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Capitolo 4

Should I stay or should I go


«Merlino, per fortuna che non ci sono andato...»
Lee commentò a fil di voce dopo aver ascoltato il racconto dei gemelli Weasley in riferimento alla Coppa Mondiale di Quidditch, ove i Mangiamorte fermarono i festeggiamenti post-partita per creare il caos. In tutti i giornali dei Maghi non si parlava d'altro e in prima pagina regnava la foto del Marchio Nero alto nel cielo, richiamo al loro e unico padrone. Per tutti i maghi e streghe era il peggior presagio che si potesse vedere dopo anni, dopo la presunta fine del Signore Oscuro.
Anne non sapeva con precisione se Lee disse quelle parole perché davvero si era preso un colpo, oppure perché la madre nell'ultima settimana non fece altro che urlargli dei "Ho fatto bene a non mandarti!" o dei "Poteva succederti qualcosa!" aumentando così l'ansia a livelli inimmaginabili.
Effettivamente, anche Anne sentì di essersi agitata nel sentire quelle parole ripetersi come un mantra fisso.
«L'importante è che sia andato tutto bene e che non vi sia successo nulla.»
Era il primo settembre e tutti e quattro erano seduti dentro lo scompartimento del treno per il rientro a scuola, invitando Anne a sedersi con loro. Essere sorella di Lee equivaleva automaticamente far parte del gruppo, una specie di sotto-famiglia di cui lei non ne era a conoscenza e le fece fiorire una semplice domanda.
Quando era stata l'ultima volta che aveva avuto così tanti amici?
Nemmeno all'asilo, pensò.
Anne era seduta vicino al finestrino, Lee di fianco a lei e davanti a loro Fred e George. Chi avesse davanti chi ancora non era ben chiaro, ma la bionda iniziò a presumere che di fronte avesse il gemello più esuberante.
«Ascoltami bene.»
Infatti, Fred si sporse verso di lei con fare losco e un viso serio. La guardò mentre si sporgeva avanti con una mano mezza alzata, il gomito sul ginocchio e le ciocche di capelli ramati che ricadevano sulle sue spalle.
«Io e George abbiamo fatto una scommessa.»
La ragazza rispose con un mormorio appena accennato, guardò George che fissava il fratello con un sorriso divertito.
«Cosa... Posso fare per voi?»
«Abbiamo scommesso cinque galeoni, tu per me sei Corvonero e per George sei Tassorosso.»
«Ancora questa storia?» Anne lo fissò con un'espressione mista tra il divertimento e lo stupore, quando la porta si aprì di colpo rivelando una ragazza di colore.
«Avete finito di molestare le ragazze?!»
«Angelina! Finalmente!»
I tre ragazzi esultarono al suo arrivo, precisando che non stavano molestando nessuno ma che, semplicemente, volevano conoscere meglio la nuova arrivata.
«La nuova arrivata?»
Angelina si fece avanti e si accomodò vicino a George. Un'altra ragazza dai capelli castani e con una frangia la seguì e si sedette vicino a Lee.
«Sì, mia madre e suo padre stanno assieme» Lee poggiò una mano dietro la spalla di Anne, il mento alzato, «e lei è mia sorella, Anne.»
«Sul serio?»
Angelina parve emozionata e Anne annuì, arricciando le labbra in un sorriso imbarazzato. Cercò di non far caso a tutti gli occhi che la stavano fissando, ma scrollò via quelle emozioni di disagio e cercò di farsi coraggio: allungò la mano alle due ragazze, scoprendo i loro nomi: Angelina Johnson e Alicia Spinner, anche loro nella squadra di Quidditch dei Grifondoro.
«Ehi, io ti ho già vista, noi abbiamo delle lezioni insieme.»
Alicia parlò sporgendosi poco in avanti, ma al «NO!» urlato dei gemelli, si spaventò e si ritirò indietro con occhi spalancati.
«Io e Fred abbiamo scommesso su che casata appartiene.»
«Io dico Corvonero.»
«E lei all'inizio ha detto Serpeverde, ma secondo me non è così.»
«Però papà non ha mai detto che non lo fosse.»
