Il Peccato d'Infedeltà.
Renais aprì lentamente gli occhi. Non sapeva dove si trovasse, né perché si trovasse proprio in quel luogo.
Girò la testa per guardarsi meglio intorno, riuscendo a distinguere varie piante e piccoli animali, come scoiattoli e uccelli.
Le girava la testa, sentiva braccia e gambe pesanti come macigni.
Tuttavia si disse che non poteva certo restare lì, ferma, in balia di qualche predatore o malintenzionato.
Si alzò a fatica, rischiando quasi di cadere di nuovo a terra.
Cercando di mantenere quel poco equilibrio che le restava, si fece strada attraverso la foresta che l'aveva ospitata, e in qualche modo anche protetta durante tutto il suo sonno.
I ricordi di lei erano annebbiati.
Tutto ciò che riusciva a ricordare erano le fredde pareti della cella in cui era rimasta chiusa per sette anni, anni in cui non poté far altro che subire le continue torture di Vivian, e aspettare, come in una favola, l'arrivo del suo principe dalla lucente armatura.
Avvento che però, non giunse mai.
L'uomo che amava, dopotutto, non aveva occhi che per sua sorella adottiva, la Principessa Margaret.
Non era veramente sua sorella, ma entrambe si volevano bene come se lo fossero.
Tuttavia la scelta che lei fece fu ben diversa da quella dei Margaret.
Lei scelse di diventare una maga, una tra le più potenti di tutta la Britannia, e così cominciò a farsi allenare dal peccato di Gola, Merlin.
Margaret invece, era sempre rimasta fedele al suo destino da reale.
A volte si chiedeva, se proprio questo avesse indotto Gilthunder a preferirla a lei.
Inizialmente, ha provato a fare colpo sul giovane cavaliere, cercando in qualche modo di farsi apprezzare.
Tuttavia, presto capì che per il ragazzo lei non era altro che un'amica.
E così si fece da parte.
Al posto di vederlo soffrire per la lontananza dalla persona che amava, preferiva essere lei quella che si struggeva per un amore impossibile.
Questo non vuol dire però che non ne soffrí.
La notte che capì ciò che tra i due era nato, pianse.
Si chiese cosa la sorella avesse in più di lei.
La risposta però era semplice.
E fu proprio una delle persone più improbabili a dargliela.
"Tu non hai niente che non va. Semplicemente il destino ti ha riservato un futuro più grande."
Che strane parole le aveva rivolto il peccato d'Avarizia quella sera.
Un futuro più grande aveva detto, anche se l'unico futuro che ha ottenuto è stata la prigionia.
Ma mai diede la colpa ai Sette Peccati Capitali.
Perché loro furono la felicità temporanea che lei tanto desiderava.
Ricordava le serate che passava dicendo a Meliodas e Ban di evitare di ubriacarsi, e le continue risate di Diane e King alle loro spalle.
Ricordava quando Gowther le aveva insegnato a leggere tutti quei libri complicati che tanto detestava, e ricordava quando Escanor la prendeva sulle spalle facendole vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Ricordava tutte le volte che faceva un pasticcio con gli incantesimi della sua maestra, ma questa invece di sgridarla le faceva una carezza e sistemava il danno.
Ricordava tutti gli scherzi che Ban le faceva, e a cui provava a rimediare facendola dormire con lui quando questi finivano male.
E ancora ricordava tutti i sorrisi che Meliodas le strappava quando si sentiva triste, e quanto la loro presenza le facesse capire che non era sola.
Ah, quanto rivoleva quei tempi..
In quel momento, sentì nel suo cuore un profondo vuoto. Come una voragine che si allarga sempre di più, facendo sempre più male.
Rivoleva la sua felicità.
Certo però, se restava in quella foresta non poteva riprendersela.
Camminò ancora per una buona mezz'ora, arrivando infine, ad una radura.
Fece i primi passi, per poi fermarsi, e chiedere:
"C'è qualcuno..?"
Si sentiva stranamente osservata.
Ad un certo punto, il suo sguardo cadde su un paio di ali dai riflessi dorati e su degli abiti verdi.
Il ragazzo era girato di spalle, come se non si aspettasse che qualcuno potesse mai vederlo o disturbarlo.
Fu allora che la giovane si fece coraggio e gli si avvicinò.
"Ehi.. non è che sapresti dirmi dove mi trovo?"
Il ragazzo non le rispose.
"Ehi! Tu con la giacca verde!"
Riprovò. Questa volta il ragazzo fece un cenno con la testa, come se si fosse svegliato da una trans e si fosse sentito chiamare, ma poi tornò alla sua normale posizione.
Fu allora che la ragazza si spazientí. E gli toccò una spalla.
"Senti, sai dirmi dove mi trovo si o no?!"
In quel momento il ragazzo si girò verso di lei e sgranò gli occhi.
"Tu.. mi vedi..?"
