Tredici
Omar's Pov
Anche alle donne forti, ogni tanto, va presa la mano.
(Dal web)
<<Oddio.>> L'urlo di Gabrielle rimbomba in tutta la casa e io me la rido, sghignazzo salendo le scale, incurante dei suoi lamenti. Devo prepararmi per andare dall'avvocato, è questa la mia priorità al momento, penserò a lei più tardi.
Non so però perché abbia deciso di giocare con lei, non capisco nemmeno io il motivo per cui le abbia detto che siamo diventati intimi, certo è che ora la bionda è andata in tilt e questa situazione mi fa ridere.
Di solito è così composta che mi pare frigida o forse è una mia impressione oppure lei è brava a mascherare le sue emozioni!
Entro nella doccia, lasciandomi alle spalle le proteste di Elle che continua a borbottare davanti alla porta di camera mia, e quando l'acqua tiepida inizia a picchiettare sul mio corpo, frammenti di quanto accaduto ieri sera ritornano vividi sulla mia retina.
<<Bevi questo Gabrielle, sei disidratata, devi assolutamente ripristinare i liquidi che hai perduto.>> Dico alla bionda spingendo verso di lei la tazza con l'acqua tiepida e scorza di limone. Gabrielle non è capace a stare in posizione retta sullo sgabello e mi preoccupa assai.
Ha gli occhi iniettati di sangue, le lacrime cristalline non smettono di sgorgare sul suo volto deturpato dall'eccessivo pianto e dal dolore, ma poi prende la tazza e stringendosi nelle spalle beve tutto il liquido d'un fiato.
Il suo sguardo smarrito è fermo nel mio, affonda nella mia oscurità e quando capisco che sta per svenire, mi affretto e la prendo al volo prima che sbatta la testa contro il marmo del tavolo.
La cullo tra le mie braccia, come una bimba piccola e lei, biasciccando non so cosa, mette la testa all'incavo del mio collo. La sua respirazione brucia sulla mia pelle facendomi venire i brividi.
Il suo profumo inebriante è mischiato all'odore pungente dell'alcool e vorrei sgridarla per aver bevuto così tanto. Vorrei urlarle in faccia che non dovrebbe annegare l'amarezza nell'alcool, non dovrebbe ridursi in questo stato pietoso perché tanto non può cambiare il passato, quel che è stato è stato. Tuttavia riesco a comprendere la sua angoscia, la tristezza, il suo smarrimento, che traboccano dai suoi occhi chiusi, bagnano le ciglia, accarezzano le guance e si annodano sotto al mento.
La morte di una persona cara ci manda in tilt e niente sarà mai come prima. Se ho capito una cosa della bionda, anche se la conosco da pochissimo, è che vuole sembrare forte quando dentro di sé è piena di insicurezze, dolore e demoni del passato.
La vita è dura per tutti, ognuno di noi porta la propria croce sulle spalle, però non possiamo e non dobbiamo arrenderci. Bisogna lottare e lottare, e anche se le cose non saranno mai del tutto rosee, anche se di ostacoli e crucci né saranno sempre a gogò, non dobbiamo rassegnarci, ma dobbiamo tirare con le unghie e con i denti, fino all'ultima goccia di sudore perché abbiamo soltanto questa vita e va vissuta, con le buone o le cattive che ci regala.
Attraverso il salotto a passo lento, salgo le scale fino ad arrivare alla sua stanza e con cura la adagio sopra al letto. È bianca in volto come un lenzuolo e mi fa male al centro del petto vederla ridotta in queste condizioni.
Inconsciamente allungo una mano e sposto una ciocca di capelli, morbidi come la seta, che le era finita sul volto. La copro con un lenzuolo, le do un'ultima occhiata ed esco nel corridoio, ma la mia coscienza prontamente mi ammonisce, mi urla contro, per cui torno indietro e prendendo la sedia che sta vicino alla scrivania, la metto accanto al letto e mi siedo.
Non potrei chiamarmi essere umano, medico, se lasciassi che questa ragazza affrontasse la notte da sola, ubriaca com'è.
Metto una gamba sopra all'altra e incollo lo sguardo su di lei, pronto a vegliare sul suo sonno. Faccio scivolare gli occhi su tutto il suo corpo snello e un fremito irriconoscibile si aziona, scatta, prende vita dentro di me.
Questa ragazza acqua e sapone, è una meraviglia per gli occhi anche conciata in questo modo. I biondi capelli luccicano colpiti dai raggi della luna e dalla luce del neon sotto alla finestra, che gli fa sembrare oro liquido, le labbra piene e rosse sono socchiuse, il suo petto si alza e si abbassa con un ritmo regolare. Le sopracciglia agrottate creano un solco evidente sulla sua fronte, le mani strette in due pugni, riposano sul suo ventre piatto.
Nel profondo del cuore conosco il nome delle emozioni che Gabrielle mi fa provare, sentimenti che non ho mai sentito prima di incontrare lei però con tutte le forze mi oppongo a loro.
Questo sfarfallio sempre più frenetico nello stomaco, la gola che si chiude, stretta in una morsa, quando i suoi occhi si schiantano nei miei come le onde del mare contro gli scogli, questo aumentare del battito cardiaco quando mi sta vicino, la pazza voglia di stringerla tra le mie braccia e baciarla fino a toglierle il fiato, di possederla in ogni modo immaginabile e possibile.
Nel profondo della mia anima conosco il significato, però la razionalità, il senso del dovere, il fatto di essere già impegnato, con la corda annodata strettamente intorno al collo, il senso del dovere verso lei e verso le mie sorelle, tutto questo essere vincolato, mi impedisce di muovere un solo dito.
So che devo sradicare questo sentimento meraviglioso quanto spietato che prende piede dentro di me. Non posso permettergli di prendere possesso delle mie facoltà mentali, del mio cuore, non ci porterà nulla di buono se non sofferenza.
<<Perdonami Gabrielle, non posso avvicinarmi a te. Devi stare lontana da me, devi evitarmi come la peste.>> Sussurro appena posando tristemente lo sguardo sulla bionda che dorme profondamente. Porto le mani alla testa e infilo le dita tra i capelli stritolando le ciocche fino a farmi male.
Se solo fossi libero, se solo la vita non fosse sempre contraria a tutto quello che faccio, se solo mi desse una tregua, allora mi butterei a capofitto, perché nella vita, una sola volta si ama immensamente. Una sola volta ci è concesso di incontrare l'anima gemella, l'altra metà del nostro cuore.
Se fossi libero, volentieri e senza pensarci troppo a lungo farei approfondire questo sentimento che scava dentro di me, che si attacca alle corde del mio cuore fondendosi con esso, che prova senza sosta a infiltrarsi nelle mie vene, sotto la pelle, ma non sono libero, non posso buttarmi, non posso anche se lo desidero.
I grattacapi che si intrecciano nel mio cervello in tumulto, che picchiettano sulle corde sensibili della mia coscienza già piena di pensieri struggenti, vengono messi in pausa, stopati dal lamento soffocato del telefono della bionda che inizia a squillare.
Lo ignoro!
Non spetta a me rispondere alle sue chiamate, ma quando per cinque volte consecutive questo trilla sopra al comodino, sospiro e mi alzo per andare a vedere chi sia.
Sullo schermo illuminato leggo il nome "papi" e quando arriva un'altra chiamata, con il cuore in gola, porto il telefono all'orecchio e rispondo.
Non dovrei, lo so, però da quello che ho capito, quest'uomo è a migliaia di kilometri di casa e se non rispondo per rassicurarlo che la figlia sta bene, che è in buone mani, si preoccuperà a morte.
<<Tesoro ci hai messo di tempo prima di rispondere.>> Sento dire dall'altro capo e l'agitazione sta prendendo possesso su di me. Mi fa tremare l'anima e il corpo, mi secca la gola. <<Buonasera signore, sono Omar, il vostro coinquilino.>> Sussurro e ammutolisco, ingoiando un groppo fermo sulla trachea, aspettando la sua risposta.
L'uomo tace per un tempo che a me sembra indefinito, ma poi schiarendosi la voce continua: <<Felice di conoscerla Omar, sono Pierre, però potrei chiederle come mai lei ha il telefono di mia figlia?>> La voce dell'uomo è calma e pacata e mi infonde pace e tranquillità per cui mi affretto a raccontargli tutto quello che so, senza spifferare che sua figlia sia andata quasi in coma etilico, ma che abbia bevuto un bicchierino in più.
Pierre, resta in silenzio e mi ascolta e ogni tanto lo sento sospirare. <<Ti prego Omar, fino al mio rientro prenditi cura di mia figlia.>> Dice non appena finisco di dirgli tutto quanto. <<Oggi è l'anniversario della morte di sua madre ed Elle, sin da quando è successa questa tragedia, non si è mai perdonata, non è mai riuscita ad accettare che la colpa della precoce scomparsa della madre fosse il destino e non lei. La conosco meglio di chiunque altro e so che è così. Conosco molto bene il peso che regge sulle spalle, gli incubi che tormentano il suo sonno. Sono lontano, non posso starle accanto fisicamente e lei finge di star bene ogni volta che voglio parlarle e ora sapere che ha dovuto ricorrere all'alcool per dimenticare, per assopire la tristezza, lo sgomento, mi uccide. Te ne prego, bada a lei e non lasciarla sola.>> Soffia affranto l'uomo e io rabbrividisco.
