece John, compiaciuto, accingendosi a prendere per una delle maniglie il voluminoso baule, trascinandolo verso la porta; non poteva certo farlo levitare di fronte ad un tassista babbano.-Ma credo che dovrete darmi una mano a...
-Ehm, tesoro... Non credo che questo sia il taxi che hai chiamato tu-lo contraddisse Mary, affacciata alla finestra, con un tono di voce tra il sorpreso e il divertito.

John, confuso, si sporse a guardare, e i suoi occhi si fecero sgranati per lo stupore; aprì poi la finestra, seguito a ruota da Rosie, che non potè trattenere un'esclamazione soffocata: davanti a casa loro aveva infatti parcheggiato una macchina scura: a prima vista, sembrava una semplice berlina; ma Rosie notò subito il simbolo argentato sul cofano.
-... Ma, quella... è una delle macchine usate dal Ministero della Magia!-fece, incredula.
-Brillante deduzione, Watson-fece una voce nota, mentre il suo possessore apriva la portiera e scendeva, rivolgendo un leggero sorriso furbo alla famiglia incredula.- Credo che con questa sarà più facile evitare il traffico.
Rosie, al vedere lo zio Sherlock, non riuscì a contenere la gioia: subito, corse alla porta e lo raggiunse, un sorriso enorme sul volto.
-Sei qui!-esclamò, felice, ma anche sorpresa.-Temevo che non...-le sfuggì, prima che riuscisse a trattenersi.
Sherlock, intuendo all'istante il seguito della frase, le scoccò un sorrisetto ironico.
-...Credevi che non sarei venuto-completò per lei, che distolse lo sguardo, volta in fallo.
-Be', con il caso è tutto il resto...-si giustificò infatti, con una smorfia imbarazzata.
-Nemmeno un caso da dieci me lo avrebbe impedito-affermò il detective, con un sorriso stavolta più dolce sulle labbra, facendolo allargare anche il suo.

-...E questa, da parte di Sherlock è un'affermazione seria-fece John, divertito, arrivato proprio in quel momento, trascinando con sè il pesante baule, aiutato dalla moglie, e rivolgendo poi però un sorriso all'amico.-Ma sarei curioso di sapere come hai fatto ad ottenere addirittura un auto del Ministero. Qualcuno ti ha forse restituito un favore, tanto per cambiare?
-...Brillante deduzione, dottor Watson. Ma errata.
Tutti, a parte Sherlock, non poterono fare a meno di rimanere quasi a bocca aperta per l'ennesima volta, mentre Mycroft Holmes si palesava, abbassando il finestrino vicino a quello del guidatore; alla guida, infatti, Rosie scorse proprio uno dei funzionari del Ministero.
-Anche lei qui??-fece il medico, incredulo.-Ha addirittura messo a disposizione una macchina per...??
-Non sia ridicolo- lo interruppe altero il maggiore degli Holmes.-Il caso ha voluto che dovessi svolgere alcuni affari nella zona. E non avrei mai lasciato una macchina ufficiale alle mercé del mio caro fratello.
Sherlock fece una smorfia divertita, come se le parole del fratello nascondessero una verità ben diversa.
-Be', la ringrazio comunque-fece John, nascondendo anche lui un sorriso; qualcosa gli diceva che ci fosse ben altro, dietro quel gesto che mai si sarebbe aspettato proprio dall'apparente freddo uomo del Ministero.-Di certo sarà più comoda questa di un taxi. Ma dobbiamo aspettare che arrivi...
-Sono già qui, caro.-Un altro finestrino dell'elegante vettura si abbassò, mostrando il terzo passeggero inaspettato a bordo: la signora Hudson, che sorrise allegramente a tutti loro.
Rosie trattenne a stento una risata: quella sorta di famiglia acquisita era decisamente bizzarra, sentenziò; ma non l'avrebbe cambiata con nessun'altra.

