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Diciassette

OMAR'S POV

Quando ti piove nel cuore fatti riparare da una gioia!

<<Sposa me!>> Queste due parole che hanno lasciato le labbra di Gabrielle mi risuonano nella testa. Non riesco a comprendere perché abbia detto tutto questo, ancora meno il motivo per cui lei mi voglia aiutare. Sto passando ore d'angoscia, di incertezza e di grande sgomento. Da un lato la sua proposta è allettante, dall'altro lei non conosce ancora la mia situazione per intero e approfittarmi così della sua bontà e disponibilità mi fa sentire peggio di un verme.
Quindi cosa dovrei fare? Non ne ho la più pallida idea!

Dopo un tempo indefinito di tormento interiore che mi macina lentamente mordendo e graffiando le mie interiora, solo l'immagine delle mie sorelle con le guance ricoperte di lacrime, i visi trasfigurati dalla paura, mi fanno prendere una decisione, compiere un gesto che mai avrei pensato di fare. A passo spedito e deciso esco dalla stanza e scendo le scale che portano al primo piano dov'è la camera di Elle, prima che cambi idea.

Con il cuore che si strugge nel petto e la coscienza sporca, busso due volte alla porta con la gola secca. Che lei sia disponibile a sposarmi è già un grande passo avanti per me. Riuscire a portare fuori dalle grinfie della guerra la mia famiglia è il traguardo che sogno e rincorro da anni, e ora che sono così vicino a toccarlo quasi con le dita non posso tirarmi indietro. Costi quel che costi, anche se dovrò approfittare della smisurata bontà di questa ragazza, anche se sono cosciente che seguiranno giorni e notti di rammarico per essermi comportato da coglione, la mia famiglia è più importante del fatto che io sia caduto così in basso per compiere il mio dovere, ancora più importante di lei.

<<Gabrielle dobbiamo parlare!>> Dico da dietro alla porta spostando il peso del corpo da una gamba all'altra. Ho le mani sudate e un senso di colpa soffocante mi mozza il respiro. Mai prima d'ora mi sono comportato in un modo tanto subdolo per attingere ai miei scopi, ma ora come ora mi vedo impossibilitato di compiere un'altra scelta, anche se voglio non posso permettermi di percorrere la strada giusta. Per nascondere il tremolio del mio corpo che potrebbe smascherare il mio vero stato d'animo mi appoggio con le spalle al muro e incrocio le braccia al petto, la carne che freme sulle ossa, il cuore che rimbalza all'impazzata. La porta si spalanca ed Elle mi si para davanti radiosa; sembra avere i raggi del sole impigliati tra le ciocche color oro. La sua presenza mi acceca, mi azzera la salivazione e il senso di colpa diventa soffocante, mi curva le spalle e fatico a reggere il suo sguardo, ma devo farcela, per forza. Con questo mio passo riuscirò a salvare quattro vite inocenti dalle grinfie del terrore.

<<Dimmi tutto.>> Soffia incrociando le braccia e guardandomi con occhi curiosi. Elle mi squadra dalla testa ai piedi e forse anche lei, così come me, cerca di capire cosa mi baleni nella mente, ma siamo un enigma l'uno per l'altra. Ognuno di noi si nasconde dietro muri spessi e alti di cemento armato, diffidenti del mondo intero, spaventati e forse troppo provati per aprire uno spiraglio, una piccola finestra che mostri chi siamo veramente.

<<Accetto la tua proposta!>> Mi ritrovo a dire. E le mie parole sono un soffio di vitale importanza per la sorte della mia famiglia che dipende dalle mie scelte.
<<Perfetto, hai preso la decisione giusta!>> Risponde la bionda avvicinandosi a me; un sorriso sincero a distenderle le labbra rosse e piene. I suoi occhi spruzzano chiarore sulla mia anima tormentata, danno sollievo al mio sgomento e per un secondo mi fanno dimenticare l'inganno che dovrò mettere in atto per raggiungere il mio scopo. Spudoratamente le sorrido a mia volta, incapace di proferire parola perché nulla di quello che potrei dire, di fronte alla sua gentilezza e disponibilità, avrebbe senso.

