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L'angelo dalle grandi ali nero pece stava sorvolando per l'ennesima volta quella città che, ai suoi occhi, risultava incredibilmente noiosa. Ogni tanto gli scappava qualche sbadiglio dovuto anche alla mancanza di riposo. Non poteva però ritirarsi, quella missione gli era stata imposta dal nuovo Rappresentante per testare le sue capacità. Trovava strano essere mandato sulla Terra tre mesi dopo la trasformazione e non subito. In effetti poco importava, doveva semplicemente fare il suo lavoro ovvero trovare un umano sulla strada oscura e riportarlo sulla retta via. Per un ex demone come lui era un pó strano aiutare ma doveva continuare per l'angelo che si era sacrificato per lui. Ogni giorno, da quando era morto, Rakir pensava a lui. Non poteva dimenticarlo in alcun modo: gli aveva cambiato la vita nel migliore dei modi. Portava come ricordo le sue ali, anche se tinte di una tonalità piuttosto scura, e il suo amore che, nonostante il tempo passato, era ancora più forte di prima. Anche volendo non sarebbe mai riuscito a dimenticarlo e il fratello Mikael, il nuovo Rappresentante, non faceva altro che ricordarglielo vista la loro somiglianza.
Rakir sorvoló dei negozi con delle insegne particolarmente luminose e stravaganti che lo accecarono per un attimo. Si fermò in aria, battendo le ali per non cadere al suolo e strofinó le proprie mani contro gli occhi per poi battere le palpebre velocemente. Stava seriamente cominciando ad odiare quel posto.
Sospiró e si guardó attorno, era sceso molto in basso, tra alti palazzi grigi e oscuri. In un certo senso si sentiva a suo agio, aveva sempre vissuto con il buio, ma allo stesso tempo non voleva restarci. L'oscurità del mondo umano gli dava strane sensazioni, dal primo momento che ci era capitato dentro aveva capito che non era normale.
L'angelo oscuro continuò però a volare tra i palazzi, voleva incontrare qualche umano e si sentì quasi fortunato ad essere stato abbagliato da quelle forti luci. Grazie a quello aveva capito che dall'alto non sarebbe riuscito a trovare nessuno poiché la sua vista non era uguale a quella di un falco.
Improvvisamente si bloccò, sentendo delle voci vicine provenire da un vicolo. Si avvicinò lentamente e riuscì a distinguere le voci che sembravano maschili e delle risate. Rakir lo trovò strano visto che sapeva che gli umani di notte dormivano così, incuriosito, arrivò al punto dal quale provenivano le risate e si mise dietro un bidone maleodorante. Mise una mano davanti al naso poiché l'odore era insopportabile e si nascose meglio anche se gli umani non potevano vederlo.
Lo spettacolo non era dei migliori. Tre ragazzi, molto alti e con un cappuccio a coprirgli il viso, erano attorno ad una figura leggermente più bassa di cui Rakir non seppe distinguere i tratti. I ragazzi parlavano, anzi urlavano, parole quasi incomprensibili ma qualcosa lo riuscì a distinguere. Capì subito che gli volevano fare qualcosa di peggio oltre violenza verbale.
Uno dei tre prese il più basso per il cappuccio, cominciandolo a strattonare finchè questo non si ritrovò a terra, in ginocchio e con la testa china a guardare il suolo con i capelli a coprirgli il volto. Rakir, sapendo che non poteva fare nulla, prese lo stesso la spada e si preparò per scattare.
Quello che sembrava il capo dei tre portó le mani verso i propri pantaloni mentre un secondo prendeva la testa della vittima alzandola verso il capo. I tre ridevano con le loro voci ripugnanti che risuonarono in tutta la stradina.
L'angelo oscuro di guardó attorno nella speranza di vedere qualcuno che andesse in soccorso del ragazzo. In effetti qualcuno c'era: dei tizi loschi, sicuramente poco raccomandabili che erano seduti sulle proprie moto a bere.
Rakir non li aveva notati prima e in quel momento crebbe una forte rabbia in lui. Non riusciva a capacitarsi che nessuno soccoresse quel giovane vittima di tre maniaci. Capiva perché tutti, sia angeli che demoni, odiavano gli umani. Creature con un'anima più oscura di quella dei demoni che pensavano solo a se stessi ignari del fatto di risultare ridicoli e disgustosi.
L'angelo si voltò nuovamente verso di altri quattro e la scena non era cambiata. Il ragazzo era sempre fermo, immobile, che cercava di prendere più aria possibile poiché era quasi strozzato dalla sua stessa felpa. D'un tratto peró strinse i pugni e riuscì ad alzarsi, facendo cadere il capo con una spallata e si voltò verso gli altri due che intanto gli furono subito addosso. Cominciarono a dargli violenti pugni su tutto il corpo e quello bastó per far scattare Rakir verso di loro brandendo la spada in una mano. Con un urlo la scaglió contro i due e all'inizio non sembrò che non fosse successonnulla ma i due non si muovevano più. Poco dopo si accasciarono l'uno sull'altro, con un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca. Il loro capo era ancora a terra appoggiato ad un muro, apparentemente svenuto. Non era compito di un angelo giustiziare gli esseri umani ma in quel caso fu davvero costretto. Si voltó poi lentamente verso il ragazzo.