«Ha detto "I burli che si fanno imbrogliare", cosa voleva dire secondo te?»
«Eppure è proprio in Serpeverde che la ricordavo.»
Angelina alzò le spalle dopo aver parlato e mise fine a quello sproloquio dei gemelli con una semplice frase. Questi ultimi si voltarono a guardare la bionda con gli occhi socchiusi, come se avessero dei raggi-x incorporati nelle orbite.
«Allora,» iniziò Angelina, soddisfatta di quel silenzio, «come sono andate le vacanze?»

Quando fu l'ora di cambiarsi, Anne salutò i ragazzi e disse loro che si sarebbero incontrati più tardi e che per le carrozze avrebbe raggiunto i suoi amici.
«Anche noi siamo tuoi amici!» urlò qualcuno.
«Lasciala stare!» ribatté Angelina e Anne giurò di udire il suono di una sberla.
Si cambiò alla svelta in un bagno giusto il tempo di sentire il treno fermarsi e le porte sbloccarsi,
quando il solito fischio per quelli del primo anno fu seguito da un vocione che chiamava la loro attenzione. Scese dalla locomotiva e si diresse verso un gruppo per le carrozze. Sorpasso un gruppo di future classi che sussultò di meraviglia quando videro Hagrid che li avrebbe portati al castello. Il custode era un mezzo gigante e la sua stazza impressionava sempre chiunque. Per quanto i suoi capelli e barba crespi gli conferivano un aspetto burbero, era un uomo simpatico.
«Anne!»
Sentì chiamarsi a gran voce e si voltò indietro. Un sorriso genuino comparve quando vide il ragazzo che l'aveva appena chiamata.
Cedric Diggory.
«Pensavo che mi avresti lasciato da solo questo anno!»
«Come potrei? Mi incolpi di tradimento?» rispose melodrammatica.
Anne guardò Cedric con occhi da finta sconvolta, sorridendogli quando fu abbastanza vicina e gli diede un abbraccio veloce. In compenso, lui le diede un paio di pacche dietro la schiena.
«Allora, come sono andate le vacanze, signorina?»
Lei lo guardò con un sorriso divertito percependo la sua presa in giro. Gli aveva accennato della nuova famiglia durante qualche lettera scambiata, senza entrare troppo nei dettagli.
«Bene! Lee è un ragazzo simpatico, mi piace la sua compagnia. E poi ho sentito che hai incontrato i suoi amici, i Weasley!»
«Oh, sì! Alla Coppia Mondiale di Quidditch! Hai letto cosa è successo?!»
«Sì, me ne hanno parlato anche durante il viaggio.»
«Ah! Mi tolgono tutto il divertimento. Sarà così d'ora in poi?»
Cedric si mise una mano al centro del petto facendo finta di avere un malessere, sorridendo alla ragazza vedendola divertita. Quest'ultima, in tutta risposta, gli diede un piccolo spintone al braccio.
«Ma piantala!»
Anne e Cedric avevano un rapporto di amicizia, certo, ma non assillante. Entrambi avevano le loro compagnie, eppure uno aiutava l'altro quando c'era bisogno. Benché tutt'e due fossero dello stesso anno, con quello precedente si erano avvicinati di più grazie alla nomina di prefetto e passare del tempo assieme divenne inevitabile. Le ronde notturne erano diventati momenti riservati a loro, confidarsi tra i corridoi bui era una sorta di routine e bearsi del silenzio del castello una pillola rilassante. Anche stare in silenzio, per loro, voleva dire essere in buona compagnia. Le scappatoie in cucina non mancavano mai e riuscivano a convincere qualche elfo a dar loro degli spuntini, una piccola merenda serale mentre guardavano il cielo puntinato da mille stelle, un vero spettacolo da guardare dal castello.
Uno poteva essere l'appoggio dell'altro quando pareva che nient'altro voleva reggerli in piedi e, per quanto lui fosse di bell'aspetto e compagnia, fu strano per Anne sentire quanto Cedric tenesse rendere orgoglioso il padre più di ogni altra cosa al mondo, come se nascondesse un'insicurezza più profonda di quanto si potesse immaginare.

