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~5~

L'angelo oscuro era seduto sulla sedia accanto al singolo letto nella stanza, a gambe incrociate e osservando l'umano davanti a sè. Erano passate poche ore da quando Arz era svenuto ma non dava cenno di volersi risvegliare. Rakir all'inzio era terrorizzato dall'idea che fosse morto per infarto ma riuscì a calmarsi quando poggió la mano sul petto dell'umano e notando il cuore pulsare, anche se poco più lentamente. Lo aveva poi preso tra le braccia e portato a letto, osservandolo con insistenza e resistendo alla tentazione di passargli una mano sulla guancia. Si era presto deciso a stare in quel luogo finché non si sarebbe svegliato. Rakir pensó che avrebbe creduto fosse solo un sogno e che sarebbe tornato alla sua normale vita. L'angelo non lo sapeva ma ad Arz faceva comodo la sua apparizione: lo aveva distratto dalla sua "normale" vita.
Rakir scosse le ali indolenzite a causa dello spazio stretto in cui si trovavano, cioè nell'angolo della stanza . Andó involontariamente ad urtare contro la scrivania in legno e fece spargere al suolo altri numerosi fogli. L'angelo notó qualcosa su di essi, dei segni, ma non gli diede molto conto poiché vide Arz riaprire lentamente gli occhi. Le fessure marine andarono a posarsi sull'angelo ma lo sguardo era alquanto indifferente. L'umano lo osservava come se fosse una delle cose più normali del suo mondo. Rakir inclinó la testa, accennando un lieve sorriso.
«Stai bene?»
Arz gli rivolse uno sguardo confuso, i ricordi di quel che era successo poco prima erano sovrapposti l'uno con l'altro, creandogli un leggero mal di testa. Strinse gli occhi e portó un braccio su di essi per coprirli.
«Sì» Rakir a quell'affermazione sorrise lievemente e il suo sguardo ricadde sul braccio ferito dell'umano. Pensó a cosa fosse potuto accadergli e subito scartò subito l'idea che se li fosse fatti da solo: non poteva immaginare come un essere simile ad Aur potesse procurarsi quei tagli di propria spontanea volontà.
«Cosa sei? Non puoi essere davvero un angelo» La domanda scosse l'angelo che dovette battere un paio di volte le palpebre prima di mettere a fuoco la figura di Arz che, intanto, si era messo a sedere sul letto, con la schiena contro il muro. Il suoi occhi spenti lo osservavano come per capire se fosse solo un'immagine prodotta dalla sua mente e Rakir ricambió lo sguardo con difficoltà; la visione di occhi vuoti come quelli voleva dire che era un'anima ormai perduta.
«Secondo te?»
«Un messaggero degli inferi che aspetta la mia imminente morte per portare la mia anima a patire le pene all'Inferno?» La risposta suscitó una lieve risata di Rakir che non riuscì a trattenersi.
«Questa è bella, dove l'hai sentita?»
«Libri. Sinceramente non credo molto alla religione però. Se Dio ha pietà di tutti, perché non ce l'ha per me? Forse perché sono egoista e voglio solo un po' di pace?»
L'angelo abbassó lo sguardo a quelle parole. Anche lui credeva cose simili da demone ma quando riuscì a diventare angelo capì che c'era stata anche la cosiddetta "mano di Dio". In effetti sapeva perché pochi ci credevano: troppe costrizioni e, inoltre, gli umani non avevano alcuna dimostrazione pratica della vita oltre la morte. Una cosa che aveva però notato durante il suo stanziamento sulla Terra era che tutti, o meglio la maggioranza, credeva nell'esistenza dell'Inferno o di un vuoto dove espiare i propri peccati nella solitudine e nel dolore. In poche parole, solo le persone di chiesa credevano nel Paradiso. Non sapeva bene come rispondere.
«Non sei egoista. Non è ancora arrivato il tuo momento di felicità... Più o meno»
Arz a quel punto scattó in piedi, ponendosi davanti all'altro.
«Dopo venti anni non è ancora arrivato il momento? Scherziamo?!» Una lacrima fece zittire il ragazzo che si fermó per asciugarla con violenza per poi passarsi una mano su tutto il volto.
«Lasciamo stare. Non hai ancora risposto alla mia domanda»
«Un angelo oscuro»
«E adesso mi vorresti dire che c'è un posto nei cieli dove svolazzano gli angeli? Non prendermi in giro e togli quelle cose di plastica»
Arz lo guardó acido e furono quegli occhi a far alzare Rakir, che fece prevalere la sua notevole altezza sull'altro e aprendo parzialmente le ali.
«La plastica sarebbe più leggera. Comunque sì, quel posto esiste»
«Esiste il Paradiso, interessante. Allora perché un angelo dovrebbe aiutare proprio me?» Il suo tono ironico si alzó sempre di più, risuonando molto acuto, quasi spaventato e continuó «perché un essere sacro dovrebbe stare qui, vicino ad uno che alla religione non crede, che ha commesso peccati su peccati...»
«Ti ho solo trovato. Adesso voglio aiutarti» Rakir si bloccó sull'ultima parola, sillabandola per farla capire. Ogni volta che lo guardava sentiva una fitta in prossimità del cuore. Quell'essere umano non gli riportava alla mente solo bei ricordi dell'angelo che aveva imparato ad amare. Voleva aiutarlo perché sentiva di doversi riscattare visto che non aveva sofferto. Il suo essere egoistico da demone prendeva il sopravvento nei momenti sbagliati e Rakir provava forti rimorsi per quello che faceva, governato da quel sentimento che doveva imparare a controllare.
«Te l'ho detto... Credo. Avrei accettato il tuo aiuto tempo fa. Cerca qualcun'altro, ci sono miliardi di persone lì fuori»
L'angelo solo in quel momento pensó agli angeli custodi. Tutti li possedevano ma le eccezioni, coloro nati con il tocco di un demone, avevano un animo oscuro che avrebbe allontanato qualsiasi angelo. Arz peró non aveva quello scudo "anti-angeli" ma il suo animo era bloccato, come quando si aveva un custode che non lo accudiva. Rakir pensó che fosse per quel motivo che il ragazzo stesse sopportando quelle pesanti angherie. Allora sospiró e riprese.
«Invece qual è il tuo nome?»
«Arz»
Rakir ripetè mentalmente quel nome numerose volte, cercando di trovare un qualsiasi collegamento ad un pezzo della storia angelica. Tutto fu inutile. Si sentiva un idiota a non aver voluto studiare tutto il passato del Paradiso.
Si avvicinó alla finestra, poggiandosi su di essa con la testa e guardando il cielo che si era improvvisamente riempito di nuvole grigie. Restó così per poco, finché non riuscì a ricordare un sogno. Era relativamente vecchio ma lo fece la prima volta che vide Aur: sognó se stesso con accanto un umano con in mano un'arma angelica.
Arz era ancora in piedi, impalato a guardare la schiena alata di quell'angelo corvino. All'improvviso si era allontanato e il ragazzo voleva sapere il perché ma stette al suo posto, capendo che con lui nessuno sarebbe rimasto. Sospiró e si trovó completamente impreparato alla massa nera che gli si precipitó addosso, facendolo cadere e bloccandolo sul pavimento. Arz si divincoló violentemente, scalciando per non essere completamente schiacciato da quell'angelo che risultava molto più pesante di quello che sembrava.
Rakir non si rese conto neanche conto di trovarsi su di lui ma era stato una scarica di adrenalina a guidarlo. Improvvisamente i suoi occhi incontrarono quei fondali azzurri che appartenevano all'umano e solo allora si rese conto della situazione.
«Adesso ti sposti?!» Arz sostenne quei pozzi neri con uno sguardo irritato.
«Aspetta, devi rispondere prima a questa domanda»
«Dipende»
«Hai mai fatto dei sogni... Strani? Ma strani davvero eh»
L'umano poggió la testa sul pavimento guardando il soffitto sovrastante. Cercó di ricordare ma in tutta la sua vita non aveva mai sognato. Non gli era mai capitato o meglio, non ricordava di averne mai fatti. Sospiró e rivolse un nuovo sguardo all'angelo che gli si era inaspettatamente avvicinato al viso senza neanche rendersene conto.
«Niente, mai sognato. Contento?»
«Adesso, per la tua felicità, me ne andró»
Rakir usó un tono ironico ma la delusione traspariva apertamente. Aveva avuto la minima speranza che avesse sognato, qualche volta, o lui o il Paradiso. Nulla. L'unica cosa fuori dal normale era il fatto che non sognasse ma, d'altronde, gli umani erano strani.
L'angelo sospiró e andó ad aprire la finestra, scuotendo le ali come per svegliarle dal torpore.
«Non tornerai più?»
Rakir fece un piccolo salto, colti completamente di sorpresa dalla domanda. Abbassó lo sguardo e si sedette sul davanzale della finestra, pronto per saltare via. Non sapeva cosa rispondere, il periodo sulla Terra stava per terminare e non aveva fatto nulla. Arz, agli occhi di Rakir, era già un'anima perduta e trovava inutile salvarlo. D'altra parte poteva sempre aiutarlo... Come già gli aveva detto.
«Forse sì» A quel punto balzó via, verso il cielo che preannunciava un grosso temporale. Arz si sentiva meglio, era riuscito a fargli quella domanda ed era rimasto anche leggermente soddisfatto non ricevendo un secco no. Una parte di lui però lo avrebbe preferito, con quel "forse sì" gli aveva dato anche delle false e dolorose speranze.

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