<<Che si fa ora? Come procediamo? Credo che dovremmo sbrigarci a firmare queste benedette carte per poter portare al più presto qui, al sicuro, le tue sorelle.>> Continua con troppo entusiasmo senza smettere di perdermi di vista. E più parla più credo che sia un angelo inviato dai cieli, da quel Dio che non ho mai smesso di supplicare, un segno che la vita possa essere anche giusta e regalarci anche traguardi, non solo sofferenza e struggimento. Sorrido di fronte al suo entusiasmo e la contemplo come si contempla il sole, la guardo e mi meraviglio di quanto buona e genuina possa essere, ma dentro mi sento marcire, mi sento un verme senza scrupoli perché so che alla fine le porterò soltanto dolore, lacrime e delusioni.

<<Frena, frena un momento. Dovremo sentire quell'omuncolo del mio avvocato visto che è stato lui a tirare in ballo questa soluzione.>> Rispondo allontanandomi dal muro e con Elle alle mie spalle scendo le scale con la testa innebbiata dai pensieri caotici che si scontrano tra loro senza sosta.

<<E chiamalo subito, no? Cosa aspetti?>> La sua voce soave accarezza i miei timpani e con una lentezza dolce amara si insinua nel mio essere trafitto ingiustamente dai problemi, piegato al volere del mondo intero, inginocchiato senza pietà, frustato violentemente. Giro la testa e la vedo: guance infuocate, occhi chiari, sinceri e quel sorriso, quel sorriso che senza  faticare, senza pretendere nulla in cambio mi dona calore e spensieratezza. E io so, sono consapevole che se mi lascio andare con lei sarò in guai seri. Scuoto la testa cercando di uscire dal turbine di gratacappi e raggiungendo la cucina, sempre seguito da lei, apro il frigo, prendo una bottiglia di acqua, svito il tappo e ne bevo un lungo sorso per spegnere il fuoco che sta iniziando prepotente a incendiare tutte le mie nervature.

<<Allora? Cosa aspetti? Chiama l'avvocato dai!>> Il suo insistere per un momento mi mette in guardia, ma poi scaccio via tutti i pensieri e tiro fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare, compongo il numero dell'avvocato e avvio la chiamata. Due squilli dopo sono già immerso fino al collo nella conversazione con Albulescu e appena metto giù alzo lo sguardo sulla ragazza che si tortura le mani frustrata. È seduta al bancone della cucina, la gamba destra saltella su e giù ininterrottamente e due ciocche ribelli le coprono il viso accaldato, nascondendo i suoi occhi, ma quando schiarisco la voce, Elle si alza velocemente dalla sedia e mi viene incontro.

<<Com'è andata?>> Chiede con voce flebile, un'ombra di nervosismo ad annebbiarle per un'attimo il viso.
<<Puoi scegliere già una data per le nostre nozze!>> Rispondo incastrando le mie pupille nere come il peccato nelle sue limpide e cristalline. Non si scompone sotto il mio sguardo indagatore, alza gli angoli delle labbra in un sorriso mozzafiato e le domande le escono a raffica dalla bocca stordendomi.

<<Così ha detto? Davvero? Quali date sono disponibili? Per me non ci sono problemi, anche domani può andare bene! Allora? Dai, sputa il rospo, non vedi che sto fremendo dalla voglia di scoprire quello che l'avvocato ti ha detto?>> La sua ingenuità mi fa sorridere e se la situazione fosse diversa sicuramente non mi sarei fermato solo a questa reazione, avrei riso sicuramente di gusto. La bionda sembra proprio una bambina.