Seduta alla Sala Grande nel tavolo dei Tassorosso, Anne salutava le sue conoscenze sbracciandosi quando erano in altri tavoli o troppo lontani, fino a quando non iniziò la Cerimonia di Smistamento e un gruppo di nuovi arrivati sfilò al centro della sala. Ricordava ancora quando toccò a lei, a quando camminò tra i quattro tavoli delle casate per raggiungere il fondo di quella immensa stanza magica, aspettare il proprio turno per lo Smistamento e perdersi alla vista di quel soffitto stregato da migliaia di candele sospese a mezz'aria. Ricordava anche i primi momenti in cui entrava timidamente in quella Sala. Ora, invece, si sentiva talmente a casa che non c'era giorno che non entrasse di corsa e piena di fretta - o di fame.
«Ma anche noi eravamo così?»
«Tu sei ancora così, Claud.»
Claudette, una ragazza dai capelli biondi e corti, guardò Anne per niente divertita.
«Ho troppa fame e quindi farò finta di non averti sentito.»
L'amica finse di scostare dei capelli lunghi immaginari e si voltò verso la Cerimonia, facendo ridacchiare Anne.
Lo smistamento parve durare anni e, dopo che Silente annunciò che quell'anno avrebbero ospitato il torneo TreMaghi con altre due scuole straniere, diede finalmente via al banchetto. Per magia, pietanze di ogni tipo comparvero d'improvviso sui tavoli lunghi e ogni studente sussultò di sorpresa. Poteva esserci cibo per cinque reggimenti, ma questo non scoraggiava mai gli studenti di Hogwarts a mangiarne il più possibile, specialmente la prima sera.
Quando fu ora di alzarsi per ritirarsi nei dormitori, Cedric raggiunse Anne con una piccola corsa, richiamando a sé quelli del primo anno e facendogli segno di seguirlo: essendo i prefetti di Tassorosso, avevano l'obbligo di presentare la casata e il dormitorio ai novelli studenti. Giunti fuori dalla Sala Grande, con la coda dell'occhio la ragazza vide due teste rosse nell'angolo vicino alla scalinata; a guardarli meglio, sembravano curvi verso qualcosa.
O qualcuno.
«Ti raggiungo subito.»
La ragazza si allontanò da Cedric con fare svelto, il rumore dei passi confuso tra il chiacchiericcio di tutti gli studenti, diretta spedita verso i gemelli. Più si avvicinava, più alzava le sopracciglia per le stramberie che stava ascoltando.
«...E questi potrebbero farti saltare l'ora di lezione che vuoi tu!»
«E poi abbiamo questi che ti fanno venire delle pustole in faccia.»
Anne notò il ragazzino del primo anno guardare i due ragazzi saettando gli occhi da una parte all'altra, facendosi più piccolo nell'angolo.
«Cosa state facendo?!»
I due rossi sobbalzarono voltandosi di scatto e, in automatico, nascosero le mani dietro la schiena.
«Niente! Oh... Merda, ho perso!»
Era divertente vedere la stessa faccia con due espressioni differenti nello stesso momento: una sofferente e l'altra gongolante. Il Weasley a destra aveva perso e Anne sfoggiava le sue vesti da Tassorosso. La divisa per ogni studente era la stessa e di primo acchito si riconosceva la casata di appartenenza grazie al colore della cravatta indossata. Quella di Anne era gialla e nera.
«Lasciate stare quelli della mia casa!»
Anne fece segno al ragazzo più piccolo di raggiungerla e gli allungò la mano, che venne afferrata dopo una piccola corsa.
«Oh, bene, sei pure prefetto.» disse Fred, indicando la spilla sulla mantella che soltanto i prefetti avevano.
«Un prefetto non sempre buono, aggiungerei.» concluse lei.
Fred stava per ribattere, ma George lo azzittì con una gomitata al braccio e gli fece segno con la mano di dargli qualcosa.
«Vedi quei due?» disse Anne al ragazzino prima di voltarsi e camminare, indicando i gemelli, «non ti avvicinare mai a loro.»
«EHI!» dissero all'unisono.
Divertita, augurò buonanotte a entrambi e raggiunse il gruppo dei Tassorosso assieme al nuovo arrivato.

