Capitolo 9
The Name Of The Game
In linea con il terzo piano del castello, situato vicino al ponte di legno, il Cortile dell'Orologio pullulava di studenti che, grazie a ore libere e alla temperatura più ragionevole che Febbraio regalava, riuscivano a prendere boccate d'aria permettendosi momenti di risate e svago, spezzando la tensione giornaliera tra una lezione e l'altra. Le chiacchiere coprivano i rumori della natura e i passi svelti di chi correva lungo il portico si facevano spazio per qualche momento. Le urla di chi aveva subìto uno spavento sopraggiungevano d'improvviso, fino a creare delle risate divertite e raccogliendo con sé altri partecipanti. Al centro del chiostro si trovava una fontana con quattro statue di aquile e lì, seduto sul mezzo muretto, c'era George Weasley in attesa del fratello. Le braccia erano incrociate e le gambe lunghe distese, lo sguardo fisso verso le proprie scarpe dove i ciuffi di erba spuntavano timidamente al confine con i mattoni. Fu il cinguettio di alcuni uccellini che richiamarono l'attenzione del ragazzo e gli fece alzare il viso, notando il piccolo stormo librarsi nel cielo azzurro chiaro. Ma la loro destinazione non sarebbe stata oltre il castello e, anziché volare più in là, parvero trovare più comodo uno dei rami dell'albero di pere che cresceva poco più lontano. Gli occhi castani del rosso li seguirono e notarono in quel momento una figura intenta a riordinare pergamene sparse. Anne era seduta sola sul muretto del porticato e in un braccio sorreggeva un libro con diversi fogli, mentre con l'altra mano rovistava con insistenza all'interno della borsa, sembrando quasi volerci entrare dentro. Per un momento la trovò buffa, tanto da fargli spuntare un sorriso divertito sulle labbra malgrado durò poco.
«Perché non vai a parlarci?»
La voce del fratello, Fred, proveniva dalle proprie spalle e neanche lo sorprese, limitandosi a scrollare le spalle in risposta come se la cosa non lo sfiorasse.
«Ma è sola, perché non cogli la palla al balzo?!»
Anche senza vederlo, immaginava Fred con le sopracciglia corrugate e una mano alzata a mezz'aria. Per quanto lui tentasse di spronarlo, George al momento preferiva starsene così. Nonostante non capisse la ragione di partenza e il perché di quei sentimenti, la sua era una semplice cottarella presa alla sprovvista e, come tutte le cottarelle adolescenziali, prima o poi sarebbe passata.
Stava solo attendendo la fine in silenzio.
«Sto bene così, non vorrei disturbarla casomai Ethan volesse baciarla davanti a tutti.»
La smorfia disgustata che fece provocò una risata sottile a Fred, per quanto in verità fosse esasperato per il comportamento del gemello.
«Ancora questa storia? Ma sicuro che si siano baciati?»
«Chi ha baciato chi?»
La voce di Lee arrivò come un fulmine a ciel sereno, improvvisa e curiosa, mentre spuntava davanti ai due amici con un sorriso divertito.
Fred e George però si guardarono velocemente senza saper cosa dire e il volto pallido dell'ultimo lo tradì per un attimo, quando Lee lo batté sul colpo parlando per primo.
«Andiamo ragazzi... non pensavo ci fossero dei segreti di questo tipo.»
Lee parlò sconsolato e anche un po' scoraggiato. Per quanto il sorriso di sbieco cercasse di mostrare dell'ironia in quelle parole, da giorni quei due si comportavano in modo strano e, a esser onesti, non teneva particolarmente a continuare in quella maniera.
«George dice di aver visto Ethan e Anne baciarsi in corridoio, qualche giorno fa.»
George saettò con gli occhi verso Fred per fulminarlo, quando la reazione di Lee lo stupì parecchio e gli fece alzare le sopracciglia.
«Ma che stai dicendo?» sbuffò una risata il moro.
Lee parve divertito da quel pettegolezzo e per George avere qualcun altro che non gli credeva, fu come ricevere una sorta di scappellotto dietro la nuca. Eppure il discorso dell'amico che seguì lo lasciò un attimo basito, ascoltando parola per parola.
«Conosco Anne da abbastanza per dire che non è la ragazza che fa certe cose. Anzi, dovrebbe darsi una svegliata.»
