Capitolo 40 Sigyn
SIGYN
Sopraffatta dall'emozione di aver notato in lontananza, sulla terrazza, le figure del mio sposo e della mia unica figlia, oramai adulta e riconosciuta nonostante l'elmo, mi sono spostata nella parte più riparata della stanza che mi ospita, dietro il pesante drappo di una tenda.
Mi sono svelata soltanto quando la mia mente ha razionalizzato che non stavo avendo affatto un'allucinazione.
Eyra è stata la prima che ho stretto e il nostro abbraccio mi ha confermato che aspetta un bambino, dalle dimensioni della sua pancia; il tempo di cingere in un unico avvinghio anche mio marito che li sprono al silenzio, udendo i passi ponderosi del mio carceriere "Nascondetevi e non fatevi notare in alcun modo, vi spiegherò poi".
Loki, in un baleno, utilizza uno dei suoi poteri, rendendo invisibile sia se stesso sia nostra figlia.
L'entrata di Fornjótr, jǫtunn elementare antichissimo, non è mai un belvedere; alle mostruosità tipiche della specie padrona del pianeta su cui sono stata imprigionata, unisce una turpitudine personale che limita qualsivoglia rapporto.
In tanti anni di vincolo obbligato in una torre ghiacciata adattata alle mie esigenze di sopravvivenza ho cercato di farmelo almeno un po' amico, scatenando in lui un effetto antitetico all'odio; ha una propensione per me al limite di un'ossessione amorosa, non ricambiata.
Da subito misi in chiaro le cose, con lui, affinché non fraintendesse la mia gentilezza: sarei rimasta fedele a mio marito, vivo o morto.
"Stai bene?" domanda nel tono roco e basso della sua razza, un'inflessione che pare provenire dal Valhalla, gli occhi puntati su di me, rotondi e rossi come la brace del fuoco che arde nel camino e che lo disturba, per la temperatura che tollera poco.
"Sì, mi ero affacciata alla finestra incuriosita dall'incendio. E' un fenomeno raro" commento, indifferente.
"Raro è un eufemismo. Sta accadendo qualcosa di strano" sibila, certo che nasconda qualcosa, qualcuno.
Non so mentire di natura, un altro è il Dio degli Inganni, ma accanto a lui posso dire di aver imparato a simulare, all'uopo di un'impellente necessità. E questa lo è "Potrebbe essere un semplice fenomeno naturale; lo stesso Odino raccontava di analoghi incendi appiccatisi senza alcuna motivazione apparente. Si tratta della rabbia degli dei, scaricata sul terreno sotto forma di fulmini" il che sarebbe sensato se esistessero sterpaglie che possano prendere fuoco.
Il solo sentire nominare mio suocero lo destabilizza: li univa un legame conflittuale, un gioco di potere che lo vedeva perennemente sconfitto.
Nonostante il disprezzo per la creatura inferiore, Odino mi affidò a lui, pur di tenermi separata da Loki, sapendo che onta più grande non avrebbe potuto procurargli: l'amata sposa confinata nella terra dei Giganti di Ghiaccio, la sua stirpe di provenienza, disprezzata dagli asgardiani, denigrata dai detrattori.
"Forse, principessa di un regno estinto" ci ha tenuto a raccontarmi della sorte del mio pianeta e del mio popolo, con un accanimento significativo della pochezza del suo animo, non risparmiandomi nemmeno la notizia della morte del mio adorato sposo per mano del Titano Viola che voleva la distruzione di metà delle creature dell'Universo.
Ho sperato che Loki ed Eyra fossero vivi, con tutto il mio cuore, perché conoscevo le immense capacità di cui sono dotati e in fondo all'anima non ho mai creduto all'essere abietto... e avevo ragione!
"Sigyn, mi hai detto la verità? Sei certa di non sapere nulla dell'accaduto?" Fornjótr ha mangiato la foglia, ha notato il turbamento che dissimulo, osservando fuori dalla finestra l'incendio oramai domato "No, è stata solo la novità del fuoco, tutto qui".
"Voglio crederti. Ci vediamo per cena" ha l'abitudine quotidiana di desinare con me, in un pasto indigeribile per la sottoscritta, consumato sulla terrazza. Avvolta in una pelliccia che mi mantiene al caldo sono impegnata in conversazioni con una compagnia sgradita.
Quando chiude la porta, Loki ed Eyra si materializzano di nuovo.
"Cosa ti ha fatto, madre?" la voce stentata di mia figlia pone una domanda lecita di cui il mio sposo conosce già la risposta.
Loki si avvicina e pone la mano sulla mia, scuotendo la testa. Sa che nulla potrebbe dividerci e che piuttosto che concedermi a un altro, avrei scelto la via definitiva del Valhalla.
Ci spostiamo a sedere sul sofà, Eyra rimane spostata per lasciarci un minimo di intimità.
Poso la testa sulla spalla di mio marito, lui la bocca sulla mia fronte che scende a colmarmi il viso di baci. È il momento in cui la forza che mi ha tenuto in piedi in tanti anni si scioglie in un velo di lacrime e commozione, in cui la speranza si è concretizzata nelle due amate figure che oggi ho ritrovato.
L'emozione della rinascita familiare obnubila per un attimo la mia mente, mi abbandono a un momento di confidenza familiare che mi rimanda alle atmosfere asgardiane. Asgard non esiste più, ma Asgard non è un regno materiale: resta un popolo, il nostro.
"Dove vivete, ora?".
