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Capitolo 2 Eyra

EYRA

"Riposati, Clint. Ti ho spalmato un unguento sulla contusione alla spalla, ti aiuterà a lenire il dolore. Mia nonna curava i malanni con le erbe, utilizzando ciò che la natura metteva a disposizione, e mi ha tramandato il suo sapere; nonostante la brulla vegetazione del pianeta che ci ospita, sono riuscita a trovare le piante medicinali per le preparazioni di base. Domani starai meglio e faremo un giro turistico" copro l'arciere col plaid che ho tessuto con i ferri da calza e la lana filata anch'essa da me. Mi sono arrangiata in ogni attività, per sopravvivere al meglio.

"Non so come ringraziarti" l'Avenger è stanco e provato. Stupito della sua nuova condizione, particolarmente educato. Ha due occhi azzurri guizzanti, celano non troppo bene la sua indole volitiva e ardita.

So io come potrà ringraziarmi, invece. Non gli nego un'altra carezza sulla guancia che lui pare apprezzare "Buonanotte"

Quando ho udito il rumore dell'astronave terrestre in avvicinamento, mi sono appostata, debitamente nascosta per sola abitudine e non per necessità, nel punto del probabile atterraggio.

Un bagliore del metallo canna di fucile dell'esterno della piccola navicella sbucata dalla volta lilla scuro ne ha annunciato la discesa. Corpo allungato e ali ripiegate a gomito, presentava un grande cristallo trasparente a protezione del muso e due visibili seggiolini di pilotaggio speculari. C'erano due terrestri ai comandi, un uomo e una donna; ho compreso la loro provenienza perché gli umani sono quasi identici fisicamente agli asgardiani.

Ho individuato proprio il Falco e la sua collega Vedova Nera. Li ho seguiti per la salita della montagna, ho ascoltato ogni loro singola parola e l'inquietante e scarno discorso con Teschio Rosso.

Barton è stato simpatico nonostante il momento intenso che stava passando, ha fatto una battuta e io sono sbottata a ridere come una bambina. Erano anni che non sentivo voci di altri individui e non mi sono trattenuta.

E lì Occhio di Falco si è voltato nella mia direzione. Perché mi aveva sentito!

In un lampo ho compreso la veridicità della profezia che reco impressa sulla pelle della schiena. Quella reale suona leggermente diversa dalla frase che ho riferito a Clint. Il figlio dell'eroe alato e dell'erede al trono di Jotunheim conquisterà i Nove Regni dell'Universo.

Io sono l'erede al trono di Jotunheim, per discendenza. Mio padre è Loki Laufeyson, figlio del gigante di Ghiaccio Fárbauti e della dea Laufey, adottato da Odino in fasce e cresciuto come sua prole accanto al figlio legittimo Thor. Mia madre è la Dea Sigyn. Sono l'unico frutto del loro grande amore.

Alla mia sventurata nascita, quando fui mostrata ai miei parenti dalla levatrice, solo mio padre e mio nonno adottivo seppero leggere il vaticinio impresso sulla mia schiena, almeno letteralmente.

Loki, mio papà, se ne rallegrò dichiarando "Sapevo che sarebbe stata speciale"; il nonno meno.

Le smanie di mio padre, Dio degli Inganni, in perenne ricerca del potere sottrattogli, potevano essere accresciute dalla mia presenza, smorzata tuttavia dall'incognita sull'identità del mio presunto futuro compagno.

Il nonno propose di crescermi alla sua corte, con la speranza che la profezia avrebbe avuto meno possibilità di verificarsi se mi avesse tenuto sotto una robusta campana di vetro, gestita dalla sua saggia consorte Frigga.

Fino a che ero bambina fu semplice. Invece, nel momento di passaggio tra l'adolescenza e l'età adulta, divenne impossibile. Il mio desiderio di libertà e di frequentazione di coetanei mi spingeva ad aprirmi al mondo, con il benestare dei miei genitori, che desideravano per me ciò che anela ogni mamma e ogni papà: la felicità.

Gli attriti fra di loro ebbero due conseguenze.

La prima che spezzò il cuore mio e di mio padre: l'allontanamento definitivo di mia madre in un luogo che non ci è stato svelato.

La seconda: la mia ribellione. Ferita dal comportamento dei nonni e dal dolore per la dipartita obbligata della mia genitrice, detti il peggio di me. Scappavo di continuo da palazzo alla ricerca di nuove avventure, frequentando cattive compagnie. Quelle esistono su ogni Regno, Asgard non fa eccezione.

All'ennesimo capriccio, stufo, Odino mi punì con l'esilio eterno su Vormir, dopo avermi reso invisibile.

Ricordo lo sguardo disperato di mio padre, mentre Heimdall, il guardiano del Bifrost, apriva il passaggio spazio-temporale che mi ha condotto su Vormir.

I suoi occhi verdi, ereditati in sorte, mi trasmettevano l'amore che non mi avrebbe mai espresso a parole, davanti al suo genitore adottivo, al suo finto fratello Thor e alla sua sposa, la principessa Álmadis, oltre che alla nonna, la regina Frigga.

Le mie lacrime non hanno impietosito nessuno e sono scivolata nel tunnel di luce. È stata l'ultima volta che li ho visti.

Col senno di poi, mi sono convinta che il nonno confidasse che sarei sopravvissuta grazie alla mia caparbietà e alle mie doti innate e che a modo suo volesse proteggermi.

"Buonanotte, arciere. Fai bei sogni" ho chiuso la tenda che divide la grotta dall'esterno, per impedire alla luce violetta di disturbare il nostro sonno e ho sistemato un giaciglio accanto al suo, per godere del tepore del fuoco attizzato per scaldarci durante la notte.

Mi sposto nella parte più lontana della caverna per spogliarmi dell'abito elegante che ho cucito accuratamente, secondo la moda asgardiana che ancora rammento. Non ho costruito o pensato a un paravento, piuttosto, perché ero sempre sola.

L'arciere sbircia i miei movimenti; tuttavia, quando comprende che mi leverò il vestito, si gira verso la parete alla sua sinistra, con galanteria.

Indosso la camicia da notte candida e mi dirigo verso il giaciglio. Mi stendo sulle stuoie e lo avviso "Puoi voltarti, adesso".

Quando si rimette supino lo sguardo mi cade sul suo torace, scopertosi dal plaid. È muscoloso senza avere i bicipiti gonfi di mio zio Thor, il fisico è scolpito da un allenamento costante.

Mentre gli toglievo la casacca per medicarlo ho ammirato la peluria castana che dallo sterno scende verso l'ombelico, intrecciandosi sotto la cintola dove scompare nascosta dagli indumenti. Un tatuaggio di un guerriero dall'aria truce che imbraccia una katana è disegnato fra la scapola e la mano. Un'altra analogia con me: la pelle segnata dal destino!

E' il primo corpo di un maschio adulto che osservo. Ho sfiorato i palmi delle sue mani, coperti dei calli tipici dell'arte di cui è maestro, il tiro con l'arco, negli stessi punti dove li ha mia zia Álmadis, arciera anche lei.

Ridacchio, analizzando i suoi capelli castani. Un folto ciuffo sfumato gli ricade sulla fronte; invece la chioma è rasata sui lati e sulla parte posteriore della nuca.

"Sono buffo? Mi deridi?" domanda, a un metro da me. Emerge il suo lato permaloso che imparerò a riconoscere e a temperare.

"Non tu, i tuoi capelli. Sono abituata a tagli medi, lunghi o semi lunghi anche per i maschi. Ad Asgard usa così. O usava" un pizzico d'amarezza traspare dal tono della risposta. I meravigliosi capelli corvini di mio padre, lucidi e setosi, in cui tuffavo il viso da piccola, nel momento dei suoi abbracci affettuosi... mi mancano! Non so nemmeno se sia vivo!

"Hai ragione, anche il mio amico Thor li porta lunghi e sciolti, a volte invece li lega con un nastro di velluto. Lo conosci? È il principe di Asgard" è lecito che se lo chieda. Nel colloquio con Natasha lo ha nominato un paio di volte, rivolgendosi a lui con un curioso appellativo: Point Break.

Devo stare attenta a ciò che gli racconto. Le bugie hanno le gambe corte perché è difficile ricordare ciò che non è mai accaduto. Per questo motivo ho preferito essere parzialmente sincera sulla profezia, giacché Barton avrebbe notato la scritta sulla mia schiena, non avrei potuto celargliela a lungo. Ho citato Hela anziché mio nonno Odino, ho cambiato gli eventi solo parzialmente, proprio perché l'Avenger aveva nominato Thor e probabilmente sapeva fossero nemici. Provo a essere convincente "Mi sono recata a corte in diverse circostanze, senza familiarizzare troppo col principe. La casa dei miei genitori era distante dalla reggia dei sovrani, andavamo raramente nella capitale".

Guardo il Falco dritto negli occhi per capire se mi abbia intercettato a mentire. Non credo.

È principalmente interessato alla stoffa della camicia da notte, il cui incrocio all'altezza dei seni ho lasciato più aperto del dovuto, per iniziare la mia opera di seduzione.

Tornerò su Asgard, grazie a Clint, e porterò in grembo nostro figlio, colui che regnerà sull'intero Universo.

In fondo, è solo per questo che gli ho salvato la vita.

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