The brothel
Russell
«Colt, che fai, batti la fiacca? Guarda che se ti fermi un'altra volta lo riferirò al tesoriere e puoi scordarti la paga, a fine settimana!» ruggì King, arrivandomi alle spalle proprio mentre appoggiavo il piccone a terra.
Si era tenuto alla larga per quasi quindici giorni, ma vedendo che non lo avevo cercato si era fatto più baldanzoso e sicuro di sé: in realtà io ricordavo bene lo scempio che aveva compiuto sulla schiena di Namid e solo il pensiero che avesse toccato la mia donna mi faceva andare il sangue al cervello come un orso infuriato!
Ma, memore della profezia di Chuchip, avevo imparato a riconoscere i momenti di tregua: lo spettro della strage dei Cheyenne era ancora troppo vicino e la mia posizione al campo troppo debole perché io potessi permettermi un colpo di testa come affrontare Bernard King alla luce del sole.
Perciò mi limitai a lanciargli un'occhiata di puro odio per zittirlo e ripresi a lavorare: il sudore si raffreddava velocemente a contatto con il vento che spazzava il campo quel giorno e sperai di non prendermi un malanno. Le condizioni del terreno, sempre più accidentato, mi preoccupavano: presto saremmo arrivati ai piedi delle montagne e per allora saremmo stati in pieno inverno.
"Sarà impossibile lavorare coi picconi con la neve che cadrà, per non parlare delle rocce fastidiose che incontriamo!" ragionai, incaponendomi proprio su uno spuntone tenacemente infossato nella terra. "Dovranno usare la polvere!"
Rabbrividii, ricordando il dolore che mi aveva attraversato da parte a parte quando quel coglione inesperto, pace all'anima sua, mi aveva fatto saltare in aria: iniziavo a pensare che fosse stato un avvertimento, un presentimento dei guai che avrei dovuto affrontare dopo. Comunque, se si fosse arrivati al punto di dover far saltare il terreno per scavare le gallerie, mi sarei assicurato che Namid e Ayasha non lasciassero per nessun motivo la tenda.
Abraham lavorava al mio fianco ma nessuno di noi due aveva accennato alla scena del bosco, anzi: erano due giorni che ci parlavamo a malapena. Forse avrei dovuto sconsigliargli quella relazione, dicendogli che non gli avrebbe portato nulla di buono, ma avevo visto e riconosciuto la luce sui loro volti: era la stessa che animava me e Namid e se mi avessero detto che non potevo averla avrei sfidato il mondo intero pur di dimostrare il contrario.
"Veramente lo hai già fatto..." mi corresse una voce nella mia mente.
Durante la pausa decisi che il momento giusto per parlarne non sarebbe mai arrivato, perciò presi Abe da parte e lo fissai negli occhi molto seriamente:
«Tu sei pazzo!» sentenziai.
«Lo stesso dicono di te!»
«La situazione tra me e Namid è totalmente diversa e lo sai: lei è indiana e
io... Beh, provassero ad avvicinarsi e assaggeranno la mia pistola! Ma tu sei un nero, Abraham, un ex-schiavo, alcuni ai piani alti non ti considerano neanche un uomo, lo sai sì?»
Abraham non abbassò lo sguardo, consapevole sia del colore della sua pelle, sia di ciò che aveva passato in virtù di esso:
«Lo so.»
«Bene. Lei, invece, è una donna bianca. Una prostituta, certo, ma pensi che questo importerà a qualcuno se la vostra storia esce fuori? Ti uccideranno, Abe, forse linceranno anche lei e questa... Questa è una follia, cazzo! Un'assurda follia!»
Abraham sospirò e per un attimo sembrò accartocciarsi su se stesso, schiacciato da quel peso; ma l'istante dopo era lo stesso di sempre, una montagna incrollabile.
«Ti giuro che non me la sono andata a cercare, Russell. Lo sai che quelle povere ragazze mi fanno pena e non ne ho mai sfiorata una neanche con un dito... Ma del resto, chi si sarebbe lasciata mai toccare da uno sporco negro? Però, a forza di accompagnare Chuck, Eric e gli altri quelle hanno iniziato a riconoscermi e a scambiare due parole con me tra un cliente e l'altro. Rachel si è avvicinata per curiosità, voleva capire come mai fossi sempre così gentile con le sue ragazze... Ed è successo. Non so quando, non so come, so solo che mi sono ritrovato a sognare il suo corpo ogni notte, vedevo boccoli rossi dietro ogni angolo e quando mi addormentavo avevo davanti i suoi occhi che mi ammiccavano divertiti! Stavo impazzendo!