Tutti e tre i pettegoli si voltarono per vedere la giovane ragazza intenta a leggere un libro, la schiena poggiata sulla colonna e il mondo che la circondava come se non la toccasse affatto. La sciarpa dei Tassorosso le avvolgeva il collo e nascondeva metà del viso, lasciando scoperti soltanto il naso dritto e morbido e gli occhi verdi incorniciati dalla montatura ovale che indossava.
«Anne e Ethan non sono così intimi. Puoi credermi.»
E con questa frase, Lee diede una pacca sul braccio di George con un piccolo sorriso incoraggiante. Per quanto il rosso in verità ne dovesse esser contento, al momento lo lasciò disperso. Fred richiamò l'attenzione di entrambi e indicò Ethan Roberts mentre camminava davanti ad Anne senza nemmeno degnarla di uno sguardo, le sue pupille erano già concentrate su altro obiettivo e non troppo lontano dalla bionda: un gruppo di ragazze di Beauxbatons.
Anne, al contempo, nemmeno alzò gli occhi al passaggio del moro.
«Visto? Non si guardano nemmeno... e poi sai cosa dicono di Ethan.» confermò Lee.
Cercò di rassicurare George con un lieve sorriso e si domandò se fosse servito a qualcosa, a farlo stare un po' più sereno o, almeno, a rendere quella prospettiva differente dai suoi occhi, occhi che, per un momento, sembravano riflettere su qualcosa.
«Certo... è anche per quello che ero preoccupato per tua sorella, che credi? Ora possiamo andare?»
George scrollò le spalle e cercò di essere il più ovvio possibile nascondendo il tono stizzito, seppur il risultato non fu altro che due paia di occhi che lo guardarono in maniera perplessa mentre voltava le spalle e si allontanava.
«Sai, ho pensato di dare una mano a Potter con l'indizio dell'Uovo.»
La voce di Cedric tagliò il silenzio della notte che abitava i corridoi del castello durante la ronda. Anne voltò il viso verso di lui e sorrise contenta, alzando le sopracciglia.
«Davvero l'hai fatto?»
«Certo. Ho pensato fosse giusto farlo dopo che mi ha aiutato con la prima prova.»
«Sarebbe anche carino se quelle poche spille che indossano gli studenti per schifarlo sparissero dalla circolazione.» aggiunse Anne.
«Ci ho provato! Ma alcuni non vogliono ascoltarmi, dovresti provarci tu.»
«Così posso passare per la cattiva che toglie il divertimento?»
«No, ma sono sicuro che ti darebbero più retta.»
Anne non ne fu totalmente convinta. Se soltanto una volta si era azzardata a difendere Potter per quello stupido torneo, cosa sarebbe successo se avesse tolto anche quel loro divertimento?
La ragazza non rispose a Cedric e preferì seguirlo nei corridoi verso il settimo piano in silenzio, gustarsi il rumore dei passi quieti nella pietra e il clima fresco e piacevole. La compagnia al proprio fianco dava un non-so-che di benessere e, per quanto lei non sembrasse molto in vena di parlare, il silenzio alle volte rendeva l'atmosfera ancora più perfetta.
«Sei molto silenziosa stasera.»
La pace durò anche poco, pensò.
«Sono molto stanca, Cedric... mi dispiace.»
«Certo. Come se non ti conoscessi.»
Lui aveva uno sguardo amorevole, fraterno, ma quella non era la sera adatta per parlare di sentimenti, pensieri o chissà quale altra sciocchezza. Sapeva anche cosa sarebbe successo da lì a poco: Cedric avrebbe insistito quel tanto che bastava per tirarle fuori dalle labbra parole che avrebbe preferito non dire, frasi che era meglio tenere in qualche angolo nascosto della mente, in un cassetto dell'armadio con tanto di lucchetto e di cui la chiave era stata nascosta.
«Ci dividiamo? Così riusciamo a fare prima.» saltò su Anne, prima che il ragazzo parlasse.
Lui le rivolse uno sguardo sorpreso e annuì tentennando alla sua richiesta.
In tutta onestà, Anne si sentì in colpa una manciata di minuti dopo che si furono separati per aver preso quella decisione e, piuttosto che finire in una discussione esasperante, preferì darsi alla fuga come era solita fare. Voleva bene a Cedric, davvero molto, e lui ne voleva altrettanto alla bionda seppur non capisse quando era momento di parlare e quando no. Quel ragazzo teneva così tanto alle persone a lui care che le avrebbe fatte snervare pur di farsi dire cosa ci fosse che non andava. Aveva anche un sesto senso per le menzogne che faceva irritare, per non parlare della sua calma nell'affrontare i discorsi. Abituata a questo suo comportamento, Anne giocava in anticipo quando percepiva l'istinto da "crocerossina" di Cedric lampeggiare come le sirene di un'ambulanza.
Cosa avrebbe dovuto dire, in ogni caso? La voglia di fare cose era al minimo, lo studio la stancava parecchio e quella nostalgia legata a quel cimelio d'infanzia la buttava a terra. Iniziava a farsi domande su domande, chiedendosi come sarebbe andata se, come sarebbe ora se, includendo in questi quesiti il ricordo di sua madre finita chissà dove. Non era un discorso che affrontava con le amicizie e men che meno con il padre, unica figura con cui avrebbe potuto parlarne e condividere questo sentimento. Si trovava dunque in una landa disperata fatta di ipotetici ricordi, questioni irrisolte e dubbi che non avrebbero mai trovato risposte. Trovava solo vie con cartelli direzionali che la portavano nel mondo di ChissàDove.
Persa. Ecco cosa era. Un'anima persa.
Stava osservando un quadro appeso al muro che rappresentava alcune fanciulle vestite di bianco poggiate su un albero mentre dormivano sonni tranquilli; il prato verde e gli alberi le davano un senso di pace, come le donne con gli occhi chiusi che respiravano ritmicamente in armonia con l'intero universo. Giurò di aver desiderato di essere al posto di una di loro prima di sentire un peso spostarla di qualche passo, un colpo violento come se fosse andata a sbattere al muro.
O il muro fosse andato contro di lei e ora le stava sorreggendo le spalle per tenerla in piedi.
«Oddio, Evans! Non ti avevo visto!»
«Che stai facendo, Fred?»
Anne lo guardava con le sopracciglia aggrottate e il respiro che riprendeva a ritmo regolare dopo esser stato trattenuto per qualche secondo, mentre Fred la guardò come se avesse appena visto un animale strano aggirarsi per il castello. Il suo sguardo cambiò in poco tempo: da occhi grandi che la guardarono con stupore, si assottigliarono con fare ingegnoso, il sorriso che piano piano prendeva il sopravvento.
«Stavo giusto pensando a te, poco fa.»
«Ne sono onorata, ma cosa ci fai in giro a quest'ora?»
«E non mi chiedi perché ti stavo pensando?»
La bionda alzò gli occhi al cielo nel frattempo che il rosso l'aveva afferrata per il polso e la trascinava nella direzione opposta da cui era arrivata.
«Va bene, perché mi stavi pensando? E cosa hai in testa?»
«Ma quante domande che hai questa sera, milady! Devo solo farti vedere una cosa strana che ho visto.»
Il suo sorriso malizioso e gli occhi luccicanti gliela raccontarono poco giusta, ma non fece in tempo a ribattere che il rosso la tirò poco più aumentando il passo, imboccando il corridoio a destra.
«Cos'è che hai visto?»
Senza ricevere risposta, Anne cercò di rimanere al passo di quelle gambe lunghe, aumentando di velocità e sperando di non finire in terra come un salame. Superarono l'Aula di Aritmanzia percorrendo la strada semi-buia in un silenzio che regnava, il parlottare di sottofondo di qualche quadro che sorpassavano senza dargli retta, seppur qualcuno cercasse di richiamare l'attenzione dei due ragazzi con un sonoro «Ehi! Voi!». Una porticina incastonata in un imbocco si rivelò esser la destinazione e, non appena Anne la riconobbe, cercò di fermarsi piantando i piedi a terra e la mano libera sul muro.
«C'è qualcosa di strano nel bagno dei maschi? Stai scherzando?!»
Fred si voltò dopo essersi fermato davanti alla porta, sorridendo divertito a quella reazione stravolta.
«Non lo utilizza più nessuno, stai tranquilla.»
E così dicendo, aprì la porta rivelando i bagni maschili del Settimo Piano. Dei lavandini erano incastonati lungo il muro in semi-cerchio nella parte destra, con tanto di specchio sopra i lavabo. Nella parte sinistra, invece, si potevano trovare delle cabine sanitarie. Il tutto colorato di grigio scuro, confondendosi con le piastrelle della stessa tonalità e donando così un clima buio e freddo, dai toni spenti.