Non voglio mostrare però il mio entusiasmo perché devo ricordarmi e ricordarle che questo è soltanto un matrimonio di convenienza e niente di più. Anche se devo essere sincero: più la conosco e la scopro, più vorrei che la situazione fosse diversa perché la ragazza che ho di fronte mi incuriosisce non poco e più gli sto vicino più ho voglia di imparare a capirla, a denudarla di tutti i suoi segreti passo dopo passo.

<<Allora possiamo procedere domani? Ne sei assolutamente sicura? E tuo padre? Guarda che puoi ancora tirarti indietro, non voglio metterti nei guai.>> Le rispondo dopo aver valutato un poco la cosa.
<<E chi si vuole tirare indietro? Io sono più che sicura, ma cosa mi dici di te? Sei assolutamente sicuro di voler sposarmi? Sei convinto al cento per cento di voler fare questo passo? Per quanto riguarda mio padre non ti devi proprio preoccupare  non avrà nulla da dire!>> Soffia, un forte luccichio a illuminare ancora di più le sue stelle.

<<Ne ho bisogno e lo sai! Allora è deciso.>> Ribatto abbassando il capo. Non riesco più a reggere il suo sguardo, i suoi occhi color acquamarina sarebbero in grado di scavare dentro di me, porterebbero alla luce del sole le tenebre che tengo imprigionate, incatenate saldamente nel mio animo tormentato.

<<Perfetto allora! Visto che siamo entrambi d'accordo, domani possiamo procedere. Vedrai, le cose prenderanno una strada diversa, sia per te che per la tua famiglia, ma anche per me in un certo senso.>> Replica sicura di sé stessa. Annuisco incapace di aprire bocca. Mille concezioni iniziano a prendere possesso delle mie facoltà mentali e mi devo allontanare da lei. Mi rendo conto che le cose si sono sviluppate talmente in fretta che a Rania non ho ancora parlato di tutto ciò. La sua reazione mi mette ansia.
Non posso non informarla, anche perché una volta finite le carte per il ricongiungimento familiare, una volta arrivate qui, lei verrà a sapere comunque di questa mia unione con Elle e anche se si tratta di un matrimonio fasullo, sono consapevole che ne resterà male. La devo fare partecipe.
Capirà che questa è stata l'unica soluzione veloce che io potessi trovare per farle scappare dall'Iraq.

<<Ti ringrazio molto Elle, davvero. Quello che stai per fare per me e per la mia famiglia è più di quanto avrei sognato. Non potrò mai sdebitarmi per il tuo prezioso aiuto. Ricorda però che questo è soltanto un finto matrimonio, nulla tra noi potrà cambiare. D'accordo?>> Le parole mi escono a vanvera, ma devo chiarire le cose con lei prima che si faccia un'idea sbagliata su di noi, anche perché non potrà mai esistere un noi.

<<Ne sono consapevole! Non ti preoccupare e non fatti troppa pressione, lo terrò a mente.>> La sua risposta non tarda ad arrivare, ma è evasiva, fugace o almeno è questo quello che riesco a recepire io.

<<Allora a posto, domani alle quindici si va nel comune per officiare il nostro matrimonio. Chiamo subito l'avvocato per informarlo.>> Elle annuisce soltanto, sembra caduta in uno stato di trance, gli occhi inchiodati su un punto alle mie spalle, le mani immobili sotto al seno. Cerco di concentrarmi sulla chiamata e a malincuore mi allontano salendo le scale, senza chiederle il motivo del suo estraniamento. Non deve e non può fissarsi la testa su di me, meno attenzioni le do, meno penserà a me.
Con questo pensiero assillante mi chiudo la porta alle spalle e dopo aver messo al corrente l'avvocato della decisione presa e dopo esserci messi d'accordo su come muoverci domani, mollo il telefono accanto a me. Poi metto una mano sotto la testa e fisso il soffitto pulito finché, rassegnato, chiudo gli occhi stanchi sprofondando in un sonno burrascoso e pieno di occhi color acquamarina che mi fissano tristi.

Continua...

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