Poi tu sei sparito sulle tracce di Namid e Dodge mi ha fatto una lavata di capo coi fiocchi davanti a mezzo campo, urlando come un ossesso e picchiandomi in preda alla rabbia. Quando si è chiuso a telegrafare con Washington per decidere cosa fare, lei è stata l'unica ad avvicinarsi per darmi una mano. Ha poggiato le sue dite fresche sulla mia guancia, mi ha accompagnato al bordello e mi ha tamponato le ferite con acqua fresca... Ero in paradiso.»
«E immagino che da quel momento sia stata solo una corsa verso l'inevitabile!» mormorai, sentendomi lievemente in colpa per quello che era successo al mio amico.
«Sì. Nessuno di noi due ci ha potuto fare nulla, ma stiamo molto attenti a non farci scoprire: cambiamo sempre posto e orario. Stai tranquillo, amico mio: è una cosa che posso gestire da solo.»
Il fischio seccato di Lee ci fece capire che era ora di riprendere il lavoro, ma prima di riprendere in mano il piccone sospirai:
«Se c'è una cosa che ho capito in questi ultimi mesi, è che con le donne i casini sono così grandi e complicati che non potrai mai riuscire a gestirli da solo.»
Namid
Annabeth si fermò in mezzo alla strada: aveva il viso pallido, gli occhi sbarrati e le labbra tremanti.
«Mi dispiace, non ce la faccio!»mormorò con un filo di voce, lanciando occhiate spaventate a destra e a sinistra.
Probabilmente temeva di incontrare suo padre. Io sbuffai ed incrociai le braccia al petto, Ayasha si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Non avevo creduto alle mie orecchie, quando mi aveva chiesto se poteva accompagnarci: non aveva mai mostrato segni d'interesse per un bianco, prima di allora, ma Annabeth sembrava riscuotere le sue simpatie.
Visto che l'unico linguaggio con cui riuscivano a comprendersi era quello dei segni, la mia amica scosse leggermente la figlia del pastore per le spalle, prima di tirarla con convinzione verso l'entrata del bordello, dove alcune prostitute ci scrutavano curiose e divertite.
«Questa non è una buona idea...» pigolò ancora la ragazza bianca, ma nessuna di noi due le prestò attenzione.
Mi rivolsi ad una donna grassa e sfatta che stava fumando un sigaro:
«Cerchiamo la signora Rachel.»
La prostituta mi soffiò in faccia del fumo scuro che mi fece tossire, prima di gracchiare:
«Non so di chi stai parlando, indiana, e a meno che tu e le tue compari non vogliate divertirvi un po' come noi, andatevene!»
«Ehi, Jane, ma le hai viste bene in faccia?» intervenne un'altra, interessata.
«Guarda, guarda se questa non è la figlia di Padre Andrew!»esclamò una terza, mostrando la dentatura ancora miracolosamente bianca sotto le labbra avvizzite. «Cosa ci fai qui, colombella?»
«Va bene ragazze, lo scherzo è finito. Fuori dai piedi!»
La voce autoritaria di Rachel si impose sulle altre e bastò un'altra occhiata severa perché le prostitute sparissero brontolando dietro le tende che separavano i loro cubicoli.
Rachel uscì alla luce del sole, strizzando gli occhi ed osservandoci con curiosità:
«Non credevo che avresti accettato il mio invito, dolcezza!»mi disse, ridacchiando. «Non pensavo che avresti davvero avuto bisogno d'aiuto con quello stallone di Colt!»
Arrossii davanti a quell'insinuazione neanche troppo velata, ma non mi persi d'animo:
«Non sono io ad aver bisogno di un consiglio, infatti!»
Gli occhi verdi di Rachel si spostarono su Annabeth — che quasi cercò di sparire dentro la stretta ferrea ma gentile di Ayasha — e la sua espressione mutò:
«Forza, venite sul retro, prima che padre Andrew ci veda!»