Chiese in un sussurro.
Renais annuì.
"Perché mai non dovrei vederlo..?" Si chiese poi.
"Stai dicendo sul serio che riesci a vedermi e a sentirmi?"
Chiese di nuovo il ragazzo.
"Beh, se così non fosse adesso non staremmo parlando.."
Rispose moto semplicemente la giovane.
Improvvisamente, lui spalancò le ali, e fece un voletto sopra la radura.
Poi, tornò a terra e strinse la ragazza in un forte abbraccio.
Lei, vista la vicinanza con lo sconosciuto, non poté fare altro che irrigidirsi un po', e arrossire lievemente.
"Di solito la gente non ti vede?"
Fu la sua domanda completamente priva di tatto.
Il volto del ragazzo si incupí.
"Io sono morto. È naturale che la gente non mi veda di solito. Tu però mi vedi.. e nonostante ne sia felicissimo non riesco a spiegarmelo. A quale Clan appartieni?"
Renais si trovò in difficoltà.
Non era umana, lo sapeva bene, ma Merlin non era mai riuscita a determinare la sua razza.
"Ecco... Io... Non lo so, ad essere sincera.."
Il ragazzo svió il discorso con un cenno della mano e le sorrise.
"Helbram, piacere!"
"Renais.."
I due si strinsero la mano.
"Quindi, Renais, cosa ci fai nella foresta del Re Delle Fate?"
La ragazza al nome del luogo si svegliò come da un lungo sonno.
"La... Foresta del Re Delle Fate..?"
"Si esatto. Non hai notato il Grande Albero Sacro?"
"S-Si l'ho notato ma non pensavo.. insomma.."
Il ragazzo vedendola così impacciata non poté trattenere una risatina.
"Tranquilla, tranquilla! Ma non ti ricordi come ci sei arrivata qui?"
In risposta, la giovane scosse il capo.
"Mi sono svegliata poco fa.."
"Capisco. Sei diretta in qualche luogo in particolare?"
Lei sembrò pensarci un attimo. Sarebbe davvero riuscita, da sola, a trovare i suoi amici?
"Ecco.. sono diretta nel Regno di Lyonesse.."
"Bene! Ti spiace se ti accompagno? Sai... È tanto che non parlo con qualcuno e..."
La ragazza lo bloccò.
"Non mi dispiace affatto"
Gli sorrise, e dopo aver preparato lo stretto necessario per il viaggio, i due si incamminarono verso il prospero regno di Lyonesse.
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Nel mentre, proprio a Lyonesse, Vivian si dava da fare per sciogliere i numerosi incantesimi che aveva posto a guardia della cella dove sette anni prima teneva rinchiusa Renais.
Dietro di lei, Merlin e Gilthunder fremevano impazienti.
Meliodas, fra tutti, sembrava il più composto.
Tuttavia l'ira che ardeva dentro di lui non poteva essere paragonata a nessun'altra.
Potrebbe sembrare un'esagerazione preoccuparsi così per una singola persona, ma non lo è affatto.
Quando Vivian finì di sciogliere le maledizioni sulla porta della cella, Gilthunder la spostò con molta poca delicatezza e con un calcio sfondò la lastra metallica che li separava dalla stanza, Vuota.
"Cosa significa questo Vivian?"
Il tono di Merlin era tutto fuorché rassicurante.
"I-io non lo so! Era qui fino ad una settimana fa...!"
Prima che Gilthunder e Merlin potessero fare qualcosa alla povera maga, Meliodas si mise in mezzo.
"Non è qui, non ci possiamo fare niente. Non fate cose di cui potreste pentirvi voi."
"Vuoi dire che non la cercherai nemmeno?! È viva! Non è qui ma è Viva! Dobbiamo almeno prova-"
"Lo so piccolo Gil. Non ho mai detto che non l'avrei cercata. E nonostante voglia che Vivian conservi la sua vita, sono dell'idea che le serva una punizione per ciò che ha fatto. Te ne puoi occupare tu Merlin."
La maga sorrise sornione, e se ne andò con la sua vecchia apprendista, senza dire una parola.
Meliodas e Gilthunder rimasero soli.
"Io non capisco... Perché mai Vivian avrebbe dovuto farle quelle cose?! Non c'è mai stato conflitto tra loro che io sappia..."
Il Capitano dei Sette Peccati Capitali rimase in silenzio.
"Meliodas.."
"Nessuno. Nessuno si sarebbe dovuto azzardare a farle del male."
Non è esagerato preoccuparsi a tal modo, quando l'oggetto di tante attenzioni ha tradito il suo popolo per una causa che avrebbe potuto abbandonare.
Non è esagerato preoccuparsi a tal modo per un membro della famiglia.
Per colei che dal suo stesso Clan, pur di aiutare un totale sconosciuto, fu marchiata come Peccato D'Infedeltà.
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