L'ora del coprifuoco serale era scattata da un pezzo, eppure da fuori si potevano notare ancora alcune luci accese nella torre alta dei Grifondoro.
Lee stava sistemando le sue ultime cose mormorando una canzone prima di gettarsi sul materasso morbido, il braccio dietro al capo e le gambe lunghe distese sulla superficie. Chiuse gli occhi, un enorme sospiro di pace si beò in tutta la stanza, godendosi il silenzio e la tranquillità di quel momento dopo un lungo viaggio e una bella cena abbondante.
Ma non durò a lungo.
I gemelli si scambiarono un'occhiata complice prima che Fred si alzasse e si sedette sul suo letto, di fronte all'amico.
«Ti vediamo più tranquillo, amico.»
Lee alzò gli occhi nella sua direzione, un sopracciglio inarcato.
«E' vero, Lee, ci sei sembrato... Felice, ecco.»
George andò a sedersi sul letto, imitando Fred. Tutti e tre occupavano i corrispettivi materassi e quello di Lee era nel mezzo, sentendosi sotto interrogatorio.
«Volete arrestarmi per eccesso di buon umore? E poi non so di che cosa state parlando. Io sono sempre di buon umore.»
I gemelli alzarono le sopracciglia mentre lo guardavano con un sorriso poco convinto, quasi avessero voglia di scherzare più del solito. Lee scrollò le gambe sul materasso, infastidito.
«Cosa cavolo volete?!»
«Niente.» risposero semplicemente i due rossi.
«La compagnia di Anne ti sta facendo bene.»
«E sappiamo quanto per te questo possa essere importante.»
«Ecco perché abbiamo deciso di fare il possibile per comportarci bene con lei.»
«O perché avete appena scoperto che è un prefetto?» concluse Lee, aggrottando le sopracciglia.
«Pft, certo che no. A noi non importava neanche che Percy fosse prefetto. Però lei adesso è tua sorella.»
«Bene.» Lee, esasperato da quelle parole – era davvero così importante?, sospirò «posso tornare a dormire?»
«Ma pensavamo che sarebbe carino da parte nostra essere più gentili con lei.»
Fred si beccò un cuscino in faccia da parte del suo amico quando pronunciò quelle parole. Lo tolse dalla faccia e notò Lee con un indice accusatore verso di lui.
«Stai lontano da lei!»
«Non ho detto niente di male! Volevo dire che sembra una persona interessante, come potrebbe pensarlo chiunque altro.»
«Chiunque altro mi va bene, ma di te poco mi fido. Vi conosco troppo bene.»
Alzò le spalle il gemello più esuberante sapendo che Lee non aveva tutti i torti. Sorrise con il suo solito fare da burlone, piegò un braccio in alto e il destro sul proprio petto, e mormorò poche e semplici parole con sincerità.
«Giuro solennemente di non avere... cattive intenzioni.»
Scoppiarono le ultime risate prima di riuscire a cadere in un silenzio assordante. Al contrario degli altri due, George era rimasto a guardare la scena con la schiena china, le mani che giocavano fra di loro, le unghie che graffiavano la pelle delle falangi con fare nervoso.
Non si fidava? Li conosceva troppo bene?
Lui non era come suo fratello Fred e questo lo sapeva bene e, probabilmente, Lee non si riferiva ad entrambi, eppure una sensazione di scoraggiamento gli pesò sul petto, lasciandolo con i pensieri che gli frullavano in testa durante la notte mentre aveva lo sguardo stampato sulla testata del letto.
A cosa – o meglio, chi, si riferiva Lee? E perché davvero gli importava di questi pensieri? Diamine, era solo il primo giorno e già si preoccupava di queste cose?
Il sonno non fece presto ad arrivare e quando aveva la sensazione di sprofondare tra le braccia di Morfeo, ecco che un'altra domanda gli spuntava nella testa o un'immagine confusa mischiata tra mille altre.
Le palpebre piano piano stavano calando, il respiro era più calmo, il corpo più pesante.
Ma che ore erano? Quanto tempo era passato?
Perché domani doveva arrivare, quando in un letto così comodo si stava così bene?

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