Una volta sistemate al riparo da occhi indiscreti sul lato nascosto della baracca, Rachel, Ayasha ed io ci sedemmo sull'erba; l'unica a rimanere in piedi, rigida ed immobile come un palo, fu Annabeth. Prima che io o lei potessimo parlare, Ayasha alzò una mano per richiamare la mia attenzione e mi chiese, in lingua Cheyenne:
«Chiedile perché gli uomini vengono a fare l'amore con le sue donne, sporche, vecchie e per nulla desiderabili... Che piacere c'è in questo?»
Quando le riferii la domanda della mia amica, Rachel alzò le sopracciglia, come se non si fosse mai posta quel problema:
«Gli uomini sono degli animali e quelli che girano al campo lo sono più di tutti gli altri! Se le mie ragazze sono le uniche disposte ad aprire le gambe davanti a loro nel raggio di centinaia di miglia, beh.... Nessuno ci va troppo per il sottile. Allora, qual è il problema di questa graziosa e puritana fanciulla?»
Annabeth sobbalzò, poi iniziò a balbettare:
«Ecco, nessuna di noi ha grande esperienza di uomini... Voglio dire, Ayasha aveva un marito ma era un indiano e Namid... Beh, Colt non assomiglia per nulla a... A ciò di cui vi volevo parlare e voi... Voi siete così esperta...»
Fu interrotta dalla risata squillante della prostituta, che però finì in un attacco di tosse che le scosse il petto e la fece piegare in due.
«Tutto bene?» chiesi preoccupata, chinandomi verso di lei.
Rachel fece un gesto vago con la mano:
«Solo un po' di tosse e d'affanno: quest'inverno sembra più rigido degli altri e io non sono più una ragazzina come voi, purtroppo! E tu, smettila di darmi del voi, per favore! Non l'ha mai fatto nessuno e non ne vedo la ragione! Namid, spiegami tu cosa c'è che non va, altrimenti non ne verremo a capo prima del tramonto.»
Le spiegai brevemente dell'amore di Annabeth per Kasper Nowak, il taciturno polacco che lavorava con Colt, un sentimento reso ancora più difficile da esternare a causa delle loro diverse religioni. Avevo impiegato diverso tempo per capire cosa significasse essere cattolici e perché fosse una vergogna così grande per Annabeth essersi innamorata di uno di loro: ancora non comprendevo appieno il significato della "scissione" tra due religioni che predicavano la stessa cosa, ma mi ero arresa al fatto che cattolici e protestanti convivessero forzatamente disprezzandosi a vicenda.
«Non capisco perché vi siete rivolte a me: io non so nulla di credo, di preghiere e di battesimi vari! Sono una prostituta, diamine, per convertire il polacco cercatevi un prete!»
Ayasha scosse la testa, sorridendo: evidentemente aveva capito il succo della discussione.
«Spiegale cosa ti era venuto in mente, Namid!» ridacchiò e io sorrisi. Era bello vedere che la mia amica stava uscendo dall'apatia in cui si era confinata grazie alle pene d'amore di Annabeth: potevo quasi sentire i suoi pensieri che dicevano "per il Grande Spirito, piccola, vai a prenderti quest'uomo!"
Ma ovviamente non avrebbe mai interagito con i bianchi, neanche con le donne che ci affiancavano.
«Rachel, siamo qui perché ci serve la tua esperienza per capire se Nowak può essere interessato ad Annabeth o meno... Tutto qui.»
La donna parve riflettere, poi si rivolse direttamente alla ragazza:
«Lo incontri spesso?»
«Ogni tanto, in giro... Non si fa mai vedere alla chiesa, ovviamente, come gli irlandesi, ma a volte l'ho incontrato vicino alla cisterna dell'acqua.»
«E vi siete mai parlati?»
Annabeth arrossì:
«No, ovviamente! Non ci siamo mai presentati... Però quando mi vede mi fa sempre un cenno rispettoso col capo!»
Rachel sospirò, ma sorrideva:
«C'è tanto lavoro da fare, qui! Oh, indiana, non sai che favore mi hai fatto venendo da me: erano anni che non mi capitava qualcosa di così divertente tra le mani!»
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