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Il viaggio fino a King's Cross fu decisamente comodo, anche considerato il fatto che sia il baule sia la gabbia con Atena furono posizionate entrambe nel bagagliaio senza alcun problema; le vetture del Ministero, infatti, le spiegò lo zio, erano dotate, come extra, di un incantesimo estensivo irriconoscibile.
Ma non era dotata solo di quell'incantesimo, come optional; Rosie, infatti, notò che l'elegante vettura sgusciava nel traffico con un'agilità che di certo non era comune a quelle babbane.
Una volta arrivati di fronte alla stazione, Rosie scese lentamente dalla macchina insieme alla madre e alla signora Hudson-che aveva allietato tutto il viaggio con alcuni succosi e divertenti aneddoti sulla sua vita ad Hogwarts- guardandosi intorno e godendo della frenetica confusione causata dall'andirivieni di persone in partenza o in arrivo, mentre suo padre si impadroniva di un carrello e vi depositava il baule e la gabbia con la civetta.
-Immagino che non ci seguirai fino al binario...-fece Sherlock, rivolto al fratello maggiore, con un sorrisetto divertito di fronte alla smorfia di evidente disgusto dipinta sul suo volto mentre venivano circondati dalla folla che sciamava da una parte o dall'altra.
-Immagini bene-ribattè lui, le mani strette intorno al manico dell'ombrello, fulminando con gli occhi un uomo in giacca e cravatta che aveva commesso l'imperdonabile torto di dargli una spallata nel passare.-Se rimarrò troppo a lungo a contatto con tutta questa... gente, non risponderò delle mie azioni.

-Temo che potrebbe dare il suo ombrello in testa a qualcuno...-mormorò Mary all'orecchio di Rosie, facendola ridacchiare sommessamente.
-Devo assolutamente andare-ripetè Mycroft, gettando un'occhiata plateale all'elegante orologio che portava al polso.-Ma prima, vorrei augurarle il meglio per tutte le sue attività future-aggiunse, tendendo la mano a Rosie con una certa solennità, lasciando sconcertato non solo quest'ultima, ma tutti loro, con quella frase decisamente troppo cerimoniosa, così come il gesto.
-...Grazie-fece Rosie infine, inarcando un sopracciglio, un po' incerta, ma anche divertita; sorrise, e gliela strinse per mezzo secondo, prima di abbracciarlo rapidamente, cogliendo il politico talmente di sorpresa che non riuscì neppure a sottrarsi a quella stretta.
O forse, per una volta, non ne aveva neppure l'intenzione...
Ma, per sua fortuna, Rosie, che ormai conosceva il carattere del maggiore degli Holmes, non prolungò la stretta; ma riuscì comunque a trasmettergli tutto il suo affetto, insieme a un ultimo caldo sorriso.
-Sherlock, tu vieni?-domandò John, voltandosi verso di lui, mentre Rosie si accodava a lui, alla madre e alla signora Hudson, dopo un ultimo saluto.
-Vi raggiungo subito-assicurò, invitandoli con un gesto a precederlo.
John annuì, e il piccolo gruppo si diresse verso i binari.

-Credo che tu abbia appena esaurito la tua scorta di "contatto umano" per i prossimi millenni...-fece Sherlock al fratello in tono affettuosamente canzonatorio, appena si furono allontanati; lui, d'altro canto, era rimasto stranamente silenzioso dopo l'improvviso abbraccio della piccola Watson.
-Come procedono le indagini?-ribattè lui di rimando, ignorando palesemente quel commento, ma con gli occhi forse più lucidi del consueto, e rimontando in macchina vicino al silente e impettito guidatore.
Sherlock scosse la testa, e la sua espressione si incupì.
-Non bene quanto vorrei. Dovrò chiedere un consiglio.
Mycroft inarcò un sopracciglio, palesemente sorpreso.
-Davvero? Tu?? E a chi, di grazia?
Un leggero sorriso sardonico, stavolta, sollevò le labbra del detective, mentre un refolo di vento gli scompigliava per un momento i ricci corvini, le mani affondate nelle tasche del cappotto.
-A qualcuno con un naso, forse, ancora migliore del mio... Ti terrò informato.
E, senza aggiungere altro, si diresse verso l'entrata di King's Cross; Mycroft, forse con un ombra di preoccupazione nello sguardo, attese che sparisse oltre l'ingresso, prima di dare all'autista l'ordine di partire.

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