Capitolo 33
Michael's Pov
Ricordate il discorso del secondo?
Quel piccolo insieme di microistanti che uniti creano un'eternità che è in grado di durare quanto un click o quanto un infinito, in un secondo si può dire ti amo ad una persona, in un secondo si può ricevere un pugno, in un secondo si può prestare una penna ad una ragazza impacciata, in un secondo si può sorridere ad un ragazzo trai corridori migliorandogli la giornata, in un secondo si può cadere, in un secondo puoi venire travolto da un'onda ed in un secondo, in un piccolo istante di tempo si può compiere una decisione sbagliata, una decisione fatale.
Forse mia mamma in quel secondo non ha visto la via giusta, forse era troppo buio per poter ragionare, forse in quell'istante pensava al passato, l'unica cosa certa è che in quel secondo ha compiuto uno degli atti più dolorosi che poteva infliggersi.
Sono tornato a casa di corsa, sapevo che qualcosa non andava, sapevo che le sue chiamate non erano normali, sapevo che quella mattina il suo sorriso non era il solito.
Quando sono arrivata a casa non l'ho trovata come al solito in cucina a cercare di prepararmi qualche strana torta, non l'ho neanche trovata in giardino a fumare e neppure sul divano a guardare qualche strana serie tv divertente, l'ho trovata in bagno con le maniche del suo enorme maglione alzate fin sopra i gomiti, la testa appoggiata sul freddo pavimento azzurro, i sui occhi chiusi e la bocca serrata in un espressione senza vita.
In un secondo mi sono inginocchiato a lei togliendole dal braccio la siringa ancora premuta sulla sua pelle fragile e pallida, ho slegato il laccio che si era fatta sopra il gomito e ho chiamato un'ambulanza, piangendo e urlando a mia madre di svegliarsi.
A volte la vita si diverte a illuderti di una falsa felicità o di una illusoria luce in fondo al tunnel, una luce composta da grandi sorrisi finti, promesse con le dita incrociate dietro la schiena e vizi nascosti alle persone che ti amano di più.
Mi aveva promesso che non o avrebbe più fatto, che il ricordo di papà o di Cole non l'avrebbe portata a farsi male ancora, lei ci sarebbe stata per me, come una madre, ma a volte quella luce che pare così luminosa in fondo al tunnel non è altro che il fanale di qualche auto pronta a travolgerti all'improvviso.
Ed eccomi qui, alle quattro di notte mentre prego ogni preghiera che conosco,inventandomi parti per compensare il vuoto che la mia memoria mi da, pregando chiunque ci sia lassù di far stare bene mia madre, di farla svegliare con il solito sorriso, il sorriso di una donna distrutta.
Stringo forte la mano della donna che ha cercato di crescermi al meglio finché la vita poi ha deciso di investirla con la sua maledetta auto lasciandola a terra, sposto dal suo volto pallido i capelli ricci e scuri per evitare che vadano a dar fastidiosi tubi che le hanno collegato per farla respirare meglio.
Guardo la donna stesa sul letto davanti a me, asciugo le mie lacrime consapevole che è ancora viva, che è ancora con me, non mi ha lasciato solo, non se ne è andata senza salutarmi, è qui, la sua mano e stretta nella mia mentre riposa e cerca di riprendersi, mentre grazie a me cerca di tornare alla sua vita invece di affogare nell'oscurità della morte.
"Riesce ad essere bella anche così" Dice una voce delicata entrando nella stanza, alzo lo sguardo individuando sulla soglia della stanza Rebecca con un cappotto verde scuro a coprirle buona parte del corpo, eccetto per dei buffi pantaloni del pigiama con degli animaletti che spiccano nel suo stravagante abbigliamento.
"Sì, è una bella donna nonostante tutto quello che ha passato" Dico io rispondendo alla ragazza la quale sorride prima di prendere una sedia e trascinarla accanto alla mia sedendosi con delicatezza e afferrandomi la mano stringendola forte.
"Sei venuta qui in pigiama" Dico notando il suo abbigliamento e lei sorride ridacchiando guardandosi i pantaloni infantili prima di annuire.
