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Capitolo 66 - Meet Me In The Graveyard

La foresta era buia e deserta a quell'ora della sera. River continuava a guardare indietro, verso l'elicottero, ancora incredulo che fosse rimasto intatto. Jep camminava stancamente davanti a lui.

Dalle fronde degli alberi, a un tratto, comparve il castello.

River si bloccò sul posto, la bocca spalancata.

«Non esiste neanche questo. Forza, muoviti», incitò Jep, facendogli ampi segni con la mano.

River lo affiancò, velocizzando il suo passo.

«Non mi hai ancora detto il vero motivo per il quale sei qui, e mi stai aiutando»

Jep sorrise, sornione.

«Quindi ti sei stancato di ascoltare la versione falsa?»

River non rispose, dandolo per scontato.

«Voglio che Vin soffra per quello che mi ha fatto. Quella sporca traditrice, carne marcia. Avrà ciò che merita. Tornerà con me a Meshert, e pagherà tutto»

Carne marcia? Si chiese River, perplesso. Non esternò la domanda, poiché Jep sembrava effettivamente fuori di sé.

River odiava ammettere quanto in realtà fosse spaventato da lui.

«Ci stiamo avvicinando al castello. Devi cercare di non emettere alcun rumore. I Diversi avvertiranno il tuo odore fin da subito, ma noi saremo più veloci»

River si acquattò in basso, muovendosi in modo furtivo come gli avevano insegnato all'accademia militare. Il problema, si rese conto, era che Jep si muoveva a una velocità elevatissima. Non riusciva quasi a stargli dietro, tanto che dovette alzarsi e mettersi a correre per poterlo raggiungere.

Anche correndo, però, lui sembrava essere mille volte più veloce di lui.

Fu in quel momento che River realizzò tutto.

«Tu... sei un Diverso anche tu», mormorò River, all'aria circostante.

Jep si bloccò a metà strada. Si voltò indietro, e vide River almeno tre metri lontano da lui, immobile e teso. In un celere balzo, gli fu accanto.

Jep cercò di avvicinarsi ancora per spiegarsi, ma River indietreggiò.

«Da quando?»

Il serial killer si voltò di nuovo, dando le spalle a River e muovendosi in cerchio.

«Adam Freideich mi stimava molto. Nonostante dicesse a Vin che aveva elaborato una droga che potesse uccidermi nel modo più doloroso possibile, in realtà aveva sintetizzato un nuovo siero Rust. Grazie a Adam, sono diventato un Diverso originale, e non uno schifoso carne marcia come Vin e la tua amichetta. Sono il doppio più forte di loro. Non avrei mai voluto essere uno di quegli stupidi Diversi trasformati, deboli e luridi. Ma, ovviamente, non potevo rischiare di morire. Freideich mi ha garantito la trasformazione che desideravo».

River rimase immobile, esterrefatto.

«Perché lo hai ucciso, allora?»

Jep sorrise. «Volevo provare i miei nuovi poteri. E poi Adam si stava iniziando a lamentare. Non voleva che io venissi qui»

River si appoggiò con le mani sulle ginocchia, rendendosi conto che faticava a respirare.

«Era diventato fastidioso. Cerca di non diventarlo anche tu, e vedrai che andremo d'accordo. Sai perché siamo qui, non fare puttanate. Per esempio, evita di spararmi a bruciapelo come la volta scorsa».

River cercò di annuire, ma si sentiva in pericolo come mai prima di allora.



Vin sedeva al suo tavolino bianco, con espressione soddisfatta e un sorriso stampato sul volto.

Aveva appena rinchiuso anche Decker e Sigrid, in una cella abbastanza lontana da quella in cui teneva rinchiusi Anita e Devon.

Se si fossero alleati tutti e quattro sarebbe stata la fine per lei, quindi ponderò che fosse la mossa migliore.

Devon, in realtà, non rappresentava più un pericolo. Era diventato debole e spezzato dall'amore. Vin ridacchiò.

Stava scrivendo al suo computer, quando avvertì l'infida puzza che accompagnava i suoi peggiori incubi. Malva e sangue, foglie di tabacco masticate e risputate.

Jep Tucci era lì. Non c'era alcuna ombra di dubbio.

Si alzò in fretta, avrebbe preso Anita e sarebbero scappate da qualche parte, ma proprio in quel momento sentì un tonfo sordo, seguito da un profondo rumore metallico. Poi la porta che la teneva al sicuro crollò a terra, sollevando polvere e detriti.

Jep, che aveva appena scardinato la porta a mani nude, fece il suo ingresso con passo felino. Era seguito a ruota da River, il poliziotto innamorato di Anita.

«Lo hai liberato? Sei scemo o cosa?» urlò Vin, spalancando gli occhi e scappando verso una porta all'angolo destro della stanza. Un sotterraneo. River pregò che Anita si trovasse lì.

«Mi ha liberato quel coglione con cui hai cercato di cospirare alle mie spalle, mia dolce mogliettina»

Vin sputò a terra, con espressione schifata.

«Non sono, né sarò mai, tua moglie»

Jep rise di gusto, raggiungendola in un battibaleno, e afferrandola per le braccia.

«Hai visto che altro regalino mi ha fatto il tuo amico psichiatra?» sussurrò dolcemente al suo orecchio, leccandolo. Vin rabbrividì, terrorizzata.

«Non puoi comunque uccidermi, Jep», mormorò lei, cercando di mantenere una certa dignità.

«Amore... pensavo di avertelo già insegnato tanto tempo fa. Ci sono cose molto peggiori della morte»

Vin deglutì così rumorosamente che riuscì a sentirla anche River, ancora immobile dall'altro lato della stanza.

«Ora portami da mia figlia», asserì Jep, serissimo.

Vin rise, cercando di divincolarsi.

Stranamente, Jep sembrava essere molto più forte di lei. Non riusciva a capire come potesse essere possibile. Jep le lanciò un pugno sul viso, che le annebbiò la vista per qualche istante. Un rivolo di sangue le macchiò lo zigomo e il labbro.

«È qui sotto», sussurrò Vin, annichilita.



Anita quasi non riuscì a credere ai suoi occhi, quando Vin aprì la porta che li teneva prigionieri. Dietro di lei svettava la figura algida e terrificante di Jep Tucci. Nascosto tra di loro, ma inconfondibile per lei, River.

Anita scattò in piedi, muovendosi velocemente verso di lui. La catena la bloccò a un passo dalla porta.

«River! Che ci fai qui? È pericoloso!»

River la osservò intensamente, con gli occhi brillanti di lacrime. Non si mosse, però.

Jep. Che ci faceva lì?

Anita lanciò un'occhiata a Gufo, preoccupata. Anche lui si era messo sull'attenti alla vista di Jep.

«Bene bene, prendi due paghi uno. C'è anche quello sporco traditore del mio servo», commentò Jep, ridacchiando.

«Non toccarlo»

La voce gelida di Anita lo fece scoppiare a ridere.

«Hai fatto quattro giorni di addestramento, e pensi di poter dare ordini a me?»

Vin sollevò le mani, come a volerli fermare.

«Ora li slego, Jep. Così voi due, e Anita potrete andarvene», comunicò Vin, a voce altissima. Jep la afferrò per l'orecchio, tirandosela più vicino.

«Non urlare, stronza», le intimò, poi la spinse verso Anita e Gufo per permetterle di liberarli.

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