La porta dietro di sé si chiuse silenziosamente e Anne giurò di sentire nell'aria un odore strano, anzi, tanti odori che si mischiavano insieme e sembravano scolpiti nella pietra, penetrati in ogni angolo di quella stanza. In un primo momento le venne in mente l'aula di Pozioni, quando dei passi provenienti dalle cabine si avvicinarono verso l'ingresso del bagno e la bionda rivolse gli occhi in quel punto. George Weasley spuntò affacciandosi dal muro verso il fratello, le maniche arrotolate fino al gomito come se stesse lavorando a qualcosa.
«Hai già fatto, Fred?» chiese con stupore, interrompendo la frase quando vide il gemello in compagnia.
«Oh-- ehi.»
Nonostante la salutò in maniera fredda - forse incapace?, Anne gli rivolse un sorriso facendogli un cenno con la mano e percepì due mani grandi sulle spalle prima ancora di aprire bocca.
«Ho trovato la nostra aiutante. Intanto che vado a prendere un paio di ingredienti, Anne può rimanere qui.»
George lo guardò senza parole e la bocca serrata, osservando il fratello andarsene via di corsa e fargli un occhiolino volante prima di chiudere la porta.
Gliel'avrebbe fatta pagare cara, poteva giurarci.
«Così quello che dicono è vero.»
Anne parlò in tono normale, un sorriso le incurvava leggermente le labbra e si avvicinò titubante al ragazzo che tornò a guardarla con aria indecifrabile.
Da quanto tempo non parlava con quel ragazzo? Quasi due mesi?
«Dipende dalle voci.»
«Che avete una stanza vostra per fare esperimenti.»
«Non lo chiamerei proprio così.»
«E come?»
George attese un attimo prima rispondere, la guardò ferma e immobile, minuta in quella stanza grande e dagli occhi verdi che lo pregavano di avere una conversazione quantomeno decente dopo tanto tempo.
Si allontanò dal muro, le fece cenno di seguirlo e lei obbedì, addentrandosi nella parte di stanza suddivisa dalle cabine igieniche. L'odore si fece più forte e non seppe se esser spaventata o curiosa di quello che poteva esserci dentro ad ogni porta, alzando gli occhi quando il rosso tornò a parlare.
«Questo è il nostro negozio. Qui creiamo e vendiamo la nostra merce.»
Udire George parlare in modo fiero la stupì particolarmente, lasciandola con un sorriso. Gli avambracci scoperti si piegarono per incrociare le braccia al petto, la schiena si poggiò contro il muro con fare rilassato.
«Oh, mi scusi, non sapevo di parlare con uomini d'affari.» disse Anne con aria sarcastica, lasciandosi sfuggire una risata.
George sbuffò divertito, voltandosi verso di lei con tanto di sopracciglia alzate.
«Un giorno lo saremo, sai?»
«E la cosa non mi stupirebbe. Ma in cosa posso aiutarvi?»
Il ragazzo tentennò un momento, preso alla sprovvista, e Anne lo guardò con occhi che cercavano di capire cosa gli stesse passando per la testa, quando un lampo di genio attraversò la testa del rosso e saltò su con tanto di indice a mezz'aria.
«Puoi aiutarmi con questo.»
La ragazza lo seguì con gli occhi andare verso l'ultima cabina e aprirla, le fece segno di raggiungerlo e guardare all'interno. Al posto del gabinetto c'era una piccola serra improvvisata sul pavimento, con rami e foglie verdi che ricoprivano di qualche centimetro anche le pareti. Il fogliame era in continuo movimento e Anne dovette avvicinarsi un po' per cercare di capire cosa fosse anche a causa della poca luce.
«Non mi avvicinerei così tanto, se fossi in te.»
«Dei bulbi balzellanti?! State scherzando?»
«Ci servono per una pozione!»
«Avete messo dei bulbi balzellanti dentro a un gabinetto?!»
«Non sapevamo dove metterli!»
Si creò un momento di silenzio in cui entrambi si guardarono con gli occhi spalancati. Anne si voltò verso la pianta, guardandola meglio e sembrando quasi... spenta. Era più che sicura che quelle foglie avrebbero dovuto muoversi con un più energia e i boccioli essere di un viola più brillante.
«Penso che stia morendo... » sentenziò la bionda.
Tutto quello che il ragazzo rispose fu un piccolo «Ah.», come se non se lo aspettasse, e guardò pensieroso la pianta grattandosi con la mano il mento.
«Posso dargli un po' d'acqua.»
Anne assottigliò gli occhi e fece una smorfia di disapprovazione, scuotendo il capo e avvicinandosi verso il ragazzo. Allungò una mano, ma quello che fece fu prendere lo sportello della cabina e chiuderlo leggermente. Il terreno umido faceva intendere che quella pianta aveva ricevuto fin troppa acqua.