"Se può interessarti non ho neanche il reggiseno, non avevo tempo, un mio amico aveva bisogno di me" Dice guardandomi negli occhi ed io le sorrido felice che lei sia qui, l'unica persona in grado di farmi sorridere in questa situazione, l'unica persona che in piena notte è uscita di casa con solo un leggero pigiama per sedersi accanto a me e stringermi la mano, l'unica che tiene a me come mia madre.
"Starà bene?" Chiede lei guardando mia mamma preoccupata, io mi mordo il labbro prima di annuire.
"I medici dicono che se non fossi arrivato in tempo lei sarebbe morta, un secondo in più di dose nelle sue vene e non ce l'avrebbe fatta, è stata molto fortunata ma ha rischiato la sua vita, ha quasi spezzato il filo" Dico e Rebecca annuisce mentre accarezza il dorso della mia mano con dolcezza, un gesto piccolo e gentile, non forte come un abbraccio ma abbastanza da farmi capire che lei rimarrà qui finché ne avrò bisogno, proprio come aveva promesso.
"Perché deve sempre andare tutto così male? Perché le cose peggiori devono succedere a noi? Perché dobbiamo sopportare tutto questo? Quando finirà?" Chiedo scuotendo la testa e non riuscendo a capire il perché ogni volta che cerco di rialzarmi qualcuno mi butta a terra facendomi cadere nel fango, perché sempre a me?
"Perché è l'effetto collaterale di essere dei piccoli e minuscoli roditori della Savana, riusciamo a rimanere nascosti nelle nostre tane per anni ma non appena mettiamo la testa fuori per curiosare veniamo feriti da qualche grande animale, è così che funziona, sono i rischi della nostra vita" Dice lei appoggiando la testa sulla mia spalla inebriandomi con il suo dolce profumo al miele.
"Dunque per tutta la vita dovrò rimanere nella mia tana per evitare di essere ferito o ucciso?" Chiedo non capendo e lei sorride leggermente stringendomi di più la mano.
"No, a volte uscire ci procura ferite, ferite profonde e a volte fatali, ferite che sanguinano a lungo, ma noi siamo fatti per il sole, noi sentire sempre la necessità di uscire dalla nostra maledetta tana, riusciremo sempre a dimenticarci delle cicatrici sul nostro corpo e usciremo all'aperto. A volte ritroveremo i soliti leoni pronti a sbranarci ma altre volte, rare volte sul nostro percorso troveremo altri come noi, altri feriti con cicatrici più profonde delle nostre che ci tenderanno la mano e ci daranno la forza di correre via e seguire i raggi del sole, poi ne incontreremo altri ed altri ancora fino diventare così forti da essere imbattibili" Dice ed io la guardo in silenzio, come una ragazza che all'inizio era così svampita e persa può sapere così tanto sulla vita?
"Un suricato solitario muore, rimane nella sua tana nell'ombra nascosto dalle tenebre a morire di fame al freddo, i suricati che hanno paura di soffrire muoiono, ma coloro che non temono il mondo fuori dalla tana trovano i loro simili, trovano amici, trovano anime simili a loro, trovano un motivo per poter seguire il sole, come me e te, da soli saremmo a terra a leccarci le ferite ma insieme non possiamo smettere di inseguire i raggi solari, perché se ti ferirai ti porterò io e se io mi ferirò sarai sempre tu a raccogliermi e aiutarmi a rialzarmi" Dice ed io sento i miei occhi cominciare a diventare lucidi.
"Incontreremo molti leoni sulla nostra strada, molte iene che rideranno delle nostre ferite e avvoltoi che cercheranno di separarci ma non ci riusciranno, e con te ho imparato una nuova cosa, ho imparato che a volte i leoni non sono sempre come vogliono farci credere, a volte i suricati si travestono da grandi animali per spaventare gli altri, ma più ci si avvicina più si scopre la debolezza del suricato-leone" Dice lei alzando le testa e sorridendomi in modo strano, io la guardo confuso non capendo le sue ultime parole, cosa intende dire, cosa sta cercando di dirmi?
Gli occhi nocciola di Rebecca si spostano sulla soglia della porta ed un piccolo sorriso le appare sulle labbra non appena nota qualcosa, non capendo mi volto nella sua stessa direzione e subito capisco che non sta sorridendo a qualcosa ma a qualcuno.