Nemmeno io sono riuscito ad accettare la morte di mia madre, la stella luminosa della mia adolescenza, che come la madre della bionda è partita verso il mondo delle ombre troppo presto. È andata lasciandoci con un dolore incolmabile, senza sapere che avevamo ancora bisogno di lei e ora da quasi due decenni ha come casa, il buio freddo della tomba.
Trema e vibra la terra ancora oggi sotto le lacrime pesanti che lasciano i miei occhi ogni volta che la penso, ma lei non sente i miei lamenti, i miei pianti, e non mi vede. Non può alleviare l'accoramento che vibra dentro di me, scagliando contro al cuore sgomento come pezzi di vetro che si conficcano e penetrano nel muscolo cardiaco facendolo sanguinare. Sono quasi due decenni in cui la tribolazione non si è mai affievolita, anzi.
Per questa ragione riesco a capire il peso che Elle si porta sulle spalle, il terrore, per cui, senza indugiare ulteriormente, do la mia parola a Pierre, prometto di accudire al meglio la figlia.
Chiudo la chiamata con Pierre che mi ringrazia per l'ennesima volta e la promessa di tenerlo informato sulla situazione di Elle.
Rimetto il telefono sul comodino e scendo in cucina per prendere un bicchiere d'acqua e qualche aspirina, nel caso Gabrielle dovesse svegliarsi, io abbia a portata di mano, liquidi e antidolorifici in modo da tenerla ben idratata.
Sono di ritorno per le scale quando dalla stanza della bionda un gemito rimbomba in tutta la casa. Affretto il passo salendo le scale due a due e quando arrivo mi fiondo col fiato rotto nella sua camera.
La ragazza è a pancia in giù, la testa a penzoloni al lato del letto, sta cercando sul tappeto non so cosa. Mi avvicino divertito da questa visuale e quando noto che la maglietta le è risalita lungo le cosce fino a scoprirle il sedere coperto da un paio di mutandine con sopra un cuore rosso, deglutisco a secco e mi mordo le labbra per non pensare alle mie dita che affondano nella sua carne bollente.
<<Gabrielle... cosa stai cercando?>> Domando abbassandomi sulle ginocchia per poter guardarla in faccia. Sposto la tenda di capelli aggrovigliati che le coprono il viso e gli stringo in un pugno aiutandola a mettersi a sedere. <<Ho la gola arida come il deserto.>> Piagnucola deglutendo mentre lascia cadere pesantemente le mani nel grembo.
<<Tieni, bevi questo.>> Dico avvicinando alle sue labbra il bicchiere colmo d'acqua che la bionda beve tutto d'un fiato e poi si pulisce la bocca con il dorso della mano. <<Va meglio ora?>> Mi siedo sul bordo del letto e incrocio le braccia al petto guardandola come dondola avanti e indietro e mi rendo conto che è ancora molto ubriaca.
<<Non dovresti bere così tanto. L'alcool non è la soluzione per i tuoi casini, per le tue disperazioni.>> Sussurro quando inizia a massaggiarsi le tempie con le dita. <<Hai sentito quello che ho detto Gabrielle?>> Riprovo cercando di catturare la sua attenzione, ma le parole che escono dalle sue labbra secche mi lasciano a bocca aperta, mi sbalordiscono.
<<Credo che tu mi piaci Omar, moltissimo anche. Lo sai che sei adorabile? Adoro i tuoi occhi, il tuo corpo sodo e lavorato.>> Spiffera biasciccando mentre avvicina goffamente i polpastrelli al mio torace. Stringe tra le dita la maglietta e alza lo sguardo sul mio viso. Le guance si dipingono di un colore rosato mentre mi fissa e tiene tra i denti il labbro inferiore con fare provocatorio.
Ingoio a vuoto un paio di volte perché averla così vicina a me e così dannatamente bella, fa traballare tutti i miei buoni propositi.
<<Gabrielle, non sei sobria, torna in te ti prego.>> Rispondo con il fiato corto, ma non faccio niente per allontanarla da me perché mi piacciono le sensazioni che mi provoca. Le sue dita affusolate che si infilano sotto alla maglietta e giocherellano, accarezzano la mia pelle, mi mandano in tilt il cervello, in ebollizione il sangue e mi ricoprono la pelle di brividi.
<<Perché sei così teso? Siamo adulti e vaccinati. E poi chiamami Elle. Sono Elle per i miei amici per cui, chiamami così anche tu bel maschio, hai il mio permesso. Ora me lo dai un bacino?>> Risponde con voce impastata allungandosi ancora di più verso di me e protendendo le labbra, strofina prima il naso al mio e poi inaspettatamente, mi bacia. Un bacio a stampo che fa saltellare di gioia credo, il mio cuore.