«Facciamo che di questa pianta me ne occupo io, va bene? O non avrete la vostra pozione di...?» si fermò per far continuare il rosso, incuriosita.
«Pozione per trasformare le teste in zucche! Se funzionerà sarà uno dei prodotti per il nostro negozio.»
«Negozio?»
«Certo. Quando usciremo di qui io e Fred apriremo un nostro negozio di scherzi.»
«Effettivamente vi donerebbe molto, trovo che sia un'ottima idea!»
Il tono entusiasta della bionda esprimeva onestà, si poteva percepire da subito la sua curiosità su come sarebbe stata una bottega di quel genere gestita da loro due. Sul volto del ragazzo si mostrò un sorriso compiaciuto dall'idea che quella prospettiva potesse esser gradita da qualcuno, specialmente da una certa testa bionda in particolare.
«È bello sapere che avremo già dei clienti.»
«Puoi scommetterci. Dovrò infastidire Lee una volta finita la scuola.»
«E tu cosa farai?»
Anne si bloccò per un attimo, la mano ancora appoggiata sulla porta della cabina e l'indice che grattò lievemente sulla vernice. Sapere cosa fare una volta uscita dalla scuola era una decisione che ancora non aveva preso in modo chiaro e definitivo, non era una persona che fin dalla tenera età aveva piani per il futuro e men che meno ne aveva all'alba dei diciassette anni.
«Questa è una bella domanda.» sorrise con un lieve imbarazzo, parlando con incertezza «ti direi che mi piacerebbe lavorare nel campo dell'Erbologia, ma ancora ci devo pensare bene.»
Scese un altro silenzio e questa volta fu più denso e tagliente come se i discorsi di riserva fossero già terminati, o come se uno in particolare dovesse venire a galla da un momento all'altro. Si percepiva un'attesa non indifferente, istante in cui i due non si guardarono negli occhi e preferirono osservare senza interesse un punto "x" sul pavimento o sul muro.
«Senti...» iniziò George, spezzando l'attesa come un coltello, «Mi dispiace per quello che è successo al ballo.»
Anne lo guardò dal basso con un lieve stupore e preoccupazione, lasciandosi sfuggire un sorriso a intendere di non preoccuparsi.
«È tutto okay, non ti devi preoccupare. Sono cose che... capitano. Non era serata e può succedere di rivolgersi male.»
Vederlo dispiaciuto con quelle sopracciglia incurvate negli angoli esterni le fece una tenerezza estrema, così grande e così in difficoltà in un momento del genere quando non c'era da preoccuparsi di nulla. Dove era il Weasley sicuro e allegro che aveva conosciuto? Ecco però un'altra sua sfumatura, questa volta differente dal colore rosso fuoco che solitamente emanava.
«Lo so, ma non avrei dovuto dire quello che ho detto.»
Il ragazzo la guardò ancora tentennando sulle proprie parole, le braccia adesso sciolte e con le mani in tasca a voler nascondere le nocche strette. La mascella squadrata era leggermente serrata, pareva volesse dir qualcosa ma non sapeva come liberare le parole sulla punta della lingua.
Anne cercò di sorridere quietamente, di fargli capire che era il momento di lasciarsi tutto alle spalle e che non c'era bisogno di essere tesi. Per questo le uscirono delle parole con cui sperò di rincuorare il rosso, seppur quella frase la disse con leggera fatica.
«Be'... Amici come prima?»
George la guardò per un istante, la esaminò nei suoi lineamenti morbidi e calmi, la guardò con quel fare innocente e di cui molto probabilmente nemmeno lei ne era a conoscenza. Aveva un modo di fare e parlare che gli trasmetteva qualcosa, una sensazione che improvvisamente gli fece fare un calcolo veloce e iniziò a capire perché voleva passare più tempo con lei.
Aspettò prima di rispondere e prese un respiro di incoraggiamento, un sorriso che spuntò per una manciata di secondi.
«Sì, amici come prima.»
Il suo modo di essere empatica e calma lo attirava. Ecco cosa era.
"C'è tanto che tu puoi insegnarmi
Quindi voglio sapere
Qual è il nome del gioco?
Significa qualcosa per te?
Qual è il nome del gioco?
Riesci a sentirlo come lo sento io?
Dimmelo, per favore, perché devo saperlo
sono un bambino che sta iniziando a crescere."
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