Proprio sulla soglia della camera c'è un ragazzo con il volto stanco e preoccupato, un ragazzo con i capelli biondi biondi spettinati come al solito, un ragazzo con gli occhi azzurri come l'oceano più profondo mai visto che guardano proprio me.
Sulla soglia c'è Luke che mi guarda facendo tremare ogni mio singolo muscolo e facendo fermare i miei polmoni e accelerare il mio cuore, tutto ciò con un solo sguardo.
"Ti voglio bene Michael, non tornare nella tua tana, non avere paura di lui" Dice Rebecca lasciandomi un bacio sulla fronte con dolcezza prima di alzarsi e dirigersi verso il biondo tirandogli scherzosamente un pugno sul braccio facendolo lamentare, la ragazza sorride divertita dalla reazione dolorante di Luke prima di sparire trai corridoi dell'ospedale lasciandomi solo con il leone più grande della Savana.
Il biondo in silenzio guarda mia madre, i suoi occhi freddi si posano sul suo corpo addormentato accarezzandolo con dolcezza senza ferirla, come se fosse fatta di cristallo, la guarda addolorato, ma non prova dolore per lei, non è lei che ha ferito, il suo dolore è per me.
"Quando si sveglierà?" Chiede torturandosi le sue mani in modo nervoso senza incontrare il mio sguardo, i miei occhi bruciano sulla sua pelle come il livido fresco sul mio zigomo, alzo le spalle non sapendo che risposta dargli, se parlargli o ignorarlo.
"Non lo so, nessuno lo sa" Dico e lui annuisce rimanendo in silenzio ed immobile dall'altra parte della stanza.
Osservo mentre i suoi pugni si stringono e i suoi denti catturano il suo labbro inferiore giocando con il suo piercing nero, lo fa ogni volta che è nervoso, rimango in silenzio mentre si avvicina a me senza parlare e si siede sulla sedia accanto alla mia accomodandosi con difficoltà visto le sua lunghe gambe.
Non lo guardo ma so che lui sta guardando me, pensando a cosa dire, a cosa fare, a come riparare a tutto o a come dirmi addio e tornare alla sua vita, non mi stupirei se si scusasse con me per il pugno prima di andarsene per tornare alla sua vita.
"L'ho detto ad Hanna, sono corso fino a casa sua dopo aver parlato con Rebecca, lei mi ha fatto capire quale via prendere, Hanna mi è scoppiata a ridere in faccia, pensava stessi scherzando, le ho spiegato tutto, le ho detto di te, le ho detto di quello che sento, le ho detto che non provo niente per lei se non amicizia" Inizia ed io lo ascolto in silenzio stupito per quello che ha fatto.
"Non pensavo che una persona senza sentimenti come lei potesse capirmi, però lo ha fatto, mi ha abbracciato forte e mi ha detto che le andava bene, ero suo amico prima di tutto, gli amici vogliono la felicità gli uni per gli altri. Sono tornato a casa e ho fissato la mia porta per venti minuti impaurito da quello che avrei dovuto affrontare, ho trovato il coraggio ripensando alle parole di quella strana ragazzina con la fissa per gli animali, ho aperto la porta di casa e sono andato dritto da mia padre" Dice ed io mi volto verso di lui, ha seriamente parlato a sua padre di me? Di noi?
"Gli ho detto tutto, gli ho detto che non sono il figlio perfetto che voleva, gli ho detto che non andrò a studiare giurisprudenza come mia madre, gli ho detto che non diventerò avvocato come avrebbe sognato, gli ho detto che Rebecca non è la mia ragazza, gli ho detto che mi sono innamorato di un ragazzo,gli ho detto che mi rende felice, mi rende me stesso, mi rende il vero Luke" Dice sorridendo amaramente mentre i suoi occhi turchesi finalmente incontrano i miei catturandoli nel loro azzurro mentre le sue parole si imprimono nella mia mente, una per una.
"Non ha detto niente, si è alzato ed è andato in camera mia, mi ha dato una borsa con butta i miei vestiti e la mia chitarra, mi ha detto di andarmene e tornare soltanto quando avrò capito di aver sbagliato e così me ne sono andato" Dice ed io lo guardo preoccupato, è andato via di casa piuttosto che rinunciare a me?
"Luke tu non dovevi farlo" Dico scuotendo la testa e Luke invece di essere distrutto come avrei pensato sorride scuotendo la testa.
"Sì invece, dovevo farlo, dovevo fare tutto ciò per me, dovevo accettarmi per quel che ero e provare a farlo accettare anche agli altri solo così sarei stato in grado di amarti Michael. Per tutto questo tempo mi sono nascosto dietro una persona che non ero io, ho vissuto in un gruppo di persone che non poteva vedere il vero me, però un giorno, dal nulla, un ragazzo con i capelli colorati è sbucato nella mia vita con la pretesa di volermi conoscere, conoscere per davvero, e non so come è riuscito a farmi conoscere me stesso, per davvero" Dice prima di afferrare la mia mano senza paura, prima non lo avrebbe mai fatto, un gesto così piccolo e intimo lo spaventava mentre ora senza paura mi tiene stretta la mano nella sua.
"So che non mi merito il tuo perdono e so che sono uno stronzo, Rebecca mi ha insultato nei peggio modi e il suo pugno era totalmente meritato, però anche se non vorrai perdonarmi io non me ne andrò, per la prima volta nella mia ho capito quale è il mio posto nel mondo, per la prima volta ho capito cosa si prova ad essere felici e so che il mio posto è qui, accanto a te" Dice sorridendomi convinto mentre io sento il mio cuore battere forte, forte come mai aveva fatto prima.
"Puoi mandarmi via, puoi urlarmi contro, puoi anche picchiarmi se vuoi ma ciò non mi allontanerà da te, non compierò mai più lo sbaglio di allontanarti o ferirti, rimarrò sempre con te , lontano se non mi vorrai ma sarò il primo a correre per aiutarti, il primo a difenderti ed il primo su cui potrai contare, perché anche se l'ho capito tardi io ti amo e so che sei la persona più importante della mia vita, non mi importa se questo comporterà vivere da Ashton o Calum nei prossimi mesi o se a scuola rideranno di me, se questo mi permetterà di poterti stringere la mano ogni giorno e stringerti a me allora lo farò, non importa cosa penseranno o faranno gli altri" Dice ed io mi sento mancare il fiato nel sentire quelle due parole, Luke mi ha detto di amarmi, il ragazzo che amo più di me stesso mi ha seriamente detto di ricambiare i miei sentimenti? Forse Rebecca aveva ragione sulla tana ed il leone.
Gli occhi turchesi di Luke mi guardano in attesa si una mia risposta, di un mio movimento, di una mia parola, ma non ho parole per potermi esprimere, non ho risposte giuste, con lui non ci sono mai risposte giuste o sbagliate.
Sorrido incredulo prima di avvicinarmi al suo volto fino a lasciare pochi centimetri di distanza tra le nostre labbra, il ragazzo continua a guardarmi dritto negli occhi ancora spaventato per la mia risposta, ma non ha capito che non potrei mai rifiutarlo.
"Prendimi un'altra volta a pugni e giuro su Dio che non fermerò Rebecca nel caso ti attaccasse" Dico facendolo sorridere ma i nostri sorrisi durano qualche secondo, giusto il tempo necessario per fare unire le nostre labbra in un bacio bisognoso e delicato, un bacio pieno di parole non dette e felicità, un bacio che non ha bisogno di passione per bruciare, un bacio che forse solo noi due capiremo, un bacio con la persona giusta.
"Aw, siete così dolci voi due" Dice una voce roca, assonnata ed impastata accanto a noi, entrambi ci stacchiamo ed io sorrido vedendo mia madre con gli occhi aperti che ci guarda sorridendo debolmente.
"Avete per caso un'aspirina? La mia testa sta esplodendo" Dice facendoci ridere.
E forse Rebecca aveva ragione, se si continua a correre inseguendo i raggi del sole, senza temere i grandi leoni, allora si riesce davvero a vedere il sole all'orizzonte.
Hey Everybody
Applausi, i Muke sono finiti bene, la mamma di Michael sta bene, rebecca è una filosofa, e The Second è quasi finita, solo due capitoli e poi potremmo dirci addio per davvero.
Non mollatemi proprio ora okay?
Ora vado a cena, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo sui miei social, auguro a tutte una buona vita.
Twitter\Snapchat\Ask\Musical.ly rebeccaneedfood
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro