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Chapter one

Ebony's POV

C'è un suono che ogni persona sulla terra teme più della propria morte: la sveglia per il primo giorno di scuola. Ogni anno saprai già di dover seguire la solita routine: ti alzi più tardi del dovuto, cerchi di vestirti meglio che puoi per fare una buona impressione, mangi un biscotto (due per i più temerari), corri per non perdere l'autobus, poi arrivi a scuola e vedi le solite facce che speravi fossero esplose, gli stessi sorrisi falsi, le stesse urla gracchianti delle oche di turno. E lì, davanti al cancello, al confine tra Paradiso e Inferno, sospiri: "Chi me lo ha fatto fare..."
Quella mattina, con la treccia che scendeva sulla mia spalla destra e la camicia di flanella che mi rendeva così insignificante rispetto a quello sciame di minigonne e crop top, scorsi Regina e le sue quattro guardie del corpo senza personalità: Amy, Jade, Esther e Vicky. Vidi Jack Harrison e la sua gang di presuntuosi bulletti; le gemelle Moore in un angolo a riempirsi di schifezze; i nerd impegnati a soffiarsi il naso e sistemarsi gli occhiali.
"Hey, principessa" sussurrò una voce familiare al mio orecchio.
"Principessa dei cowboy, magari. Sul serio Ebony, che ti sei messa?" ribatté un'altra. Mi voltai con le braccia conserte e le labbra strette fra di loro.
"Buongiorno anche a voi" dissi ai miei due migliori amici, David ed Emma. Il primo mi rispose con un bacio sulla guancia, la seconda con un raffinato dito medio.
"Che brutta faccia. Ti sei svegliata con la luna storta?" domandò Emma.
"Non sono sicura di essermi svegliata, in realtà."
"Puoi tornare nel mondo dei sogni allora, perché abbiamo storia adesso!"
Grugnii.

Farsi strada nei corridoi è la parte peggiore del primo giorno: è un evento noto come Marcia della Vergogna. Percorrere quella breve quanto intensa strada significava avere addosso gli occhi di tutta la scuola, indipendentemente dal "rango sociale": era la preziosa occasione di stare sotto i riflettori per tutti gli sfigati ed emarginati del liceo. Ma per gli altri era una tortura. Quegli sguardi curiosi non erano perché li avevi in qualche modo colpiti o perché avevano sentito qualcosa di interessante sul tuo conto, era solo perché quella, miei cari, era l'ora del Giudizio Universale. Tutte le persone che contavano distoglievano lo sguardo dai propri armadietti e dai propri telefoni per poter giudicare il tuo abbigliamento, la tua acconciatura, il tuo portamento, il tuo fisico. E se sentivi qualche risatina sommessa... beh, ho cattive notizie per te. Ci ero passata troppe volte in mezzo a quelle risatine sprezzanti, e quel giorno non era da meno: una camicia di flanella era l'uniforme perfetta per farsi etichettare dalle fashion blogger della scuola come "perdente". E così, protetta dai miei amici, avanzavo in quel corridoio pieno di occhiate velenose e lucidalabbra. Regina Taylor mi fece l'occhiolino con quel suo sguardo gelido. Qualcuno alzò un sopracciglio mentre mi scrutava dalla testa ai piedi: credo che fosse una ragazza del primo anno, sconvolta dal fatto che una studentessa più grande sembrasse così ordinaria. Ma lo sguardo che mi rapì e che, allo stesso tempo, mi fece ribollire il sangue nelle vene, fu quello del borioso Jack Harrison. Vorace, crudele e curioso, come un lupo davanti a un agnello.

Jack's POV

Chiamarla "mattina" era azzardato: quel giorno, il primo giorno di liceo, era solo la continuazione della notte precedente, insonne come molte altre. Si poteva dire con estrema sicurezza che il Jack Harrison che aveva varcato le soglie della scuola era in una potente fase di hangover. Occhiali da sole e tre mentine in bocca, il kit adatto a nascondere gli occhi e l'alito di una sbornia: mi presentavo così all'intero istituto, col solito giubbotto di pelle, gli anelli alle dita, i capelli da cuscino, come se non li avessi pettinati prima di uscire di casa.
"Campione!" urlò una voce roca. Mi sfilai gli occhiali da sole per osservare meglio quella figura in lontananza che alzava il braccio in segno di saluto. Andrew Thompson era stato il mio migliore amico sin dal primo anno. Conobbi quel piccolo bastardo il giorno stesso in cui fu sospeso per aver appiccato un insignificante incendio in bagno. Quando gli chiesi "perché?" mi rispose: "perché no?". Era tutto un tipaccio, Andrew. Fedele come un cane domestico, pericoloso come un cane randagio.
Mi avvicinai a lui con le mani in tasca, non guardando in faccia nessuno, e lo salutai con un abbraccio.
"Ho visto alcune ragazze del primo anno" esordì, per poi baciarsi la punta delle dita. "Scommetti che me ne scopo qualcuna?"
Masticando le mie chewing gum, rivolsi lo sguardo altrove. "Se lo dici tu, amico."
"Ooh, sono una calamita per le ragazzine" disse con un sorriso compiaciuto. "E allora" continuò, dandomi una pacca sul braccio. "Ultimo anno."
"Si spera."
"Dovremmo lasciare il segno".
Lo guardai alzando un sopracciglio. Andrew era famoso per le sue trovate tanto geniali quanto rischiose. "Che intendi?"
"Beh..."
"Niente di catastrofico, Andrew. Ti prego."
"No, niente di tutto ciò. È solo che, Jack... andiamo... quante ragazze ti sei scopato da quando sei qua?" Il mio sguardo si rivolse automaticamente a Regina Taylor, seduta su un muretto a parlare con la sua piccola squadra. Lei ricambiò l'occhiata, lanciando un bacio nell'aria. "Esatto. Solo quella là. E la più facile, tra l'altro. Sai a quanti l'ha data?"
Schioccai la lingua sul palato. "Dove vuoi arrivare?"
"Magari è ora di mettere un po' di pepe sulla tua vita sessuale. Ho una bella scommessa in men-"
"Scommessa?" lo interruppi, ridacchiando e scuotendo la testa. "Ne ho abbastanza delle tue scommesse, Andrew. Sei viscido. Trovi sempre il modo per barare."
"Oh e dai, questa ti piacerà, ascoltami: ti sfido a portarti a letto una delle verginelle della scuola. Devi averla fatta cadere ai tuoi piedi entro il ballo di fine anno."
Sospirai. "Sembra un po' troppo semplice."
"Oh, ma la verginella la scelgo io!"
Alzai un sopracciglio, chinando la testa da un lato. "In che senso?"
"Certo, sembra semplice far cadere una docile verginella ai tuoi piedi. Ma non se quella verginella è..." Fece scivolare il suo sguardo lungo tutto il cortile, per poi fermarsi all'entrata. "Ebony Wright."
"Bene" acconsentii. "Tocca a me sceglierla per te." Andrew cominciò a strofinarsi le mani. "La dolce Amy Clarke" decisi, volgendo lo sguardo verso una delle amiche di Regina.
"Uuh" sibilò Andrew, guardandola avidamente. "Non mi dispiace affatto."
"Ottimo" conclusi, accendendomi una sigaretta.
Ebony Wright. Huh.

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