Questo era in piedi, con la schiena appoggiata al muro e la testa bassa. Il suo corpo era scosso da violenti tremori e i suoi vestiti erano logori, coperti di sporcizia e sangue.
Rakir provò pena per lui, ma non aveva modo di interagire. Rifoderó la spada e notó sulle braccia del ragazzo dei segni, simili a tagli. Eppure non ricordava che i tre fossero armati.
Il ragazzo lentamente alzó la testa e barcollò verso una parte più illuminata del vicolo. Rakir allora potè guardarlo meglio. Aveva degli scompigliati capelli castano scuro che gli ricadevano sul volto dai tratti molto delicati. Rakir lo guardó meglio per scorgere di più di quel volto ma nulla. La sua vicinanza gli dava quasi un senso di calma e... familiarità.
La quiete creata fu interrotta da dei forti rumori che si avvicinavano. Rakir si guardò attorno e sentì il ragazzo mormorare a denti stretti.
«La polizia» Strinse nuovamente i pugni e cominciò a correre verso il lato opposto del vicolo, cercando probabilmente di allontanarsi da quella che lui chiamava polizia, pensò Rakir.
Allora l'angelo cominciò a seguirlo in volo, rimanendo ad una distanza di sicurezza. Il ragazzo corse a lungo nonostante le ferite dalle quali fuoriusciva ancora del sangue e si fermó solo dopo essersi allontanato abbastanza dal vicolo in cui era stato preso di mira. Si fermó e guardó in alto e a quel punto anche Rakir fermó il suo volo proprio sopra l'altro e guardó nella sua stessa direzione. L'angelo non riusciva a capire cosa stesse guardando allora rispostó lo sguardo sul volto del ragazzo, notandolo ancora parzialmente oscurato ma sapeva che stava guardando verso di lui.
Dall'altra parte, il ragazzo che cercava disperatamente la strada per ritornare al suo appartamento mal messo fu costretto a bloccarsi sul posto. Riuscì a vedere una figura invisibile su di lui di cui riuscì a distinguere solo i bordi tremolanti. Riprese fiato e aguzzó la vista ma facendo questo non la vide più. Portó le mani tra i capelli folti, massaggiandosi la testa e ripetendo con tono basso a se stesso.
«Pazzo, adesso vedi anche i fantasmi?»
Rakir lo ascoltava mentre si era nascosto dietro un muretto. Guardava incuriosito quell'umano che parlava da solo. Inoltre era sicuro che lo avesse visto ma non sapeva come ciò fosse possibile. Tutti ripetevano continuamente che gli umani erano troppo accecati dal peccato per vedere gli angeli, specialmente i giovani. Era diverso e fu anche per quello che Rakir decise di seguirlo. Il ragazzo però si voltò verso una scala antincendio di un edificio e con un notevole sforzo vi si arrampicò, arrivando ad una finestra che aprì facilmente. Durante la salita il cappuccio si abbassò, scoprendogli totalmente il viso ma non sembrò curarsene. Dopo essere entrato si sporse dalla finestra da cui era entrato e fissó proprio il muretto dove l'angelo era nascosto, senza un motivo preciso visto che era solo un muro ai suoi occhi.
Rakir, guardandolo, non potè fare a meno di sgranare gli occhi tenendo la bocca semiaperta. Balzó sul muro che lo copriva e guardó gli occhi del ragazzo. I loro blu era impossibile da trovare da altre parti, unico nel suo genere, e Rakir aveva trovato solo una persona con quegli occhi. Inoltre tutto il volto glielo ricordava. La sua espressione stanca ma allo stesso tempo forte gli ricordava il momento della sua morte. Quel ricordo gli era fin troppo caro, quando lo aveva stretto per la prima volta consapevole dei propri sentimenti.
L'angelo strinse i denti per ricacciare le lacrime indietro e strofinó le mani contro i propri occhi. Un umano uguale a lui poteva essere soltanto un caso e Rakir lo sapeva ma una parte di lui capì che era meglio riflettere sul da farsi poiché nessuno poteva somigliarsi in quel modo. Aveva una grande voglia di saltargli al collo e stringere tra le proprie braccia quel ragazzo così uguale ad Aur, fregandosene della possibilità che potesse essere totalmente un'altra persona. L'unica cosa che lo fermó era la quasi consapevolezza di non poter essere visto e di non poterlo toccare.
L'angelo oscuro quindi si ritrovò nuovamente a dover prendere due decisioni: tornare nel Paradiso e far finta di nulla o indagare su quell'umano.

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