Capitolo 67 - Equinox
Vin si avvicinò ai suoi polsi, e iniziò ad armeggiare con un mazzo di chiavi enorme.
Con un gesto veloce le carezzò una guancia, in modo amorevole, e poi riprese a cercare la chiave giusta.
«Ti vedo 'diverso', Jep», commentò Gufo, calcando particolarmente sulla parola.
Anita voltò di scatto lo sguardo verso di lui. Non poteva intendere quello... non poteva essere.
Jep rise di gusto. «Dici che mi dona?»
Anita riportò l'attenzione su Vin, e sulle sue chiavi. Stava prendendo tempo.
Stavano cercando di farle capire che solo lei poteva uccidere Jep, e mettere fine a tutto quel circolo vizioso di morte e sofferenza.
Era diventato veramente un Diverso? Se si trattava della verità, non avrebbero più potuto fare niente contro di lui, a Meshert. Sarebbe stato inutile anche solo cercare di mandarlo in prigione. Anita avvertì il suo cuore spezzarsi, mentre si rendeva conto che la giustizia che tanto agognava non avrebbe mai potuto compiersi, realmente. Era un pensiero avvilente, ma decisivo.
Vin alzò lo sguardo, e con un tlac fece ricadere a terra le sue manette. Le lanciò uno sguardo penetrante, prima di spostarsi, e fare altrettanto con quelle di Gufo.
«Eccoli a te, Jep», mormorò Vin, rimanendo sempre al suo fianco.
La prima cosa che fece fu correre incontro a River.
Non appena piombò fra le sue braccia, si lasciò andare in un pianto liberatorio. Respirò a fondo l'odore dei suoi capelli e quello della sua pelle, aggrappandosi a ogni appiglio che le ricordasse casa sua.
Quando si staccò da lui lo guardò bene negli occhi, e gli carezzò la guancia.
«Come stai?» chiese Anita, con voce spezzata. Aveva sognato talmente tanto quel momento, che non riusciva a credere che lui fosse davvero lì. La stava salvando, di nuovo.
«Bene. Tu?» mormorò River, evidentemente imbarazzato.
Gufo era ancora dietro di loro, ma non aveva una espressione arrabbiata nel vedere quella dimostrazione di affetto. Sembrava che fosse 'in pace'.
«Mai stata meglio», sussurrò Anita, nascondendo la testa nell'incavo del collo di River.
«Bene, ora basta con le smancerie. Ce ne torniamo tutti a Meshert, senza fare storie», proclamò Jep, facendo segno di uscire da quel posto.
Gufo guardò un'ultima volta Anita, con gli occhi tristi e pieni di una consapevolezza che lei avrebbe compreso solo molto tempo dopo. Cercò di distendere un sorriso pieno e sereno.
Era ancora stretta a River, quando capì con esattezza cosa Gufo avesse intenzione di fare.
«Io non verrò», disse Gufo, calmo.
Jep arricciò le sopracciglia, incuriosito. Scese velocemente gli scalini, e afferrò Gufo per il colletto della giacca.
«Tu non hai voce in capitolo, feccia», sputò Jep, facendosi più vicino al suo viso.
Gufo allungò il collo, per riuscire a guardare di nuovo Anita. Lei sembrava terrorizzata, incredula e contraria a ciò che lui stava facendo.
Ma aveva capito.
L'importante era che avesse capito.
Gufo si impuntò con le gambe a terra, e sollevando il braccio destro riuscì a liberarsi dalla presa sul suo colletto. Con una ginocchiata atterrò Jep, per una frazione di secondo sufficiente a farglielo afferrare dalla testa con entrambe le braccia, per tenerlo fermo.
«Anita, adesso!» urlò Gufo, con voce strozzata dalla fatica.
Anita si divincolò dalla presa di River, e si avvicinò ai due. Suo padre era immobilizzato tra le braccia di Gufo. Era quello il momento giusto.
L'unico modo di liberarsi definitivamente di Jep Tucci. La giustizia non sarebbe mai stata sufficiente, con una persona come lui.
«Vieni via da lì, Devon!» rispose Anita, urlando a sua volta.
Gufo sembrò emettere un suono scocciato e affaticato.
«Anita, forza! Non posso tenerlo a lungo», disse, facendo sempre più fatica a mantenerlo fermo. Jep non riusciva neanche a parlare, quindi emetteva solo dei versi rabbiosi e famelici.
«Me lo merito, Anita. È giusto così. È giusto che lo faccia tu. Non avere paura», sussurrò Gufo, certo che le sue parole avrebbero incontrato le sue orecchie.
Anita avvertì delle lacrime calde rotolare giù dai suoi occhi, e quell'incontrollabile senso di rabbia farsi strada nel suo cuore.
Si stava surriscaldando sempre di più, tanto che non seppe più distinguere la rabbia dal dolore della perdita.
«Ti amo, Devon. Mi dispiace», urlò Anita, mentre il potere defluiva fuori dal suo corpo, centrando in pieno i due uomini davanti a lei.
Anita chiuse gli occhi, accasciandosi a terra dopo quell'urlo fatale.
River le fu subito accanto, incredulo dopo quanto aveva visto. La strinse per le spalle, e la scosse leggermente, temendo che fosse morta.
«Anita! Anita! Stai bene?» trillò il poliziotto.
La detective non rispose, abbandonata a terra. Gli occhi sbarrati e aperti, ricolmi di lacrime di dolore.
Afferrò River per la manica della giacca, e si aiutò a mettersi seduta.
La statua, raffigurante suo padre intrappolato da Devon, era davanti a lei. Non appena mise a fuoco il viso contratto in una smorfia di dolore del suo Gufo scoppiò in un pianto isterico, doloroso.
Le cavità oculari di entrambi erano vuote, così come il suo cuore.
Vin si avvicinò alla statua, studiandone da vicino i tratti.
«Brava Anita. Hai fatto esattamente quello che sei nata per fare»
Anita scoppiò in un altro attacco di pianto, nascondendo la faccia tra le ginocchia per non dover assistere oltre a quello spettacolo infame.
«Stai zitta, strega», rispose River, puntandole la pistola contro. Anita sollevò lo sguardo di nuovo, preoccupata per River. Si fece subito accanto a lui, in un gesto talmente veloce che si stupì di sé stessa.
«Vin, per favore», mormorò Anita, guardando la statua, e poi River.
La donna fece spallucce, allontanandosi da loro.
River la osservò, con sguardo corrucciato.
«Ti consiglio di consegnarti volontariamente alla giustizia, Vin», mormorò River, pallido in volto.
Aveva appena assistito all'omicidio brutale di due uomini per mano di Anita. Come poteva ancora svolgere il suo lavoro?
Vin rise.
«Facciamo così, poliziotto. Io vi lascio andare, magnanima e buona come sono. Voi, in cambio, non mi cercherete più».
River strabuzzò gli occhi. Lanciò uno sguardo ad Anita, cercando di capire se potesse andarle bene. Lei annuì, ugualmente perplessa.
Non voleva un altro cadavere sulla coscienza quella notte, e, soprattutto, si sentiva esausta.
«Devi liberare anche Decker e Sigrid», aggiunse Anita, atona.
«E ci serve un passaggio per tornare indietro, possibilmente da qualcuno che non ci denunci al DU», sussurrò River, afferrando Anita sottobraccio.
Lei fece forza con i piedi per farsi tirare su, costantemente volta con lo sguardo verso la statua di Devon.
«Non c'è problema», disse Vin, facendogli strada fuori dalla porta. River le camminava accanto, per assicurarsi che facesse come le era stato chiesto.
«Mi mancherai, Gufo», sussurrò la detective, prima di lasciare la stanza.
Gli lanciò un bacio, e poi chiuse quella porta per sempre.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro