Capitolo 29 - Hand
Anita osservava Gus tramite un pesante vetro che non permetteva alle loro voci di arrivare fino al loro collega. Di nuovo riuniti davanti a un letto di ospedale, in quella specie di veglia funebre che sembrava accompagnarli da mesi. River e Rottemberg non avevano ancora detto una parola. Anita sembrava friggere dalla voglia di spaccare tutto.
«Possiamo sapere che cazzo è successo, Rott?» trillò la detective, esasperata.
Rottemberg non aveva risposto a nessuna delle loro domande. Anita lasciò ricadere le braccia lungo il corpo, in segno di esasperazione.
River era incredulo, forse disilluso. Aveva riposto nuovamente fiducia in un sistema che lo aveva tradito.
Anita decise che doveva uscire di lì e rimettere ordine nei suoi pensieri. Nel giro di un'ora era successo tutto. Era tornata in centrale con un diavolo per capello, pronta a incazzarsi con Rottemberg per essersi fatto rubare delle prove potenzialmente importantissime da sotto il naso, ma lui ancora non si era presentato.
River aveva afferrato il cellulare mezz'ora dopo, trovando un semplice messaggio contenente la posizione attuale di Rottemberg. Non aveva detto nulla, aveva solo attivato la geolocalizzazione presso l'ospedale. Nel panico più totale Anita e River si erano precipitati, trovando Gus ricoverato e Rottemberg rinchiuso nel suo mutismo selettivo.
Anita diede un calcio vigoroso al cassonetto, facendo scappare tutti i gatti nascosti nei meandri di quel vicolo maleodorante.
Un guizzo del suo viso le ricordò la sua perenne fame. Guardò con orrore i gatti, pronta a saltare addosso a quello più grasso e cibarsene, quando una voce che aveva iniziato ad apprezzare la riscosse.
«Non mangiarli, starai male dopo».
Anita si voltò di scatto per incrociare il suo sguardo argentato. Il battito del suo cuore riprese la sua accelerazione. Fino a quel momento le era sembrato che fosse semplicemente fermo.
«Iniziavi a mancarmi, sai?» commentò Anita, respirando a fatica. La fame le stava attanagliando la gola.
«Iniziava a mancarti il cibo che ti procuro, forse»
Gufo si fece più vicino e le porse il solito sacchetto. Anita diede una sbirciata al suo interno e rimase inorridita quando vide una mano. Lasciò cadere a terra il contenitore e rivolse a Gufo un'espressione allarmata.
«Non ho trovato altro», asserì lui, come se potesse essere una sorta di giustificazione.
«I-io non p-posso mangiare questa c-cosa», balbettò Anita, mentre una morsa di terrore iniziava a scombussolarle le viscere.
«Non c'è altro», rispose Gufo, infilandosi una sigaretta in bocca e accendendola. «E sbrigati prima che diventi carne morta»
«Non lo è già?» esclamò Anita, chinandosi a terra per recuperare la busta.
«L'ho staccata da pochissimo», sorrise Gufo.
«Sei completamente folle», disse lei, tirando fuori la mano gocciolante di sangue e portandosela alla bocca. Gufo rimase a fissarla, come estasiato.
«Non pensare che poi non dovrai dirmi di chi è questa mano».
Gufo fece spallucce e fece per andarsene.
Anita ingurgitò voracemente tutta la carne attaccata alle dita ormai scheletriche, prima di bloccarlo.
«Aspetta, Gufo!»
Lui si rivolse di nuovo verso di lei, e fu come folgorato dalla bellezza selvaggia della sua parte demoniaca, che la faceva assomigliare così tanto a lui, ma che allo stesso tempo la rendeva sempre più diversa.
«Sei molto bella, adesso», asserì lui, spiazzandola. Anita rimase immobile, anche sotto le gote chiazzate di sangue era visibilmente arrossita.
«G-grazie».
Odiava come lui fosse l'unica persona al mondo capace di farla balbettare emozionata. Odiava che fosse proprio lui la persona ad avere quel potere.
«Ho chiesto a Rottemberg di farti assumere come collaboratore alle indagini contro Jep. Ha accettato».
Gufo sorrise, visibilmente gioioso.
«Quindi mi stai dicendo che potrò entrare e uscire dalla centrale di polizia?»
Gufo assunse la sua abituale espressione da pazzo. Anita temeva sinceramente di stare diventando sempre più simile a lui.
«Sempre sorvegliato da me, ma sì»
«Non desidero altro che essere sempre sorvegliato da te, Anita», mugugnò, prima di dileguarsi.
«Mia cara, hai svolto un lavoro brillante. Come al solito», sorrise Jep, versando un generoso bicchiere di scotch a Vin.
La donna non possedeva più le sue normali caratteristiche facciali, ma era totalmente trasfigurata in una bestia grigiastra, con scaglie dure e marce, sanguinolente. La pelle del viso era squamosa, ma per vezzo femminile continuava a indossare un velo di rossetto fucsia. Gli occhi erano due pozzi neri, senza fondo.
«Sbagliavi a non fidarti di me, Jep», rispose lei, ingollando cinque sorsi velocemente e poi poggiando il bicchiere sul tavolo trasparente della cucina.
«Non mi fido di nessuno, ma per te ho già fatto un'eccezione in passato»
Vin stiracchiò un sorriso che le costò la perdita di qualche scaglia d'osso attaccata al viso.
«Non ti fidi neanche di quel tuo servo? Quel Diverso», chiese lei, chiedendo implicitamente un refill di altro scotch.
«Non mi fido di nessuno», ripeté Jep, stavolta con più cattiveria nella voce.
Gus si risvegliò quella stessa notte, tirandosi su di scatto e boccheggiando come un pesce. Sua moglie, Sally, quasi ebbe un infarto tanto la fece spaventare.
Rottemberg era rimasto fuori ad attendere che si risvegliasse, attonito. Gus aveva rischiato la vita, lui si era ritrovato costretto a collaborare con il nemico, Brick era morto, Restev e il loro unico indizio erano persi. Non c'era più motivo di continuare.
«Si è svegliato, Rott! Chiede di te», asserì Sally, affacciandosi allo stipite della porta per richiamare la sua attenzione.
Sally era sempre stata una donna buona e dolce. Avrebbe odiato doverle dare una brutta notizia.
Ringraziò il cielo e Sally e poi fece il suo ingresso nella stanza.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro