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Capitolo 26 - Burn

La stanza degli interrogatori era scarsamente illuminata da una piccola lampada a neon, posta all'estremità più remota del soffitto. Anita riuscì a mettere a fuoco la persona che si trovava di fronte a lei solo dopo pochi tentativi. Era un uomo di mezza età, con evidenti rughe sulla fronte e intorno agli occhi cerulei. Sembrava ingrigito e stanco, di certo non una persona pericolosa. Eppure, era chiaro che nascondesse qualcosa perché non l'aveva ancora guardata negli occhi.


«Signor Restev, può dirmi che rapporti intercorrevano fra lei e il signor Brick Ashton?»
«Non conosco nessun Brick Ashton e voglio il mio avvocato», biascicò Alexander, fissando il vuoto.


«Forse conosce qualcuno di nome Drew, allora».


Alexander sembrò infossarsi ancora di più fra le sue stesse spalle.


«Era il fidanzato di mia figlia Natalia».
«Dov'è sua figlia?» chiese Anita, incalzandolo. Brick aveva raccontato a Rottemberg tutti i truci particolari della morte di Natalia. Lui era stato l'unico spettatore. Alexander non avrebbe dovuto saperne niente e, anzi, avrebbe dovuto essere angustiato all'idea della figlia dispersa.


«Voglio il mio avvocato» asserì lui di rimando.


Anita si accomodò davanti all'uomo, spostando la sedia di plastica nera e producendo un rumore acuto e penetrante che fece chiudere gli occhi di Alexander.


«Lei è sospettato di omicidio di primo grado ai danni di un pubblico ufficiale. Si rende conto della gravità della sua situazione?»


Alexander rimase in silenzio. Stringeva con forza i braccioli della sedia su cui era incassato.
Anita annuì più a sé stessa che a lui, prima di dirigersi fuori dalla stanza per raggiungere Rottemberg e River che li stavano osservando dalla cabina adiacente, mascherati da un pesante vetro oscurato.


«Jep lo ha istruito bene», commentò Anita, tirandosi il colletto della camicia bianca all'insù con un gesto stizzito.
«Avevi dubbi?» domandò Rottemberg, sarcastico.
«Che facciamo adesso?»
«Concediamogli il suo avvocato».



Quando Anita vide Vin entrare a parlare con il suo cliente, Alexander Restev, quasi rimase paralizzata.


«Quella è la madre di Brick», comunicò Anita ai suoi colleghi. Li aveva raggiunti anche Gus, con lo sguardo incattivito e sete di vendetta. Non se la cavava molto con sangue e cadaveri, ma era bravissimo in azioni di recupero, antisommossa e tutto quello che concerneva il fare casino.


«La madre di Brick?» esclamò Gus, incredulo. «Non sapevo neanche che avesse una madre»
Rottemberg e River rimasero in silenzio, come se la notizia non li avesse colpiti più di tanto.
«Entro io», comunicò Anita, sul piede di guerra.

Vin puntò lo sguardo direttamente su Anita, rivelando per la prima volta il suo volto. Era una bellissima donna, sulla sessantina, con leggerissimi capelli bianchi legati in una crocchia altissima in cima alla testa. I suoi occhi sembravano due pozze d'acqua di notte.


«È un piacere rivederla», disse Anita, sarcastica, mentre si accomodava di fronte a lei e Alexander.
«Vorrei poter dire altrettanto», rispose Vin, improvvisamente nervosa.


Anita non capì la motivazione di tanto astio improvviso, ma decise che avrebbe ricambiato con la stessa moneta.
«Come mai ha deciso di difendere l'assassino di suo figlio?»
«Il mio cliente non ha ucciso nessuno. Lei sta diffamando Alexander Restev senza alcuna prova in mano».


Anita osservò Vin, la donna sembrava invecchiata ancora durante quell'istante.


«Le prove le ho. Sto aspettando che il signor Restev confessi senza forzature. In questo modo la sua pena sarà ridotta», suggerì Anita.
Vin fece un segno di diniego con la testa, toccando la spalla di Alexander.
«Non sta dicendo la verità. Come tutti i Diversi, lei è portatrice di menzogne».


Anita arricciò le sopracciglia, come se avesse appena sentito qualcosa di assolutamente idiotico.


«L'unica cosa di cui sono portatrice è la voglia di mangiarla viva, ma le garantisco che la mia mutazione non influisce affatto sulla mia professionalità».


Vin si fece più lontana, trattenendo un verso disgustato. Alexander la guardò, spaventato.
«Signor Restev, le comunico che è stato emesso un mandato di perquisizione. Dovremmo controllare il suo maniero da cima a fondo. Sicuro di non voler collaborare?»


Alexander annuì, deciso a non dire neanche una parola. Vin strinse più forte la presa delle sue dita aquiline sulla spalla di Restev.


«Se le cose stanno così... faccia pure strada, Alexander», asserì Anita, stiracchiando un sorriso.



Gus era stato spedito dietro a Restev a prelevare il coltello Ataka, di cui Brick faceva menzione nelle sue ultime indagini. Gus si era portato dietro quattro agenti, sperando che non ci sarebbe stato alcun motivo di utilizzare armi.


Alexander Restev, nella sua berlina nera, faceva strada al loro furgoncino militare.


Gus stava scherzando con l'agente seduto sul sedile del passeggero, un ragazzo molto giovane di nome Donovan, quando vide l'auto davanti a loro esplodere in aria disintegrandosi in milioni di pezzi. Gus chiuse istintivamente gli occhi scuri, trovandosi sommerso dalle urla dei suoi agenti, nel panico più totale.

Gus spinse forte il pedale del freno, cercando di non andare a sbattere contro la montagna di detriti infuocati che stava bruciando l'asfalto. Il furgone, finalmente, si fermò a un centimetro scarso dalla berlina in fiamme. Gus cercò di riprendere il ritmo cardiaco e poi si voltò subito per controllare le condizioni dei suoi colleghi. Fortunatamente indossavano tutti la cintura di sicurezza e, oltre la paura, non sembravano essere feriti.


«Forza, tutti giù dal veicolo! Donovan, tu con me, cerchiamo Restev!»


Donovan annuì e si precipitò fuori dal furgone. La situazione non era delle migliori. La berlina di Restev era completamente scoppiata, c'era rimasto solo il telaio e qualche residuo di vetro annerito.

Il corpo martoriato del magnate russo sedeva al posto di guida, del tutto irriconoscibile. Pezzetti di pelle bruciata crollavano a terra lasciando spazio alla carne rossa e ancora viva. Il respiro affannoso dell'uomo perdurò per qualche minuto prima di spegnersi. Gus avvertiva l'odore di carne e peli bruciati tanto forte quanto disgustoso.


«Non credo ci sia molto da cercare, capo», comunicò Donovan, statico.
Gus annuì. «Voi rimanete qui, chiamate Rott e Ivor. Io vado a recuperare quel cazzo di coltello».

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