Due colpi forti alla porta mi destano dai pensieri che mi hanno accompagnato per tutta la durata della doccia e anche mentre mi vestivo, l'intensa serata di ieri mi ha tormentato anima e corpo.
Infilo le scarpe e mentre tento di fare il nodo alla cravatta dirigo i miei passi alla porta che viene più e più volte presa a pugni e la spalanco trovandomi davanti una Elle furibonda, così arrabbiata che mi pare che del fumo esce dalle sue orecchie e dalle sue narici.
Sembra un drago!
Ha il viso arrossato, gli occhi chiusi a due fessure e le braccia, con i pugni talmente stretti da sbiancare le nocche, inerme lungo il corpo.
<<Ora tu mi dirai cosa facevi nel mio letto, senza maglietta poi.>> Sputa guardandomi non male, di più, ma vedendo la mia espressione seria continua in un sussurro: <<Per piacere.>>
<<Possiamo parlare al mio ritorno Elle? Ho appuntamento con l'avvocato tra non molto.>> Dico dandogli le spalle, lottando con i bottoncini delle maniche che non vogliono sapere di chiudersi. <<No Omar, io voglio saperlo adesso.>> Risponde sbuffando. <<Non è successo nulla di che, non allarmarti ok?>> Rispondo alzando il tono della voce a mia volta.
Mi giro lentamente verso di lei e la vedo fissarmi così intensamente da farmi venire i brividi e la pelle d'oca. Una goccia di sudore creatasi alla base della nuca, tra i capelli, inizia a snodarsi lungo la spina dorsale.
La bionda è bellissima persino da arrabbiata e non ho più le forze di starle lontano. Ci sto lottando, mi sto opponendo, ma ogni giorno che passa è sempre più difficile impedire al mio cuore di sussultare ogni volta che questo angelo è nei paraggi e sussurrare il suo nome che ho imparato a memoria, che ho tatuato sul ventricolo, marchiato con fuoco.
<<Allora? Me lo dici o no?>> Supplica per l'ennesima volta alzando le mani in aria per dare più peso alle sue parole. Questo movimento smuove l'aria circostante portando alle mie narici profumo di mare in tempesta, odore di pioggia che picchietta la terra, uva matura calpestata dai piedi delle vergini.
<<Eri ubriaca quando sono arrivato a casa e non ho fatto altro che prendermi cura di te.>> Dico infilando la giacca del completo. Mi gratto la nuca e do un'occhiata in giro prima di raccogliere le mie robe un po' sparse ovunque, tutto sotto gli occhi increduli della bionda.
Metto il portafoglio nella tasca così come il cellulare e senza degnarla di ulteriori spiegazioni esco dalla stanza. Ma la bionda non demorde. Mi sta alle calcagna, impaziente di scoprire tutti i dettagli.
<<Ok però non mi hai detto come sei finito a letto con me.>> Sbotta ed io mi fermo di colpo facendola sbattere contro la mia schiena.
Sospiro e girando sui talloni mi ritrovo faccia a faccia con la bionda. Aggrappo i miei occhi nei suoi, ancora rossi e gonfi e sospirando lascio uscire lentamente le parole dalle labbra.
<<Ero senza maglietta perché mi hai vomitato addosso ed ero con te, nel tuo letto perché dopo essermi preso cura di te per tutta la notte, mi sono addormentato. Questo quanto successo. Sei contenta ora?>> Dico cercando di evitare altre domande.
La bionda mi guarda imbarazzata al massimo. Le sue guance più rosse di un papavero sembrano ricoperte di sangue e io, per toglierla da questa situazione, le do le spalle e continuo la mia discesa per le scale.
Quando sono di fronte alla porta d'ingresso, sentendo i suoi passi dietro di me, indugio sull'uscio più del dovuto e quando la bionda si ferma, giro la testa e la guardo.
<<È successo solo questo vero?>> Chiede a disagio con voce flebile mentre si tortura i polpastrelli, gli occhi dello stesso colore delle onde tormentate dal vento, da prima fissi nei miei che poi abbassa, incapace di reggere il mio sguardo, scogli appuntiti, terre inospitali.
Resto in silenzio davanti al battente mentre la bionda ritorna a puntare il color acquamarina dei suoi occhi su di me, nel viso dipinte un'infinità di punti interrogativi e io, bastardo, prima di aprire la porta, giro leggermente la testa verso di lei e richiamando la sua attenzione dico: <<Ah, Elle, c'è stato anche un bacio.>>
Sganciata questa bomba vado via fischiettando, lasciando la ragazza con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta per lo stupore.
Continua...
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