Eyra riassume brevemente il suo esilio su Vormir e il passaggio sulla Terra. Toglie il guanto sinistro e mostra l'anello di promessa di matrimonio che il suo fidanzato le ha donato, con tanto orgoglio e contentezza che mi si stringe il cuore.
"Com'è Clint?".
Mio marito ha alzato il sopracciglio e trattengo a stento una risata, per rispetto. "Passabile" Loki borbotta senza demolire a parole il futuro genero e deduco sia una brava persona. Aggiunge un altro pezzo al racconto degli anni in cui siamo stati separati, accennando al furto della Gemma dello Spazio e al suo percorso.
"Amo i ladri" ribatto perché senza la pietra non avrebbe potuto raggiungermi. Evidentemente era scritto nel libro del nostro destino.
"Madre, sbrighiamoci a rientrare sulla Terra. Con la Gemma saremo lì in un baleno" mia figlia mi sprona a muoverci.
"Il passaggio temporale sarà semplice e innocuo" Loki si alza e fa una carezza alla pancia di Eyra, ha notato il mio sguardo di biasimo "Nessuna complicazione per nostro nipote, in caso contrario non avrei permesso a Eyra di seguirmi. Ha insistito per venire nonostante l'arciere fosse contrario".
"Ed aveva ragione. Sarebbe stato meglio se fossi venuto da solo o con Thor. Così avreste entrambi visto coi vostri occhi ciò che debbo mostrarti" lo conduco a ridosso della finestra. Non usciamo fuori, è sufficiente restare all'interno "Vedi il filo di fumo che si alza sulla sinistra?" non è semplice focalizzarlo, indirizzo il suo dito indice sulla distesa di ghiaccio fino a che non annuisce "Lo vedo. Quindi c'è qualcosa sotto il terreno ghiacciato".
"Altri imprigionati qui da Odino, madre?" mia figlia ipotizza che il nonno non abbia condannato a una sorte infelice solo noi due.
"Il padre degli Dei si è divertito con una scelta simile con i componenti della sua famiglia, gli estranei non erano contemplati" mi preme spiegar loro cosa accade "Esiste un punto nello spazio, collocato fra i Regni di Jotunheim e di Múspellsheimr" cito il pianeta abitato dai Giganti di Fuoco.
"È noto per inspiegabili sparizioni delle navi che lo attraversano. Si è persa traccia sia dei velivoli sia degli equipaggi o i passeggeri. Non furono trovati neanche i relitti" Loki ricorda uno dei misteri del cosmo che ci circonda e che ci accompagna da sempre.
"Nonna Frigga, quando ero bambina, mi raccontava che era un modo per gli Dei di punire i pirati spaziali, coloro che fraudolentemente rubavano e depredavano le navi altrui" Eyra cita un mito diffuso nelle tradizioni orali asgardiane, nato per cercare di giustificare l'incomprensibile "Invece la realtà è differente?".
"Sì, figlia mia. Le navi sono risucchiare da un wormhole di lieve intensità, creato artificialmente, e finiscono senza deviazioni sul lato oscuro del satellite di Jotunheim" la luna nera del pianeta che ci ospita è un corpo morto e disabitato "I loro passeggeri, portati su Jotunheim, sono imprigionati sottoterra, e tenuti come schiavi in condizioni disumane".
"È follia e me ne dispiaccio. Ma non è affar nostro. Dobbiamo andarcene" Loki preme per il passaggio, ha già estratto la Gemma dalla tasca e il suo bagliore blu illumina l'ambiente. La luminescenza si farà notare. Il tempo stringe.
Comprendo la sua fretta, ma non mollo, non posso. Non si tratta di noi tre, si tratta di un sopruso che non posso tollerare, dopo anni di sopportazione obbligata a una carcere dell'anima che non meritavo. E la differenza è che sono stata trattata da principessa e regina, i miei concittadini brutalizzati e vessati come topi.
"Sono asgardiani, soprattutto, e a decine. È nostro dovere che lo scempio finisca. Se non mi prometti che torneremo qui e li libereremo, non verrò via con voi" mi impunto, in un'affermazione che mi costa. Non è un capriccio e non vorrei fosse considerato un ricatto. Il mio unico desiderio è scappare da Jotunheim, trascorrere del tempo con la mia ritrovata famiglia.
Nello stesso momento, appena fuori dalla scia di fumo che ho indicato, un portello rotondo si innalza e alcune persone magrissime e dimesse, avvolte in stracci e pelli, escono seguiti da uno dei Giganti carcerieri che tiene una frusta per colpirli. Così il mio racconto è corroborato dai fatti, mia figlia e mio marito hanno constatato che ciò che ho detto corrisponde a una tragica realtà.
"Certo che verremo, madre" Eyra mi prende per mano, agitata dallo strazio veduto e dai passi di corsa nel corridoio antistante la mia camera, le cui pareti quasi tremano.
Loki, passandomi il proprio elmetto, sorride dolcemente e mi afferra l'altra mano ammonendo nostra figlia "Indossa il casco, bambina, se dovesse accaderti qualcosa Barton mi cucinerebbe in uno spezzatino asgardiano".
Mentre la porta si spalanca, noi tre, in un curioso girotondo, svaporiamo attraverso il fumo azzurro generato dalla Gemma dello Spazio, lasciando Fornjótr con un palmo di naso.
Il suo viso di ghiaccio stravolto è la più bella rivincita potessi prendermi, almeno per ora.
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